PETRONI, Alessandro Trajano
PETRONI (Petronio, Petrone), Alessandro Trajano. – Nacque intorno al 1510 a Civita Castellana da Francesco, membro di un’altolocata famiglia locale. Sposò una donna di nome Felicita, dalla quale ebbe un unico figlio, Ercole (Archivio di Stato di Roma, Notai Auditor Camerae, vol. 329, p. 481).
In giovane età si trasferì a Padova, dove frequentò la facoltà di arti e medicina. Nel 1534 fu nominato rettore degli artisti dell’Ateneo padovano (Tomasini, 1654, p. 405). Terminati gli studi, tornò a esercitare la professione nella sua terra natale, dove curò diversi alti prelati, tra cui i cardinali Giovanni Salviati e Paolo Cesi. A quest’ultimo dedicò la sua prima opera, i Proposita in logica naturali divinaque philosophia et medicina (Venezia, B. Vitali, 1535), un testo in quattro sezioni, in cui raccolse sentenze di logica (228), filosofia naturale (322), metafisica (186) e medicina (149), simili ai puncta discussi nelle dispute universitarie.
Nel 1546 era a Roma come medico del cardinale Giovanni Salviati, nella cui famiglia era entrato quando l’alto prelato era governatore di Civita Castellana. Petroni gli dedicò il De rationali disciplina sectio prima (Roma, V. e L. Dorico, 1548), un trattato di logica in tre commentari sulla demonstratio incomplexa che, nelle intenzioni dell’autore, avrebbe dovuto costituire il primo tassello di un progetto assai più ampio.
A Roma Petroni dimorò per il resto della sua esistenza. Qui consolidò il suo rapporto con la famiglia Salviati prestando i suoi servizi anche al cardinale Bernardo (Bernardino) Salviati, che seguì dal 1562 almeno fino alla morte di quest’ultimo (1568).
Due fonti consentono di documentare l’attività di Petroni come medico del cardinale. In occasione del conclave del 1565-66 redasse alcune regole sanitarie che l’alto prelato avrebbe dovuto seguire durante il consesso (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 6319, cc. 60r-64v). In un’estesa relazione redatta poco prima della morte di Salviati, ripercorre invece la historia medica del suo illustre paziente per concentrarsi sulla sua ultima malattia, una sorta di insania che Petroni attribuisce alla presenza di umore acqueo nel cranio. Nel testo fa riferimento ai diversi trattamenti ai quali aveva fatto ricorso per tentare di evacuare l’umore nocivo e discute l’eventualità di ricorrere a una trapanazione cranica (Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio Salviati, 262, cc. 42r-45v).
Se l’impiego presso i Salviati segnò profondamente il lungo periodo romano di Petroni garantendogli stabilità economica e protezione intellettuale, la sua attività a Roma si estese ben al di là della sfera della celebre famiglia fiorentina. Dal 1546 fu medico della Compagnia della Pietà della nazione fiorentina. Tra gli anni Quaranta e Sessanta animò una sorta di tirocinio medico all’interno dell’ospedale S. Spirito in Saxia. Riprendendo alcuni degli insegnamenti di Francesco Fusconio, archiatra di diversi pontefici e celebre medico pratico negli anni Venti e Trenta, Petroni istituì un insegnamento che aveva come principale vocazione la transizione dei giovani addottorati dello Studium Urbis tra studi teorici e pratica professionale. I contenuti di tale tyrocinium sono ben documentati nelle Medicae consultationes (Roma 1640), opera postuma di uno dei pupilli di Petroni, Angelo Vittori.
L’ottantaduesima Consultatio di Vittori, intitolata Ratio et mens in consilijs dandis e fondata sul metodo d’insegnamento di Petroni, prevedeva l’interazione costante tra lo studio dell’opera di Ippocrate – di cui egli era un fervente seguace –, l’osservazione del paziente e l’analisi collettiva dei casi clinici considerati. Tra gli allievi di Petroni vi erano alcuni tra i principali medici della generazione successiva: non soltanto Vittori, ma anche Marsilio Cagnati.
I primi anni Cinquanta furono anche segnati dalla sua frequentazione con la Compagnia di Gesù e, in particolare, con Ignazio di Loyola, al quale Petroni fu legato da profonda amicizia. Dal fondatore della Compagnia dei gesuiti fu consultato sia su questioni riguardanti la Compagnia stessa – come la salubrità dei luoghi dove impiantare nuove case – sia in merito alla propria salute: seguì quasi giornalmente Ignazio nel corso della sua ultima malattia.
Come riporta Maffei, Petroni fu persino oggetto di una guarigione miracolosa effettuata dallo stesso Ignazio (Maffei, 1585, pp. 300-302, 348 s.).
