MAZZUCHETTI, Alessandro
MAZZUCHETTI (Mazzucchetti), Alessandro. – Nacque nel 1824 nella frazione Mortigliengo di San Paolo Cervo, nel Biellese, da Antonio, notaio e impresario delle fortificazioni, e Anna Leve. Presso il convitto di San Giovanni d’Andorno (Biella) frequentò i corsi ordinari di latino, filosofia e matematica; nel 1842 si iscrisse all’Università di Torino dove si laureò nel 1845 in ingegneria idraulica e l’anno dopo in architettura civile. Sempre nel 1845 iniziò la pratica professionale nello studio torinese di Carlo Mosca, ispettore del genio civile, progettista del celebre ponte in pietra sulla Dora Riparia nella capitale sabauda e incaricato dal 1836 di studiare i sistemi ferroviari messi in opera in Francia e Inghilterra da sviluppare successivamente nel Regno di Sardegna.
Nel 1847 il M. entrò nel corpo reale del genio civile in qualità di allievo ingegnere soprannumerario, e fu impiegato nel servizio di costruzione delle strade ferrate alle dipendenze dell’ingegnere G. Negretti, direttore della sezione alessandrina della ferrovia che si andava costruendo da Torino a Genova. Il 1° febbr. 1848 Carlo Alberto firmava una patente in cui si segnalava la «zelante e distinta servitù» del M. con particolare merito di lode, conferendogli la qualifica di allievo ingegnere effettivo con un emolumento annuo di 1000 lire (aumentato l’anno successivo di 600 lire) e destinandolo al servizio di costruzione delle strade ferrate (Arch. di Stato di Torino, Patenti, Controllo, Finanze, 1848, reg. 120, c. 42; 1849, reg. 127, c. 10).
Nel Calendario generale de’ Regi Stati e poi nel Calendario generale del Regno d’Italia si trova evidenziato lo sviluppo della carriera del M. sino al 1864. Essa si esplicò essenzialmente nella progettazione e nella direzione di lavori delle stazioni e degli edifici accessori per la linea ferroviaria Torino-Genova, fondamentale per lo sviluppo degli Stati sardi prima dell’Unità.
Dal 1848 al 1850 fu addetto all’ufficio centrale d’ispezione della linea Torino-Genova, collaborando con l’ingegnere E. Melano; nel 1851 lavorò per la zona di Moncalieri alle dipendenze dell’ingegnere P. Spurgazzi; nel 1852 venne destinato all’Ufficio d’arte di Torino come ingegnere effettivo di seconda classe; raggiunse la qualifica di prima classe nel 1856, terminando la carriera nel 1864 quale capo servizio di prima classe. Tra le attività svolte per lo sviluppo delle strade ferrate sino al 1864 si ricorda che nel 1849-50 aveva realizzato il primo impianto per la stazione di Alessandria.
Nell’ottobre 1853 venne inviato a visitare le principali realizzazioni ferroviarie francesi, maturando una importante esperienza per la sua formazione professionale. Esaminò stazioni, magazzini doganali ed edifici ausiliari per le officine, venendo in contatto con numerosi progettisti.
Durante il viaggio visitò anche Ginevra, le linee ferroviarie Basilea-Strasburgo e Strasburgo-Colmar e quella in via di completamento da Strasburgo alla frontiera belga. Fu successivamente a Parigi dove studiò la Gare St Lazare e la Gare de l’Est ed ebbe fruttuosi incontri con Eugène Flachat, qualificato progettista di materiale fisso e mobile per le strade ferrate (Zorgno, 1993, p. 151).
Al rientro nel Regno di Sardegna aveva individuato nella tettoia di grande luce il tipo di copertura da usare per riparare le aree di sosta. Una nuova occasione fu l’impianto dell’Officina riparazioni ferroviarie a Torino nei pressi dell’imbarcadero di Porta Nuova, svolto in collaborazione con gli ingegneri G. Alby e C. Frescot, laureati all’École polytechnique di Parigi. Successivamente si dovette occupare dell’allestimento delle stazioni di Alessandria e di Genova.
