STRADELLA, Alessandro
STRADELLA, Alessandro. – Nacque il 3 luglio e fu battezzato il 1° agosto 1643 a Bologna. Il rinvenimento dell’atto di battesimo (Mingozzi, 2018) fuga definitivamente l’ipotesi della nascita a Nepi, nel Viterbese, il 3 aprile 1639 (Gianturco, 1994, pp. 10-12), già oggetto di non pochi dubbi. Fu figlio del nepesino Marc’Antonio (1579-1649, quondam Fulvio) e della sua seconda moglie, l’orvietana Vittoria Bartoli (figlia di Simone), entrambi nobili.
Sebbene risiedesse a Nepi, durante la guerra di Castro la famiglia si spostò temporaneamente a Vignola, dove Marc’Antonio fu nominato vicemarchese dal duca Ugo Boncompagni (7 giugno 1642). Alessandro nacque quando la famiglia, nel giugno del 1643, lasciò Vignola assediata dalle truppe pontificie e riparò a Bologna, nello Stato della Chiesa, prima di rientrare a Nepi a settembre, e fu battezzato come «Antonio Alessandro Boncompagno Stradella», in omaggio al duca, suo padrino per procura. Ebbe due fratelli, Giuseppe (1628-?) e Stefano (1639-?), entrambi morti prima di lui, e un fratellastro, l’agostiniano Francesco (1618?-1692), figlio della prima moglie del padre, Laudomia Vaccari; fu pronipote dell’agostiniano Alessio (?-1580), vescovo di Sutri e Nepi.
Morto il padre, venduta parte dell’eredità al fratello Giuseppe (rimasto a Nepi), tra il 1653 e il 1660 i figli minori, Stefano e Alessandro, si stabilirono con la madre a Roma: vissero in palazzo Lante come paggi del duca Ippolito, mentre la madre fu dama della consorte, Maria Cristina Altemps. I rapporti fra gli Stradella e gli Altemps risalivano agli anni Venti: tra il 1626 e il 1633 Marc’Antonio aveva lavorato a Gallese, vicino a Viterbo, per il padre di Cristina, Pietro, che nel 1626 aveva tenuto a battesimo un fratello di Alessandro, Giovanni Battista, morto infante.
La formazione musicale di Stradella dovette avvenire a Roma. Di sicuro la musica non era estranea alla famiglia: nel 1609 il padre aveva curato in Roma la stampa del Libro primo de madrigali a cinque voci di Giovanni Girolamo Kapsperger, firmandone la dedica all’autore, gentiluomo; è inoltre probabile che fosse loro parente il francescano Antonio Stradella di Nepi, citato nel 1663 come magister musices, come pure un fra Cirillo Stradella, carmelitano, organista a S. Maria in Traspontina a Roma nel 1677 (Gianturco, 1994, p. 20).
Mancano notizie certe di composizioni sue prima dei 23/24 anni d’età. Né vi sono prove che l’oratorio commissionato l’11 febbraio 1667 dall’arciconfraternita romana del Ss. Crocifisso per un venerdì di quaresima (versi di Giovanni Lotti), tradizionalmente attribuito a Stradella, sia stato effettivamente composto ed eseguito (i documenti contabili non menzionano il compositore). Sicuramente nel Carnevale 1668 collaborò a spettacoli teatrali promossi da un gruppo di aristocratici, ivi inclusi il principe Agostino Chigi e il cardinale Flavio Chigi, e allestiti a palazzo Colonna in Borgo: per il «dramma musicale burlesco» Il Girello di Filippo Acciaioli, rivisto da Giovanni Filippo Apolloni e musicato da Iacopo Melani, Stradella intonò il prologo. A maggio musicò un altro testo di Apolloni, la cantata Circe, fatta eseguire a villa Belvedere di Frascati da Olimpia Aldobrandini Pamphili, per Leopoldo de’ Medici, cardinale di fresca nomina. Probabilmente grazie ad Apolloni, dal 1668 al servizio di Flavio Chigi, Stradella ebbe qualche commissione da costui: con la cantata Eco amoroso (Arsi già d’una fiamma) per soprano, violini e basso continuo «con duoi echi» – cantante Giulia Masotti, poeta Apolloni – concorse infatti alle musiche per il banchetto che a ferragosto il cardinale Chigi offrì nel giardino alle Quattro fontane a Caterina e Maria Maddalena Rospigliosi, nipoti del papa regnante, Clemente IX. All’inizio di quel mese aveva ricevuto, in strada Giulia, dove alloggiava, un «regalo» dal cardinale Chigi. Alla fine di novembre del 1670 supplicò il cardinale di un aiuto economico per un debito di 7000 scudi. Godeva di committenze private importanti, ma viveva di ingaggi saltuari, retribuiti tardi e male.