Il suo rapporto con i gesuiti non si esaurì con la morte del loro fondatore. Con un testamento redatto nel novembre del 1562, scelse S. Maria della Strada, chiesa all’epoca affidata alla Compagnia, come luogo del suo funerale, e legò all’Ordine parte della sua eredità (Archivio di Stato di Roma, Notai Auditor Camerae, vol. 329, p. 481). Sono attestati inoltre alcuni suoi rapporti con l’oratorio della Vallicella, la cui Congregazione era stata fondata da Filippo Neri nel 1551. Nel 1554 pronunciò un pronostico di morte per Prospero Crivelli, poi confutato da una guarigione miracolosa attribuita a Filippo Neri (Gallonio, 1600, pp. 42-43).
Negli stessi anni, Petroni ebbe in cura anche diversi membri della Curia, tra cui il cardinale Giovanni Michele Saraceni, che lo raccomandò come medico fisico della familia del neoeletto Paolo IV (Biblioteca apostolica Vaticana, Ruoli, 22, f. 29v). Fu forse nel contesto vaticano che entrò in contatto con l’anatomista cremonese (e chirurgo pontificio) Realdo Colombo, che nel suo De re anatomica fa riferimento a un’autopsia condotta in presenza di Petroni sul cadavere di uno studente dello Studium Urbis (R. Colombo, De re anatomica, Venezia 1559, p. 265).
Grazie alla protezione di eminenti figure ecclesiastiche e attraverso un articolato percorso in diversi luoghi della medicina romana, Petroni si affermò presto come uno dei più celebri medici della città. In riconoscimento dei suoi meriti, prima del 1562 ottenne anche la cittadinanza romana (Archivio di Stato di Roma, Notai Auditor Camerae, vol. 329, p. 481). Tuttavia non entrò mai nei ranghi delle due massime istituzioni dell’ambiente medico cittadino, la Facoltà e il Collegio dei medici.
Complicate furono le sue relazioni con lo Studium Urbis. Proposto nel 1568 per sostituire Ippolito Salviani nella cattedra di medicina pratica (Conte, 1991, p. 68), gli venne preferito Virgilio Riccardi, già lettore di medicina extra-ordinaria nella facoltà e membro del Collegio dei medici. Una disputa con Sallustio Salviani, lettore di medicina teorica della facoltà, su questioni di dietetica è ricordata da Giuseppe Carafa (1751, p. 359).
I complessi rapporti con l’ambiente accademico non influirono tuttavia negativamente sulla sua carriera. Durante gli ultimi anni della sua vita, Petroni ricoprì la carica di archiatra di Gregorio XIII (Ciappi, 1596, pp. 62 s.).
Non è nota la sua data di morte, che è probabilmente da situarsi nel 1581.
Della sua attenzione per la medicina pratica nella sua versione ippocratica, dell’intenso esercizio della professione e del suo coinvolgimento nei dibattiti che attraversavano l’ambiente medico romano, testimoniano le sue numerose opere edite. La sua prima opera romana è il De venae sectione in pleuritide (Roma, G. Cartolari, 1545), indirizzata all’archiatra di Paolo III e a sua volta familiare di Giovanni Salviati, Andrea Turini. Si tratta di un commento sulla pratica ippocratica di ricorrere alla flebotomia in caso di pleurite, all’epoca al centro di un dibattito tra lo stesso Turini e Matteo Corti. Il De aqua tiberina (Roma, V. e L. Dorico, 1552) è uno studio sulle acque del Tevere, sulla loro potabilità e sulle loro presunte proprietà curative. Attraverso quest’opera, Petroni prese posizione in merito a una questione che dalla metà del secolo, e per circa un trentennio, occupò l’ambiente medico romano in stretta correlazione con i tentativi di diversi pontefici di risolvere il problema dell’approvvigionamento di acqua per la popolazione romana.
In quest’opera, in quattro libri, dedicata al pontefice Giulio III, egli descrive le caratteristiche fisiche e naturali dell’acqua del fiume romano, le sue proprietà terapeutiche e il suo corretto uso, con l’obiettivo di confutare le false opinioni circolanti. L’opera fu oggetto di critiche da parte del medico calabrese Giovanni Battista Modio, che si scagliò contro Petroni e gli altri medici ‘tiberini’ che ne condividevano le posizioni, invitando piuttosto il pontefice a restaurare gli antichi acquedotti romani. Le tesi di Petroni furono invece recuperate dal medico e naturalista Andrea Bacci nel suo De thermis (Venezia 1571).
I Dialogi de re medica, editi a Roma nel 1561 e dedicati al cardinale Cristoforo Madruzzo, costituiscono un’anticipazione di un commentario agli Aforismi di Ippocrate che Petroni afferma di aver portato quasi a compimento, ma che non fu mai pubblicato. Qui, ricorrendo alla forma dialogica, egli affronta alcuni temi controversi del pensiero ippocratico e confuta delle interpretazioni degli aforismi a suo dire non solo scorrette, ma addirittura dannose per i pazienti.
