LANFRANCHI, Alessandro
Nacque da Antonio e Francesca Ferrero il 9 febbr. 1877 a Firenze e qui, dopo aver frequentato le scuole dei padri scolopi, nel 1896 si diplomò presso la sezione scientifica dell'istituto tecnico G. Galilei. Iscrittosi alla Scuola superiore di medicina veterinaria di Bologna, vi si laureò col massimo dei voti il 7 luglio 1900 discutendo una tesi su un argomento originalissimo (la delinquenza degli animali domestici in rapporto alla zootecnia), tanto apprezzata da indurre uno dei commissari a consigliargli la prosecuzione degli studi per pervenire alla docenza. Il giovane ne seguì l'esortazione e, pur impegnato presso l'Ufficio d'igiene del Comune di Firenze ove era stato assunto, si avviò subito alla ricerca scientifica recando validi contributi sull'etiologia, l'epidemiologia, la diagnosi e la terapia delle malattie infettive, settore della medicina veterinaria che avrebbe poi costantemente coltivato con passione. Conseguì la libera docenza nel 1904 grazie a una ponderosa monografia edita a Firenze nello stesso anno, Malattie infettive degli animali.Nuovi contributi diagnostici e terapeutici, nella quale aveva accuratamente analizzato la bibliografia allora esistente sull'argomento e, soprattutto, espresso due concetti fondamentali: l'accettazione dell'esistenza della "componente aspecifica del processo immunitario", sostenuta da E. Metschnikoff (Metschnikow), ma che non aveva ancora trovato pieni consensi nel mondo medico, e la formulazione del principio della "inscindibilità dell'esame clinico dalle ricerche di laboratorio nell'identificazione delle malattie in genere e in particolare di quelle infettive, anche nella medicina veterinaria".
Sempre nel 1904, a Firenze, il L. pubblicò un'altra importante monografia, Contributo allo studio della tubercolosi bovina ed al valore della tubercolina come mezzo diagnostico, nella quale metteva in evidenza le fondamentali ricerche sull'argomento condotte da S. Rivolta e A. Maffucci e riportava in una rassegna precisa e cronologicamente ordinata la casistica di tutte le segnalazioni note sino a quel tempo di tubercolosi umana riferibile a contagio bovino, sosteneva la teoria che "i diversi bacilli tubercolari che si isolano nell'uomo, dai mammiferi e dagli uccelli, rappresentino delle varietà di un'unica specie", proponeva che il metodo del risanamento igienico delle stalle basato sulla valutazione degli esiti dei test alla tubercolina, da lui stesso praticato in 130 stalle del comune di Galluzzo, fosse diffusamente adottato. Il L. fu il primo in Italia a eseguire le prove allergiche tubercoline locali, l'oftalmoreazione e la cutireazione, suggerendone, convinto che si integrassero a vicenda, l'esecuzione contemporanea (Contributo al valore diagnostico della oftalmo-reazione e della cuti-reazione nella tubercolosi bovina, in La Clinica veterinaria, Parte pratica, XXXI [1908], pp. 19-25, 35-40, 68-76; Contributo al valore diagnostico della cuti-reazione del Lignères nella tubercolosi bovina, ibid., pp. 164-168). Importanti furono anche i contributi recati dal L. in questo periodo alla patologia cardiaca, in particolare del cane e dei bovini (Contributo allo studio della patologia del cuore nel cane, ibid., XXX [1907], pp. 501-505, 533-540; Contributo clinico allo studio della endocardite cronica nei bovini, in Il Moderno Zooiatro, s. 3, I [1907], pp. 601-611; Contributo alla casistica dell'endocardite cronica nei bovini, ibid., pp. 889-895; Contributo allo studio della pericardite nel cane, in La Clinica veterinaria, Parte pratica, XXXI [1908], pp. 209-219): tra l'altro, procedendo anche alla riproduzione sperimentale della forma morbosa nel cane, poté dimostrare che l'endocardite è per lo più provocata da agenti infettivi di diversa specie, con netto predominio dei micrococchi piogeni e dello stafilococco cereo-flavo, in grado di indurre effetti di intensità variabile a seconda delle loro caratteristiche patogene e del terreno su cui operano; e, per la prima volta nella medicina veterinaria, impiegò nello studio clinico di questi processi patologici tracciati cardiografici e sfigmografici con apparecchi messigli a disposizione dal clinico medico di Firenze P. Grocco. Merita ancora di essere ricordato un altro contributo originale riguardante un settore allora poco conosciuto, la patologia del sistema nervoso degli animali: Contributo alla patologia del sistema nervoso del cavallo, in Il Moderno Zooiatro, s. 3, II (1908), pp. 846-854, accurato studio della sintomatologia presentata dall'animale che lo indusse a sostenere l'ipotesi, poi confermata dai risultati del riscontro autoptico, dell'origine batterica contrassegnata da spiccato neurotropismo della malattia.
