POLITI, Alessandro
POLITI (Puliti), Alessandro. – Nacque a Firenze 10 luglio 1679 con il nome di Alessandro Giuseppe Maria, da Giovanni e da Vittoria Manelli.
Educato nelle scuole della Compagnia di Gesù della sua città, apprese il greco, il latino e l’ebraico dal padre Giacomo Ayroli, dotto orientalista, finché all’età di quindici anni entrò nell’Ordine delle Scuole pie fiorentine, assumendo il nome di Alessandro da San Sigismondo. In una lettera latina quasi autobiografica indirizzata al confratello Ludwig Bertrand Neumann nel 1751 (Soderini, 1770, p. 809) confidò quanto fin dalla prima adolescenza lo avesse appassionato lo studio dei classici, che sarà poi accompagnato da un iter di studi filosofici e teologici compiuti tra Firenze e Roma, dove ebbe incarichi di insegnamento.
Per gli studenti nel 1708 dette alle stampe un compendio di filosofia peripatetica (Philosophia peripatetica ex mente S. Thomae Aquinatis per breves theses ad Aristotelicam methodum explicata…, Firenze 1708). Altrettanto avrebbe voluto fare per la teologia quando era lettore a Genova, ma il testo rimase inedito e risulta perduto. A riconoscimento dei suoi meriti, tuttavia, il cardinale Francesco Maria de’ Medici il 15 novembre 1707 lo nominò suo teologo.
L’attività di Politi si rivolse ben presto soprattutto ad altri interessi. Nel 1709 nel collegio di S. Maria de’ Ricci, alla presenza del principe Gian Gastone de’ Medici e degli accademici Ferdinando Bartolomei, Federico Ricci, Anton Maria Salvini e Francesco Maria Salvadori, recitò un’orazione latina dal titolo Breviorem longe esse optimarum omnium artium quam humanae vitae cursum, nella quale si esortano i giovani ad apprendere molte discipline con l’ausilio delle lingue ebraica, greca e latina. In questa prima orazione Politi ricorda oltre agli autori classici anche i letterati fiorentini, da Dante a Francesco Guicciardini, da Marsilio Ficino a Pier Vettori fino ai contemporanei Benedetto Averani e Vincenzo Da Filicaia. Conclusasi con l’elogio della casa Medici e delle famiglie fiorentine distintesi nelle lettere l’orazione, stampata una prima volta nel 1709, preannuncia l’impegno in seguito profuso da Politi nell’insegnamento del greco e delle lettere umane nell’Università di Pisa, dove insegnò dal 1733 al 1752, occupando la cattedra che era stata tenuta da Benedetto Averani.
Come richiesto da questo ruolo, per un’antica tradizione rinnovatasi al tempo del provveditore dello Studio pisano Gaspare Cerati, Politi recitò in apertura dei suoi corsi una serie di orazioni latine, che, con dedica a patrizi e letterati fiorentini e toscani, furono stampate separatamente in varie occasioni e anche in raccolte parziali nel 1742 a Roma con dedica al papa Benedetto XIV, nel 1746 a Lucca e nel 1759 a Breslavia, prima che fossero riunite in un unico volume uscito postumo (Orationes omnes…, Firenze 1772). Gli argomenti ricorrenti, oltre agli elogi della dinastia medicea e della dinastia lorenese, sono rivolti a incitare gli studenti allo studio del greco come fondamentale per l’apprendimento di ogni altra disciplina, dalla retorica alla medicina, alla teologia, collocandosi così sulla scia del rinnovamento di questo studio riportato in auge a Firenze dall’amico Anton Maria Salvini. Quasi tutte le orazioni, a eccezione di quelle dedicate all’elogio delle città di Pisa (definita Museum Etruriae), Volterra, Livorno, San Miniato, Arezzo e Cortona, sono improntate al metodo da seguire negli studi. Particolarmente congeniale al profilo di Politi è l’orazione dedicata all’arcivescovo di Firenze Francesco Incontri De lectionis assiduitate, nella quale, oltre all’ausilio dei precettori, l’autore sostiene come importantissima per la formazione la lettura dei libri sia antichi sia più recenti. Questa orazione fu particolarmente apprezzata da Angelo Fabroni, che non risparmiò qualche critica allo stile retorico dell’autore (1795, pp. 211 s.).