All’ambito della medicina pratica è ascrivibile anche un trattato in sette libri sulla sifilide pubblicato nel secondo volume della raccolta curata da Luigi Luisini, De morbo Gallico (Venezia, G. Ziletti, II, 1567, pp. 1-215).
I primi sei libri sono incentrati sulle origini e le cause del morbo (I), le sue modalità di trasmissione, sui metodi per diagnosticarlo e i criteri su cui fondare una prognosi (II), sulla terapia (III) e in particolare sull’uso del guaiaco (IV), della salsapariglia e della radice di china (V), del mercurio (VI). Il settimo libro descrive invece alcuni sintomi particolari e loro specifiche cure.
L’opera alla quale è però più legata la celebrità di Petroni tra i suoi contemporanei è il De victu Romanorum in cinque libri, un regimen sanitatis destinato a un ampio pubblico composto dai romani e da tutti gli stranieri che soggiornavano nella città (De victu, l. III, cap. 1).
Il trattato (1581, stamperia del Popolo Romano) è indirizzato al pontefice Gregorio XIII, presentato nella dedica comemodello di salute da imitare per preservarsi dalle malattie e allontanare la morte. Esso costituisce una summa del sapere dietetico che Petroni aveva accumulato nel corso dei suoi numerosi decenni di esercizio della professione. In linea con le concezioni ippocratiche sul rapporto tra ambiente e sanità dei suoi abitanti, alle quali l’autore si atteneva rigorosamente, l’opera esplora innanzitutto le caratteristiche ambientali di Roma e le specificità del suo ‘aere’ (I), delle sue acque e dei vini prodotti nella città e nelle zone limitrofe (II), degli alimenti che vi si consumavano (III). Quindi, la trattazione si concentra sulle malattie tipiche della città, in particolare la ‘fiacchezza’, e sulle regole sanitarie da seguire per farvi fronte. Si sofferma inoltre su alcune categorie di persone, come gli stranieri e le donne e suggerisce i regimina a loro più adatti nei diversi tempi dell’anno (IV). Alle specifiche regole di vita delle persone anziane è dedicata l’ultima sezione dell’opera.
Il trattato può forse iscriversi nell’ambito della politica sanitaria promossa da Gregorio XIII, che moltiplicò gli interventi volti al miglioramento delle condizioni sanitarie della popolazione romana. Una versione italiana, che godette di ampia diffusione, fu commissionata da Tolomeo Gallio cardinale di Como all’archiatra di Clemente VIII, Basilio Paravicino (1592, presso i tipi di Domenico Basa).
Petroni lavorò anche a un commentario sugli Aforismi di Ippocrate e a una raccolta di casi clinici che avrebbe dovuto portare il titolo di Historia medica. Di entrambe le opere, rimaste inedite, non vi è traccia, ma si trovano riferimenti a esse nelle opere pubblicate dallo stesso Petroni, nelle Medicae consultationes del suo allievo Vittori e nell’imprimatur del De victu romanorum. Una menzione alla sua raccolta di casi clinici, che testimonia della sua inserzione in una rete di sociabilità che travalicava i confini della penisola, si trova nelle Observationum medicarum rararum, novarum admirabilium et monstrosarum volumen in tomis septem del medico tedesco Johannes Schenck.