Nella prima (distrutta durante la seconda guerra mondiale), l’elemento architettonico si richiamava ancora a modi neoclassici; mentre per la parte relativa alla copertura dovette impiegare materiali lignei per le centine, non esistendo ancora la possibilità di utilizzare manufatti ferrosi prodotti nel Regno di Sardegna. Per la stazione di Genova Principe (approvata con r.d. 1064 del 1856), il M. poté usare le centine a traliccio metallico con arco a tutto sesto, il che fu reso possibile dallo sviluppo dell’Officina meccanica Giovanni Ansaldo, divenuta operativa per la produzione. Per la parte architettonica, rispetto a quanto realizzato ad Alessandria, impiegò moduli di carattere eclettico, a seguito anche delle suggestioni ricevute dal viaggio d’Oltralpe. Il portico venne progettato in stile dorico; mentre modifiche successive furono apportate dall’intervento del 1900 dell’ingegnere G. Radini Tedeschi.
Nel 1860 venne incaricato di progettare la stazione di Porta Nuova di Torino.
Qui seppe realizzare una soluzione d’avanguardia per quanto concerne la sistemazione dei vari elementi del complesso, separando la zona arrivi da quella delle partenze e consentendo ai treni di giungere sino ad alcuni metri dalla facciata, in modo che i convogli si «specchiassero» nella vetrata. Per il prospetto sulla piazza Carlo Felice si valse delle capacità del suo aiutante, l’ingegnere Carlo Ceppi. Diede tuttavia il meglio di sé sulla progettazione delle coperture voltate in metallo, le quali, per «quanto fuori della consuetudine del paese e dispendiose, avevano effettivamente conseguito l’effetto della solidità congiunta all’eleganza» (come scrisse nei Cenni sui lavori eseguiti per lo scalo definitivo delle ferrovie, in Scalo ferroviario eretto in Torino…, Torino 1867, p. 21). Le grandi centine metalliche per Torino furono oggetto di verifiche strutturali da parte di A. Castigliano, che vi applicò la nuova teoria dei sistemi elastici, rilevando una assoluta solidità delle stesse (Zorgno, 1993, pp. 162 s.). Le coperture metalliche furono asportate durante l’ultimo conflitto e destinate a impieghi bellici, per cui ne rimane solo una memoria grafica e fotografica.
Il M. mantenne uno stretto rapporto con il luogo natale. Fu promotore dello sviluppo delle scuole tecniche di Campiglia Cervo e di Rosazza di cui fu presidente e che divennero una fucina di tecnici edili, contribuendo anche a migliorare le condizioni di vita di numerosi abitanti della zona; fu, inoltre, membro della Deputazione provinciale per il mandamento di Andorno per oltre venti anni; fu infine fondatore della Banca di Campiglia, che servì a sostenere l’attività di molti piccoli impresari edili della valle (Commemorazione, in La Gazzetta piemontese, 19 apr. 1894).
Nel 1853 aveva sposato Maria Emilia Rosazza Pistolet, nipote del senatore Federico e dell’ingegnere Vitale Rosazza Pistolet, tra i più importanti impresari biellesi dell’Ottocento. Questi ultimi costituirono nel 1864 con Giovanni e Pietro Magnani la Società Rosazza e Magnani per la realizzazione di parte del nuovo importante porto militare di La Spezia. Nello stesso anno il M. chiese di essere collocato in aspettativa per motivi di famiglia; ma le cause per cui lasciò il genio civile furono altre. Tra esse il prossimo trasferimento della capitale da Torino a Firenze, cui si sarebbe accompagnato quello del ministero per cui operava, e, soprattutto, il fatto di essere stato nominato «direttore generale tecnico colla rappresentanza del titolare rispetto all’amministrazione» della Società Rosazza e Magnani, che si era aggiudicata due appalti per la costruzione a La Spezia di quattro bacini di carenaggio con opere murarie dell’avamporto (massi artificiali, muri di sponda).
