PESTALOZZA, Alessandro
– Nacque a Milano il 9 luglio 1807 da Giulio e Teresa Crippa. Nello stesso giorno fu battezzato nella parrocchia di Sant’Eustorgio.
Dopo aver iniziato il suo percorso universitario a Pavia, seguendo i corsi di medicina, fece ritorno a Milano ed entrò nel seminario teologico. Ordinato sacerdote nel 1830, scelse la via dell’insegnamento e divenne professore di retorica nel seminario liceale di S. Pietro Martire a Seveso.
Il 1841 fu un anno cruciale nella vita di Pestalozza: divenne professore di filosofia nel seminario filosofico di Monza, ricoprendo il ruolo che era stato di Nazaro Vitali, e conobbe Antonio Rosmini. Quello con l’abate fu un incontro che lo segnò per il resto della sua vita e dal quale nacque un’intima e profonda amicizia, testimoniataci dalla fitta e affettuosa corrispondenza – consistente in circa settanta lettere – che i due intellettuali intrattennero. Dalla comunanza spirituale con Rosmini germinò l’intera elaborazione teorico-filosofica di Pestalozza, a partire dal suo testo più noto, il manuale in quattro volumi dal titolo Elementi di filosofia, pubblicato per la prima volta a Milano nel 1845 e di cui, dieci anni più tardi, vide la luce l’edizione definitiva, con una dedica proprio a Rosmini.
In questo testo, ideato con precisi obiettivi didattici, Pestalozza riuscì nell’arduo compito di strutturare una presentazione manualistica dei principali interrogativi filosofici in un’ottica squisitamente rosminiana. La suddivisione tematica dell’opera si proponeva di seguire il sistema di Rosmini, il quale aveva individuato, come idea generale preesistente alla formulazione di qualunque giudizio, l’idea di essere e in essa aveva posto il fondamento di ogni branca del sapere, considerandola principio innato della psicologia, criterio logico e ontologico di verità e presupposto dell’obbligo morale; il manuale, infatti, dalla disamina delle questioni di carattere ontologico, passava, a partire dall’idea di essere, ad analizzare logica, filosofia naturale, psicologia, morale e teologia.
Emergeva con chiarezza da quel poderoso progetto come l’obiettivo di Pestalozza fosse la diffusione del pensiero di Rosmini: larga parte della sua produzione, infatti, fu dedicata alla delucidazione dei nuclei problematici del pensiero del maestro e alla difesa dai molteplici attacchi di cui fu oggetto. Nella Teologia naturale, edita a Milano nel 1853, e ne La legge morale principio di unità e armonia nel mondo, pubblicata nella stessa città nel 1861, Pestalozza sostenne con veemenza l’intrinseca coerenza del pensiero rosminiano, illustrando come l’idea di essere congiungesse fra loro i diversi piani dell’esistente. Nel decennio 1845-1855, poi, videro la luce numerose pubblicazioni a tutela di Rosmini, volte a confutare le tesi di alcuni suoi antagonisti. Nei Dialoghi filosofici in risposta alle più gravi obbiezioni mosse al sistema filosofico dell’ab. Antonio Rosmini-Serbati e nel Sunto apologetico del sistema ideologico del Rosmini, entrambi pubblicati a Perugia nel 1845 (il Sunto in seconda edizione), Pestalozza valorizzò due aspetti dell’opera di Rosmini, ovvero la sua capacità di condurre l’uomo al miglioramento attraverso una filosofia cristiana e la pregnanza concettuale del suo sistema, contemporaneamente unitario e totale e perciò capace di spiegare l’intera realtà senza postulare in essa alcuna difformità. Le postille di un anonimo. Saggio di osservazioni, testo edito a Milano nel 1850, ripercorrevano i concetti-chiave della filosofia rosminiana, mentre ne Le dottrine di Antonio Rosmini difese dalle imputazioni del noto prete bolognese, opera risalente al 1851 e divisa in due tomi, Pestalozza prese in esame il testo gesuita, pubblicato a Milano l’anno precedente, intitolato Principii della scuola rosminiana esposti in lettere famigliari da un prete bolognese, con l’obiettivo di allontanare da Rosmini l’accusa di giansenismo, sottolineando il valore da lui attribuito alle opere meritorie per il raggiungimento della salvezza.
