SAGRAMOSO, Alessandro
– Nacque a Verona il 4 novembre 1819 da Giulio Cesare e da Teresa degli Emilei.
Discendeva da un’antica famiglia feudale risalente ai Cattani dei Pacengo, insediatasi a Verona intorno al 754, quando ormai da tempo i suoi ascendenti avevano mutato il loro cognome in Sacramosius, probabilmente dal soprannome dato ad alcuni dei suoi illustri esponenti. Comunque fu a partire dal X secolo (e dal cavaliere Palamede Sacramosius) che la storia della famiglia Sagramoso si legò alle vicende politico-amministrative, militari e diplomatiche di Verona, prima a sostegno degli Scaligeri, poi del breve dominio visconteo, e infine, a partire dal luglio del 1405, della Repubblica di Venezia con Donato Sagramoso. Alessandro apparteneva al ramo di S. Paolo di Campo Marzo (il cui capostipite era Ognibene), originatosi insieme a quello di S. Fermo e S. Andrea e al ramo della Pigna (estintosi alla fine del XVIII secolo) da due dei cinque figli avuti da Donato, morto nella seconda metà del XV secolo. Le diverse denominazioni traevano origine dalla parrocchia in cui aveva sede il palazzo di famiglia. Giulio Cesare di S. Paolo di Campo Marzo – padre di Alessandro – era balzato agli onori della cronaca durante l’occupazione napoleonica della città scaligera.
Prima di passare dal dominio veneziano a quello austriaco, la città infatti fu brevemente assoggettata al controllo di Napoleone che dal 1796 aveva dato inizio alla campagna d’Italia. Seppur breve l’occupazione suscitò la severa opposizione di molti veronesi illustri, che, capeggiati dal provveditore della città, il conte Francesco degli Emilei coadiuvato fra gli altri dal conte Augusto Verità, dal marchese Antonio Maffei e da Giulio Cesare Sagramoso, esortarono i contadini e le truppe venete alla rivolta. Mentre Francesco degli Emilei e Augusto Verità furono giustiziati dai francesi, Sagramoso subì la confisca dei beni e fu incarcerato fino all’arrivo degli austriaci. Questi ultimi, in seguito all’atteggiamento tenuto verso i francesi, gli attribuirono una serie di posizioni di prestigio. Fu ordinato prima imperial regio paggio, poi imperial regio ciambellano nel 1802; divenne membro del Consiglio comunale di Verona nel 1812 e della deputazione della Fazione militare nel 1814; fu nominato podestà di Lazise nel 1814, commissario di governo per Verona nel 1815, deputato nobile presso la Congregazione provinciale di Verona dal 1821 e infine podestà di Verona nel 1823. Parimenti, la moglie, Teresa degli Emilei, fu insignita dell’Ordine della Croce stellata e annoverata tra le dame di palazzo di sua maestà imperiale e il figlio Pietro, nominato tenente dei corazzieri imperiali dal 1840, fu capitano durante la campagna d’Ungheria e successivamente sostituì il padre nella carica di imperial regio ciambellano. Sebbene nel 1856 si fosse dimesso da tutte le cariche ricoperte per ‘italianità’, non venne mai meno al giuramento prestato all’imperatore d’Austria. Di posizioni politiche decisamente opposte gli altri due figli: Alessandro e Gian Battista.
Conclusi gli studi di giurisprudenza a Vienna, Alessandro fu avviato alla carriera diplomatica come addetto al ministero degli Esteri d’Austria nella capitale asburgica, ma, nel 1848, insorta Venezia, si arruolò a ventinove anni come volontario e rimase nella città lagunare come addetto agli ospedali militari fino all’agosto 1849, rivelando quella naturale predisposizione agli impegni amministrativi ed economici che sarebbe stata un tratto caratterizzante della sua vita professionale.
Più tardi il fratello Gian Battista non sarebbe stato da meno. Ingegnere, anch’egli si arruolò volontario nella legione patavina e poi nell’artiglieria toscana aggregata all’armata piemontese e fu caporale nella campagna contro il brigantaggio meridionale (1860), morendo nel 1865 a Borgoforte mentre comandava la sua batteria. Il suo operato gli valse la croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia alla memoria.
