MARINO, Alessandro
– Non se ne conoscono le ascendenze familiari né l’anno di nascita, avvenuta a Venezia verosimilmente entro la metà del XVI secolo. Vestì l’abito di s. Agostino fra i canonici regolari lateranensi, che a Venezia avevano sede in S. Maria della Carità.
Poiché la regola imponeva spostamenti frequenti da un convento all’altro, non vi è dubbio che anche il M. debba averne compiuti, entrando così in contatto con figure di spicco dell’Ordine: relazioni, talvolta anche molto strette sul piano intellettuale e artistico, che emergono dalle lettere prefatorie alle sue opere, sempre indirizzate a confratelli. Certo è che, diversamente da quanto talvolta è stato scritto, non fu canonico nella basilica romana di S. Giovanni in Laterano, dalla cui conduzione la sua Congregazione era stata estromessa in via definitiva nel 1471.
La prima data sicura nella lacunosa biografia del M. è il 1571, quando la stamperia veneziana dei figli di Antonio Gardano pubblicò il Primo libro de madrigali a cinque voci dedicato a Clemente Dugnani, abate della Passione di Milano, al quale viene tributato omaggio anche nel madrigale d’apertura: la seconda parte del pezzo comincia infatti con le parole «A te a cui die’ Dugnan’il bel cognome».
Giunto incompleto, questo esordio editoriale del M. («i novelli, & primi frutti, che dal mio basso & rintuzzato ingengno [sic] son stati produtti») consta quasi per intero di dittici madrigalistici, traduzione musicale d’ordinanza per la forma poetica prevalente nel volume, quella del sonetto, le cui quartine vengono cantate nel primo pannello e le terzine nel secondo. Il M. mostra di favorire versi poco considerati da altri (Spirto felice che sì dolcemente di F. Petrarca) o addirittura mai intonati prima. È il caso, ad esempio, dei due sonetti allora ancora inediti di Gabriele Fiamma, lui stesso canonico lateranense veneziano, e dei quattro di Luigi Tansillo, di cui vengono anche musicate, in quattro parti, le ottave A caso un giorno che invece stavano riscuotendo un certo consenso tra i madrigalisti.
La successiva pubblicazione del M. dovette circolare con discreta fortuna se, a ben cinquantanove anni di distanza, scomparso l’autore da diversi lustri, la stamperia fiamminga Phalèse valutava vantaggioso sul piano commerciale approntarne una riedizione adattata al gusto moderno mediante l’aggiunta dell’oramai indispensabile basso continuo organistico: si trattava dei Psalmi vesperarum a quattro voci, usciti a Venezia nel 1578 per gli eredi di Girolamo Scotto con dedica all’abate del convento cremonese di S. Pietro al Po. Lo stesso editore pubblicò l’anno successivo i Psalmi omnes, qui ad vesperas decantantur a sei voci, concepiti forse in epoca anteriore a quelli del 1578: è quanto asserito dal M. stesso che, nell’offrirli a Marco Coriaggio Bianteo, teologo e membro della prestigiosa Accademia pavese degli Affidati, li presenta come suo primo tentativo in questo genere musicale.
Il nome del M. ricorre nuovamente il 1° maggio 1585 tra le righe della bolla Rationi congruit con cui Sisto V, nel giorno della sua incoronazione, approvò la Congregazione dei musici di Roma: confraternita a carattere solidaristico, spirituale e assistenziale, antesignana dell’odierna Accademia nazionale di S. Cecilia. L’atto del nuovo papa non era che il doveroso adempimento di una pratica istruita negli ultimi mesi del pontificato di Gregorio XIII.
