PALLAVICINO, Alessandro
PALLAVICINO (Pallavicini), Alessandro. – Figlio di Tomaso, nacque alla fine del XVI secolo probabilmente a Genova (ma forse addirittura a Roma).
La famiglia, attiva nella città ligure sin dal XIII secolo, aveva guadagnato una robusta posizione patrimoniale impegnandosi in vari settori dell’economia e della finanza. Nel Cinquecento, i Pallavicino (da non confondere con l’omonima famiglia dei marchesi di Cortemaggiore e Busseto) si erano imposti anche nella piazza romana, controllando la commercializzazione dell’allume prodotto intorno a Tolfa, nel Lazio settentrionale. Quindi, fra il 1579 e il 1580, proprio il padre Tomaso era stato ambasciatore della Repubblica genovese a Roma; anche quando l’incarico terminò, tra Cinque e Seicento, egli si segnalò come pronto finanziatore della Curia.
Su queste basi, tra il primo e il secondo decennio del XVII secolo, Pallavicino entrò al servizio del cardinal nipote di Paolo V, Scipione Caffarelli Borghese, verosimilmente come gentiluomo del suo seguito. Quindi maturò la decisione di porsi al servizio del pontefice, non avviandosi alla carriera nella Curia romana, ma puntando al grado di luogotenente generale della marina pontificia.
Rivestiva il grado, sin dal 1610, Francesco Centurioni, anch’egli genovese. Nell’aprile del 1620, poiché quest’ultimo mostrava «inclinatione di far passaggio dall’armi alla toga, et di voler seguitar la corte di Roma, et porsi in prelatura» (Avvisi di Roma, 8 aprile 1620, in Bibl. apost. Vat., Urb. lat. 1088, c. 221v), Pallavicino riuscì a farsi nominare suo successore: i fratelli Nicolò e Giovan Domenico e soprattutto il genitore Tomaso, «debole e vecchio di ottantasette anni» (Arch. segr. Vat., Fondo Borghese, s. III, b. 41d, c. 135r), indirizzarono in ragione di ciò calorose lettere di ringraziamento al cardinale Borghese.
Centurioni rimase comunque nell’incarico fino all’inizio dell’autunno, quando Pallavicino stipulò con la Camera apostolica un contratto di assento.
L’atto, datato 2 ottobre 1620, enumerava in dettaglio le reciproche obbligazioni. Fino al 31 ottobre 1626, egli avrebbe dovuto tenere le cinque galere della flotta pontificia (chiamate Capitana, Padrona, San Bastiano, Santa Lucia e San Pietro) perfettamente allestite per la navigazione, dotandole di tutti gli armamenti e i rifornimenti necessari ed equipaggiandole con corpi imbarcati differenziati secondo ciascuna unità (da 60 fino a 80 soldati, più gli ufficiali). Pallavicino era obbligato a chiamare in servizio una o più delle galere secondo gli ordini del papa; ma se non riceveva disposizioni di farle salpare, dopo appena 10 giorni all’àncora nel porto di Civitavecchia, avrebbe potuto parzialmente disarmarle e ridurre il personale imbarcato; solo con un preavviso di 15 giorni le galere sarebbero state obbligate a muovere. In ogni caso, sia che le galere fossero in mare, sia che sostassero in porto, Pallavicino si impegnava a tenere in carica un suo sostituto, un uditore e un notaio per la giustizia, un medico e un provveditore (cioè un commissario per le forniture), artigiani per i lavori in ferro e armaioli per manutenere la dotazione bellica. Il contratto precisava anche l’organico della forza ai remi: si sarebbero trattato in tutto di 1400 uomini, in massima parte schiavi e condannati dalla giustizia penale, ma compresi anche 130 rematori in servizio volontario (chiamati ‘bonavoglia’). Per gli approvvigionamenti alimentari di tutti questi uomini (pane biscottato, fave e riso; solo gli ufficiali avevano pietanze maggiormente proteiche), Pallavicino avrebbe curato gli acquisti di grano e la fabbricazione del pane biscottato, mentre la Camera apostolica avrebbe garantito i pagamenti ai fornitori. Riguardo ai proventi e alle eventuali perdite, Pallavicino avrebbe tenuto per sé tutto il guadagno derivato da eventuali noleggi delle galere e un quarto delle prede conquistate in combattimento. Della perdita di una delle galere per naufragio o scontro non sarebbe stato tenuto a rifondere le spese alla Camera apostolica se non fosse stata accertata la sua responsabilità.
All’inizio di novembre 1620, Pallavicino prese possesso dell’incarico, provvedendo subito all’allestimento delle galere.
