VESSELLA, Alessandro
VESSELLA, Alessandro. – Nacque ad Alife, nel Sannio, il 31 marzo 1860, da Nicola (Alife, 7 ottobre 1832-3 giugno 1903) e da Teresina Cornelio (Alife, 13 giugno 1826-9 luglio 1890).
Fu avviato agli studi in Napoli presso il collegio dell’Immacolata Concezione (1872) e il collegio S. Tommaso d’Aquino (1875). Apprese i rudimenti della musica con Giovanni Furno, indi studiò pianoforte con Costantino Palumbo e composizione con Paolo Serrao nel conservatorio di Napoli. Selezionato per eseguire una sua composizione, non volle indossare la prescritta divisa dei convittori e abbandonò il conservatorio. Diciassettenne compose le prime opere religiose e profane, sonate per pianoforte, quartetti, e nel 1878-79 avviò un’attività concertistica su piazze di spicco come Napoli e Milano, presto bloccata dall’insorgere di una patologia alla mano destra. Ritornato a casa, decise di lasciare gli studi musicali per dedicarsi all’agricoltura (1880). Ma si trattò di una parentesi momentanea: a Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese) furono eseguite sue composizioni (27 marzo 1881), poi, sotto la sua direzione, un Dixit con brani sacri durante i vespri e la messa (20 e 21 maggio 1882). La vocazione artistica lo spinse nel marzo del 1885 a partire per Milano, accompagnato da due lettere di presentazione di Palumbo per Amilcare Ponchielli e Luigi Mancinelli. Avuta notizia del concorso per il posto di direttore della banda municipale di Roma, rimasto vacante alla morte di Francesco Pezzini (1836-1885), fu indotto a partecipare da Mancinelli e Ponchielli; questi gli affidò una lettera di raccomandazione autenticata dal direttore del conservatorio di Milano, Antonio Bazzini, da presentare alla commissione concorsuale.
Partecipò e vinse. Il 27 aprile 1885 fu nominato dal sindaco di Roma, Leopoldo Torlonia. La banda di Roma rispecchiava lo stato disorganico dei complessi dell’epoca, dediti a un genere di trascrizioni ormai superato e a produzioni di scarsa pretesa artistica. Il giovane direttore palesò subito intendimenti ben chiari, tali da suscitare qualche risentimento e gelosia in seno alla stessa commissione esaminatrice. Per due mesi lavorò sulle partiture, secondo un programma che mirava a modernizzare e riordinare le famiglie di strumenti; il 5 luglio in piazza Colonna presentò alla cittadinanza un programma ambizioso: Vessella (Campidoglio, marcia trionfale), Mozart (ouverture del Flauto magico), Meyerbeer (2a Marche aux flambeaux), Vessella (Casamicciola, ouverture), Wagner (marcia dal Tannhäuser), Mendelssohn (ouverture del Ruy Blas), Waldteufel (Grande vitesse, galop). Ma i fischi sovrastarono gli applausi: a fronte di questo «programma franco-tedesco-avvenirista da spiritare i cani», un giornalista pronosticò al giovane maestro che «i Romani, a poco a poco, lo lasceranno solo coi suoi suonatori a strombazzare al vento i logaritmi dell’algebra musicale» (cfr. Cametti, 1933, p. 43). Istituiti nel 1871, i concerti bandistici di piazza Colonna offrivano alle bande militari dirette da Nicoletti, Sangiorgi, Bonifazi, Rolland l’occasione di esibirsi il mercoledì e il sabato con programmi di marce, ballabili, mazurke, vecchie canzoni e pots-pourris di melodrammi. Quella musica allegra e variata piaceva, e nessuno aveva mai osato sostituirla.
Il 21 aprile 1886, per il Natale di Roma, Vessella presentò la nuova formazione di ottanta elementi in piazza S. Silvestro per l’inaugurazione del monumento a Pietro Metastasio. Per la venuta a Roma di Guglielmo II compose Urrà, versi di Domenico Gnoli, eseguito il 18 ottobre 1888 sotto le volte della basilica di Costantino, con 300 coristi e 374 suonatori provenienti da sei bande.
