LIMONGELLI, Alessandro
Scarse sono le notizie relative al primo periodo di vita di questo architetto che nacque a Il Cairo il 7 luglio 1890, da una famiglia di origine pugliese. Giunto a Roma, conseguì, intorno al 1912, il diploma presso l'Accademia di belle arti (Strappa, p. 118). Nella sua formazione di architetto adottò come maestri G.B. Milani e G. Giovannoni; e quest'ultimo rimase un riferimento importante anche negli anni dell'attività professionale. Attraverso Giovannoni, il L. iniziò a conoscere gli stili architettonici e le tecniche costruttive dell'antica Roma, materia che rappresentò per lui un tema di studio continuo. Nel 1920 partecipò al concorso per il monumento ossario al fante italiano sul massiccio del San Michele, progetto che gli diede una discreta notorietà nell'ambiente architettonico romano.
Il L. elaborò due differenti progetti per il monumento, modificando il basamento ottagonale del primo progetto in un volume dalla forma circolare, collegato alla roccia naturale attraverso contrafforti murari. Il monumento era concepito come un'estensione artificiale della montagna; nella pubblicazione, redatta dallo stesso L. (Monumento-ossario al fante italiano, Roma 1921), l'autore riconosce l'armonia dell'architettura latina come motivo ispiratore della composizione. Come la costruzione è concepita all'interno della scenografia naturale, così l'architettura è per il L. la prosecuzione di un cammino già definito dalla storia, dove il corretto equilibrio tra le parti, acquisito attraverso l'analisi dell'architettura antica, è da preferirsi a ogni individuale fantasticheria.
Il L. lavorò in più occasioni a edifici monumentali commemorativi. Fu questa una ripetuta opportunità per declinare in differenti forme la sua concezione di architettura scenografica e magniloquente, direttamente ispirata alle antichità romane ed egizie, da lui studiate attraverso prospettiche ricostruzioni a carboncino. Nel 1924 lavorò al progetto per l'arco di trionfo ai caduti di Genova; nel 1927, al monumento ai caduti del Grappa; nel 1928, al monumento ai caduti della guardia di finanza e al monumento ossario di Redipuglia.
Qui, vicino al sacrario che sarà costruito da G. Greppi nel 1938, il L. costruì un solenne edificio in pietra, con la funzione di portale, che nella parte superiore termina nella forma di un colossale sarcofago. Nella precedente sistemazione del sacrario, l'edificio del L. costituiva l'ingresso principale al complesso ipogeo, ed era stato commissionato dalla città di Roma in memoria dei caduti della prima guerra mondiale.
Contemporaneamente, tra il 1924 e il 1927, costruì a Roma i due complessi residenziali in piazza Perin del Vaga e in via Gargano, su incarico dell'Istituto case popolari.
Il linguaggio adottato nei due interventi evoca un'immagine classica della romanità, e i partiti decorativi, sovrapposti alle semplici volumetrie, sembrano essere ripresi dalle costruzioni antiche senza avere subito l'influenza dei gusti dell'epoca.
La ricerca di semplificazione degli stili architettonici a lui contemporanei, necessaria per stabilire un rapporto più diretto con la storia e con l'equilibrio delle costruzioni antiche, si espresse anche attraverso scenografiche prospettive di edifici immaginari, per evolvere, nell'allestimento a Roma del salone d'onore alla II Mostra d'arte marinara del 1927, in una spazialità definita da un numero ridotto di segni costruiti.
Terminata l'esperienza presso l'Istituto case popolari, nel 1927 il L. entrò a fare parte della sezione architettura, annessa all'Ufficio piano regolatore del Governatorato di Roma, dove lavorò ad alcune proposte di sistemazione per l'area centrale della città nell'ambito della variante generale, del 1925-26, al piano regolatore del 1909.
In questo periodo un lungo viaggio in Egitto lo portò direttamente a contatto con le architetture dell'antichità; in una serie di disegni elaborò il fascino subito da quelle composizioni di masse che gli sembrarono conservare intatta la magnificenza della civiltà millenaria.
Nel 1927 partecipò al concorso internazionale per il palazzo della Società delle nazioni a Ginevra, e nel 1928 il suo progetto per il palazzo delle Poste e telegrafi a Napoli fu tra i cinque selezionati e ammessi alla seconda fase della gara. Sempre nel 1927, ispirato dalle torri delle mura romane e dal fantastico motivo del Septizonium dell'imperatore Settimio Severo, elaborò alcuni studi sul tipo edilizio del grattacielo, da lui interpretato come una composizione di masse proiettate verso l'alto.