Si trattò di un grande intervento che durò sino al 1880. Il M. dovette sobbarcarsi la pesante responsabilità della direzione dei lavori e progettò alcuni importanti macchinari. Tra essi una draga a vapore, che sollevava e trasportava giornalmente 2000 metri cubi di calcestruzzo di cemento idraulico impiegato per la pavimentazione dei bacini di carenaggio, e un ponte in legno armato a capriate, di luce eguale alla larghezza di sponda del bacino di carenaggio. Questo ponte, che scorreva su guide in ferro, permetteva il getto di fasce di calcestruzzo di mezzo metro di larghezza e quattro di spessore.
Un altro campo di attività del M. fu quello dell’edilizia abitativa a Torino, dove operò sin dal 1846: ammontano a trentanove le pratiche presenti presso l’Archivio storico del Comune di Torino, alcuni realizzati dalla stessa impresa Magnani.
Si ricordano le case di corso Regina Margherita, n. 146 (fu il suo primo progetto nel 1846) e n. 148 (in quest’ultima egli visse e morì); il palazzo per i fratelli Piacenza (1852) al n. 60 di corso Vittorio Emanuele II, in cui sono evidenti i richiami alla lezione di C. Promis; la prima sede della Società promotrice di belle arti (1862) in via G. Verdi, n. 25, di cui sono rimaste la facciata e parte dell’atrio; la villa Guillot (1877) in corso Galileo Ferraris, n. 47, dove sono evidenti richiami all’eclettismo nel portale, negli elementi scultorei e decorativi. Ricevette anche incarichi per edifici pubblici, tra cui la sistemazione interna e la decorazione della facciata dell’antico convento di S. Filippo trasformato in sede del ministero dei Lavori pubblici e ufficio postale in via Principe Amedeo, n. 10 (1860). Nel 1865 venne approvato il progetto, redatto dal M. nel 1863, per la sistemazione della parte di edificio dell’Accademia delle scienze prospiciente l’attuale via Principe Amedeo, quale sede della Regia Pinacoteca (oggi Galleria Sabauda; P. Astrua, in La Galleria Sabauda. Guida Breve, Milano 2000, p. 11)
Il M. morì a Torino il 18 apr. 1894.
Fonti e Bibl.: Per una parte consistente di bibliografia, soprattutto per i fondi conservati nell’Archivio di Stato di Torino, si rinvia a Zorgno, 1993. In particolare si veda Arch. di Stato di Torino, Lavori pubblici, b. 379: Atti di giuramento, c. 13v e cc. n.n. alla data 3 marzo 1851; Calendario generale dei Regi Stati, Torino, 1848, p. 429; 1849, p. 403; 1850, p. 495; 1851, p. 506; 1852, p. 501; 1853, p. 438; 1854, p. 456; 1855, p. 450; 1856, p. 478; 1857, p. 99; 1859, p. 109; Calendario generale del Regno d’Italia, 1862, p. 832; 1863, p. 425; 1864, p. 411; L. Mallé, Le arti figurative in Piemonte dalle origini al periodo romantico, Torino s.d. [ma 1961], p. 417; M. Leva Pistoi, Torino mezzo secolo d’architettura, 1865-1915, Torino 1969, ad ind.; D. Rebaudengo, Un saluto da Torino, Torino 1971, pp. 20, 22; R. De Fusco, L’architettura dell’Ottocento, Torino 1980, pp. 91, 156, 174; Ingegneri, architetti, geometri in Torino. Progetti edilizi nell’Arch. storico della città (1780-1859), a cura di G.M. Lupo, Roma 1990, pp. 81 s.; A.M. Zorgno, «Élites» imprenditoriali e tecnici intellettuali della Valle d’Andorno a La Spezia, in Studi e ricerche sul Biellese, 1990-91, n. 6, pp. 258-287; Id., Le coperture voltate delle grandi stazioni ferroviarie piemontesi, in Strade ferrate in Piemonte. Cultura ferroviaria fra Otto e Novecento. Atti del Convegno…, Torino 1993, pp. 141-161; Torino nell’Ottocento e nel Novecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi napoleonici, a cura di P. Scarzella, Torino 1995, pp. 279-282, 287, 392, 496, 525, 530.