Dall’inverno del 1671 fu impegnato negli spettacoli del nuovo teatro di Tordinona, che nelle prime due stagioni, gestite da Acciaioli, replicò opere veneziane rivedute da Apolloni. Nel 1671 compose prologo, intermezzi e arie nuove per due drammi di Francesco Cavalli, lo Scipione Affricano e Il novello Giasone (ed. facsimile a cura di N. Usula, Milano 2013), e nel 1672 il prologo per due opere di Antonio Cesti, La Dori e Il Tito. Negli stessi anni scrisse brani per occasioni private: nell’inverno del 1671 intonò il Lamento del Tebro e due ninfe per le nozze tra Anna Pamphili (figlia di Olimpia Aldobrandini) e Giovanni Andrea Doria. Al 1672 dovrebbe risalire la sua prima opera, La Doriclea, la cui copiatura risulta pagata nel dicembre di quell’anno dal principe Flavio Orsini, che ne aveva steso il libretto (una partitura dell’opera, già segnalata nel 1938, è di recente ritornata in luce).
Nell’agosto del 1674, su commissione di Gaspare Altieri, mise in musica Il duello, una serenata per Cristina di Svezia su versi di Sebastiano Baldini; nel 1675 compose il mottetto Pugna, certamen, militia est vita per la monacazione di Angelica Lante, figlia dei duchi. La regina di Svezia stilò lo scenario di un’accademia verseggiata da Baldini e musicata da Stradella, Il Damone, eseguita nel febbraio del 1677. Tra il 1675 e il 1676 il compositore è citato nell’elenco dei ‘camerieri extra’ del papa, incarico – non di rado assegnato a musicisti – che comportava un ruolo di rappresentanza fra le stanze private del pontefice e il mondo esterno.
La maggior parte degli oratori di Stradella fu probabilmente composta per l’ambiente devozionale romano. Per Santa Editta, vergine e monaca, regina d’Inghilterra (ed. a cura di L. Bianchi, Roma 2000), la scelta di un soggetto altrimenti assente tra gli oratori agiografici coevi ha fatto supporre che il poeta, Lelio Orsini, si fosse ispirato al tormentato negoziato nuziale fra Maria Beatrice d’Este, sorella del duca di Modena, e Giacomo II Stuart, e che dunque l’oratorio sia stato composto fra la fine del 1672 e la prima metà del 1673 (Morelli, 2016). Per la quaresima dell’anno santo, il 31 marzo 1675, fu eseguito in S. Giovanni dei Fiorentini il San Giovanni Battista (versi di Ansaldo Ansaldi), su commissione della nazione fiorentina; e un altro oratorio quaresimale, dal titolo ignoto, fu eseguito in un ciclo promosso da Lorenzo Onofrio Colonna (De Lucca, in corso di stampa). Poco si sa circa le esecuzioni di San Giovanni Crisostomo, di Ester, liberatrice del popolo ebreo (ed. a cura di L. Bianchi, Roma 1969) e di Santa Pelagia, di cui rimangono le fonti musicali, ma restano da accertare gli autori dei testi. Di altri oratori ancora si hanno solo notizie postume, non le fonti: un oratorio dedicato a s. Caterina fu cantato a Firenze nel novembre del 1683 (Gianturco, 1994, p. 69); un altro, sull’episodio di s. Antonio da Padova che resuscita un bimbo annegato, fu udito a Roma nel marzo del 1692 (Della Libera - Domínguez, 2012, p. 139), e la partitura è citata nell’inventario dei beni musicali posseduti dal cantore pontificio Giovanni Battista Vulpio (Simi Bonini - Morelli, 2016, pp. 184, 199 n. 69).