La fortuna di Petroni, celebre tra i suoi contemporanei e frequentemente lodato da allievi e colleghi, fu di breve durata. I giudizi espressi nei secoli successivi si concentrano prevalentemente sul suo trattato sulla sifilide, e se riconoscono la grande erudizione del medico, non esitano a criticarne la prolissità e l’oscurità dello stile.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Notai Auditor Camerae, vol. 329, p. 481; Archivio segreto Vaticano, Misc. Arm. XI, t. 93; Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio Salviati, 262, cc. 42r-45v; Ruoli 23, f. 9r; Vat. lat., 6319, cc. 60r-64v; A. Turini, Opera, Roma 1545, f. 3r; G.B. Modio, Il Tevere…. Dove si ragiona in generale della natura di tutte le acque, e in particolare di quella del fiume di Roma, Roma 1556, pp. 7-9; R. Colombo, De re anatomica, Venezia 1559, p. 265; C. Santi, Opusculum de magnorum luminarium coniunctionibus, oppositionibus et quadraturis authoritate medicorum principum…, Roma 1571, s.n.; Id., De optimo medico…, Roma 1574, s.n.; G.P. Maffei, De vita et moribus B. P. Ignatii Loiolae, qui societatem Jesu fundavit, III, Roma 1585, pp. 300-302, 348-349; M.A. Ciappi, Compendio delle heroiche et gloriose attioni, et santa vita di Papa Gregorio XIII, Roma 1596, pp. 62-63; M. Cagnati, De romani aeris salubritate commentarius, Roma 1599, pp. 10 s., 38 s., 50; A. Gallonio, Vita beati Philippi Neri, Roma 1600, pp. 42-43; J. Schenck von Grafenberg, Parateréseon, sive Observationum medicarum rararum, novarum admirabilium et monstrosarum volumen in tomis septem, Francoforte 1609, ff. 6v-7r; M. Cagnati, In aphor. Hippoc. XXII sectionis primae… nuper edita per Philandrium Colutium Veliternum, Medicinae in Romano gymnasio Professorem, Roma 1619, f. a4r; P. Castelli, De helleboro epistola, Roma 1622, p. 4; A. Vittori, Medicae Consultationes, Roma 1640, f. A2r-v, pp. 142-148, 299-381; G.F. Tomasini, Gymnasium Patavinum, IV, Udine 1654, p. 405; P. Mandosio, Theatron in quo maximorum christiani orbis pontificum archiatros…, I, Roma 1696, pp. 9-10; G. Carafa, De Gymnasio Romano et de eius professoribus ab urbe condita usque ad haec tempora libri duo, II, Roma 1751, p. 359; G. Marini, Degli archiatri pontifici…, I, Roma 1784, pp. 422-423, 454-455; J. Astruc, De morbis venereis, II, Parigi 1709, pp. 773-775; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli studi di Roma detta communemente La Sapienza, II, Roma 1804, pp. 195 s.; F. Tarquini, Notizie storiche e territoriali di Civita Castellana, Castelnuovo di Porto 1874, p. 89; Monumenta Historica Societatis Jesu, LXVI, Fontes Narrativi de S. Ignatio de Loyola et de Societatis Jesu initiis: narrationes scriptae ante annum 1557, a cura di D. Fernández Zapico - C. de Dalmases, Roma 1943, pp. 547 s., 608, 765-777; Il primo processo per San Filippo Neri nel codice Vaticano Latino 3798 e in altri esemplari dell’archivio dell’Oratorio di Roma, a cura di G. Incisa della Rocchetta - N. Vian, I, Città del Vaticano 1957, p. 151; G. Stabile, Cagnati, Marsilio, in Dizionario biografico degli Italiani, XVI, Roma 1973, pp. 301-303, in partic. p. 301; P. Hurtubise, Familiarité et fidelité à Rome au XVIe siècle: les familles des cardinaux Giovanni, Bernardo et Antonio M. Salviati, in Hommage à Roland Mousnier. Clièntèles et fidelités en Europe à l’epoque moderne, a cura di Y. Durand, Parigi 1981, p. 345; C. D’Onofrio, Le fontane di Roma, Roma 1986, pp. 38 s.; E. Conte, I maestri della Sapienza di Roma, I, Roma 1991, p. 68; G. Pomata, Praxis historialis. The uses of Historia in early modern medicine, in Historia. Empiricism and erudition in early modern Europe, a cura di G. Pomata - N. Siraisi, Cambridge (Mass.) 2005, pp. 105-146, in partic. p. 134; P.J. Carvalho da Silva, O tratamento das paixões da alma nos primórdios da medicina moderna: o De victum romanorum de Alessandro Petronio, in Revista latinoamericana de psicopatologia fundamental, São Paulo, 2006, vol. 9, 1, pp. 64-75; N. Siraisi, History, medicine, and the traditions of Renaissance learning, Ann Arbor 2007, pp. 168 s., 172 s., 178, 181 s., 189-191; E. Andretta, ‘Roma Medica’. Anatomie d’un système médical au XVIe siècle, Rome 2011, ad ind.; Ead., Medicina e comunità religiose nella Roma del secondo Cinquecento. Il caso dei Gesuiti e quello degli Oratoriani, in Médecine et religion. Compétitions, collaborations, conflits (XIIe-XXe siècles), a cura di L. Berlivet et al., Roma 2013, pp. 121-143, in partic. pp. 118-125; Ead., Medici a Roma. Gli itinerari urbani di A. P., Michele Mercati e Pietro Crispo, in Interpretare e curare. Medicina e salute nel Rinascimento, a cura di A. Carlino - A. Clericuzio - M. Conforti, Roma 2013, pp. 93-105; S. Cavallo - T. Storey, Healthy living in late Renaissance Italy, Oxford 2013, ad ind.; J. Touber, Law, medicine, and engineering in the cult of the saints in counter-reformation Rome: the hagiographical works of Antonio Gallonio, 1556-1605, Leida 2014, pp. 178-180.