NOVELLO, Alessandro
– Figlio di Alessandro, nacque a Treviso presumibilmente nei primi anni Cinquanta del XIII secolo, da un ceppo familiare appartenente al notabilato urbano preminente.
Il padre era stato giudice al servizio del Comune di Treviso nel periodo della dominazione di Alberico da Romano (1237-59) e procuratore dei Caminesi, per conto dei quali, presumibilmente nel 1254, si era anche recato presso la Curia pontificia per impetrare un privilegio di conferma di alcuni loro castelli (I documenti del processo di Oderzo, 1995, p. 215; Rando, 1988, p. 113). Oltre ad Alessandro, ebbe altri tre figli maschi: Prosavio, Anastasio e Giuliano (Acta comunitatis Tarvisii, 1998; Cagnin, 2003, pp. 103 s.).
Entrato nell’Ordine dei minori, presso il convento trevigiano, Novello vi svolse mansioni di rilievo, come quella di guardiano. Operò inoltre come inquisitore negli anni 1293-96 (Serena, 1923, p. 171) e in questo ruolo figura come liquidatore di beni confiscati a eretici in particolare a Treviso, Mestre, Bassano, Conegliano e Ceneda (Biscaro, 1932, p. 162; Da Alatri, 1960A, p. 409). In quanto responsabile di tale ufficio fu convocato nel 1302 nell’episcopio padovano, insieme a numerosi altri inquisitori veneti, davanti al tribunale del commissario pontificio Guido di Neuville per render ragione della propria amministrazione e gli fu ordinato di pagare la decima dovuta dal convento veneziano per il periodo in cui era stato inquisitore (Da Alatri, 1960B, pp. 173, 180 s.), un’ingiunzione che non appare del tutto chiara. Nel 1308 fu tra le nove persone alle quali il commissario pontificio aveva prescritto di presentarsi presso la Curia romana per risarcire l’amministrazione pontificia degli storni di denaro compiuti nell’esercizio dell’ufficio inquisitorio. L’ammontare totale dell’ammanco corrispondeva a 100 lire di grossi veneziani, dei quali soltanto 10 erano stati pagati fino a quel momento (ibid., pp. 173, 176 s., 186).
Dai dati desunti da queste indagini, Novello risulta coinvolto solo marginalmente nelle malversazioni di cui si resero responsabili gli inquisitori veneti, specialmente francescani, tra la seconda metà del Duecento e i primi del Trecento. Non gli si rimproverò mai di aver operato per il proprio tornaconto, quanto piuttosto di aver cercato di favorire il convento francescano veneziano. Di una sua sostanziale affidabilità è del resto prova il fatto che proprio nell’ambito dell’inchiesta del 1308 fu incaricato dal nunzio pontificio di intervenire contro il vescovo di Concordia, il quale aveva cercato di trattenere per sé una multa comminata a un eretico locale detenuto nelle carceri vescovili (Biscaro, 1932, p. 172).
Il 20 aprile 1298 venne consacrato a Roma vescovo di Feltre e Belluno, le due diocesi alpine unificate circa un secolo prima per iniziativa di Innocenzo III. Le circostanze della sua elezione non furono del tutto lineari. Infatti, succedeva a un altro presule francescano, Jacopo da Valenza, morto improvvisamente, come si venne a sapere di lì a poco, per iniziativa omicida di Gherardo e Rizzardo da Camino, signori di Treviso. Eletto dai capitoli di Feltre e Belluno, inizialmente rinunciò alla carica, ritenendo che il papa preferisse provvedere personalmente alla scelta. Bonifacio VIII avrebbe interpretato il gesto come segno di deferenza alla S. Sede, avallando quindi l’elezione già effettuata in sede locale (Biscaro, 1914, p. 396).
Nel medesimo anno ottenne dal patriarca di Aquileia, Raimondo della Torre, l’investitura delle regalie connesse alla doppia cattedra che aveva assunto. La duplicità del conferimento era simboleggiata dai due vessilli di zendado rosso che il patriarca gli consegnò in quella circostanza (Alpago Novello, 1931, p. 166). Da questo momento in poi recò costantemente nei documenti la titolatura di «episcopus et comes».
Le notizie sull’attività pastorale e amministrativa di Novello riguardano soprattutto il primo decennio del suo episcopato.