Aveva intanto inizio la carriera didattica del L.: incaricato nel 1908 della patologia speciale e della clinica medica veterinaria nella scuola di Modena, due anni dopo fu chiamato a insegnare nella facoltà di Parma.
E avevano anche inizio gli studi sui tripanosomi che avrebbero costituito per oltre 5 anni l'argomento principale delle sue ricerche. Intanto volle documentare con esperimenti in vivo e in vitro la proprietà posseduta dalla milza, già messa in evidenza da altri autori, di agire come organo di difesa dell'organismo in caso di tripanosomiasi, riuscendo a dimostrare la più rapida evoluzione della malattia negli animali splenectomizzati e il suo decorso più lento e mite se i parassiti anziché per via peritoneale erano inoculati nella milza (Contributo alla conoscenza del potere tripanolitico della milza, in Il Moderno Zooiatro, Parte scientifica, 1910, pp. 166-174; Contributo allo studio della immunizzazione della nagana nei cani, in La Clinica veterinaria, Parte pratica, XXXIII [1910], pp. 40-42; Studi ematologici in cani affetti sperimentalmente da surra, ibid., pp. 218-239; Su l'attenuazione della virulenza dei tripanosomi nella milza, in Boll. della Società medica di Parma, s. 2, VI [1913], pp. 18-27; Ulteriori ricerche su l'attenuazione dei tripanosomi nella milza, ibid., pp. 95-97; Opoterapia ed opoprofilassi nelle tripanosmiasi sperimentali, in Il Moderno Zooiatro, Parte scientifica, 1914, pp. 933-941).
Il successo di queste ricerche sperimentali, però, impose al L. un doloroso tributo: contratta accidentalmente in laboratorio una grave forma di tripanosomiasi, che si manifestò in tutta la sua drammaticità il 2 apr. 1912, egli fu più volte in pericolo di vita; non avendo conseguito alcun giovamento dalla terapia con atoxyl consigliata da L. Martin dell'Istituto Pasteur di Parigi, lasciò l'ospedale di Parma nel quale era stato ricoverato, e il 19 maggio successivo chiese di essere ammesso in una clinica parigina, ove rimase per circa due mesi. Dovettero passare ancora altri due anni, però, perché la ricerca dei parassiti nel suo sangue, effettuata il 10 luglio 1914, desse esito negativo; e tuttavia alla fine del 1914 e a novembre del 1916, quando era impegnato nel servizio militare nel corso del conflitto mondiale, ebbe ancora a soffrire di due nuove recidive della parassitosi, che poté considerarsi definitivamente debellata solo nel secondo semestre del 1920. L'accidente, che egli stesso narrò dettagliatamente in un saggio pubblicato 35 anni più tardi, Descrizione della prima infezione contratta in laboratorio da tripanosoma Evansi, in La Nuova Veterinaria, XXVII (1951), pp. 2-14, fu all'origine di una serie di lavori volti a perfezionare le metodiche per la tipizzazione dei tripanosomi e a documentarne le possibilità di trasmissione all'uomo (Dell'azione del siero umano e specifico sulla morfologia dei tripanosomi in rapporto ai metodi tripanometrici, in Boll. della Società medica di Parma, s. 2, VII [1914], pp. 94-101, in collab. con G. Valla; Dell'azione del siero umano normale e di affetto da tripanosmiasi sulla morfologia del tripanosoma Brucey in rapporto ai metodi tripanometrici, ibid., pp. 101-104, in collab. con G.B. Scotti; Dell'azione… sulla morfologia del tripanosoma Gambiense…, ibid., pp. 170-173, in collab. con G. Valla; Dell'azione… sulla morfologia del tripanosoma Rodiense…, ibid., pp. 173-176, in collab. con