Vessella aveva un’idea esatta di come sviluppare il proprio programma di rinnovamento, dall’organico alla partitura: una radicale rivoluzione estetica. Ma il contrasto con il pubblico e la stampa, lungi dal diminuire, sfociò infine in vera e propria battaglia. Le cronache riferiscono che dai fischi si passò allo scontro fisico, con intervento della forza pubblica. Nei salotti, nei circoli, nei pubblici ritrovi il dibattito tra oppositori e sostenitori del giovane maestro s’infiammò anche attraverso commenti umoristici e caricaturali. Impassibile, Vessella continuò a dirigere offrendo pagine del Lohengrin e del Tannhäuser, inasprendosi tuttavia le ostilità. Chiese infine un parere all’amministrazione comunale, e il sindaco Alessandro Guiccioli, incoraggiandolo a perseverare nell’intento, dichiarò che Roma era orgogliosa di averlo alla testa della banda municipale. Rasserenato dal sostegno, il 5 gennaio 1889 chiese al sindaco di inviare la banda in alcune capitali estere. Intensa fu in quegli anni l’attività concertistica: la banda si esibiva settimanalmente a piazza Colonna e al Pincio. Alle prime esecuzioni della cosiddetta marcia funebre di Sigfrido dal Crepuscolo degli dei di Wagner, o dell’ouverture dei Maestri cantori, le proteste si rinnovarono. Ma il Municipio si schierò sempre con il maestro; talché, dopo tanti contenziosi e opposizioni, Vessella poté poi scrivere: «possiamo affermare che più rapida risultava la parabola ascensionale del progresso organico e artistico della massa bandistica, che non quella della penetrazione intellettuale e culturale nel pubblico» (Vessella, 1939, p. 213).
Dal matrimonio con Maria Villa, celebrato il 12 ottobre 1893 dal sindaco di Alvignano, nacquero i figli Anna, Fanny (poi autrice di una breve biografia del padre), e Nicola. Già iniziato in massoneria nella loggia Alcinoe risorta a Napoli, era frattanto stato affiliato come maestro nella loggia Universo di Roma (1890).
Una tappa importante nella carriera fu la tournée dell’estate del 1894 in Germania. Con sessanta esecutori e un repertorio di quarantuno autori (di cui solo quindici italiani), entusiasmò le platee di Berlino, Dresda, Monaco, Norimberga e altre città tedesche. Per quanto elevato fosse all’epoca il livello delle bande tedesche, il giudizio di pubblico e critica fu unanime. Wilhelm Tappert scrisse che «chi è capace di studiare, e non crede di non averne più bisogno, venga a questi concerti» (cit. in Giudizi della stampa tedesca sulla banda municipale di Roma. Viaggio artistico in Germania (18 giugno - 14 luglio 1894), Roma 1895, p. 37); mentre un altro giornale dichiarò che «la banda municipale di Roma ha riportato un successo senza esempio [...] un’orchestra composta come la romana, ed un affiatamento simile negli strumenti, non è mai esistito, per quanto sappiamo, in Germania. [...] L’effetto è grandioso. [...] così anche il Maestro Direttore è un artista perfetto [...] questi penetra nello spirito dell’autore, ne afferra in modo rapido e geniale le intenzioni, trascina seco nel suo volo d’aquila i suoi artisti» (cit. ibid., pp. 60 s.). Anni dopo, nel 1903, le trionfali accoglienze ottenute in Germania si ripeterono in Inghilterra, dove la banda, con settantacinque esecutori, tenne un concerto per Edoardo VII nel castello di Windsor: nell’occasione Vessella fu insignito del titolo di member of the Royal Victorian Order, mai prima conferito a un musicista straniero.
Il 28 ottobre 1896, con un complesso bandistico di 250 elementi, sul palco eretto nella terrazza delle scuderie reali del Quirinale si conclusero i festeggiamenti per le nozze di Vittorio Emanuele III con Elena di Montenegro. Vessella fu coinvolto in altre altissime cerimonie civili, dai funerali di Umberto I (9 agosto 1900), con l’esecuzione di una sua marcia funebre intitolata al sovrano, al trigesimo per la morte di Giuseppe Verdi al teatro Argentina, con la sinfonia della Battaglia di Legnano (27 febbraio 1901).
Vessella diede un cospicuo contributo allo sviluppo dell’educazione musicale, istituendo scuole e complessi bandistici in varie città. Nel febbraio del 1896 il liceo musicale di Roma aprì una Scuola speciale di istrumentazione per banda, affidata alla sua direzione, l’unica in Italia all’epoca. Nel 1906 partecipò al Congresso musicale didattico per il centenario del conservatorio di Milano (1906). Negli anni, diede impulso a convegni e concorsi bandistici regionali e nazionali.
