MATTEI, Alessandro
– Nacque a Roma il 20 febbr. 1744 dal principe Girolamo, dei duchi di Giove, e da Caterina Altieri, secondo di cinque figli, tutti avviati, tranne il primogenito, alla vita ecclesiastica.
Il M. apparteneva a una delle più antiche famiglie dell’aristocrazia romana. Luigi, fratello del padre fu creato cardinale da Benedetto XIV nel 1753. Da parte materna era discendente da papa Clemente X. Vincenzo Maria Altieri, fratello della madre, fu riservato cardinale in pectore nel 1777 e pubblicato nel 1780.
Avviato giovanissimo alla vita ecclesiastica, nel 1754 entrò nel seminario romano, dove al termine degli studi sostenne la pubblica difesa (Theses philosophicae quas… Alexander Matthaeius… publice defendendas proponit, Roma 1762). Già nel 1758 ottenne da Benedetto XIV alcune rendite annesse all’abbazia di S. Croce di Sassoferrato. Del 1762 è un altro scritto, il De Sancti Spiritus adventu oratio… (Roma). Nel 1766 Clemente XIII lo fece canonico di S. Pietro e cameriere segreto.
Il 27 febbr. 1768 fu ordinato sacerdote e il 30 giugno dello stesso anno conseguì alla Sapienza il titolo di dottore in utroque iure. Subito dopo ricevette i primi incarichi in prelatura, dapprima in qualità di prelato domestico (13 luglio) e poi come referendario delle due Segnature (21 luglio). Successivamente ebbe altri uffici: nel 1770 fu nominato ponente della congregazione del Buon Governo, nel 1775 visitatore apostolico dell’abbazia di Farfa e prelato della congregazione del Concilio, nel 1776 uditore del camerlengato. L’anno successivo, il 17 febbr. 1777, Pio VI lo promosse arcivescovo di Ferrara, e il 9 marzo – dopo che il 23 febbraio si era tenuta presso la chiesa di S. Maria in Regina Coeli la cerimonia di consacrazione al vescovato officiata dal vescovo emerito di Ferrara, cardinale B. Giraud – vescovo assistente al trono pontificio. Nel concistoro del 12 luglio 1779 fu riservato cardinale in pectore e poi pubblicato nel concistoro che il papa, di ritorno dal viaggio a Vienna, tenne a Ferrara il 22 maggio 1782. Il successivo 27 maggio, nel concistoro celebrato a Imola, ricevette la berretta cardinalizia con il titolo di S. Balbina, che poi mutò per quello di S. Maria in Aracoeli il 3 apr. 1786. Fu assegnato alle congregazioni dei Vescovi e regolari, dei Riti, dell’Indice e della Fabbrica di S. Pietro.
Il M. condusse la diocesi di Ferrara con zelo e applicazione, celebrando un sinodo nel giugno del 1781, i cui atti furono pubblicati lo stesso anno (Synodus diocesana…, Ferrara), completati l’anno seguente dal De casibus quos in prima sua synodo sibi reservavit… Alexander cardinalis Matthaejus… (Ferrara). Ebbe un ruolo nella riforma dello Studio ferrarese, prevista dal motu proprio di Pio VI del 1777, favorendone l’applicazione nel campo medico, con un decreto sull’ospedale di S. Anna emanato con il cardinale legato di Ferrara, F. Carafa, il 25 luglio 1786. Nel 1791 il M. inviò al clero e al popolo della diocesi una lettera pastorale (Lettera pastorale a tutti i suoi dilettissimi figliuoli, datata 20 gennaio ed edita a Ferrara lo stesso anno), nella quale con riferimento alle vicende della Rivoluzione francese mai esplicitamente nominata, difendeva le pratiche e i contenuti della religione cattolica – in particolare il celibato dei preti, la frequente comunione e il primato del papa – dall’accusa di essere «pregiudizi dalle tenebre usciti de’ secoli barbari» (p. 9). Esortava, inoltre, categoricamente i fedeli a evitare sia le persone che diffondevano le idee rivoluzionarie («Schivate pure, schivate per ogni possibil modo siffatta gente», in quanto «il parlar loro quasi cancrena s’attacca, si diffonde ovunque, e serpeggia»: pp. 26 s.) sia i «perversi e seducenti libercoli» (p.51) e contrapponeva allo «spirito d’indipendenza e libertà» lo «spirito di mansuetudine, di docilità, di subordinazion, d’ubbidienza» (p. 60). In questo periodo il M. accolse a Ferrara un grande numero di sacerdoti emigrati dalla Francia per non avere voluto giurare fedeltà alla costituzione civile del clero, ma li sottopose a un’attenta sorveglianza.