L’amore per i libri coltivato da Politi, che si procurò in gran numero edizioni di classici latini e greci non presenti nelle biblioteche fiorentine, è testimoniato dalle numerose note di acquisti fatti soprattutto sul mercato veneziano a partire dal 1725, nonché dai rapporti avuti con gli inglesi residenti in Toscana, Henry Newton, George Jackson e John Gibson, eruditi e bibliofili con i quali Politi ebbe commercio epistolare e ai quali fornì consigli per le loro biblioteche, ricevendo supporto per le sue imprese editoriali.
Con l’appoggio del giureconsulto Henrick Brenckmann Politi tentò anche di editare in Olanda un suo piccolo libro composto a istanza dell’amico canonico Salvino Salvini e a lui dedicato, De patria in testamentis condendis potestate. Fu poi il fratello del Politi, Carlo, a darlo alle stampe con ulteriore dedica al patrizio e senatore veneziano Ludovico Pisano procuratore di S. Marco (Firenze 1712).
Giudicata opera imperfetta per non essere l’autore considerato un esperto di materie giuridiche, ebbe tuttavia un certo successo tanto da essere inserita, forse grazie al Brenckmann, nel Novus Thesaurus juris civili et canonici edito da Gerard Meerman in sette volumi in folio usciti all’Aja tra il 1751 e il 1753, secondo la notizia che ne dà Giovanni Lami nell’elogio dei Politi (Novelle letterarie fiorentine, 1752, col. 563).
Sempre a corto di denaro per i suoi progetti e gli acquisti di libri e manoscritti, Politi si rammaricò molto di non aver potuto acquistare il codice greco delle Opere di Platone, risalente al X secolo, posseduto dai padri certosini di Firenze e che poi fu venduto all’imperatore Carlo VI tramite il suo bibliotecario Alessandro Riccardi. Il codice era ben noto sia a Scipione Maffei sia ad Anton Maria Salvini e fu illustrato da Lami (Novelle letterarie fiorentine, 1752, coll. 561 s.).
L’impresa principale di Politi fu la traduzione dal greco al latino del commento con cui nel XII secolo Eustazio, professore di retorica e diacono della chiesa di Costantinopoli e poi arcivescovo di Tessalonica, aveva illustrato i poemi omerici. Politi fin dal 1717 aveva sottoposto a Benedetto Bresciani due passi del commento di Eustazio all’Iliade per avere un parere sulla emendazione che ne intendeva fare (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., A.LXXV, cc. 332r-333r, lettera di Politi a Benedetto Bresciani, Genova, 4 dicembre 1717). Nel 1723 sulle pagine del Giornale de’ letterati di Venezia si annunciò lo specimen dell’opera con dedica a Gian Gastone de’ Medici, inserito in coda ad alcune orazioni di Politi e del confratello Ubaldo Mignoni (Orationes duae pro Solemni Instauratione Studiorum […] item Breve Specimen Eustathii nunc primum Latine versi ab Alexandro Polito cum notis ejusdem et Antonii M. Salvini, Firenze 1723, pp. 59-104).
L’edizione fu poi data alla luce in tre volumi in folio nel 1730, 1732 e 1735 con dediche a Gian Gastone de’ Medici, a papa Clemente XII e a Luigi XV re di Francia e fu corredata di note di Politi e di Salvini. Il testo del commento, presentato con l’originale greco e la traduzione latina, è preceduto da ricchi paratesti in versi e in prosa, di cui alcuni meritevoli di attenzione ripercorrono la storia della trasmissione e collazione dei codici di Eustazio, nonché dalle Vite di Omero scritte dagli umanisti fiorentini dei secoli XV-XVI, Pellegrino degli Agli e Pier Vettori (Eustathii […] Commentarii in Homeri Iliadem, Firenze 1730-35). La pubblicazione, nonostante l’appoggio degli amici inglesi, si arrestò ai primi cinque libri dell’Iliade per difficoltà finanziarie e per essere stato l’autore «enormemente tradito» dagli stampatori fiorentini come confidava in una lettera ad Anton Francesco Gori, suo allievo (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., B.VII.26, c. 377r, Pisa, 19 dicembre 1746).