Stradella compose nuove arie per l’allestimento romano, nel gennaio del 1676 a palazzo Colonna, della Prosperità di Elio Seiano di Antonio Sartorio. In giugno l’opera Amare e fingere, da una comedia di Agustín Moreto, fu rappresentata a Siena in casa di Mario Piccolomini, sotto il patrocinio dei Chigi (partitura adespota nella Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi, Q.VIII.175; Simi Bonini - Morelli, 2016, pp. 184, 197 n. 23). Tra luglio e agosto inviò musiche sue (tra cui una sonata) al nobile veneziano Polo Michiel (imparentato con i Grimani proprietari del teatro dei Ss. Giovanni e Paolo e poi del S. Giovanni Grisostomo), cui in ottobre chiese protezione nell’eventualità di dover emigrare «per una certa disgrazia qua in Roma che non me permette per adesso il dimorare» (Gianturco, 1994, p. 266). È probabile che il musicista alludesse al risentimento del cardinale Alderano Cybo per un raggiro fraudolento ai danni di un suo parente, ch’egli aveva tentato, complice il citato Vulpio, di accasare con una donna di basso rango rimasta al verde. Stradella fu arrestato e processato, ma si salvò dichiarando di conoscere l’ambasciatore francese a Roma.
L’arrivo di Stradella a Venezia fu annunciato a Michiel dal romano Settimio Olgiati per il 24 gennaio 1677: il compositore avrebbe alloggiato «alli Frari», ossia presso il convento di S. Maria Gloriosa (Giovani, 2013, p. 286). A Venezia rimase fino alla fine di giugno, quando scappò a Torino con Agnese van Uffel (Uffele, Uffelen, Huffele, Vanofole), figlia di Lucas e pupilla del nobile veneziano Alvise Contarini, alla quale dava lezioni di canto. La fuga vanificò il progetto del poeta romano Giovanni Francesco Saliti di far musicare da Stradella un suo libretto per uno dei teatri veneziani (da non identificare con Il fantasma dittatore, un’«opera» in versi sciolti stampata a Venezia nel 1678, non per musica). A Torino la donna si rifugiò nel convento di S. Maria Maddalena, e il musicista nel monastero di S. Domenico. Contarini, recatosi a Torino in luglio, fece pressioni sull’arcivescovo Michele Beggiamo affinché Agnese si ritirasse definitivamente a vita claustrale oppure impalmasse Stradella.
In agosto scrisse mottetti (non identificati) per l’annunciata presenza della reggente, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, a un evento devozionale presso il monastero in cui alloggiava (forse per la festa di s. Domenico, il 4 agosto), ma infine madama reale, vista la situazione, evitò di presentarsi. Solo a settembre, quando gli accordi matrimoniali sembravano avviati a una risoluzione, la reggente accettò di ascoltare composizioni sue. Tuttavia la situazione riprecipitò: la sera del 10 ottobre 1677, mentre rincasava da una visita ad Agnese, Stradella fu aggredito da sicari probabilmente mandati da Contarini, i quali dopo il misfatto chiesero asilo all’ambasciatore francese a Torino, il marchese Pierre de Villars, che li accolse su richiesta dell’ambasciatore a Venezia, l’abate Jean-François d’Estrades, suscitando non pochi problemi diplomatici. L’attentato fece naufragare il progetto di musiche per la festa sabauda del zapato (5-6 dicembre), volute dal conte Giacomo d’Alibert.
Ai primi del 1678 Stradella lasciò Torino alla volta di Genova, dove fu ben accolto e probabilmente ospitato da Franco Imperiale Lercari, uno degli aristocratici genovesi più in vista, locatario (con altri) del teatro del Falcone, di proprietà degli Adorno, lo stesso per il quale nei mesi successivi Stradella operò dapprima come maestro concertatore sostituto, poi come impresario e compositore. Nella stagione 1678-79 mise in musica per il Falcone la rielaborazione di due drammi veneziani di Nicolò Minato, Seleuco (divenuto La forza dell’amor paterno) e Muzio Scevola (Le gare dell’amor eroico), e intonò un dramma nuovo, di soggetto comico, Il Trespolo tutore (versi di Giovanni Cosimo Villifranchi, da una commedia di Giovanni Battista Ricciardi). La vendita del teatro ai Durazzo interruppe, dopo una sola stagione, l’attività di Stradella, che a marzo del 1678 iniziò a lavorare per i Doria, almeno fino a settembre del 1679 (Stagno, 2011, p. 61).
