BERTI, Alessandro Pompeo
Nacque a Lucca il 23 dic. 1686 da Domenico e da Maria Borganti (così il Mazzuchelli, seguendo il Sarteschi e lo Zaccaria. Le Novelle letterarie dei Lami, XIII [1752], pp. 338 ss., lo danno nato il 20 dic. 1681). Per sciogliere un voto, entrò nel 1702 nella Congregazione dei chierici regolari della Madre di Dio, nel convento di Napoli, dove professò il 14 dic. 1704. Tornato nella città natale, nel convento di S. Maria di Corteorlandini compì in sette ami gli studi di filosofia e teologia sotto la guida di dotti maestri della stessa Congregazione, fra i quali i padri Francesco Franchi e Costantino Roncaglia. Specialmente per opera di quest'ultimo, il B. si imbevve di un rigido moralismo e, in teologia, aderì ai principi della scuola agostiniana. Ordinato sacerdote, probabilmente nel 1711, si dedicò a studi di storia ecclesiastica e civile, alla letteratura, alla poesia. Più che gli eleganti versi (da ricordare l'oratorio sacro L'annunzio e adorazione de' pastori, da cantarsi nelle Veglie del S. Natale, Lucca 1715, e il dramma La caduta de' decemviri della Romana Repubblica, Lucca 1717), furono gli studi eruditi a metterlo in contatto con alcuni dei più noti studiosi dell'epoca, tra cui L. A. Muratori. Da questo il B. fu incoraggiato ad intraprendere studi di archeologia sacra (per interessamento del Muratori fu inserita nel Giornale de' letterati di Apostolo Zeno, XXVII [1717], pp.293 ss., la Lettera al sign. L. A. Muratori intorno allo scoprimento delle reliquie di S. Pantaleone…) e soprattutto la pubblicazione della Biblioteca lucchese, una monumentale opera sulla storia letteraria di Lucca, che non vide mai la luce per meschine gelosie fra le nobili famiglie lucchesi (si trova manoscritta nella Bibl. Governativa di Lucca, mss. 33 e 1861). Il B. dal canto suo cercava di agevolare le ricerche erudite del Muratori, ottenendogli l'ingresso in alcuni archivi lucchesi, tra cui quello del vescovato.
Frattanto il B. era coinvolto nell'ardente polemica fra Girolamo Gigli e l'Accademia della Crusca: il Gigli difendeva la lingua senese di s. Caterina contro le accuse dì impurità mosse dai fiorentinisti cruscanti, contrattaccando con la pubblicazione del mordacissimo Vocabolario cateriniano,che s'iniziava contemporaneamente a Roma e a Lucca nel 1717. Il B. curava l'edizione lucchese dell'opera che si stampava dal Venturini, ma dovette sospenderla allorché su richiesta della corte romana il governo lucchese la condannò al rogo. Egli continuò, comunque, a sostenere il Gigli, allontanato da Roma a Viterbo, procurandogli attestati di solidarietà di varie accademie italiane e inviandogli, anche come segretario dell'Accademia dell'Anca di Lucca, il proprio appoggio (cfr. Vita di G. Gigli scritta da Oresbio Agieo, Firenze 1746, pp. 86 ss.).
Nel 1717 il B. veniva inviato a Napoli come insegnante di retorica nelle scuole dei chierici. Il soggiorno napoletano fu fondamentale per la sua formazione: qui infatti egli subì l'influsso di quel vivace gruppo intellettuale che aveva fatto capo alla biblioteca di Giuseppe Valletta, fino alla morte di questo (1714). Il B. conobbe, fra gli altri, T. M. Alfani, P. M. Doria, G. B. Vico, ma assorbì soprattutto le idee di C. Grimaldi, a cui si legò in stretta amicizia. L'animo del B., già disposto a respingere, in nome di una religiosità più profonda e schietta, le sottili argomentazioni degli scolastici, preferendo la lettura diretta dei Padri e della Sacra Scrittura, trovava così una solida base filosofica al suo spontaneo atteggiamento spirituale nel cartesianesimo e nel filogiansenismo del Grimaldi.