Il 29 aprile 1299 concesse in feudo a Francesco di Castellalto il villaggio feltrino di Telve (Alpago Novello, 1940, p. 1204). Poco dopo fu impegnato in una causa per i diritti sul priorato camaldolese di S. Martino di Oderzo, centro in diocesi di Ceneda ma di antica pertinenza bellunese (Meneghin, 1935, pp. 673-675, 698, 699; Documenti antichi…, 1993, n. 137, p. 253). Nel luglio 1299 confermò una permuta già conclusa sette anni prima con il priore dell’ospizio di S. Martino di Castrozza (Pistoia, 1992, p. 179, doc. 10). La documentazione superstite segnala per gli anni successivi una serie di iniziative di routine (richiamate in forma di elenco in Argenta, 1986, pp. 45-48).
Rimase naturalmente coinvolto nelle controverse vicende politiche che interessarono la Marca orientale nei primi decenni del Trecento. Nel 1310, a riprova del legame con la famiglia dominante a Treviso e a Belluno, investì Tolberto da Camino di feudi ubicati nelle località di Mussolente, Bessica e Cassola (Marchesan, 1904, doc. XII, p. 180). Quando, nel dicembre 1312 si consumò la decennale vicenda della signoria caminese, nella difficile contingenza politica generale, segnata anche dall’espansionismo scaligero e goriziano, Novello sembra aver ritenuto opportuno non esporsi troppo e cercare piuttosto l’appoggio dei suoi vecchi concittadini trevigiani. Procedette, dunque, immediatamente alla destituzione del podestà caminese, Adalgerio della Torre, e alla sua sostituzione col feltrino Romagno di Romagno. Nel 1314, poi, chiese aiuti al Consiglio di Treviso contro il suo omologo trentino, che aveva inviato truppe in Valsugana allo scopo di bloccare eventuali rinforzi che potessero giungere a Padova nella guerra contro Cangrande (Alpago Novello, 1931, p. 179; Verci, 1787, VII, p. 21, doc. DCLXIX, 1314 aprile 18; p. 24, doc. DCLXXV, 1314 maggio 24; p. 31, doc. DCLXXVIII, 1314 luglio 5 ). Sempre a Treviso, tra il 1314 e il 1315, impetrò a diverse riprese forniture di grano per la sua Feltre. A partire dal 1315 il suo orientamento politico appare oscillante. Dapprima, infatti, si ha notizia di sospetti trevigiani di possibili sue connivenze con il deposto signore Guecellone da Camino − sospetti ai quali il vescovo rispose con una lettera di rassicurazioni (ibid., p. 142, doc. DCCLX, 1315 agosto 25) − poi si sa che il Consiglio trevigiano concesse rappresaglie a un concittadino contro il vescovo. Infine, tra il 1315 e il 1316, Novello non seppe, o non volle, impedire che Guecellone da Camino si impossessasse prima di Belluno e poi di Feltre. Pare che in questa circostanza egli si fosse dapprima adoperato per cacciare Guecellone da Feltre, anche con l’aiuto di Treviso (ibid., p. 163, doc. DCCXCI, 1316 giugno 8; p. 164, doc. DCCXCII, 1316 giugno 10); poi avesse favorito una mediazione tra Guecellone e il Comune trevigiano. Quindi, con il parere favorevole degli homines di Feltre e delle istituzioni comunali locali, avrebbe nominato Guecellone capitano della città, dichiarando la propria piena sintonia con il nuovo signore (ibid., p. 166, doc. DCCXCV, 1316 giugno 15).
In questo confuso succedersi di eventi si verificò anche la «difalta», l’episodio immortalato nel Paradiso dantesco (IX, 51-60), che ha inchiodato Novello alla fama di spietata viltà («empio pastor» e «prete cortese» lo definisce Dante). Nel 1314 venne scoperta a Ferrara una congiura contro il fiorentino Pino della Tosa, reggente della città per conto di Roberto d’Angiò, che a sua volta teneva il dominio a nome del pontefice. Alcuni dei congiurati, Antoniolo, Lancillotto e Claruccio da Fontana, erano fuggiti a Feltre. Il 15 luglio un’ambasceria ferrarese presentò una richiesta ufficiale al Comune di Treviso (Verci, 1787, VII, p. 32, doc. DCLXXXI, 1314 luglio 15) perché ingiungesse al podestà e al Comune di Feltre la consegna dei fuorusciti, peraltro già imprigionati dalle autorità locali. I responsabili furono quindi consegnati e giustiziati. La critica storica oggi ritiene per lo più che il vescovo fosse estraneo alla restituzione dei rifugiati, da attribuire piuttosto alle autorità pubbliche cittadine.