Non smise però di scrivere musica teatrale: nel maggio del 1681 inviò a Flavio Orsini in Roma la musica di un dramma di quest’ultimo, il Moro per amore (non rappresentato; ed. facsimile a cura di H.M. Brown, New York 1979); disse anche di essere impegnato in «un’operetta di spada e cappa di sei personaggi da fare in villa e al mare» (non identificata). Tra maggio e giugno del 1681 fu eseguita a Genova una sua serenata marittima, Il barcheggio, composta per le nozze di Paola Brignole e Carlo Spinola. L’esecuzione a Modena, all’inizio dell’anno, dell’oratorio Santa Susanna, su versi del segretario estense Giovanni Battista Giardini (ed. anast. a cura di L. Callegari, Bologna 1982), inaugurò i primi fruttuosi contatti del musicista con la corte e il duca Francesco II d’Este. In una lettera del gennaio del 1682 chiese soldi a Lorenzo Onofrio Colonna in virtù dei loro stretti rapporti passati (De Lucca, in corso di stampa).
Morì il 25 febbraio 1682, assassinato in un agguato notturno per motivi mai chiariti. Fu sepolto a Genova in S. Maria delle Vigne (Alfonso, 1982, pp. 51-54). Per il crimine furono arrestati i fratelli Giovanni Battista e Domenico Lomellini, e fu bandito il compositore Carlo Ambrogio Lonati con altri musici, ma l’indagine fu infine archiviata per assenza di prove. In mancanza di eredi diretti (i fratelli erano morti) e di un testamento, i suoi beni furono inventariati e divisi fra i nipoti Marc’Antonio (figlio di Giuseppe), Vittoria Agata e Maria (figlie di Stefano).
Stradella fu uno dei massimi compositori italiani della sua generazione. Coltivò quasi tutti i generi musicali: oltre alle opere e agli oratori qui citati, circa 180 tra cantate da camera e serenate (su versi di Apolloni, Baldini, Francesco Balducci, Pompeo Figari, Giovanni Pietro Monesio ecc.; varie edizioni moderne: a cura di P. Mioli, Firenze 1983; C. Gianturco, New York 1985; H. Bernstein et al., Laaber 1997; G. Giovani, Laaber 2015), madrigali polifonici, mottetti (ed. dei testi a cura di R. Calza, Treviso 2018), musiche strumentali da camera (ed. a cura di E.F. McCrickard, Köln 1980). Nelle sue musiche si osserva la ricerca di mezzi stilistici che, imprimendo maggior forza espressiva all’elocuzione canora rispetto alle opere della generazione precedente (Cavalli, Cesti ecc.), puntano a una rappresentazione degli affetti sempre più ampia e organizzata, in linea con gli sviluppi che fiorirono poi nell’ultimo ventennio del secolo. Tali mezzi includono l’impiego di risorse strumentali ricche e varie (frequente è l’uso di organici divisi in «concertino» e «concerto grosso»), sperimentazioni armoniche, sapienza contrappuntistica, un’invenzione melodica florida e melliflua, e un’acuta sensibilità per gli aspetti ritmici.
La maggior parte delle partiture manoscritte che tramandano le sue composizioni è conservata a Torino (Biblioteca nazionale universitaria, Raccolta Mauro Foà e Raccolta Renzo Giordano) e a Modena (Biblioteca Estense e universitaria). L’inventario di beni musicali posseduto da Vulpio, con più di 50 volumi di musiche stradelliane e probabilmente parte della collezione Orsini (Simi Bonini - Morelli, 2016), ha permesso di chiarire alcuni aspetti: il gruppo di partiture detto «the original Stradella collection» (diviso tra varie biblioteche; Timms, 2009) proviene da questa raccolta; il testo del Corispero, di cui si conserva a Modena la partitura dei primi due atti, è attribuito a un oscuro poeta di nome Gallerati; vi sono altre composizioni stradelliane perdute o ancora da identificare.
Dei rapporti di Stradella con la committenza aristocratica della penisola, oltre che del suo spirito irrequieto, danno eloquente testimonianza 24 lettere autografe (Gianturco, 2007, pp. 314-335). Per la vita rocambolesca, a partire dall’Ottocento è spesso assurto a protagonista di romanzi (tra cui F.M. Crawford, Stradella: an old Italian love tale, London 1908; Ph. Beaussant, Stradella, Paris 1999), melodrammi (tra cui L. Niedermeyer, 1837; F. von Flotow, 1844; S. Sciarrino, 2017) e film (Amanti in fuga, 1946, di G. Gentilomo); la notorietà del personaggio favorì la fortuna di un falso paradossale come la famosa «preghiera», Pietà, Signore, di me dolente divulgata da François-Joseph Fétis a partire dal 1833. Di fatto la biografia di Stradella ha finito per esercitare un’attrattiva più cupida che non la sua stessa musica, di cui è tuttora in corso la rivalutazione.