Nel 1720 il B. fu trasferito al collegio di Vasto, forse anche per le pressioni del marchese d'Avalos, uomo di larghi interessi culturali, che desiderava affidargli la cura della sua biblioteca.
Il B. continuò tuttavia, anche nella nuova sede, la sua opera di diffusione della filosofia cartesiana fra i nuovi alunni, cui insegnò per vari anni retorica, filosofia e teologia morale, mantenendo i contatti con gli amici napoletani, che gli mandavano i testi adatti. Francesco Valletta gli inviava (19 luglio 1720) la copia manoscritta di un'opera (probabilmente il Discorso filosofico in materia d'Inquisizione et intorno al correggimento della filosofia di Aristotele del nonno Giuseppe Valletta), avvertendolo che "essendo uno scritto affatto diverso da quello che i frati dettano, bisognerà che ella si porti con prudenza…" (ms. 1968, f. 265). Ma il B. non vi era evidentemente disposto, tanto è vero che a più riprese dovette subire il risentimento degli aristotelici di Vasto sugli stessi temi che avevano procurato al Grimaldi i furiosi attacchi dei gesuiti, cioè sulla questione dei rapporti tra ragione e fede (per i cartesiani la prima non è preparazione alla seconda, in quanto l'uomo assente alla fede con un atto di volontà), e sul problema della difficile conciliabilità del dogma della transustanziazione con la filosofia cartesiana, in quanto questa riduceva l'essenza di un corpo alla sua estensione. Particolarmente per controbattere gli avversari su quest'ultimo argomento il B. richiedeva al Grimaldi, nel novembre 1721, quelle Risposte… al gesuita G. B. De Benedictis (Benedetto Aletino), che raccolte poi e pubblicate insieme in tre volumi (Discussioni istoriche, teologiche e filosofiche,Lucca 1725) furono condannate dal S. Uffizio. Il Grimaldi non era in grado di soddisfare il desiderio del B., per l'irreperibilità diquelle opere, consigliandogli, invece, altri scritti, fra cui L'usage de la raison et de la foi, Paris 1704 del cartesiano P. S. Régis (15 nov. 1721, ms. 1969, f 146 v); l'anno dopo, preoccupato per l'amico, gli faceva giungere l'offerta di una cattedra nella università di Torino, lasciandogli anche la scelta dell'insegnamento "per toglierlo da qualche taccolo di frateria" (ms. 1968, f. 37). Non ci sono noti i motivi che impedirono al B. di dare una risposta positiva. Probabilmente le difficoltà provenivano dai suoi superiori, che resistevano anche alle pressioni del Muratori, motivandole con la necessità della Congregazione di mantenerlo nel collegio di Vasto, di cui il B. fu, subito dopo, eletto rettore. Contro nuovi attacchi dei "frati", il B. si difese esternando sentimenti di deferenza nei riguardi della dottrina tomistica: ciò faceva parte di quell'atteggiamento ambiguo comune agli antiscolastici sei-settecenteschi, i quali capivano che negare la filosofia di s. Tommaso avrebbe voluto significare negare le basi teologiche dello stesso cattolicesimo. Il B. preferiva aggirare l'ostacolo, vedendo in s. Tommaso solo lo "scolare e seguace" di s. Agostino, criticandone invece l'opera di commentatore di Aristotele "autore gentile e sempre maltrattato da' santi Padri antichi" (cfr. ms. 1968, f. 6, la lettera del 3 giugno 1724,in cui il B. esprime al marchese d'Avalos la sua soddisfazione per l'elevazione al soglio pontificio del domenicano V. Orsini). Questo atteggiamento si concretava nella ricerca della "vera dottrina di S. Tommaso" sulla grazia, la cui giusta interpretazione egli trovava nella Historia congregationum de auxiliis del p. G. Serry.
