SOZZINI (Socini), Alessandro
SOZZINI (Socini), Alessandro. – Nacque a Siena il 6 gennaio 1518. Il padre, Girolamo Sozzini (1480-1530), nobile senese, nel 1511 aveva sposato Nicola, «vedova di Marco, di Maestro Lorenzo Ligrittieri», che portava in dote 1050 fiorini (Archivio di Stato di Siena, A57, c. 190r).
I due ebbero una prole numerosa, che annoverò ben dodici figli, sei maschi e sei femmine: Laura (1513), Margherita (1515), Alessandro (1518), Niccolò (1520) Giuditta (1522), Giovanni Battista (1525), Cesare Pietro Maria (1528), Virginia Pietra Maria (1531), Leandro Pietro Maria (1532), Emilia Pietra Maria (1534), Ludovica Pietra (1536), Giulio Pietro (1537; Archivio di Stato di Siena, A52, batt., cc. 133v-134r; Cantù, 1867, pp. 512 s., che non riporta Cesare Pietro Maria, ma fornisce alcuni dati sui singoli individui).
Alessandro vantava, da parte paterna, antenati particolarmente illustri, come il bisnonno Mariano (1397-1467), il prozio Bartolomeo (1436-1506) e lo zio Mariano (1482-1556), celeberrimi giuristi. Inoltre, non erano mancati coloro che si erano dedicati attivamente alla vita sociale e politica della Repubblica Senese, come il nonno Alessandro (1443-1503), da cui traeva il nome, che era stato priore nel 1493 e nel 1498, nonché gonfaloniere nel terzo di San Martino nel 1503, e il padre Girolamo, che aveva ricoperto il priorato tra il 1505 e il 1512 (per la genealogia dei Sozzini cfr. Cantù, 1867, pp. 506-514; Tedeschi, 1965, pp. 275-315).
Della formazione saremmo completamente all’oscuro se egli stesso non ne rimembrasse particolari in alcuni passi delle sue opere successive; da uno di essi Gaetano Milanesi trasse la supposizione «che alla mercatura attendesse» (Diario delle cose avvenute in Siena..., 1842, p. X). Ebbe certamente un’istruzione degna dello status della famiglia, anche se ricorda di non aver «potuto studiare libri di Legge, di Medicina, Logica, Teologia, o di Filosofia», dilettandosi invece con la lettura di «libri volgari, e la maggior parte di Croniche antiche; et ancora libri di Facetie, Burle, e di Buffonerie, come il Guicciardini, il Dominichi, et il Targa sopra le favole d’Esopo» (Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie..., 1865, pp. 1 s.).
Uno degli eventi principali della sua vita fu la partecipazione alla guerra di Siena (1552-59), che culminò con la fine della Repubblica di Siena e la sua annessione al ducato mediceo, a eccezione dei Presidi della costiera maremmana, passati sotto il controllo del Viceregno di Napoli (Cantagalli, 1962; Ascheri, 2013, pp. 133-143). In seguito al conflitto, consapevole dell’importanza storica degli eventi da lui vissuti in prima persona, Sozzini scrisse quella che è probabilmente la sua opera più celebre, Il successo delle rivoluzioni della città di Siena, composta, stando a quanto afferma egli stesso nella dedicatoria a Francesco Maria Piccolomini, vescovo di Pienza e Montalcino, intorno al 1557 e poi rimasta per circa trent’anni «in fondo di una cassa fra alcune […] scritture» perché in un primo tempo non l’aveva stimata «degna di luce», salvo poi ravvedersene nel 1587, quando consegnò al vescovo il manoscritto senza modificarlo, «nella sua pura naturalezza» (Diario delle cose avvenute in Siena..., cit., pp. 7 s.). L’opera, che fu definita da Roberto Cantagalli (1962) «tra le cronache senesi dell’epoca di gran lunga superiore a tutte le altre per interesse psicologico ed umano» (p. XII), circolò per lungo tempo in forma manoscritta e venne data alle stampe solo nel 1842, nel secondo tomo della Raccolta di opere e documenti finora inediti o divenuti rarissimi riguardanti la storia d’Italia dell’Archivio storico italiano, con un titolo diverso: Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555.