Opere. In assenza di un catalogo davvero esauriente e aggiornato delle opere di Stradella ci si può rifare a O.H. Jander, A catalogue of the manuscripts of compositions by Alessandro Stradella found in European and American libraries, Wellesley (Mass.) 1960; A. Chiarelli, I codici di musica della Raccolta estense: ricostruzione dall’inventario settecentesco, Firenze 1987; Raccolta Mauro Foà, Raccolta Renzo Giordano, a cura di I. Fragalà Data - A. Colturato, Roma 1987; C. Gianturco - E. McCrickard, Alessandro Stradella (1639-1682). A thematic catalogue of his compositions, Stuyvesant (N.Y.) 1991; C. Gianturco, Stradella, Alessandro, in The new Grove dictionary of music and musicians, XXIV, London-New York 2001, pp. 451 s.; B. Schrammek, Stradella, Alessandro, in MGG Online, 2006, https://www.mgg-online.com/ mgg/stable/24250 (28 gennaio 2019); è in corso un’edizione dell’Opera omnia, iniziata nel 2002 e a cura di C. Gianturco.
Fonti e Bibl.: La bibliografia storico-critica su Stradella è compendiata in A. Garavaglia, A. S., Palermo 2006. Della letteratura precedente si citano qui soltanto i titoli principali e quelli richiamati nella presente voce: L. Alfonso, Terzo centenario dell’assassinio di A. S., in La Berio, III (1982), pp. 48-56; A. S. e il suo tempo. Atti del Convegno..., Siena... 1982, a cura di C. Gianturco - G. Rostirolla, in Chigiana, n.s., XXXIX (1988-1989), 19; C. Gianturco, A. S. 1639-1682: his life and music, Oxford 1994 (ed. it. riveduta S., «uomo di gran grido», Pisa 2007); Ead., Cristina di Svezia, scenarista per A. S., in Cristina di Svezia e la musica. Atti del Convegno internazionale, Roma 1998, pp. 45-69; Florilegium musicae. Studi in onore di Carolyn Gianturco, a cura di M. Burden - P. Radicchi, Pisa 2004. Tra la bibliografia recenziore si vedano in particolare: C. Timms, A lost volume of cantatas and serenatas from the ‘Original S. collection’, in Aspects of the secular cantata in late Baroque Italy, a cura di M. Talbot, Farnham 2009, pp. 25-54; S., A., in Dizionario storico-biografico del Lazio, a cura di S. Franchi - O. Sartori, III, Roma 2009, pp. 1841-1843; L. Stagno, Committenze artistiche per il matrimonio di Anna Pamphilj e Giovanni Andrea III Doria Landi (1671), in The Pamphilj and the arts. Patronage and consumption in baroque Rome, a cura di S. Leone, Chestnut Hill (Mass.) 2011, pp. 55-75; L. Della Libera - J.M. Domínguez, Nuove fonti per la vita musicale romana di fine Seicento, in La musique à Rome au XVIIe siècle, a cura di C. Giron-Panel - A.-M. Goulet, Roma 2012, pp. 122, 127, 130 s., 139, 175; G. Giovani, Un manoscritto sconosciuto di cantate e arie di A. S. conservato a Venezia, in Studi musicali, n.s., IV (2013), pp. 283-323; V (2014), pp. 175-178; A. Morelli, Tra chiostro e trono. Uno scenario storico-politico per l’oratorio “Sant’Editta” di A. S., in Storie e linguaggi, II (2016), pp. 217-228; E. Simi Bonini - A. Morelli, Gli inventari dei «libri di musica» di Giovan Battista Vulpio (1705-1706): nuova luce sulla ‘Original S. collection’, in Recercare, XXVIII (2016), pp. 175-215; N. Amendola, La poesia di Giovanni Pietro Monesio, Giovanni Lotti e Lelio Orsini nella cantata da camera del XVII secolo, diss., Università di Roma Tor Vergata-Johannes Gutenberg-Universität Mainz, 2017, passim; D. Mingozzi, A. S. «bononiensis dominus», in Il Saggiatore musicale, XXV (2018), in corso di stampa; A. Morelli, Amare e fingere. Una sconosciuta opera di S., in Studi musicali, n.s., X (2019); V. De Lucca, The politics of princely entertainment: music and theater in the lives of Lorenzo Onofrio and Maria Mancini Colonna (1659-1689), New York, in corso di stampa.
Si ringraziano Lucia Adelaide di Nicola e Arnaldo Morelli per le notizie gentilmente fornite.