Pare, tuttavia, che il sodalizio prosperasse già da tempo. Un’antica tradizione, non basata su evidenze documentarie, ne collocherebbe l’origine al 1566, attribuendone l’impianto a Giovanni Pierluigi da Palestrina e Giovanni Maria Nanino. In effetti diverse miscellanee madrigalistiche degli anni Settanta e Ottanta fanno pensare all’esistenza di una forte intesa corporativa tra musicisti romani, in grado di intaccare la gestione monopolistica della vita musicale cittadina detenuta dai potenti cantori sistini, che perciò nel luglio 1584 si videro costretti a contrapporsi ai colleghi costituendo una Congregazione propria. Tra le raccolte di canzonette spirituali e madrigali riconducibili a Palestrina e soci vanno ricordate almeno il Quarto libro delle muse (Venezia, Figli di A. Gardano, 1574), i Dolci affetti (ibid., Erede di G. Scotto, 1582), Le Gioie (ibid., R. Amadino, 1589).
In nessuna di queste edizioni collettive compare la firma del M., e non ne è chiaro il motivo, a meno che ciò non dipendesse dal suo non essere organicamente inserito nel sistema del professionismo musicale romano. Eppure il M. fu stimato promotore della compagnia, fondata appunto pochi mesi innanzi su suo «suggerimento ed esortazione», come rammenta la bolla papale trascritta e tradotta in Giazotto (p. 12). Non è improbabile, anzi, che abbia collaborato alla stesura degli statuti e ne abbia sostenuto la causa davanti a Gregorio XIII, cui «i confratelli si erano umilmente indirizzati […] perché si degnasse confermare con l’autorità pontificia l’erezione e la istituzione avvenuta ed aggiungere altre grazie a loro opportuno profitto» (ibid.): una conferma che il defunto papa aveva fatto in tempo a concedere nel marzo precedente. Sembra di intuire, insomma, che le funzioni di patrocinatore della nascente Congregazione dei musici svolte dal M. fossero connesse più alla condizione di religioso che non alla sua attività compositiva.
Negli anni a venire i torchi veneziani lavorarono almeno a quattro sue pubblicazioni, nessuna conservatasi integra; un’altra, non meglio identificata, di madrigali a sei voci sussisteva tra i fondi di magazzino di Scotto nel 1596 (cfr. Mischiati). La dedica a Iacomo Rovello accomuna due di esse (Psalmi vesperarum… liber secundus a quattro voci, Scotto, 1587; e per i tipi di Amadino, 1596, Completorium ad usum Romanum a dodici voci concatenate «con tal unione che […] non possi mai separarsi l’una parte da l’altra»), segno di devozione duratura a questo abate di S. Maria della Carità poi preposto di S. Maria delle Lacrime a Trevi. A un altro abate della Carità, Lorenzo Bembo, venne invece destinato il primo libro di mottetti (Sacrarum cantionum, Amadino, 1588), e ad Ascanio Martinengo, generale dei canonici lateranensi nonché abate di S. Giovanni in Verdara a Padova, andò il Primo libro de madrigali spirituali a sei voci, con una canzone a dodeci nel fine (Id., 1597). La raccolta, che culmina nel pezzo strumentale a dodici parti La bella Roncinetta, è per il resto interamente impiantata su rime devozionali di Fiamma: una sestina e un sonetto sulla morte di Cristo, la «Corona della Beata Vergine», un sonetto «nella conversione della Beata Maddalena», oltre al ciclo di odi alle virtù teologali, cardinali e alla Povertà, tra cui solo quelle alla Fortezza e alla Speranza (musicate un decennio prima anche da Orlando di Lasso) sono ascrivibili con certezza a Fiamma.
Non è noto l’anno di morte del M., ma certamente non era in vita nel 1605, quando il Catalogo breve de gl’illustri et famosi scrittori venetiani di Giacomo Alberici parla di lui al passato remoto.
Fonti e Bibl.: G. Alberici, Catalogo breve de gl’illustri et famosi scrittori venetiani, Bologna 1605, p. 3; R. Casimiri, L’antica Congregazione di S. Cecilia fra i musici di Roma nel secolo XVII, in Note d’archivio per la storia musicale, I (1924), p. 118; R. Giazotto, Quattro secoli di storia dell’Acc. nazionale di S. Cecilia, I, Roma-Milano 1970, pp. 9-15, 43 s., 377; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, p. 103; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, V, pp. 456 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 41; Suppl., p. 510; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, p. 334; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 666; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, p. 864; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), col. 1101.