Nel 1739 Politi diede alla luce una lettera rivolta all’avvocato Gaetano Moniglia, professore nello Studio fiorentino (Epistola ad Caietanum Moniliama Virum Clarissimum, Firenze) per discutere un passo di Eustazio, dove si dice che il Tarsi delle S. Scritture potrebbe non essere Tarso di Cilicia, ma Cartagine, argomento che portò Politi a criticare anche alcuni esegeti di fama come il domenicano Noël Alexandre, suscitando la critica di Lami, alla quale Politi reagì con disgusto e diffidenza, dimostrata «con la maggiore dissimulazione del mondo» (cfr. Novelle letterarie fiorentine, 4 marzo 1740, coll. 145-147, 209; 15 settembre 1752, col. 577).
Molti studi condotti da Politi per illustrare Marziale, Lucrezio, Erodoto, gli Etimologici di Andromaco e Stefano Bizantino, rimasero inediti, così come rimasero inedite varie note sulla vita e le opere di Angelo Poliziano tratte dai codici della Libreria Riccardi (cfr. Perosa, 2000, p. 20). Furono invece pubblicati alcuni scritti riguardanti Dionisio Periegeta, nei quali Politi mostrò tutta la sua erudizione storica e filologica, formando un’ampia sintesi delle origini della geografia, della cartografia e dei suoi autori: gli Eustathii Commentarii in Dyonsium Periegetam […] (Ginevra 1741) contenenti anche la traduzione del poemetto di Dionisio, De situ orbis, preceduta da una prefazione al lettore dove sono aspramente confutate le traduzioni latine del commento comparse nel XVI secolo. Politi dichiara di aver fatto emendazioni corrette grazie a codici manoscritti, di cui uno era in suo possesso e l’altro apparteneva all’amico Gaetano Moniglia. E infine le Animadversiones in Eustathium ad Dyonisium Periegetam libri duo pubblicate insieme con le Orationes octo ad Academiam Pisanam (Roma 1742). Cause finanziarie gli impedirono di realizzare anche a Firenze un’edizione completa dell’opera di Dionisio e del commento.
Nel frattempo Politi aveva pensato di promuovere l’edizione dell’Opera omnia del filologo olandese Jan Meurss, che fu poi Giovanni Lami a portare avanti dal 1741 al 1763 in dodici tomi. Nei prolegomeni al primo tomo Lami pubblicò una dissertazione di Politi sull’uso delle quadrighe presso gli antichi, mentre la difesa che questi fece di s. Gregorio Nazanzieno contro le critiche di Meurss fu pubblicata nel tomo VII delle Symbolae litterariae di Anton Francesco Gori uscite in dieci volumi tra il 1748 e il 1753, dove trovarono posto altre dissertazioni di Politi.
Interessatosi da tempo al martirologio romano curato dal cardinale Cesare Baronio, che Politi giudicava non buon conoscitore del greco, ne anticipò alcune correzioni nella lettera latina indirizzata a Ubaldo Mignoni, che gli aveva richiesto notizie sulla vera patria dei martiri bolognesi Ermete, Aggeo e Caio inseriti nel martirologio del 4 gennaio. L’epistola è posta in appendice a dodici orazioni dedicate dall’autore al papa Benedetto XIV (Orationes XII ad Academiam Pisanam […] accedit Alexandri Politi de tribus martyribus bononiensibus Ad Ubaldum Mignonium Vir. Cl. Epistola, Lucca 1746, pp. 271ss.). La captatio benevolentiae di questa dedica e la fama ormai raggiunta da Politi fecero sì che il papa, incontratolo a Roma nel 1748, gli chiese di intervenire nella correzione del martirologio di cui però uscirà soltanto il volume relativo al mese di gennaio con dedica al pontefice (Firenze 1751).
