Tassoni, Alessandro
Poeta e scrittore (Modena 1565 - ivi 1633). La Commedia è una delle opere - ma non tra le più importanti - su cui si formò la sua educazione letteraria, come dimostrano due suoi scritti giovanili, la Difesa di Alessandro Macedone (1595) e il Ragionamento... intorno ad alcune cose notate nel duo-decimo dell'Inferno di D. (1597). Entrambi riguardano l'identificazione, proposta dal Landino, dell'Alessandro elencato fra i tiranni (If XII 107) con Alessandro Magno, laddove al T. sembra opportuno riconoscervi Alessandro Fereo.
Ma nel Ragionamento la discussione si allarga anche ai versi dedicati a Obizzo d'Este (110-112), il quale, contrariamente a quanto scrive D., " non ebbe figliastri, né fu ucciso da alcuno ". Non solo più il Landino, quindi, è colto dal T. in errore, ma il poeta stesso, ritenuto " bugiardo " e " maligno " (e non solo in questa occasione, se, prosegue il T., " finse medesimamente all'inferno Bonifazio papa, il conte Guido da Montefeltro e Farinata degli Uberti, uomini di valor essemplare... e quello che mi par più enorme, Bruto e Cassio, uccisori d'un tiranno, occupator della patria, sono posti da lui egualmente e in un medesimo luogo tormentati col traditore di Cristo redentor nostro "). Le contemporanee, o successive, Postille alla Commedia (statisticamente preponderanti quelle sul Purgatorio e sul Paradiso) non mutano di molto questo contegno esegetico, il quale risente in maniera vistosa delle preoccupazioni cortigiane e degl'impulsi libertari che si mescolano nel pensiero politico del tardo Cinquecento. Vi si nota, però, uno spostarsi dell'interesse del T. verso il linguaggio e la metrica della Commedia, sovente censurati per ragioni di convenienza lessicale o di armonia formale, ma talora anche giudicati esemplari. E poiché la preferenza è accordata ai versi in cui più evidente è il permanere della lezione stilnovistica (" bellissimi " ad esempio sono definiti quelli dell'episodio di Piccarda), non è difficile dedurre che il D. più accetto al T. fosse quello stilnovista, vivo nella tradizione fino al Petrarca; ne fanno fede le Considerazioni sopra le Rime del Petrarca (1609), in cui il nome di D. è fatto sovente quale autore della Commedia, ma anche delle Rime, e sempre come precursore della maniera linguistica e figurativa petrarchesca.
Si spiega così, probabilmente, la scarsa presenza di D. nella Secchia rapita, al di là di qualche contaminazione burlesca (celebre è rimasta la trascrizione della concubina di Titone antico di Pg IX 1 nella " puttanella del canuto amante " della Secchia VIII 15 2). Nulla più di un paradosso, di conseguenza, deve ritenersi la definizione della Commedia come poema " eroisatirico " proposta nel libro X dei Pensieri diversi, a sostegno della tesi della superiorità dei moderni sugli antichi. Troppo ingegnoso risulta il tentativo di nobilitare in questo modo il genere ‛ eroicomico ' inaugurato dalla Secchia stessa.
Bibl. - G. Rossi, Studi e ricerche tassoniane, Bologna 1904; A.T., Prose politiche e morali, a c. di G. Rossi, Bari 1930.