PICO, Alessandro I
PICO, Alessandro I. – Terzogenito di Ludovico II e della sua seconda moglie Fulvia da Correggio, nacque il 15 maggio 1566.
Il padre morì nel 1568 e, in conseguenza delle norme di successione basate sul maggiorascato, Alessandro fu costretto a intraprendere la carriera ecclesiastica. Una formazione umanistica e giuridica (acquisita a Ferrara e a Padova) fu solido fondamento alle capacità e alle ambizioni del giovane, sostenute anche da una riconosciuta abilità diplomatica, sì che il suo futuro si profilò subito ricco di aspettative. La morte dei fratelli Galeotto (1597) e Federico (1602), sotto il cui governo l’imperatore Rodolfo d’Asburgo aveva innalzato Mirandola al titolo di città, assegnando ai Pico il titolo di principi della Mirandola e marchesi della Concordia (1597) ripropose tuttavia la sua candidatura alla successione nella signoria su Mirandola, passaggio dinastico di cui egli diede immediata segnalazione all’imperatore.
Contrariamente al governo austero della madre, della quale tuttavia non rinnegò la politica filoimperiale, il nuovo signore si prodigò nell’accrescere lo splendore della corte, ampliando la reggia, eccedendo perfino nel dotarla di personale, chiamando artisti di fama, come il veneziano Sante Peranda, allievo di Jacopo Palma il Giovane.
Costui arricchì il palazzo e le chiese locali di tele e affreschi: tra le opere dell’insigne pittore, da segnalare Le storie di Psiche e Le età del mondo, celebrazione dello splendore di corte e della ricchezza dello stato. Su invito del principe nel 1608 Peranda, cui si devono anche numerosi ritratti della casata, compresi quelli del duca, si trasferì a Mirandola, ricevendo in dono una casa con orto in città e un podere di 37 biolche presso San Possidonio.
Attestazione significativa del fasto della corte mirandolese è anche l’opera di Gian Francesco Vasselli, il celebre cuoco di origini mirandolesi, autore dell’Apicio overo il Maestro de’ Conviti, data alle stampe nel 1647, dove vengono registrati alcuni banchetti organizzati a Mirandola e Concordia per onorare il passaggio di ospiti illustri. Alla corte di Alessandro avevano prestato servizio in precedenza altri cuochi di fama, come Matteo Belloni e Vittorio Lancellotti da Camerino: autore, il secondo, di un celebre testo intitolato Lo Scalco Prattico, dato alle stampe nel 1627 e nel quale sono presenti altri banchetti allestiti per la corte pichense.
Alessandro intervenne in modo incisivo in vari altri aspetti della vita civile, amministrativa, economica e religiosa di Mirandola. Venne infatti istituito l’archivio notarile, regolato il comportamento dei funzionari pubblici, modificata la normativa riguardante i compensi dei funzionari, le doti, i danni dati, le cause criminali, il porto d’arme; fu patrocinata la costruzione del canale navigabile Mirandola-Concordia, costruito dal matematico Corradini, e introdotto un banco feneratizio ebraico (1619). Alessandro, inoltre, potenziò in modo ragguardevole la zecca; «le emissioni di Alessandro I sono di gran lunga le più abbondanti tra quelle di tutti i Pico» (Bellesia, 1995, p. 164). Sul piano religioso ed ecclesiastico, fu ampliato il seminario, costruito l’oratorio del SS. Sacramento presso il duomo, richiesto invano l’innalzamento di Mirandola a sede di diocesi (Papotti, 1876-77, I, p. 138), introdotti i gesuiti (1611) e i cappuccini. Nel 1620 furono avviati i lavori per la costruzione della Chiesa del Gesù con l’annesso Collegio, che avrebbe assicurato la formazione dei giovani principi e dei figli delle famiglie notabili legate alla corte. La storiografia locale lodò molto il comportamento di Alessandro in occasione delle carestie del 1621 («il duca fece da padre a’ suoi sudditi che furono provveduti a sufficienza»: Papotti, 1876-77, I, p. 108) e del 1630 (quando avrebbe impegnato grandi somme per acquistare grano sul mercato ferrarese).
Nel 1603 Alessandro sposò Laura d’Este, figlia del duca di Modena Cesare e di Virginia de’ Medici figlia del Granduca di Toscana Cosimo I: un matrimonio che profilava la promozione al rango ducale e che, nonostante le precarie condizioni di salute della sposa, portò alla nascita di ben otto figlie, ma non del desiderato successore maschio. Costui fu procurato (nel 1617) dalla relazione del principe con la nobildonna ferrarese Eleonora Segni, e venne chiamato con il nome tradizionale di Galeotto; si procedette tempestivamente a richiedere all’imperatore il diploma di legittimazione.