Sozzini non intraprese la carriera accademica di molti suoi parenti e antenati, ma seguì piuttosto le orme paterne e del nonno omonimo: come essi, rivestì la carica di priore nel 1550 e nel 1556 e, come il nonno, ricoprì il ruolo di gonfaloniere per tre volte nel terzo di San Martino (Diario delle cose avvenute in Siena, cit., p. XI; Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie..., cit., pp. VII s.); inoltre, il suo nome appare tra i «fratelli» della «Venerabil Compagnia di Santa Caterina da Siena in Fontebranda» a partire dal 6 febbraio 1538; fu anche cancelliere, scrittore e camerlengo dell’Opera del Duomo dal 1554 al 1565 (Diario..., cit., p. XI; Raccolta..., cit., p. VIII), nonché capitano del popolo tra il settembre e l’ottobre del 1579. Da Cesare Cantù (1867) apprendiamo anche che fu per diversi anni (1572, 1578, 1581, 1586) membro del collegio di Balìa (p. 513).
Questa numerosa serie di attività induce a ritenere Sozzini un personaggio meno inattivo di quanto volle far intendere nelle sue opere più tarde, quando scrisse di «habitare di continuo in villa» e di recarsi a Siena «poche volte» (Raccolta..., cit., p. 3). Riveste un certo interesse, da questo punto di vista, la sintesi autobiografica che egli stesso fece nella deposizione ufficiale resa, il 19 gennaio 1581, quando venne chiamato a testimoniare innanzi all’inquisitore senese durante il processo istituito contro il cugino Cornelio Sozzini (Szczucki, 2001, pp. 377 s. nota 12; Valente, 2005, pp. 48 s.): «io mi son’ confesso, e comunicato ogni Anno, et anco quest’Anno per pascha ritrovandomi Potestà in Pian’castagnaio mi comunicai nella chiesa mede[s]ma… io ho 62 doi Anni feniti a 6 del Presente, et il mio esercitio, è di attendere alle cose mie in villa, et il mio deve valere da mille scudi in circa, e di quello vivo et mi chiamo Alexandro di Girolamo Sozzini, io non so’ religioso [et] non ho moglie ne figli né mai l’ho hauta» (Archivio della congregazione per la Dottrina della Fede, Siena, Processi, vol. 15, cc. 461v-463v). Quest’ultima notizia è suffragata dalle fonti (Archivio di Stato di Siena, A52, batt.; A57, matr.). Inoltre, Sozzini ricorda di essere stato lontano da casa per ricoprire il ruolo di podestà a Piancastagnaio, ma afferma altresì di avere per mestiere la gestione del proprio patrimonio di circa mille scudi, stando «in villa».
A partire dagli anni Ottanta, una volta varcata la soglia dei sessant’anni e in concomitanza con la diminuzione dei propri incarichi, Sozzini si dedicò realmente all’otium, scrivendo perlopiù testi ironici destinati a rappresentazioni sceniche. Personaggio allegro e scherzoso, tanto da scegliere Il Gioviale come pseudonimo da accademico degli Intronati (Sbaragli, 1942, p. 198), scrisse Bisquilla. Egloga pastorale di Maggio, recitata a Roma, sull’Aventino, il 1° maggio 1580 «con molta sodisfattione de gl’ascoltanti, e applauso dell’universale», stampata a Fermo per i tipi di Sertorio Monti nel 1588. Nel 1586 venne anche messa in scena, probabilmente a Siena, una Mascarata villanesca, rimasta inedita fino al 1879, quando fu pubblicata a cura di Antonio Lombardi, che la ricollegò al «genere drammatico popolare» dei bruscelli, «molto in voga nel senese»; più recentemente, Laura Riccò (1993) ha scritto che il testo «ripropone i classici equivoci dell’arte ortolana, osservando però i canoni del ‘villanesco’» (p. 115 nota). Non a caso, nello stesso periodo, come si è accennato, presentò al vescovo Francesco Maria Piccolomini il manoscritto del Successo delle rivoluzioni della città di Siena (1587).
L’ultima sua opera è la Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie di tre uomini sanesi cioè Salvadore di Topo scarpellino, Iacomo, alias Scacazzone, e Marianotto Securini fattore dell’Opera del Duomo di Siena, che fu scritta «per passar tempo, e fuggir l’otio» tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo (p. X e passim), ma che fa riferimento a personaggi ed eventi risalenti alla metà del Cinquecento, ancor vivi nella mente dell’autore (pp. XXIV s.), il quale, nella prefazione, ammise a malincuore che, se da giovane avesse messo per iscritto le vicende dei tre protagonisti dell’opera, avrebbe «certamente disteso un volume assai grande», ma poiché se ne occupò «non in vecchiaia, ma si può dire in decrepità», poté contare solo su ciò che della memoria storica era rimasto vivo a distanza di circa cinquant’anni.