Il 22 giugno 1796 l’esercito francese occupò Ferrara; il giorno dopo una tregua conclusa fra la S. Sede e N. Bonaparte definiva il passaggio di Ferrara sotto il controllo francese. In una situazione di profondi rivolgimenti politici e istituzionali, che contemplavano l’abolizione degli statuti e la sostituzione delle istituzioni locali con una Municipalità repubblicana, il M. si adoperò per contenere i primi moti di protesta sviluppatisi nelle campagne. In agosto, quando i Francesi lasciarono Ferrara sotto la pressione delle truppe austriache del generale D.S. von Wurmser, il M. assunse, come legato a latere, il governo della città, che in precedenza il legato, cardinale F.M. Pignatelli, aveva dovuto lasciare. Il tentativo di ristabilire l’autorità pontificia fu effimero e suscitò la reazione di Bonaparte che, convocato il M. a Brescia il 19 ag. 1796, lo affrontò con estrema durezza, confinandolo a Milano e poi a Brescia. Liberato alla fine di settembre, il M. ottenne di poter tornare a Ferrara, che dall’ottobre entrò a fare parte della neocostituita Repubblica Cispadana (che dal luglio 1797 confluì nella Repubblica Cisalpina, creata il 29 giugno). A Ferrara, durante il mese di ottobre 1796, incontrò di nuovo Bonaparte, che gli propose di fungere da mediatore con il pontefice per avviare negoziati di pace. Gli affidò una lettera in cui erano espresse le intenzioni del Direttorio e le proprie garanzie a favore di una pace che avrebbe risparmiato sofferenze per la popolazione romana.
Il M. giunse a Roma il 27 ottobre, ma la proposta di Bonaparte non fu presa nella dovuta attenzione dal segretario di Stato, cardinale I. Busca, che, in accordo con la congregazione di Stato, optò per la via del temporeggiamento. Le conseguenze non si fecero attendere: nel febbraio l’esercito francese, varcati i confini, si diresse verso Roma. Il papa, allora, inviò alcuni plenipotenziari, tra i quali il M., per sottoscrivere il trattato di pace, che, siglato a Tolentino il 19 febbr. 1797, oltre a varie clausole vessatorie prevedeva per la S. Sede la rinuncia alle Legazioni e ad Avignone.
Dopo la firma del trattato il M. ritornò a Ferrara. In seguito alla proclamazione della Repubblica Cisalpina, fu richiesto a tutti i funzionari un giuramento di fedeltà. Il M. invitò a non prestare il giuramento e venne pertanto espulso nel marzo del 1798 dal territorio della Cisalpina.
Sulla vicenda scrisse il 25 aprile una lettera pastorale (Istruzione pastorale… sulla decisione fatta dalla S. Sede Apostolica del giuramento civico prescritto dal governo della Repubblica Cisalpina alli suoi pubblici funzionari) stampata nel 1799 a Ferrara, dove era rientrato il 29 maggio di quell’anno dopo il ritiro delle truppe francesi.
Morto Pio VI, riunitosi il conclave per l’elezione del successore a Venezia alla fine di novembre del 1799, il M. fu indicato tra i papabili. Alla candidatura, sostenuta dalla corte di Vienna, si contrappose quella del vescovo di Cesena, cardinale C. Bellisomi. Nonostante le iniziative assunte dal cardinale L. Antonelli a favore del M., si creò, anche in conseguenza del veto posto dal partito spagnolo, una situazione di stallo superata alla fine con la proposta della candidatura del cardinale B. Chiaromonti, vescovo di Imola, che divenne papa il 14 marzo 1800 con il nome di Pio VII.
Il 2 apr. 1800 il nuovo pontefice conferì al M. la sede suburbicaria di Palestrina, consentendogli di conservare l’amministrazione della diocesi di Ferrara, che avrebbe mantenuto fino al 24 ag. 1807. Spostatosi a Roma, il M. fu assegnato alle congregazioni dell’Immunità (1802) e del S. Uffizio (1804). Nel settembre 1804 celebrò un sinodo nella diocesi di Palestrina, i cui atti furono stampati a Roma nel medesimo anno (Synodus dioecesana…). Nel giugno 1805 fu nominato esaminatore dei vescovi per la teologia e, nel luglio 1807, protettore dell’Ordine dei frati minori cappuccini. Nel marzo 1809, in seguito alla morte del cardinale L. Valenti Gonzaga, il M., divenuto sotto-decano del S. Collegio cardinalizio, passò alla sede vescovile di Porto e S. Rufina.