Nel secondo decennio del secolo Novello appare sempre più in difficoltà rispetto alla volontà di affermazione del Caminese, il quale nel giro di poco tempo giunse a impadronirsi di molte sue facoltà temporali e anche delle sue rendite, mettendolo in un serio imbarazzo economico. A lui rimase solamente la competenza sulle cause d’appello alle sentenze di prima istanza del vicario del podestà, come si evince da alcuni pronunciamenti di un suo delegato nel 1319-20 (Collodo, 1999, p. XXI). Già dal 1318, comunque, in seguito al deciso schierarsi di Guecellone a fianco di Cangrande, aveva dovuto abbandonare la diocesi e rifugiarsi a Treviso, presso il nipote Zaffone. Qui, per sopperire alle urgenze finanziarie il 4 febbraio 1320 fu costretto a impegnare la podesteria e la giurisdizione di Cesana a Romagno di Romagno (Alpago Novello, 1931, p. 206; Varanini, 2006, p. XXIV, n. 16).
Secondo una tradizione erudita, a dire il vero non troppo solida, pare che subito dopo Novello si fosse trasferito presso il convento dei minori di Portogruaro, e qui sarebbe morto nel febbraio 1320.
Giorgio Piloni (1607) ricorda infatti l’esistenza presso quella chiesa, distrutta nel 1880, della tomba del vescovo e del relativo epitaffio; ma un altro testimone nel 1820 afferma di non aver visto né la tomba, né l’epitaffio (Alpago Novello, 1931, pp. 208 s.).
Gli successe al soglio feltrino bellunese Manfredo di Collalto, già vescovo di Ceneda, assassinato a Belluno il 2 maggio 1321 in un tumulto, probabilmente sollevato dai Caminesi.
Fonti e Bibl.: Per un inquadramento generale relativamente alle chiese di Feltre e Belluno: F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae, V, Venezia 1720 (rist. Nendeln [Liechtenstein] 1970), col. 143; C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi ab anno 1198 usque ad annum 1431 perducta, Münster 1913 (rist. Padova 1960), p. 132; P.F. Kehr, Italia pontificia, VII, Venetia et Histria, I, Berlin 1923, pp. 89-97. Opere di storia erudita bellunese che si occupano anche della figura di Novello: G. Piloni, Historia della città di Belluno, Venezia 1607 (rist. Bologna 1969), p. 135; A. Cambruzzi, Storia di Feltre, I, Feltre 1874, pp. 289, 291, 302; F. Tamis, Storia dell’Agordino. La comunità di Agordo dalle origini al Dominio veneto, Belluno 1978, pp. 248 s. Per la figura di Novello le fonti di riferimento sono: Treviso, Biblioteca Comunale, Raccolta Scotti, IV, pp. 396 s.; VII, doc. 669; Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, a cura di I.B. Mittarelli - A. Costadoni, V, Venezia 1760, p. 262, 294; A. Marchesan, Gaia da Camino in Dante e nei documenti trivigiani, Treviso, 1904, doc. XII, p. 180; Documenti antichi. Trascritti da Francesco Pellegrini, II, Dal 1200 al 1328, Belluno 1993, n. 137, p. 253; n. 144, p. 269; n. 146, p. 273; n. 152, p. 283; n. 153, p. 284; n. 155, p. 286; n. 156, p. 287; n. 157, p. 289; n. 159, p. 291; n. 161, p. 294; n. 164, p. 299; Il processo Avogari (Treviso 1314-1315), a cura di P. Cagnin, Roma 1999, pp. 468, 481, 498. Sulla figura di Novello: L. Alpago Novello, Il vescovo della pretesa “diffalta” A. N. (1298-1320), in Archivio veneto, X (1931), pp. 158-221; Id., Due nuovi documenti intorno al vescovo A. N. (1298-1320), in Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore, IV (1932A), 21, pp. 307 s. dell’ anastatica, Bologna 1981 (annate 1929-1934); Id., Ancora tre nuovi documenti introno al vescovo A. N. (1298-1320), ibid., IV (1932B), 24, pp. 358-361 dell’anastatica, Bologna 1981; V. Meneghin, Ancora sul vescovo della pretesa “diffalta” A. N., ibid., 1935, n. 41, pp. 673-675; n. 42, pp. 697-699; L. Alpago Novello, Un altro documento del vescovo A. N., ibid., 1940, 