L'ultimo testo della serie fu La mente di Antonio Rosmini, scritto pubblicato a Milano nel 1855 per i tipi di Giuseppe Redaelli, ma inizialmente apparso sulla Cronaca, periodico diretto dal cattolico liberale Ignazio Cantù. Dalla destinazione editoriale di quest’ultimo lavoro risultava con chiarezza la posizione politica di Pestalozza, affiorata già ampiamente negli anni Quaranta. Nel 1848, divenuto professore di eloquenza nel seminario teologico liberale, Pestalozza mostrò, infatti, il suo spirito ardente di cattolico liberale leggendo e commentando ai suoi alunni le poesie di Giovanni Berchet e partecipando in prima persona alle Cinque giornate di Milano. Per questo, al ritorno degli Austriaci, egli fu costretto a rifugiarsi a Stresa presso i rosminiani. Nel 1849 tornò a Milano, ma non gli fu concesso di riprendere la sua attività di insegnante e per questo, fino al 1857, visse nella sua casa di Arluno.
Nominato censore ecclesiastico il 2 marzo 1850 dall’Arcivescovo di Milano, Bartolomeo Carlo Romilli, nel 1855 Pestalozza assistette Rosmini, assieme ad Alessandro Manzoni, nel periodo di malattia che lo condusse alla morte. Soltanto nel 1858 poté tornare a insegnare e fu nominato docente di filosofia dapprima nel Collegio Calchi-Taeggi e in seguito nel liceo Beccaria.
Dopo la vasta opera di divulgazione del pensiero rosminiano, Pestalozza si dedicò a scritti di carattere differente, che, incentrati su un tema apparentemente irrilevante quale l’educazione dei bachi da seta giapponesi, testimoniavano sia il temperamento poliedrico dell’autore, sia l’afflato sociale del suo cattolicesimo liberale, dato che in essi venivano forniti numerosi consigli pratici per far rifiorire l’industria sericola lombarda, introducendo appunto i bachi provenienti dal Giappone. Le operette in questione, edite a Milano e risalenti rispettivamente al 1863, al 1864 e al 1866, furono: I bachi del Giappone. Memoria, che conobbe ben cinque edizioni, delle quali l’ultima postuma e la quarta rivista e largamente accresciuta; Agli educatori dei bachi giapponesi. Suggerimenti e Guida del bigattiere nel governo dei bachi giapponesi.
Alessandro Pestalozza morì a Milano il 24 gennaio 1871.
Le sue esequie furono celebrate nella parrocchia di Sant’Eustorgio, dove, sessantaquattro anni prima, era stato battezzato.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico diocesano, fascicoli dei battezzati nel 1807 e dei morti nel 1871 nella parrocchia di Sant’Eustorgio. Inoltre: L. Longoni, Intorno agli scritti filosofici di A. P., Milano 1871; A. Rosmini, Epistolario completo, I-XIII, Casale Monferrato 1887-1894, ad indices; E. Garin, Storia della filosofia italiana, III, Torino 1978, ad ind.; P. Lorenzetti, Catene d'oro e Libertas Ecclesiae. I cattolici nel primo Risorgimento milanese, Milano 1992, pp. 81, 134 s., 139, 168; L. Vanzulli, Bartolomeo Carlo Romilli, arcivescovo di Milano. Un profilo politico-religioso (1847-1859), Milano 1997, ad ind.; F. De Giorgi, Cattolici ed educazione tra Restaurazione e Risorgimento. Ordini religiosi, antigesuitismo e pedagogia nei processi di modernizzazione, Milano 1999, pp. 302, 309, 311, 314; L. Malusa, Antonio Rosmini per l'unità d'Italia. Tra aspirazione nazionale e fede cristiana, Milano 2012, pp. 50 s., 95, 151, 239, 242 s., 252; I. Pederzani, I Dandolo. Dall'Italia dei lumi al Risorgimento, Milano 2014, pp. 261 s.; E. Zanoni, Scienza, patria, religione. Antonio Stoppani e la cultura italiana dell'Ottocento, Milano 2014, pp. 24, 29, 221.