Dopo l’occupazione di Roma da parte delle truppe napoleoniche, nel marzo 1808 ricevette la nomina a prodatario e qualche mese dopo entrò nella congregazione della Disciplina regolare. In seguito alle misure di ritorsione adottate da Napoleone dopo la bolla di scomunica emanata contro di lui il 10 giugno 1809, il M. fu arrestato, espulso da Roma ed esiliato prima a Bologna e poi a Parigi, dove giunse nel novembre di quell’anno e dove fu uno dei tredici cardinali che, per essersi rifiutati di presenziare al matrimonio tra l’imperatore e Maria Luisa d’Austria celebrato il 12 apr. 1810, furono privati delle insegne cardinalizie e delle rendite (la proibizione di indossare il tradizionale abito rosso fece sì che fossero detti cardinali neri). Il M. fu relegato a Rethel, dove rimase, insieme con il cardinale Pignatelli, fino alla firma del concordato di Fontainebleau. Ricongiuntosi al papa, fu nuovamente esiliato ad Alais, per essere liberato il 2 apr. 1814, su ordine del governo provvisorio.
Durante gli anni francesi compose un’opera di meditazioni spirituali, poi pubblicata a Roma nel 1814: Meditazioni delle verità eterne per fare gli esercizi spirituali, secondo il metodo di S. Ignazio distribuite in otto giorni.
Rientrato a Roma insieme con il pontefice il 24 maggio 1814, fu confermato nella carica di prodatario, nominato decano del S. Collegio cardinalizio e spostato, il 26 sett. 1814, nella sede vescovile di Ostia e Velletri. Fece l’ingresso solenne a Velletri il 5 ott. 1814, celebrando nel giugno 1817 un sinodo, gli atti del quale furono pubblicati a Roma nel 1816 (Synodus dioecesana…); ottenne inoltre da Pio VII la facoltà di istituire nel seminario di Velletri corsi di filosofia e teologia per conferire la laurea ai seminaristi, disposizione abrogata da Leone XII.
Il M. fu poi incluso in una serie di congregazioni, alcune delle quali appositamente istituite all’indomani della restaurazione pontificia. Insieme con i cardinali Litta, G.M. della Somaglia, M. Di Pietro, B. Pacca e i prelati F. Bertazzoli, G.A. Sala, T. Arezzo e G. Morozzo fece parte della congregazione costituita il 31 maggio 1814 per l’esame dei disordini occorsi nel clero secolare e regolare, della congregazione della Riforma (4 giugno 1814), di quella degli Affari ecclesiastici straordinari (19 luglio 1814) e della congregazione Concistoriale (14 giugno 1815). Inoltre, con i cardinali Litta e Pacca fece parte della commissione creata il 9 luglio 1814 per esaminare la posizione di monsignor N.M. Nicolai e di quella incaricata di valutare gli atti del cardinale J.S. Maury (22 giugno 1815). Nel giugno 1815, fu nominato prefetto della congregazione del Cerimoniale. Il 10 maggio 1817 divenne arciprete della basilica di S. Pietro e il successivo 1° giugno prefetto della reverenda Fabbrica di S. Pietro. L’imperatore d’Austria Francesco I, nel corso della sua visita a Roma nel 1819, lo insignì, quale decano del collegio dei cardinali, della gran croce di S. Stefano.
Il M. morì a Roma il 20 apr. 1820. Fu sepolto nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Maria in Aracoeli.
Opere. Tra le opere del M., tutte di carattere religioso e legate alla funzione di vescovo, oltre a quelle citate nel testo, si segnalano: Alexandri Matthaeii… archiepiscopi s. Ferrariensis ecclesiae ad clerum populumque suae dioec. epistola pastoralis (Roma 1777); Avvertimenti per degnamente amministrare il S. Sagramento di penitenza… proposti a reverendi confessori della sua città e diocesi (Ferrara 1783); Epistola… ad clerum diocesium suarum de actis in prima congregatione pro-synodali… (Roma 1819).