70, p. 1204 dell’anastatica, Bologna 1985 (annate 1935-1946); G. Argenta, I vescovi di Feltre e di Belluno dal 1204 al 1462, Belluno 1986, pp. 45-54. Sul ruolo di inquisitore: A. Serena, Fra gli eretici trevisani, in Archivio Veneto-Tridentino, III (1923), p. 171; G. Biscaro, Eretici ed inquisitori nella Marca Trevisana (1280-1308), in Archivio veneto, X e.f. (1932), pp. 162, 166, 169, 171 s.; M. Da Alatri, Inquisitori veneti del Duecento, in Collectanea franciscana, XXX (1960A), pp. 409, 426, 428, 442, 450; Id., Due inchieste papali sugli inquisitori veneti (1302 e 1308), ibid., (1960B), pp. 173, 176 s.,180 s. (ambedue poi in Id., Eretici e inquisitori in Italia. Studi e documenti, I, Il Duecento, Roma 1986). Per la vicenda della ‘diffalta’ e i riferimenti danteschi: A. N., in Enciclopedia dantesca, I, 2a ed., Roma 1984, p. 119; Dante Alighieri, Commedia, con il commento di A.M. Chiavacci Leonardi, III, Paradiso, Mondadori 1997, canto IX, vv. 52-60, pp. 252 s.; per le fonti ferraresi: Chronicon Estense, cum addita mentis usque ad annum 1478, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, in Rer. Ital.. Scritpt. XV, 3, Città di Castello 1908, p. 83. Riferimenti a diversi membri della famiglia Novello, compreso Alessandro, in: G.B. Verci, Storia della Marca trivigiana e veronese, Venezia 1787 (rist. anast. Bologna 1982), ad ind.; G. Biscaro, Il delitto di Gheraro e di Rizzardo da Camino (1298), in Nuovo archivio veneto, n.s. XXVII (1914), 1, pp. 388-415; Id., Dante e il buon Gherardo, in Studi medievali, n.s., I (1928), pp. 108, 110; R. Davidsohn, Storia di Firenze, III, Firenze 1960, pp. 646, 708; D. Rando, La classe dirigente trevisana durante la dominazione di Alberico da Romano (1239-1259). Prime ricerche, in Istituzioni, società e potere nella Marca trevigiana e veronese (secoli XIII-XIV). Sulle tracce di G.B. Verci, a cura di G. Ortalli - M. Knapton, Roma 1988, pp. 157-178 (poi in Id., Religione e politica nella Marca. Studi su Treviso e il suo territorio nei secoli XI-XV. I. Società e istituzioni, Verona 1996, pp. 103-134); G.M. Varanini, Istituzioni e società a Treviso tra comune, signoria e poteri regionali (1259-1339), in Storia di Treviso, a cura di E. Brunetta, II, Il Medioevo, a cura di D. Rando ò G.M. Varanini, Venezia 1991, pp. 171 s., 190; D. Rando, Le elezioni vescovili nei secoli XII-XIV. Uomini, poteri, procedure, ibid., pp. 391, 397 (poi in Id., Religione e politica nella Marca, pp. 194 s., 203); La valle di Primiero nel Medioevo. Gli statuti del 1367 e altri documenti inediti, a cura di U. Pistoia, Venezia 1992, pp. 60, 179 s.; G. Speciale, Henrigetus magistri Gerardi giudice e cronista. La Marca trevigiana in un’inedita cronaca trecentesca, in Rivista internazionale di diritto comune, III (1992), pp. 250-252; I documenti del processo di Oderzo del 1285, a cura di D. Canzian, Padova 1995, p. 215; G. Cagnin, La controversa donazione del castello di Stigliano ai Cavalieri Teutonici (Acri, 15 dicembre 1282), in Acri 1291. La fine della presenza degli ordini militari in Terra Santa e i nuovi orientamenti nel XIV secolo, a cura di F. Tommasi, Perugia 1996, pp. 103 s., nn. 10, 12, 14; Gli Acta comunitatis Tarvisii del sec. XIII, a cura di A. Michielin, Roma 1998, ad ind.; S. Collodo, Potere e onore nella storia dell’episcopato di Feltre, in L’episcopato di Feltre nel Medioevo. Il Catastrum seu inventarium bonorum del 1386, a cura di E. Bonaventura - B. Simonato - C. Zoldan, Venezia 1999, p. XXI; G. Cagnin, Pellegrini e vie del pellegrinaggio a Treviso nel Medioevo, Verona 2000, p. 28; Mutui e risarcimenti del comune di Treviso (secolo XIII), a cura di A. 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