LA VOLPE, Alessandro
Nacque a Lucera il 27 febbr. 1820 dal pittore Nicola; non si conosce il nome della madre.
Allievo di G. Smargiassi e S. Fergola presso il Reale Istituto di belle arti di Napoli, fece parte della seconda generazione della scuola di Posillipo, come P. Villari chiamava quel gruppo di pittori di vedute influenzati da A.S. Pitloo e G. Gigante, che fra 1820 e il 1860 illustrarono paesaggio, costume, luoghi e monumenti di Napoli e del Regno delle Due Sicilie, studiando en plein air e giovandosi "di tutti i mezzi pittorici pur di avanzare alla conquista della verità" (Morelli - Dalbono, pp. 83 s.).
Fin dall'esordio all'Esposizione Borbonica del 1848 (Templi di Paestum e La grotta di Bonea: catal., nn. 374, 409), riprodusse i luoghi del territorio campano idealizzati dagli stranieri: il golfo di Napoli visto da Posillipo, la costiera amalfitana, Ischia, Capri, Nisida, Paestum, Pompei e anche porti, barche, pescatori.
La sua attività, poco indagata, è documentata da una serie di opere conservate in alcuni musei (Una roccia: Roma, Galleria nazionale d'arte moderna, acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione nel 1892 dalla vedova A. Molaioli; I ruderi del teatro greco di Taormina, 1864: Napoli, Museo nazionale di Capodimonte, Soprintendenza; Veduta del bosco di Persano con zattera sul fiume Sele: ibid., Palazzo reale; Marechiaro: ibid., Istituto di belle arti; Rovine a Pompei e La casa d'Atteone a Pompei: Mulhouse, Musée des beaux-arts; Porta Taormina e Paesaggio (Il castello di Ischia): Giulianova, Pinacoteca civica Vincenzo Bindi; acquerelli a Napoli, Museo nazionale di S. Martino, raccolta Ferrara Dentice) e in numerose collezioni private.
"Capace di fornire la raccolta del turista con alcuni bei ricordi di luoghi piacevoli", nell'inverno del 1851 il L. fu scelto per accompagnare il duca Massimiliano di Leuchtenberg in Sicilia e in Egitto (Napier, p. 85). Dalla spedizione riportò alcuni studi fatti dal vero che rivelavano la sua abilità nel cogliere gli effetti della luce "su i fabbricati e su i ruderi antichi" (Bindi, p. 92).
Nel 1854, incaricato di portare alcuni bozzetti di D. Morelli a Villari, strinse a Firenze un sodalizio con S. De Tivoli e L. Gelati, dipingendo vedute e soggetti tipici della scuola di Staggia. Ormai ritenuto un "paesista valentissimo" (Petti, p. 44), intorno al 1855 si avvicinò alla "maniera rosea" di G. Smargiassi e F. Palizzi, più tardi giudicata "fastidiosa" (Biancale, p. 254).
Il L. partecipò alle esposizioni della Società promotrice di belle arti di Napoli, esponendo nel 1863 l'opera intitolata Bagno, un Paesaggio e un Castello di Staggia (venduti a 600 lire: catal., pp. 2, 9, 13; nn. 8, 97, 139); nel 1864, Il tempio di Humbos nell'alto Egitto e Marina di Paestum (850 lire: catal., pp. 12, 18; nn. 119, 183); nel 1866, un Panorama di Pompei (1500 lire: catal., p. 4; n. 15) premiato con la medaglia d'oro e poi esposto a Parigi nel 1867.
Eletto professore onorario dell'Accademia di belle arti di Napoli il 10 luglio 1870 (Napoli, Arch. stor. dell'Accademia di belle arti, Professori onorari dal 1837 al 1914, voll. 1-5, cc. n.n.), il L. si trasferì a Roma, aprendo uno studio in via Margutta (Morelli - Dalbono, p. 159), nel quale Magni (pp. 144 s.) ammirava "una infinità di dipinti rappresentanti i più vaghi siti di Napoli, di Sicilia e di Egitto, non che alberi, piante, scogli, rovine e cose simili da lui ottimamente ritratte", reputandolo un eccellente paesaggista.
Nel 1880 espose Napoli da Frisio alla LI mostra della Società degli amatori e cultori di Roma, in vendita a 1200 lire (catal., p. 25; n. 178).
Spontaneità e felicità esecutiva consentivano al L. di realizzare in poche ore una veduta "con tutti i minimi particolari"; egli "lavorava da mane a sera"; ma morì "senza lasciare gran frutto de' suoi molti guadagni" (De Sanctis, p. 299). Secondo altre fonti, finì povero dopo essersi "mezzo rovinato" a Napoli con un "negozio di mode e novità" e aver aperto a Roma una rivendita di generi alimentari "per poterne fornire a' suoi amici pittori" (Di Giacomo, p. 13). La sua notorietà post mortem ha conosciuto nel XX secolo una continua ascesa sul mercato antiquario, ampliatosi dall'Italia meridionale all'Inghilterra.
Il L. morì a Roma il 2 ag. 1887.
Fonti e Bibl.: F. Napier, Notes on modern paintings at Naples, London 1855, p. 85; A. Petti, Guida pittorica, Napoli 1855, p. 44; B. Magni, Prose d'arte, Roma 1875, pp. 144 s.; V. Bindi, Artisti napoletani, in Arte e storia, IV (1885), p. 92; G. De Sanctis, Il pittore L., in Illustrazione italiana, 23 ott. 1887, p. 299; S. Di Giacomo, La scuola di Posillipo, in Il Mezzogiorno artistico. Riv. illustrata d'arte antica e moderna, I (1901), 1, p. 6; 4-5, p. 13; D. Morelli - E. Dalbono, La scuola napoletana di pittura nel secolo decimonono, Bari 1915, pp. 7, 18, 36, 83, 97, 156, 159; M. Biancale, La pittura napoletana dell'Ottocento, in Catalogo mostra della pittura napoletana XVII-XIX secolo, Napoli 1938, p. 254; La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, p. 879; E. Bianchi, Gelati, Lorenzo, in Diz. biogr. degli Italiani, LIII, Roma 1999, p. 1; D. Morelli, Lettere a Pasquale Villari, a cura di A. Villari, I, Napoli 2002, pp. LXXXVIII, XCI, 243, 246, 321; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIV, pp. 531 s. (s.v.Volpe, A.); Ottocento. Catalogo dell'arte italiana dell'Ottocento, XXIX, Milano 2000, pp. 239 s. (con bibl.).