G.B. Scotti; Dell'azione… sulla morfologia del tripanosoma Evansi…, ibid., pp. 176-179, in collab. con L. Sani; Su la possibile trasmissione delle tripanosmiasi animali nell'uomo, in Bull. delle scienze mediche, s. 9, III [1915], pp. 17-32; Ulteriori ricerche sulla possibile trasmissione delle tripanosmiasi animali nell'uomo: le reazioni biologiche nelle tripanosmiasi umane ed animali nella identificazione del virus, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XXV [1916], 1, pp. 195-198, 230-234, 601-605, 669-672, 704-708; Sul possibile passaggio dei tripanosomi nel latte, ibid., pp. 62-67; XXVII [1918], 1, pp. 369-378) che gli consentirono anzitutto di sostenere la teoria della monogenesi di tutti i tripanosomi e di concludere quindi che il parassita che lo aveva infestato, che denominò "virus Lanfranchii", presentava caratteristiche in comune con i tripanosomi Evansi e Gambiense.
Intanto, nel 1914 il L. era stato chiamato dalla Scuola di medicina veterinaria di Bologna a succedere ad A. Bonvicini nella direzione dell'istituto e della cattedra di patologia speciale e clinica medica veterinaria. Preside della scuola nel biennio 1921-23, ne esercitò le funzioni anche dal 1935 al 1952, dopo l'istituzione della facoltà. Brillante caposcuola, vero fondatore della moderna zooiatria, formò numerosi, validi allievi.
L'attività scientifica del L. toccò tutti i campi della zooiatria, affrontando argomenti interessanti anche la patologia umana: in occasione della pandemia influenzale del 1918 suggerì il possibile accostamento etiologico fra le affezioni influenzali umane e quelle animali (L'attuale pandemia febbrile dal punto di vista della patologia comparata, in Annali d'igiene, XXVIII [1918], pp. 620-623), confermò sperimentalmente la trasmissibilità del virus della rabbia dalla madre al feto e la validità della vaccinazione antirabica secondo il metodo giapponese (Sul passaggio del virus rabido dalla madre al feto, ibid., pp. 233-237, in collab. con F. Lenzi; Le vaccinazioni antirabiche, in La Nuova Veterinaria, IV [1926], pp. 49-51), studiò varie forme morbose animali tra le quali in modo particolare la tubercolosi e le brucellosi quali possibili malattie trasmissibili all'uomo (Il contributo che la medicina veterinaria ha portato e deve portare nella lotta antitubercolare, in L'Azione veterinaria, II [1933], numero straordinario, pp. 22 s.; Contributo sperimentale alla infezione da Br. abortus negli equini e negli ovini, in La Nuova Veterinaria, XII [1934], pp. 165-171, 237-240, in collab. con G. Pacchioni). Tra i numerosi lavori pubblicati dal L. meritano ancora di essere ricordati la descrizione del metodo diagnostico che reca il suo nome per il riconoscimento della morva (Di un nuovo metodo di diagnosi della morva. L'intra-palpebro reazione alla malleina, in Il Moderno Zooiatro. Parte scientifica, 1914, pp. 1-5), lo studio di una malattia prima di allora mai identificata in Italia (Stomatite pustolo contagiosa degli ovini, in La Nuova Veterinaria, I [1923], pp. 157-159, in collab. con I. Altara e A. Giusberti; Di alcune ricerche sperimentali su la "stomatite pustolo contagiosa degli ovini", ibid., III [1925], pp. 1-4) e quello condotto in collaborazione con E. Seren della clinica e dell'etiopatogenesi dell'acanthosis nigricans del cane (Di alcuni casi di acanthosis nigricans nel cane, in Boll. della Società italiana di biologia sperimentale, X [1935], pp. 