Il curatore anonimo dell’edizione del 1865 della Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie menziona anche alcune poesie di Sozzini, che «furono possedute dal Benvoglienti» e un Capitolo del capriccio, rimasti a oggi inediti (pp. XXIX-XXXI), nonché delle Lettere e relazioni già citate da Giovanni Antonio Pecci (Siena, Biblioteca comunale, Mss., C.VII.36, c. 208) che, in realtà, si rivelano essere uno dei manoscritti del Successo delle rivoluzioni della città di Siena, attualmente conservato presso la Biblioteca apostolica Vaticana (Chigi, G.I.11).
Sozzini morì «il 26 di gennaio dell’anno 1608» e venne sepolto «accanto ai suoi antenati nella chiesa di S. Domenico» (Mascarata villanesca recitata nel mese di maggio 1586..., a cura di A. Lombardi, 1879, p. 5; ma cfr. anche Siena Biblioteca comunale, Mss., C.III.6, c. 13). Come si apprende da Cantù (1867), poiché non aveva né moglie né figli, «fu erede de’ suoi averi Alessandro di Celso Sozzini» (p. 513).
Edizioni moderne. Novelle di autori senesi, a cura di G. Poggiali, Londra (ma Livorno) 1798, II, pp. XXIX-XXXIV, 263-281 (cinque novelle estrapolate dalla Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie; rist. Milano 1815, II, pp. XIX-XXI, 269-286); T. Roscoe, The Italian Novelists, London 1825, pp. 361-373 (tre novelle tratte dalla Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie); Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555, in Archivio storico italiano, II (1842), intero volume (ed. anast. con premessa di G. Catoni, Siena 1990); Raccolta di burle, facetie, motti e buffonerie di tre uomini sanesi cioè Salvadore di Topo scarpellino, Iacomo, alias Scacazzone, e Marianotto Securini fattore dell’Opera del Duomo di Siena, Siena 1865 (ed. anast. Sala Bolognese nel 1975); Mascarata villanesca recitata nel mese di maggio 1586…, a cura di A. Lombardi, Siena 1879 (dal ms. Siena, Biblioteca comunale, H.XI.14).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, A52, batt., Raccolta di nomi di persone nobili battezzate in Siena, c. 134r; A57, matr., Raccolta di denunzie di contratti di matrimonij tanto fra’ persone nobili sanesi, come fra’ detti nobili, e persone straniere fatta a’ riguardo delle fameglie esistenti nel present’Anno 1714, cc. 187r-195r; Concistoro, n. 1270; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica, Chigi, G.I.11: Relatione e lettere di Aless. Sozzini circa l’ultime cose di Siena; Siena, Biblioteca comunale, Mss., C.I.15, Libro dei fratelli della Compagnia di S. Caterina in Fontebranda di Siena (1533-1749), c. 2; C.III.6: Repertorium Alphabeticum Primi et Secundi libri omnium sepultorum in Ecclesia S. Dominici Senarum ab Anno 1336 usque ad annum 1726, c. 13; C.VII.36: G.A. Pecci, Scrittori sanesi, c. 208.
C. Cantù, Gli eretici d’Italia. Discorsi storici, II, Torino 1867, pp. 506-514; L. Sbaragli, “I Tabelloni” degli Intronati, in Bullettino senese di storia patria, s. 3, XX (1942), pp. 177-213; XXI (1942), pp. 238-267; R. Cantagalli, La guerra di Siena (1552-1559), Siena 1962, passim; J. Tedeschi, Notes toward a genealogy of the Sozzini family, in Italian Reformation studies in honor of Laelius Socinus, a cura di J. Tedeschi, Firenze 1965, pp. 275-315; V. Marchetti, Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze 1975, p. 226; M. Ascheri, L’ultimo statuto della Repubblica di Siena (1545), Siena 1993, pp. VIII-XX; L. Riccò, Giuoco e teatro nelle veglie di Siena, Roma 1993, pp. 33 s., 115 nota; L. Szczucki, Il processo di Fausto Sozzini a Siena (1588-1591), in La formazione storica dell’alterità. Studi di storia della tolleranza nell’età moderna offerti a Antonio Rotondò. Promossi da Henry Méchoulan, Richard H. Popkin, Giuseppe Ricuperati, Luisa Simonutti, I, Firenze 2001, pp. 375-394; M. Valente, I Sozzini e l’Inquisizione, in Faustus Socinus and his heritage, a cura di L. Szczucki, Krakòw 2005, pp. 29-51; M. Ascheri, Storia di Siena. Dalle origini ai giorni nostri, Pordenone 2013, pp. 133-143.