Frattanto il B. si accostava alla meditazione degli scritti di P. Nicole, il più moderato dei "maestri" di Port-Royal, e iniziava la traduzione dei suoi Essais. Incoraggiato dal Grimaldi e dal Muratori, il quale gli trovò uno stampatore nel Pezzana di Venezia, poté pubblicare in tal modo la prima traduzione italiana dei Saggi di morale del signor di Chanteresme, Venezia 1729, in quattro volumi, che contenevano anche il Trattato dell'educazione d'un principe e il Trattato della commedia. Comprendendo anche quest'ultima operetta, il B. dimostrava, a differenza del Muratori, di aderire in tutto al rigorismo morale del Nicole: la fedeltà della traduzione riscuoteva gli elogi del Grimaldi (ms. 1969, f. 157)
Richiamato finalmente a Lucca nel 1732, il B. fu maestro dei novizi, continuando il lavoro di traduttore del Nicole: apparirono successivamente le Lettere, Venezia1733, e il Trattato dell'orazione del fusignor Chanteresme, Venezia 1736. Il continuato interesse del B. per le opere del Nicole proveniva da un lato dalla simpatia con cui egli guardava all'antimisticismo del giansenista francese, dall'altro dalle proprie prevalenti preoccupazioni di moralista decisamente orientato contro il lassismo dei gesuiti. Apparentemente estranea a questi orientamenti così precisi fu perciò la successiva traduzione dal francese dei due volumi della Storia di Francia in compendio del p. Gabriel Daniel, Venezia 1737; ma questa fatica gli diede modo di aggiungere in proprio un terzo volume, la Continuazione della storia di Francia in compendio… che comprende quanto è passato dall'anno 1610 fino al 1715, Venezia 1737, per la cui compilazione il B. si servì anche di altre fonti, potendo così inserire rade, ma significative osservazioni sulle controversie religiose dei tempo, dalla condanna dell'Augustinus (1643) alle polemiche sollevate dalla bolla Unigenitus.
Metteva così in evidenza che Giansenio "stampò molte opere dotte nelle quali non si è trovato che condannare" (p.195); mostrava simpatia nei confronti dei signori di Port-Royal (p. 422); non nascondeva però la sua avversione alle dottrine di P. Quesnel, di cui svalutava anche la figura morale; circa l'Unigenitus, comunque, il B., seguendo la posizione del gruppo filogiansenista, vedeva la necessità di "spiegare in qual senso si dovesse intendere ed accettare la costituzione", salvando cioè la dottrina teologica agostiniana.
Trasferito a Roma nel 1739, il B. fu vicerettore del monastero di S. Maria in Campitelli. Nell'atmosfera più conciliante che si venne a creare con il pontificato di Benedetto XIV, ebbe larghi riconoscimenti: fu chiamato da mons. Girolami a far parte dell'Accademia storica e teologica della Sapienza fin dalla sua fondazione, fu eletto assistente generale della sua Congregazione e dal cardinale A. M. Querini, uno dei più decisi antigesuiti, fu nominato consultore dell'Indice. In questa carica il B. non mancò di vigilare sugli attacchi che alcuni gesuiti tentavano di portare all'opera De superstitione vitanda del Muratori. Al cardinal Querini egli dedicava, intanto, l'ultima delle traduzioni dal Nicole: Dell'unità della Chiesa ovvero confutazione del Nuovo sistema del sign. Jurieu, Venezia 1742. Nella prefazione alla seconda parte dell'opera il B. metteva in guardia i lettori contro alcune affermazioni del Nicole sulla disciplina ecclesiastica, ma ne riproduceva integralmente il testo francese. Proprio quest'opera di fedele divulgatore gli attirerà le critiche del gesuita F. A. Zaccaria (cfr. Storia letteraria d'Italia,VI, Modena 1754, pp. 700-713). Eletto nel capitolo generale del 1748 storico della Congregazione, il B., logorato nel fisico, non ebbemodo di svolgere un'ulteriore significativa attività di studioso. Morì a Roma il 23 marzo 1752. Postuma usciva la traduzione della Scienza delle medaglie antiche e moderne, Venezia 1756, di L. Jobert.