588-591; L'acanthosis nigricans nel cane, in La Nuova Veterinaria, XIV [1936], pp. 1-14, 41-46). Sempre in collaborazione con Seren, nel 1938 il L., anticipando di un ventennio le ricerche che sarebbero state eseguite da autori stranieri, realizzò la trasmissione sperimentale e la vaccinoterapia della papillomatosi bovina: Ricerche su la trasmissione sperimentale e su l'immunizzazione nella papillomatosi cutanea dei bovini, ibid., XVI (1938), pp. 32-43. A seguito di questi studi, il L. e il Seren, in collaborazione con G.G. Palmieri, direttore dell'istituto del radio della facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Bologna, tentò di utilizzare materiale biologico ottenuto sottoponendo a un particolare procedimento chimico e fisico una parte del tumore per curarne l'uomo o l'animale che ne era portatore: A. Lanfranchi - G.G. Palmieri - E. Seren, Ulteriori esperienze su un intervento biologico nella cura dei tumori benigni e maligni, Faenza 1940. Nel 1939 fu relatore al IV congresso internazionale di patologia comparata di Roma: Funzione di antigeni associati con speciale considerazione della associazione ultravirus-batteri, in IV Congresso internazionale di patologia comparata, Roma… 1939, I, Relazioni, Milano 1939, pp. 305-329. Approfondì il tema in collaborazione col figlio Furio, assistente presso la clinica medica bolognese diretta da A. Gasbarrini, giungendo alla conclusione che esiste sinergia fra gli antigeni di diversa origine e che alcune sostanze unite all'antigene prima della sua introduzione nell'organismo si comportano da adiuvanti dell'antigene stesso: Funzione di antigeni associati nella profilassi immunitaria e nella terapia delle infezioni, Bologna 1941.
Lasciato l'insegnamento per raggiunti limiti di età, nel 1953 il L. fu nominato professore emerito. Membro del Consiglio superiore della sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche, del Consiglio superiore della pubblica istruzione, incaricato in più occasioni di rappresentare ufficialmente l'Italia come al congresso internazionale di Londra sulle malattie tropicali nel 1925, appartenne a numerose accademie e società scientifiche italiane e straniere. Fu insignito di varie onorificenze, tra le quali una per le benemerenze acquisite nel primo conflitto mondiale, la medaglia d'oro al merito della Sanità pubblica, la Legion d'onore. Nel 1923 fondò il periodico La Nuova Veterinaria, che diresse fino alla morte.
Nel 1905 il L. aveva sposato Elena Sodi, dalla quale ebbe i figli Floriano, che fu uno dei più giovani docenti di patologia generale, Franco, professore incaricato di chimica biologica, Furio e Fabio, professore ordinario di diritto romano a Modena (dove fu anche rettore) e a Bologna; la prematura scomparsa dei primi due, rispettivamente nel 1933 e nel 1948, lo segnò duramente.
Il L. morì a Bologna il 28 dic. 1958. Nel luglio 1969 fu inaugurato a Firenze un centro culturale veterinario intitolato al suo nome.
Fonti e Bibl.: Università di Bologna, Archivio storico, Archivio degli studenti, ad nomen; Archivio dei docenti, fascicolo personale. Necrologi in: Il Progresso veterinario, XIV (1959), pp. 49 s.; Annuario dell'Università di Bologna, a.a. 1958-59, Bologna 1960, pp. 168 s.; A. Messieri, Commemorazione di A. L., in Atti della Società italiana delle scienze veterinarie, XIII (1960), pp. 13-28; V. Chiodi, Storia della veterinaria, Bologna 1981, pp. 402 s., 406, 458 s.