LUZZAGO, Alessandro
Nacque nel 1551 a Brescia da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più cospicue famiglie del patriziato cittadino. Fu battezzato l'8 novembre nella chiesa di S. Maria in Calchera. Il padre, che negli anni aveva maturato una sempre più fervida religiosità, la madre e la nonna paterna Ginevra Riva, coadiutrice di Angela Merici, contribuirono a suscitare in lui, fin dall'infanzia, una forte inclinazione per la pratica devota e per l'apostolato.
Ricevuta la prima educazione a Gavardo, dal 1570 seguì a Brescia un corso di filosofia presso i gesuiti, da poco stabiliti nel convento di S. Antonio: proprio nella chiesa annessa al convento il L. poté offrire, il 25 e il 26 ott. 1573, un saggio della sua preparazione discutendo pubblicamente 737 tesi di filosofia.
Trasferitosi presso lo Studio di Padova, fu presto richiamato a Brescia da gravi contingenze familiari, che negli anni successivi avrebbero a più riprese ritardato il corso dei suoi studi. Fra il 1578 e il 1582 frequentò a Milano, per interessamento del cardinale Carlo Borromeo, i corsi di teologia presso il collegio gesuitico di Brera. Rientrato a Brescia, soltanto nel 1586 si addottorò, a Padova, in filosofia e teologia.
Nel frattempo il L. aveva maturato il proposito di abbracciare lo stato religioso nella Compagnia di Gesù; ma la considerazione della propria situazione familiare - compromessa, fra l'altro, dalle transazioni non sempre abili del padre - lo indusse a sospendere la decisione, serbando tuttavia l'intenzione di proseguire nell'attività di apostolato.
Nella vivace realtà delle opere assistenziali bresciane, ravvivate dall'impulso del rinnovato evangelismo della Chiesa cattolica, il L. profuse, nell'ultima fase della propria vita, energie fisiche e morali e capacità organizzative, alimentate da una non comune lungimiranza e da una spiccata sensibilità per le esigenze dell'umanità con la quale egli entrava quotidianamente in contatto. Nel 1595 fu nominato conservatore dei Monti, ai quali diede nuovi regolamenti volti a contrastare le occasioni di abuso; mentre nel 1597 fu eletto protettore della Compagnia delle dimesse di S. Orsola, fondata da Angela Merici, e di altri due istituti cittadini, il Soccorso e le Zitelle. Ma il L. fu soprattutto fondatore di nuove opere assistenziali, ispirategli dalla quotidiana pratica della carità, come la Compagnia della misericordia, che egli destinò al soccorso morale e materiale dei carcerati. Fu, inoltre, animatore e riorganizzatore di un'altra istituzione nata nel clima postridentino, la Scuola della dottrina cristiana. Per gli studenti fondò la Congregazione di S. Caterina da Siena.
Allo scopo di assicurare la continuazione delle opere da lui gestite, il L. istituì la Congregazione dello Spirito Santo, dove sarebbe confluita la classe dirigente cittadina allo scopo di "cooperare più efficacemente e concordemente a sostegno di tutte le buone istituzioni e esercitare maggior influenza nel trattare le paci" (Girelli, p. 290). In più occasioni il L. era intervenuto nelle controversie fra le famiglie nobili bresciane, adoperandosi sempre con successo a favore della riconciliazione.
Finalità religiose, seppure non preponderanti come nelle opere più squisitamente assistenziali, ebbe anche, nei suoi progetti, l'Accademia dei Rapiti, nata nel 1590 come "accademia di lettere e scienze pei gentiluomini". Ma è soprattutto nel Consiglio della città che il L., dal 1584, seppe rivolgere a fini civili la propria attitudine caritativa, favorendo in diversi frangenti la collaborazione fra strutture governative ed enti ecclesiastici e promovendo l'adozione di leggi suntuarie.
Impegnato a titolo personale nella carità a sostegno dei poveri, incoraggiò la diffusione di analoghe iniziative a livello collettivo; provvide inoltre a distribuire fra i bisognosi i numerosi legati destinatigli per testamento e riportò in auge la Pia Opera degli avvocati per le cause dei poveri, istituita dal vescovo D. Bollani.
Fra gli scritti del L. è conservata anche una Istruttione per li cavallieri di Malta, nella quale fornisce una serie di consigli per la cura, non solo spirituale ma anche disciplinare, dei cavalieri, proponendo, fra le pratiche miranti alla loro santificazione, un corso di esercizi spirituali modellati secondo le consuetudini della Compagnia di Gesù e un elenco di letture desunte dalla produzione ascetica coeva.
Nel 1589 il L. accompagnò a Roma il vescovo di Brescia e nunzio a Parigi, Giovanni Francesco Morosini, chiamato a rendere conto al papa della propria missione diplomatica nella Francia dilaniata dalle guerre di religione. Durante la permanenza romana visitò gli istituti di beneficenza, traendo numerosi insegnamenti per la gestione delle opere pie bresciane, e strinse contatti - sia pure, a quanto sembra, in modo occasionale - con Filippo Neri.
Durante le frequenti assenze da Brescia del cardinale Morosini, il L., svolgendo le effettive mansioni di vicario, seppe fornire numerosi consigli al suo vescovo, specialmente riguardo alla disciplina del clero. Frattanto, nel 1590, si adoperava per l'istituzione di un'altra opera pia, la Casa di Dio, destinata al reinserimento degli emarginati nella società. Dell'ammirazione generale di cui egli godeva è testimonianza una lettera dell'11 febbr. 1595, con la quale, da Roma, F. Sini, segretario del cardinale Morosini, lo informava che il suo nome era stato proposto al papa per la carica di arcivescovo di Milano.