L'impiego presso l'ufficio del Governatorato di Roma gli diede l'occasione di compiere, nel 1927, un primo viaggio in Libia, dove diresse la costruzione del padiglione di Roma, spazio espositivo per i progetti della nuova Roma fascista, progettato da F. Mori per la prima fiera campionaria di Tripoli.
Nell'intenzione del regime di stabilire e affermare una diretta continuità con le colonie, il L., architetto profondamente romano e legato al Governatorato di Roma, sembrò essere tra i professionisti adatti a costruire il culto dell'impero. Nel 1928 progettò e costruì l'arco trionfale e la tribuna d'onore per i reali d'Italia, giunti a Tripoli per inaugurare la seconda edizione della fiera campionaria, per la quale il L. progettò e costruì il nuovo e permanente padiglione di Roma. Nello stesso anno fu nominato dal podestà di Tripoli, G. Bruni, consulente artistico della Municipalità e membro della commissione edile cittadina.
Ebbe così inizio il periodo professionalmente più maturo del L., la cui attenzione si rivolse alla definizione dell'architettura coloniale come problema della modernità. Dal 1928 al 1932 fu tra i protagonisti dell'architettura in Libia, e particolarmente a Tripoli, ma ebbe la sfortuna di esserlo in un periodo di non grande ricchezza della colonia. Inoltre restò in questi anni consulente artistico della Municipalità, per la quale progettò diverse sistemazioni urbane, ma non fu mai nominato responsabile del piano regolatore della città, incarico affidato nel 1931 ai milanesi A. Alpago Novello, O. Cabiati e G. Ferrazza.
Nel 1929, in una breve parentesi romana, fece parte del gruppo La Burbera, guidato da Giovannoni, che presentò un progetto per il nuovo piano regolatore di Roma, in polemica opposizione al progetto presentato dal gruppo degli Urbanisti romani, guidato da M. Piacentini, in una singolare competizione non ufficiale che interveniva direttamente nel dibattuto tema del valore rappresentativo dell'architettura imperiale.
Nel 1930 il L. elaborò il progetto per un nuovo albergo a Cirene, che fu però costruito nel 1932, dopo la sua morte, e per la sede del Banco di Sicilia a Tripoli; nel 1931 lavorò ai progetti per i padiglioni dell'Ufficio delle opere pubbliche della Tripolitania e alla sede del Banco di Roma a Tripoli, terminato di costruire nel 1934 da Alpago Novello, Cabiati e Ferrazza secondo i disegni originali. Dei numerosi progetti di sistemazioni urbane che elaborò in quegli anni, tra cui l'ingresso al Suk el Muscir e la sistemazione di piazzale dei Bastioni, il L. riuscì a completare soltanto i lavori di piazza Castello; rimase invece incompiuto l'intervento di piazza Italia.
Nei progetti per Tripoli è riconoscibile un'evoluzione stilistica che ha origine nella classica romanità del padiglione di Roma per la fiera campionaria, indifferente, nella sua definizione, alle suggestioni del luogo e che culmina nelle ultime e incompiute realizzazioni. Le sue opere più mature sono caratterizzate dalla semplicità dei volumi e dalla essenzialità delle decorazioni, espressione della volontà di costruire un'architettura coloniale identitaria che, nella continuità con lo spirito classico, sapesse acquisire le tecniche costruttive moderne, lasciandosi contaminare dalle esigenze del clima e della cultura del luogo.
Il L. morì a Tripoli il 26 febbr. 1932.
Nel 1933 il Sindacato nazionale fascista degli architetti organizzò una mostra retrospettiva sul lavoro del L. presso la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.
Fonti e Bibl.: C. Cecchelli Profili di giovani architetti: A. L., in Architettura e arti decorative, VII (1927), 3, pp. 113-131; Sindacato nazionale fascista degli architetti, Mostra retrospettiva dell'architetto A. L., intr. di A. Calza Bini, Roma 1933; Tradizione e innovazione nell'architettura di Roma capitale. 1870-1930, a cura di G. Strappa, Roma 1989, pp. 118-121, 139-141; Architettura italiana d'Oltremare 1870-1940 (catal., Bologna), a cura di G. Gresleri - P.G. Massaretti - S. Zagnoni (con note biografiche a cura di G. Consoli), Venezia 1993, pp. 37, 270, 273, 374 s.; F. Cantatore, A. L., in Teoria dell'architettura, a cura di C. Cicconcelli, Roma 1996, pp. 143-149.