Rientrati gli austriaci a Venezia, Alessandro fu amnistiato e poté tornare a Verona. Qui, all’interno della Camera di commercio ed arti, fu creata per lui la posizione di segretario aggiunto, ufficio che ricoprì dal 1850 al 1874. Nel 1852 sposò Adelaide Avesani, con la quale ebbe sette figli.
L’accurata preparazione giuridico-amministrativa ed economica gli valse l’appartenenza alla giunta provinciale di statistica, per cui redasse le Osservazioni industriali per gli anni 1860, 1861, 1862 (Verona 1864) su commissione della Camera di commercio, e l’associazione all’Accademia di agricoltura, commercio e arti di Verona per la quale fu relatore di diverse inchieste sulla situazione economica e agricola della provincia in quegli anni. Le sue non comuni qualità di fine amministratore della cosa pubblica ottennero piena legittimazione da parte sia austriaca sia italiana: fu rappresentante della Camera di commercio di Verona ai vari congressi di queste istituzioni che si tennero rispettivamente a Vienna (1857), a Firenze (1867), a Genova (1869) e infine a Napoli (1871); fu deputato veronese nella Congregazione centrale di Venezia e membro della Commissione centrale per la gestione del fondo territoriale, istituita nel 1867 dal governo italiano allo scopo di definire le pendenze della Congregazione centrale di Venezia con il Regno d’Italia, al quale il Veneto era stato annesso da poco.
Convinto liberista, sostenne le sue opinioni prima a Vienna, in occasione della discussione apertasi tra Austria e Gran Bretagna sulla questione doganale; a Firenze, dove, relatore di un’inchiesta condotta sull’opportunità o meno che le società commerciali subissero la sorveglianza delle Camere di commercio, colse l’occasione per criticare il regio decreto del 4 novembre 1866. La norma in questione, infatti, consentiva un arbitrario e illegittimo controllo dello Stato sulle attività delle società commerciali perché il diritto – a suo dire – doveva semplicemente riservarsi di fissare garanzie e limiti formali.
Nel capoluogo toscano fu insignito della croce dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Nel congresso di Genova fu invece chiamato a far parte di una commissione sul servizio ferroviario e anche in quell’occasione ne fu nominato relatore. Infine nel 1871, a Napoli tornò a occuparsi di questioni concernenti lo scambio commerciale come delegato veronese alla prima e seconda sezione del congresso dedicate al commercio e all’industria, e precisamente al «fallimento», ai «contratti a termine» e al «commercio girovago» (Atti del terzo congresso delle Camere di commercio del Regno d’Italia inaugurato in Napoli il 30 giugno 1871, a cura di A. Betocchi, Napoli 1871, p. 12).
Egli assunse, inoltre, un’indiscutibile posizione di rilievo e di prestigio nella storia nazionale in qualità di componente della Commissione centrale di Stato incaricata di gestire il non facile passaggio amministrativo e politico delle province venete al Regno d’Italia.
La struttura dell’apparato amministrativo eretta durante la seconda dominazione austriaca si rivelò infatti un’eredità difficile da licenziare, per l’impossibilità di sopprimere uffici che fornivano ai cittadini servizi essenziali.
Gli articoli 12 e 13 della Sovrana Patente del 7 aprile 1815 avevano previsto, oltre alla presenza sui territori occupati di organi espressione dell’egemonia austriaca, una complessa articolazione di commissioni e consigli «composti di varie classi d’Individui nazionali [...] per conoscere [...] i desiderj, e i bisogni degli abitanti del Nostro Regno Lombardo-Veneto, e per mettere a profitto nella pubblica amministrazione i lumi e consigli, che i loro Rappresentanti potessero somministrare a vantaggio della Patria» (Collezione di leggi, avvisi, sentenze, notificazioni, vendite, acquisti, offerte, progetti, aste e di tutte le altre carte derivanti dalle autorità di questa centrale e suo dipartimento cominciante dal primo gennaio di quest’anno 1815, II, Venezia 1815, p. 16). A tal fine i governi centrali di Milano e Venezia erano stati affiancati da due Congregazioni centrali, istituite rispettivamente in territorio lombardo e veneto e da otto Congregazioni provinciali con sede nel capoluogo di residenza delle regie delegazioni. Le rivoluzioni del 1848 avevano sospeso la regolare convocazione delle congregazioni fino al 1856, anno in cui l’Austria non solo ne concesse la ricostituzione formale, ma attribuì alla Congregazione veneta l’amministrazione del fondo del Dominio creato nel 1852 per provvedere ad alcune spese che gravavano su più province e il cui pagamento l’amministrazione austriaca era riuscita a non accollarsi. Si trattava di costi riguardanti enti morali, opere pie, ospedali ed enti di beneficenza.