A lui si rivolse il presidente dell’Accademia di S. Cecilia, conte Enrico di San Martino, per istituire «concerti sinfonici orchestrali» nella capitale. Gli venne affidata la direzione dell’orchestra municipale, che si esibì al teatro Argentina, all’Adriano, al Costanzi, per approdare infine all’Augusteo. La banda fu sciolta, e una parte dei musicisti confluì nella neonata orchestra cittadina, della quale egli diresse cinquantadue concerti nell’arco di due anni. A detta del sindaco Enrico Cruciani Alibrandi, il primo concerto (23 novembre 1905, con musiche di Verdi, Čajkovskij, Paisiello, Boccherini, Sacchini e Wagner, presente in programma ben quaranta volte) fu con «concorde entusiasmo accolto dal pubblico», quel pubblico che una volta fischiava Wagner a piazza Colonna (A. Vessella, I concerti popolari dell’Orchestra municipale di Roma, Roma 1907, p. 61). Mantenne l’incarico fino al maggio del 1907, e già l’anno prima aveva ripreso l’attività con la banda municipale appena ricostituita, eseguendo concerti per l’Esposizione internazionale a Milano, a Palazzo Vecchio a Firenze, sul Campidoglio per la visita di Giorgio I di Grecia. Per il XXV della sua nomina a direttore, fu dato un concerto a piazza di Siena: l’evento, cui concorsero altre quattro bande militari, per un totale di circa quattrocento bandisti, suggellò l’ascesa del maestro (cfr. Il concerto a Piazza di Siena diretto dal maestro Alessandro Vessella, 24 giugno 1910, Lanciano 1911). A detta del critico Alberto Gasco, «la scienza della “strumentazione per banda”, auspice il Vessella, giungeva ad un culmine non mai raggiunto presso alcuna altra nazione»; e ciò «ha permesso di recare a conoscenza del gran pubblico non poche fra le più belle creazioni sinfoniche di Ludovico von Beethoven e di Riccardo Wagner e persino alcune composizioni pianistiche come la Polacca in la bemolle di Chopin e la Fileuse di Mendelssohn che il Vessella ha deliziosamente trascritto [...] E quando si pensi che oggi, grazie alla sua opera educatrice, una folla attenta e commossa applaudisce con calore di fede entusiastica la Passacaglia di Sebastiano Bach, vien voglia di gridare al miracolo» (ibid., pp. 87 s.).
Durante la guerra mondiale indisse concerti corali e strumentali a scopo benefico, con programmi di musica sacra a conforto dei feriti accolti al Quirinale. Nel luglio 1918 venne chiamato a dirigere la banda della Regia Marina italiana, ne ristrutturò l’organico, preparò un vasto repertorio, partendo poi per una tournée in Francia. Con il grado di capitano di marina si esibì a Lione e Versailles congiuntamente con le principali bande degli alleati. Tre anni più tardi (4-7 agosto 1921), alla testa della banda municipale trionfò in Spagna.
Il 1° giugno 1919, in occasione delle competizioni ginniche promosse dalla Casa reale allo stadio nazionale, diresse la ‘prima’ dell’Inno a Roma di Giacomo Puccini, da lui strumentato, con quattromila esecutori tra cantanti, strumentisti, studenti e militari. Alla chiusura del Concorso nazionale del 1922 all’Altare della patria fu alla guida di sedici bande. Già il 4 novembre dell’anno prima aveva diretto i tamburi all’Altare della patria per le onoranze al Milite ignoto in una sua ‘batteria funebre’.
Alla fine del 1921 chiese il pensionamento, ma non cessò l’attività. L’amministrazione lo incaricò di fornire trascrizioni per la banda per altri cinque anni, fino a un massimo di dodici all’anno. Nel 1922 prese parte al Congresso internazionale di musica (4-11 aprile) e aI Convegno bandistico nazionale indetto dall’Associazione della stampa periodica italiana (15-17 ottobre); a Malta riorganizzò la banda della Società filarmonica della Valletta (16 maggio-20 giugno), e tra settembre e novembre diede i consueti concerti a piazza Colonna: ma in quel periodo vi furono proteste per il frastuono delle trombette delle automobili, sicché di lì a poco le esecuzioni vennero interrotte. Pochi mesi dopo l’insediamento di Benito Mussolini sorse una banda fascista: in una foto, Vessella è ritratto con i musicanti in camicia nera durante le prove al teatro Costanzi (Il Messaggero, 31 gennaio 1923).
Allo scadere dei quarant’anni di attività si esibì a piazza Colonna (22 aprile e 9 luglio 1925), poi all’Augusteo (4 luglio) con un concerto radiotrasmesso. In queste occasioni presentò una trascrizione del poema sinfonico Morte e trasfigurazione di Richard Strauss. Soppressa la banda municipale (16 novembre 1926), venne eletto maestro emerito del corpo di musica del Governatorato, proseguendo il lavoro su nuove trascrizioni.