La fedeltà di Alessandro alla Spagna fu premiata da Filippo III con la concessione del Toson d’Oro, cerimonia che si celebrò nella chiesa di S. Pietro a Modena con grande sfarzo il 18 ottobre 1606. Anche in conseguenza di questo, l’imperatore Mattia si mostrò disponibile a concedere ad Alessandro l’agognato titolo di duca e la richiesta legittimazione del figlio. Il primo obiettivo fu presto raggiunto: il diploma, redatto a Praga dietro il versamento di 100.000 fiorini, è datato 6 marzo 1617. Maggiori ostacoli incontrò la legittimazione di Galeotto: nonostante l’esito positivo delle trattative condotte abilmente alla dieta di Ratisbona dal fidato Luigi Vitelli con l’appoggio del duca di Mantova, non mancavano forze contrarie all’aumentato potere del Pico; segnatamente alcuni esponenti del ramo legittimo di Giovan Francesco II e naturalmente gli Estensi, dalla cui casata proveniva la stessa moglie di Alessandro. Nel 1626 tuttavia il duca poté finalmente proclamare suo successore Galeotto.
Poco più tardi, la morte senza eredi (dicembre 1627) di Vincenzo II Gonzaga, che aveva dato in moglie la figlia al duca Carlo di Nevers contro le candidature proposte dall’impero, portò allo scontro, che, nonostante l’atteggiamento neutrale di Alessandro, interessò anche le terre dei Pico, esposte alle devastazioni da parte delle truppe imperiali, mentre gli abitanti del contado si rifugiavano in città, provocando situazioni igienico-sanitarie di notevole gravità, che provocarono o accelerarono il diffondersi della peste. Il morbo si propagò velocemente portando alla morte più di 5000 persone su una popolazione complessiva di circa 14.000 abitanti. Fra le vittime vi fu anche la moglie di Alessandro Laura d’Este deceduta il 14 novembre 1630. Terminata l’epidemia, il duca volle che venisse eretta nella chiesa di S. Francesco una cappella dedicata alla Madonna della Ghiara di Reggio in ricordo della grazia ricevuta.
Alla fine della fase italiana del conflitto, la Francia imboccò la strada delle alleanze e anche Alessandro fu fatto oggetto di pressioni che lo costrinsero a rinnovate prove di fedeltà nei confronti dell’imperatore, suggellate dall’aumento del canone annuo dovuto all’impero (1636). Si aggiunse a questi problemi la morte a soli 27 anni di Galeotto, che aprì un inaspettato problema di successione.
Fiaccato dalla scomparsa dell’erede, che era stato l’assillo della sua vita e del suo impegno politico, in punto di morte Alessandro fece testamento (1° sett. 1637), nel quale proclamò erede al trono il nipote Alessandro, primogenito dei cinque figli che il defunto figlio legittimato aveva avuto dalla moglie Maria Cybo Malaspina dei principi di Massa. Il designato aveva l’età di 6 anni, per cui fu affidato alla tutela della nuora e della sua terzogenita Maria, mentre curatore dello Stato veniva nominato il marchese Enea Magnani, senatore di Bologna e fedelissimo del duca.
Alessandro morì il giorno successivo, 2 settembre 1637, e fu sepolto provvisoriamente, accanto alla moglie, nella Chiesa di San Francesco, in attesa che venisse ultimata la Chiesa del Gesù: trasferimento tuttavia che non si concretizzò, perché l’edificio poté essere consacrato solo nel 1689.
Gli Estensi, come già avevano fatto con successo nei confronti del feudo di Correggio, si diedero da fare per incamerare lo Stato pichense, del quale avevano già provveduto sul piano militare a verificare le capacità difensive; nonché, sul piano della propaganda politica, a spargere la notizia che Galeotto non era figlio del duca deceduto, ma di un nobile ferrarese. Alla corte cesarea furono esercitate pressioni da parte di diplomatici consumati come Fulvio Testi, che consigliò di insistere sui disordini locali seguiti alla morte del duca, sulla promessa di denaro e sulla corruttibilità del conte Magnani. Ma, in seguito al tempestivo riconoscimento del figlio di Galeotto, Alessandro, nella successione al Ducato, il progetto estense, così abilmente orchestrato, fu bloccato sul nascere.
Fonti e Bibl.: F.I. Papotti, Annali o Memorie Storiche della Mirandola, 2 voll., Mirandola 1876-1877, I, passim; Gridario Mirandolese ossia Raccolta di gride, provvisioni, decreti, ordini emanati in diverse epoche nell’Antico Ducato della Mirandola, a cura di F. Molinari, Mirandola 1892; F. Ceretti, Biografie Pichensi, I, Mirandola 1907, pp. 3-46.
Aspetti specifici: L’Apicio overo Il Maestro de’ Conviti di Gio. Francesco Vasselli..., in Bologna 1647 (rist. anast. Sala Bolognese 1998); G. Martinelli Braglia, Sante Peranda. Un pittore alle corti dei Pico e degli Este, Modena 1987; L. Bellesia, La zecca dei Pico, Mirandola 1995; L’arte restaurata. Quadreria civica e arredi lignei della Chiesa del Gesù, a cura di V. Erlindo, Mirandola 1998; B. Andreolli, Cartografia minore. Mura e baluardi di Mirandola in una ispezione estense del 1638, in Il Ducato della Mirandola nella cartografia del XVIII secolo. La rappresentazione del territorio mirandolese nelle mappe dell’Archivio di Stato di Modena, Mirandola 2000, pp. 43-47.