Membro dal 1863 della Congregazione centrale di Venezia e forte dell’esperienza maturata nella gestione del fondo del Dominio, nel gennaio del 1867 Sagramoso entrò a far parte della suddetta Commissione centrale, al fine di coadiuvare il governo nella realizzazione di un piano che favorisse l’ingresso delle province venete nella macchina burocratica nazionale. A inizio agosto presentò una dettagliata relazione in cui esprimeva le sue opinioni al riguardo, ovvero la sostanziale non convenienza per il Regno d’Italia che fossero immediatamente soppressi la Congregazione centrale e il fondo del Dominio, almeno fino a quando i due istituti avessero sostenuto spese (concernenti enti morali e di beneficenza, manicomi, ospedali) che diversamente avrebbero dovuto essere ripartite tra i vari dicasteri nazionali.
L’impegno nella Commissione centrale non lo distolse dalla vita della città scaligera che lo vide ancora protagonista come segretario dell’Amministrazione delle case e della rappresentanza legale dell’Agro veronese a favore della costituzione di un consorzio; come redattore di statuti e regolamenti (Banca mutua popolare, Società operaia di mutuo soccorso, Istituto degli artigianelli, Cassa di risparmio) e ancora come membro del Consiglio di vigilanza dell’educandato Agli angeli e di commissioni sulla pubblica beneficenza.
Morì a Verona il 25 luglio 1874.
Scritti e discorsi. Fra i numerosi testi si segnalano: Rapporto della commissione incaricata di fare degli esperimenti per produrre in provincia del seme di bachi immune da malattia, letto nella tornata 29 novembre 1860, Verona 1861; Rapporto della commissione incaricata di promuovere nell’anno 1861 studi ed esperimenti sul seme dei bachi nella provincia di Verona, in Memorie dell’Accademia di agricoltura, commercio ed arti di Verona, s. 2, XII (1863), 2, pp. 1-30; Commissione centrale per l’amministrazione del fondo territoriale. Relazione storica sui lavori di costruzione del Manicomio femminile a S. Clemente in Venezia fatta alla Commissione centrale dal membro conte Sagramoso nella seduta del giorno 25 luglio 1870, Venezia 1870; Osservazioni industriali della provincia di Verona del membro effettivo nobile Alessandro Sagramoso. Relazione letta nella tornata del 29 febbrajo 1872, in Atti dell’Accademia di agricoltura, arti e commercio di Verona, XLIX (1872), 1, pp. 201-229; Osservazioni industriali della provincia di Verona pel triennio 1866-1867 e 1868. Relazione letta nella tornata 29 febbraio 1872, Verona 1872.
Fonti e Bibl.: Comune di Verona, Archivio generale, anagrafi austriache, Registro AS_32 c. 10836. Per il felice connubio della signora Adelaide Avesani col nobile signore A. S., conte palatino. Congratulazione di Pietro Simeoni, Verona 1852; G. Poggiani - T. Vicentini - G. Camuzzoni, Discorsi pronunciati sulla bara del conte A. S. nel funerale d’onore decretatogli dal Municipio, Verona 27 luglio 1874, Verona 1874; Bibliografia statistica italiana compilata per occasione della IX sessione del congresso internazionale di statistica, Roma 1876, passim; G. Oneto, Mille anni di storia della nobile famiglia Sagramoso, Verona 1937; V. Cartolari, Cenni sopra varie famiglie illustri di Verona, Bologna 1855 con emendazioni e aggiunte (ripr. anast. Bologna 1969), pp. 61-63; Gli archivi dei regi commissari nelle province del Veneto e di Mantova 1866, I, Inventari, Roma 1968, ad ind.; M.L. Ferrari, «Quies inquieta». Agricoltura e industria in una piazzaforte dell’Impero asburgico, Milano 2012, pp. 137 s.; Palazzo Giuliari a Verona. Da residenza patrizia a sede universitaria, a cura di L. Olivato - G.M. Varanini, Verona 2014, ad ind.; G. Amaini - S. Zavetti, 1866-2016. 150° anniversario, Verona dall’Austria all’Italia. Il Consiglio comunale, Verona 2016, ad indicem.