Fratello minore del M. fu Lorenzo, nato a Roma il 29 maggio 1748. Nel 1771, fu nominato canonico della basilica di S. Pietro da Clemente XIV. L’anno successivo, il 13 giugno, fu ordinato sacerdote. Nel 1788, divenne prelato domestico. Per grazia speciale del pontefice ottenne il dottorato in utroque iure, il 29 dic. 1801 e quindi, il 28 genn. 1802, fu fatto referendario delle due Segnature. Dopo l’annessione dello Stato pontificio all’Impero napoleonico prestò giuramento alle nuove istituzioni, ma fu tra i pochi a non subire conseguenze del suo gesto dopo la restaurazione del potere pontificio, quando si ebbero numerose inchieste a carico dei prelati che avevano espresso fedeltà alle istituzioni francesi. Nel marzo 1816 fu nominato segretario della congregazione delle Indulgenze e poi nel novembre dello stesso anno passò alla congregazione della Visita apostolica. Nel concistoro del 27 sett. 1822 il papa Pio VII lo promosse patriarca di Antiochia in partibus e fu consacrato il 29 di quel mese a Roma durante una cerimonia officiata dal cardinale G.M. della Somaglia. In seguito declinò l’offerta dell’arcidiocesi di Ferrara, ritenendo l’impegno che la carica richiedeva superiore alle proprie forze. Il 31 maggio 1824 fu nominato segretario della visita apostolica straordinaria delle chiese di Roma, avviata da Leone XII. Fu creato cardinale da Gregorio XVI nel concistoro del 15 apr. 1833 e ricevette la berretta rossa il successivo 18 aprile. Morì a Roma il 24 luglio 1833, prima che il concistoro si riunisse per conferirgli l’assegnazione del titolo cardinalizio. Con lui si estinse la linea diretta della famiglia Mattei, le cui ragioni passarono alla famiglia Antici, che assunse il doppio cognome.
Fonti e Bibl.: S. Lazzarini, Dettaglio storico di quanto precedé, accompagnò, seguì la prigionia in Brescia del signor cardinale A. M. arcivescovo di Ferrara, le commissioni di pace ad esso addossate tra la corte di Roma e la Repubblica francese e il di lui processo, ed esilio per decreto del Direttorio esecutivo della Repubblica Cisalpina, Venezia 1799; G. Baraldi, Notizie biogr. sul cardinale A. M., in Memorie di religione, di morale e di letteratura, III (1823), pp. 303-355; A. Geoffroy de Grandmaison, Napoléon et les cardinaux noirs (1810-1814), Paris 1895, pp. 222 s. e passim; A. Tersenghi, Il possesso di un vescovo di Velletri e suo primo ingresso nella città, in Boll. dell’Associazione veliterna di archeologia, storia ed arte, VI (1931), pp. 11-17; C. Zaghi, Nuovi documenti sul cardinale M. e le sue relazioni con Bonaparte e la Repubblica Cisalpina, in Nuovi Problemi di politica, storia ed economia, III (1932), pp. 450-512; IV (1933), pp. 13-47; E. Amadei, Un grande porporato romano: A. M. (1744-1820), in Strenna dei romanisti, IV (1943), pp. 181-186; R. Belvederi, La questione religiosa nel Dipartimento del Basso Po, in La sorgente, IV (1950), pp. 146-150; L. Pástzor, Ercole Consalvi prosegretario del conclave di Venezia. Momenti di storia pontificia tra il 1799 e il 1800, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LXXXIII (1960), pp. 99-187; Id., Un capitolo della storia della diplomazia pontificia. La missione di Giuseppe Albani a Vienna prima del trattato di Tolentino, in Archivum historiae pontificiae, I (1963), pp. 295-384; G. Filippone, Le relazioni tra lo Stato pontificio e le Francia rivoluzionaria. Storia diplomatica del trattato di Tolentino, II, Milano 1967, pp. 579-586, 641-643 e passim; N. Storti, La storia e il diritto della Dataria apostolica dalle origini ai nostri giorni, Napoli 1969, p. 173; Roma fra la Restaurazione e l’elezione di Pio IX. Amministrazione, economia, società e cultura, a cura di A.L. Bonella - A. Pompeo - M.I. Venzo, Roma-Freiburg i.B.-Wien 1997, pp. 43, 124 e ad ind.; W. Angelini, Per una biografia spirituale del cardinale A. M., plenipotenziario pontificio per il trattato di Tolentino, in Quaderni del bicentenario, III (1997), pp. 75-92; Genealogien zur papstgeschichte, a cura di Ch. Weber, Stuttgart 1999, pp. 605 s.; Ph. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome 2002, pp. 419-422; Die päpstlichen Referendare, 1566-1809. Cronologie und Prosopographie, a cura di Ch. Weber, Stuttgart 2004, p. 733; M. Bresadola, La riforma della medicina nella Ferrara di fine Settecento, in Annali di storia delle Università italiane, VIII (2004), pp. 125-150; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica…, XLIII, pp. 301-306; V. Spreti, Enc. storico nobiliare italiana, I, pp. 399 s.; Hierarchia catholica, VI, pp. 33, 42, 46, 215; VII, pp. 26, 37 s., 79.