Non va dimenticata l'operosità del B. come arcade: sotto il nome di Nicasio Poriniano scrisse molti versi (ricordiamo qui la Serenata alla vice regina di Napoli, Napoli 1718), fondò a Vasto una colonia arcadica e a Roma fu vice custode della colonia Mitirtea, eretta in S. Maria in Campitelli il 5 nov. 1744; infine fu più volte uno dei Dodici colleghi dell'Accademia. Sue sono alcune delle Notizie istoriche degli Arcadi morti, pubblicate in Roma, in tre volumi, tra il 1720 e il 1721.
Degni di menzione sono anche l'edizione delle Opere di mons. Giovanni Guidiccioni vescovo di Fossombrone, Genova 1749,e il Catalogo della libreria Capponi… con annotazioni, Roma 1747, cui collaborò in minima parte mons. D. Giorgi.
Fra le opere inedite, conservate nella Bibl. Governativa di Lucca, ricordiamo la traduzione italiana della Difesa della religione cost naturale come rivelata… cavata da diversi autori inglesi e tradotta in francese dal sig. Gilberto Burnet (ms. 1862), la Rettorica di B. Lamy tradotta e accresciuta e accomodata all'uso degl'Italiani (ms. 2024) e la volgarizzazione del Libro di S. Agostino della correzione e della grazia (ms. 2059).Altri lavori del B. (orazioni, rime, appunti meteorologici, studi di archeologia sacra) sono contenuti nei mss. 858, 1044, 1796, 1863, 1864, 1865, 2189.
Fonti e Bibl.: Lucca, Bibl. Governativa, mss. 1968-69: Raccolta di lettere scientifiche scritte da vari uomini illustri al Padre A. P. B.; Ibid., ms. 2207: 18 lettere autografe al nipote Bernardo Berti dal 19 ag. 1746 al 22 maggio 1751; F. Sarteschi, De scriptoribus Congregationis clericorum regularium Matris Dei, Romae 1753, pp. 321-331; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1037-1042; C. A. Erra, Memorie de' religiosi per pietà e dottrina insigni della Congregaz. della Madre di Dio, Roma 1760, II, pp. 292-294; Mem. e doc. per servire all'istoria del ducato di Lucca, X, Lucca 1831, pp. 57, 174, 206, 220, 356, 359; Epistolario di L. A. Muratori, a cura di M. Campori, voll. V-XII, Modena 1903-1911, v. Indici; S. Maffei, Epistolario (1700-1755), a cura di C. Gabotto, Milano 1955, I, pp. 511, 513; C. Grimaldi, Memorie di un anticurialista del Settecento, a cura di V. I. Comparato, Firenze 1964, p. 9, n. 3; Vita del p. Alessandro Pompeo Berti…, scritta da un Accademico sepolto, Lucca 1850; M. Vanni, Girolamo Gigli nei suoi scritti polemici e satirici, Firenze 1888, pp. 14, 53, 70, 81 s., 100; I. Sanesi, Spigolature da lettere inedite di G. Gigli, in Raccolta di studii critici dedicata ad A. D'Ancona, Firenze 1901, pp. 146, 150, 156-159, 162; M. Carmi, Pier Iacopo Martelli, Apostolo Zeno e G. Gigli, Firenze 1906, pp. 5, 32, 33, 39 s., 46, 53, 60 s., 63, 78-81, 85, 88; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1929, p. 124; F. Ferraironi, Tre secoli di storia dell'Ordine della Madre di Dio, Roma 1939, pp. 61, 164, 200; M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di Giovanni Lami nelle Novelle Letterarie, in Ann. della Scuola Normale Super. di Pisa, XXV(1956), pp. 294, 299; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, p. 527.