Fra le opere di Politi soltanto due furono composte o ristampate in volgare: la Vita della serva di Dio suor Maria Angiola Gini monaca professa nel monastero di San Matteo in Arcetri (Firenze 1738), commissionatagli dal senatore Ferrante Capponi e rivolta come esempio edificante alle giovani claustrali dei numerosi monasteri fiorentini; e la traduzione italiana di un panegirico già edito in latino: Panegirico […] all’Accademia pisana consacrato, al Senato e Popolo pisano…, Pisa 1745).
Ritirato e permaloso, poco incline ad avere aperti contatti con gli studenti, nonostante che le sue opere conosciute e stampate all’estero gli procurassero rapporti epistolari con vari eruditi del tempo, Politi, terminato il suo incarico nell’Università di Pisa, tornò a Firenze il 24 giugno 1752. Già dall’ottobre 1751 aveva ottenuto da Benedetto XIV licenza di potersi ritirare nella casa professa di quella città, assistito da un sacerdote invece che da un laico, mentre furono respinte dal pontefice altre sue specifiche richieste che andavano contro le costituzioni dell’ordine. In seguito alla licenza concessagli con il breve di Clemente XII del 27 maggio 1732 Politi poté disporre liberamente dei libri e manoscritti da lui acquistati, tanto che, dopo la sua morte, questi passarono in eredità ai confratelli insieme ad alcuni oggetti personali, mentre i doppioni dei libri furono venduti per pagare alcuni censi e debiti.
Morì a Firenze il 18 luglio 1752.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivum Provinciae Etruriae Scholarum Piarum, Reg. Rel., 231-236 (il reg. 236 contiene la corrispondenza di Politi, i regg. 232-235 contengono le sue opere manoscritte, in gran parte inedite); Biblioteca Marucelliana, Mss., A.CCXXIII.1; A.LXXV.214; A.CCIL.4; B.VII 26, cc. 375r-384v; F.O. Mencke, Historia vitae et in literas meritorum Angeli Politiani, Lipsiae 1736, p. 593; G. Lami, Elogio di A. P., in Novelle letterarie fiorentine, 1752, t. 36, coll. 559-565; 1752, t. 37, coll. 575-582; F.A. Zaccaria, Storia letteraria d’Italia, VI, Modena 1754, pp. 733-738; P. Richard O.P., Dictionnaire universel dogmatique, historique, géographique et chronologique, Paris 1761, p. 539; P. M. Soderini delle Scuole Pie, Elogio del p. A. P., in Raccolta di elogi di uomini illustri toscani, IV, Lucca 1770, pp. 808-819; Edizione nazionale del Carteggio di L.A. Muratori, Carteggi con Botti […] Bustanzo, a cura di F. Marri, II, Firenze 2003, pp. 360-362.
A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, III, Pisis 1795, pp. 204-208; C. Lucchesini, Della illustrazione delle lingue antiche e moderne e principalmente dell’italiana procurata nel secolo XVIII dagl’ Italiani. Ragionamento storico e critico, Lucca 1819, pp. 72 s., 100, 123, 155; A. Vannucci, P. A., in E. De Tipaldo, Biografie degli italiani illustri, IV, Venezia 1837, pp. 301-305; Th. Viñas a S. Aloysio, Index Bio-bibliographicus… Scholarum piarum…, III, Romae 1911, pp. 33-35; A. Curione, sullo studio del greco in Italia nei secoli XVII e XVIII, Roma 1941, pp. 86 s., 107 s.; Rassegna di storia e bibliografia scolopica, a cura di L. Picanyol, XIX-XX, La Biblioteca scolopica di San Pantaleo di Roma, Roma 1952, pp. 169 s.; M. Moretti, Le ‘lettere’: appunti su insegnanti e insegnamenti, in Storia dell’Università di Pisa 1737-1861, II, Pisa 2000, pp. 705-711; A. Perosa, Studi di Filologia umanistica, I, Angelo Poliziano, a cura di P. Viti, Roma 2000, pp. 4, 13, 19-22; M.P. Paoli, La dama, il cavaliere, lo sposo celeste. Pratiche e modelli di vita femminile nella Toscana moderna, in Nobildonne, monache e cavaliere dell’ordine di Santo Stefano. Modelli e strategie femminili nella vita pubblica della Toscana granducale, Convegno internazionale... 2009, a cura di M. Aglietti, Pisa 2009, pp. 200 s.