Nel 1602 accompagnò il padre Girolamo a Milano in pellegrinaggio alla tomba di Carlo Borromeo. Il 3 maggio accusò un malore provocato dalla estenuante attività alla quale aveva esposto per anni un fisico già debole.
Il L. morì a Milano il 7 maggio 1602 presso la casa dei gesuiti di S. Fedele. Il cardinale Federico Borromeo "gli serò gli occhi e puoi inginocchiato in terra gli basciò le mani, dicendo: Io honoro questo corpo non come amico ma come santo" (Diario del nobile Tito Luzzago, p. 131).
Dopo le solenni esequie indette a Milano per volere del cardinale Borromeo, fu sepolto il 12 maggio nella chiesa di S. Barnaba a Brescia. Nel 1625 il Consiglio generale cittadino chiese al vescovo l'avvio della causa di beatificazione, che fu introdotta presso la congregazione dei Riti solo nel 1751. Nella seconda metà del secolo XIX, con la fioritura dei primi movimenti di apostolato laico, la figura del L. assurse a modello dell'impegno sociale del mondo cattolico, suscitando, specialmente in ambito locale, un rinnovato interesse per il personaggio e la sua epoca. Nel 1878 i resti del L. furono traslati nella chiesa bresciana di S. Maria della Pace, dove si trovano tuttora. Nel 1899 Leone XIII riconosceva le virtù eroiche del L., conferendogli il titolo di venerabile. In seguito la personalità del L. è stata più volte proposta a modello dall'Azione cattolica.
Fonti e Bibl.: Brescia, Arch. della Chiesa di S. Maria della Pace, Archivio della causa di canonizzazione (vi sono conservati molti scritti autografi del L., oltre a un migliaio di lettere da lui spedite o a lui indirizzate e a numerose testimonianze di contemporanei); Ibid., Biblioteca Queriniana, Carte Guerrini: M. Roccio, Tenor historicae relationis sive narratiunculae de gestis a ven. servo Dei Alexandro Luciago in pueritia; ibid.: B. Fornoni, Diverse memorie del ven. A. L.; Mss., E.I.-13: Varij compendij della vita di A. L. scritti dal Faino e dal Zacchi; In universam philosophiam( sententiae et theoremata varia publice discutienda proponuntur ab Alexandro Luciago Brixiensi, Brixiae 1573; A. Cistellini, Lettere familiari di un giovinetto del Cinquecento, in Scuola italiana moderna. Supplemento pedagogico, XI (1949-50), pp. 73-81; P. Guerrini, Il primo panegirico del ven. A. L., in Miscellanea bresciana, Brescia 1953, pp. 188-196; C. Castiglioni, Carteggio tra il ven. A. L. e il card. Federico Borromeo, in Mélanges Eugène Tisserant, IV, Città del Vaticano 1964, pp. 125-161; M. Bellintani, Oratione funebre fatta( sopra l'illustre signor A. L., Brescia 1602; O. Ermanni, Vita di A. L., Brescia 1608; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1620; B. Rossignoli, Alexandri Luciaghii epitaphium, Milano 1623 (datato Bologna 6 giugno 1602); B. Faino, Arbore gentilizio historico della nobilissima( famiglia Luzziaga(, Brescia 1671; E. Girelli, Vita del ven. A. L.(, Brescia 1881; [A. Cottinelli], Vita del ven. A. L.(, Torino 1883; Il ven. L., Savona 1884; G. Chiarini, Vita del ven. A. L., Ravenna 1889; L. Parocchi, Beat. et canon. ven. servi Dei A. L.(, Positio super virtutibus; Summarium, Romae 1892; Id., Beat. et canon. (, Positio super virtutibus; Informatio, Roma 1897; G. Broli, Il ven. A. L., Brescia 1898; P. Tacchi Venturi, Sconosciuti particolari circa il sacro deposito del ven. A. L., in Il Venerabile A. L., II (1900), pp. 13 s.; P. Guerrini, Le cronache bresciane inedite dei secoli XV-XIX, II, Brescia 1927, pp. 131 s. (= Diario del nob. Tito Luzzago); Id., Famiglie nobili bresciane: i Luzzago, in Rivista araldica, XXVIII (1930), pp. 203-205; A. Frugoni, A. L. e la sua opera nella controriforma bresciana, Brescia 1937; Id., Una "Istruttione per li cavallieri di Malta" del nobile bresciano A. L., in Arch. stor. di Malta, XVIII (1940), pp. 80-85; Id., L'opera di riforma cattolica del nobile A. L. di Brescia, in Id., Momenti della rinascita e della riforma cattolica, Pisa 1942, pp. 75-119; Id., Vita controriformistica del ven. A. L., in Incontri nel Rinascimento, Brescia 1954, pp. 159-189; A. Cistellini, A. L., Brescia 1998; G.L. Masetti Zannini, Tradizione e attualità del S.M.O. di Malta, in Nove secoli di vita del S.M.O. di Malta(, s.l. 2000, pp. 15-17; G. Giunipero di Corteranzo, A. L., un laico al servizio del prossimo, in L'Orma, gennaio-marzo 2002, pp. 8 s.; G. Rumi, A. L., un laico ricco di sorprendente attualità, in L'Osservatore romano, 6-7 maggio 2002, p. 3; Vivere il Vangelo da laico: esemplarità e testimonianza di vita del venerabile A. L. Atti del Convegno( 2002, Brescia 2003; Enc. cattolica, VII, col. 1731; Bibliotheca sanctorum, VIII, coll. 405-408; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, IV, p. 188.