Quando nel successivo dicembre il cardinal nipote gli chiese di tenersi pronto a rendere omaggio al passaggio delle navi del principe Filiberto di Savoia, Pallavicino rispose che si sarebbe comportato «in modo che ogni cosa sia posposta all’horrevolezza del nostro stendardo» (lettera al cardinale Scipione Caffarelli Borghese, Civitavecchia, 16 dicembre 1620, i Arch. segr. Vat., Fondo Borghese, s. I, b. 858, c. 255r). Tuttavia, le forniture delle galere consegnategli dovevano rivelarsi del tutto insoddisfacenti. Così, nei primi giorni dell’anno seguente, chiese licenza di potersi recare a Napoli «havendo bisogno di diversa quantità di legnami, et altri bastimenti per servitio della gallera nuova, et dell’altre statemi consignate disarmatissime» (allo stesso, Civitavecchia, 5 gennaio 1621, ibid., c. 407r).
Pallavicino guidò quindi le galere pontificie in diversi viaggi di rappresentanza: nell’aprile 1621 accompagnò a Genova Ottavio Corsini, nominato nunzio in Francia e Alessandro Di Sangro, destinato ad analoga missione in Spagna. Gli Avvisi di Roma del 24 aprile 1621 diedero notizia che essi erano stati «trattati con molta esquisitezza dal S.r Alessandro Pallavicino generale delle galere pontificie» (in Bibl. apost. Vat., Urb. lat. 1089, c. 302v). Sulla via del ritorno, egli condusse a Roma gli ambasciatori genovesi (Giovan Stefano Doria, Agostino Pallavicino, Ottavio Sauli, Giovan Francesco Brignola) inviati per congratularsi per l’elezione del nuovo papa Gregorio XV. In occasione della prima udienza proprio Agostino Pallavicino ricordò al papa che «quella natione [genovese] era sempre stata honorata delle principali dignità, et carichi della Sede apostolica come haveva fatto papa Paolo Quinto, et sperano doversi fare per l’avvenire» (Avvisi di Roma del 26 maggio 1621, ibid., c. 386r).
La continuazione dell’incarico di Pallavicino sembrava effettivamente assicurata: in giugno, presso Civitavecchia, la galera Santa Lucia aveva catturato un brigantino di pirati musulmani e fatto 36 schiavi. Fra luglio e settembre, Pallavicino condusse poi quattro galere pontificie a Napoli e a Messina, con il progetto di unirsi, con navi toscane, napoletane e sabaude, alla flotta spagnola comandata dal principe Filiberto di Savoia decisa a presidiare il Mediterraneo. L’obiettivo, poiché la stagione era ormai molto avanzata, si sarebbe limitato a «fare un poco di scorreria, et farsi vedere» (A. Pallavicino al card. Ludovico Ludovisi, Messina, 11 settembre 1621, in Bibl. apost. Vat., Barb. lat. 9764, c. 24r). Dal canto loro, le galere pontificie non si spostarono affatto da Messina e rientrarono a Civitavecchia all’inizio del successivo dicembre.
Negli stessi giorni arrivava a Roma anche Aldobrandino Aldobrandini, Gran Croce e Priore di Roma dell’Ordine di Malta. Fu quest’ultimo, in modo relativamente improvviso, a ricevere all’inizio di marzo 1622 la carica che teneva Pallavicino. Gli osservatori della Corte di Roma notarono la sua insoddisfazione. Egli però non si spostò subito dalla città del papa: alla fine del 1622 è documentato un suo grosso acquisto di uffici venali di Curia dal cardinale Ludovisi per la cifra di 180.000 scudi. Successivamente però dovette spostarsi a Genova, dove prese servizio come commissario della flotta della Dominante: nel 1632 a Messina, per la precedenza delle galere genovesi su quelle dell’Ordine di Malta, quasi arrivò allo scontro armato.
Non vi sono successive notizie sulla sua carriera. Non è emerso nemmeno l’anno della morte. Di sicuro non fu il 28 gennaio 1621 come riferisce Alberto Guglielmotti nella sua Storia della marina pontificia.
Fonti e Bibl.: Arch. segr.Vaticano, Fondo Borghese, s. I, b. 858, cc. 255r, 407r; s. III, b. 41d, c. 135r; Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat. 1088, c. 221v; 1089, cc. 302v, 386r; Barb. lat. 9764, cc. 23r-24v; F. Casoni, Annali della repubblica di Genova del secolo decimosettimo, Genova 1800, p. 204; A. Guglielmotti, La squadra permanente della marina romana. Storia dal 1573 al 1644, Roma 1892, pp. 239-258, 262; Gli archivi Pallavicini di Genova, I, Gli archivi propri, inventario a cura di M. Bologna, Genova 1994, p. 13; J.-C. Kitzler, Nützliche Beziehungen. Rom und Genua unter Paul V, in Römische Mikropolitik unter Papst Paul V. Borghese (1605-1621) zwischen Spanien, Neapel, Mailand und Genua, a cura di W. Reinhard, Tübingen 2004, pp. 638, 653, 694 s.