Morì il 6 gennaio 1929. Il 29 dicembre era stato colto da un malore improvviso.
Gli furono tributate grandi onoranze, e le istituzioni cittadine lo celebrarono a ogni anniversario. L’Accademia di S. Cecilia costituì la Fondazione Vessella, che promosse una borsa di studio e un concorso (dal 1930 al 1949). Il Municipio fece erigere un busto al Pincio (1940), intitolò una strada a suo nome (1941), allestì due mostre a Palazzo Braschi (1953 e 1969). Ad Alife fu ricordato con una lapide sulla casa natale, un busto nella villa comunale, e l’intitolazione di una strada.
In prospettiva storico-musicale, didattica, estetica, organizzativa, Vessella più di chiunque altri ha influenzato lo sviluppo bandistico italiano, secondo un moderno modello teorico-pratico, maturato in parte dal confronto con la realtà europea. Puntò in particolare sull’elaborazione di una partitura organica uniforme. Fin dal primo congresso musicale italiano postunitario (Napoli 1864) s’invocava rimedio alle difformità di organici, diapason, condizioni economiche e strumentali che affliggevano le bande italiane: ma una prima riforma delle bande militari italiane si ebbe solo nel 1884. Dieci anni più tardi Vessella pubblicò il suo primo progetto di riforma, che prevedeva vari provvedimenti a livello organizzativo e didattico, delineava una struttura bandistica standard, unificava repertorio, metodi e partitura (Di un più razionale ordinamento delle musiche militari italiane, Roma 1894; e Ancora di un più razionale..., Roma 1894, 2a ed. ampliata). Preconizzò anzi l’unificazione internazionale della partitura bandistica: non si trattava certo di mantenere lo stesso organico a livello cittadino e nazionale, bensì di affermare criteri di strumentazione validi per un organico di trenta, sessanta o più elementi. Nel 1901 una commissione presieduta dal ministro della Guerra formulò una nuova riforma delle bande militari, mettendo a frutto le indicazioni di Vessella: netta distinzione tra ance, ottoni chiari e ottoni scuri, e definitiva adozione dei sassofoni, da lui stesso sempre propugnata. Nel 1903 elaborò un’ampia sintesi Sulla evoluzione storica della partitura di banda (in Atti del Congresso internazionale di scienze storiche, VIII, Roma 1905, pp. 43-50); non nascose il disappunto per la produzione nazionale della seconda metà del secolo e, a riforma delle bande militari avviata, tornò a perorare un indirizzo omogeneo per tutti i complessi italiani. Riconoscendo il buon fondamento delle sue proposte, la sezione di storia dell’arte musicale e drammatica del congresso (1-9 aprile 1903) dichiarò indifferibile il raggiungimento di una partitura unificata valida per tutte le nazioni d’Europa.
La visione lungimirante di Vessella contemplava una trasformazione anche didattica e strumentale. Nella prefazione all’Insegnamento pratico degli strumenti di ottone (Roma 1894), indirizzata al ministro della Pubblica Istruzione, stigmatizzava la decadenza della didattica degli ottoni nelle scuole governative e la conseguente deteriorazione della tecnica e del gusto. Deprecava il mero sviluppo della «virtuosità meccanica», che frenava la formazione di «suonatori di bel canto» (p. 2). Impegnato nel rinnovare sostanza e fisionomia al repertorio bandistico, intraprese l’altra riforma necessaria, quella dell’organico strumentale. L’effetto fonico dell’esecuzione doveva assicurare equilibrio e omogeneità, confacendosi più strettamente al modello orchestrale. Al suo concetto della partitura dedicò gli Studi d’istrumentazione per banda (Milano 1897-1901 e 1931; ed. completa 1932), che rimane tuttora un testo di riferimento.
Per oltre trent’anni Vessella raccolse partiture, libri, notizie e documenti, in una collezione per certi aspetti monumentale, che dopo la morte fu collocata nell’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte in Palazzo Venezia. Affrontò con dedizione, come un imperativo intellettuale, il progetto di una ricerca circa le origini della banda in Italia, fenomeno essenzialmente ‘popolare’ nel costume della nazione. Impiantò un’indagine e ricerca dei dati storici che, salvo qualche pubblicazione d’interesse locale, allora mancava: e per conseguire l’obiettivo chiamò a raccolta gli studiosi della materia. L’Enciclopedia Italiana gli affidò la stesura della voce Banda (apparsa nel volume VI, 1930, pp. 70-72): la ricostruzione del percorso evolutivo anticipa i passaggi storiografici fondamentali sviluppati nella monografia La banda dalle origini fino ai nostri giorni, uscita postuma (Milano 1935, con prefazione di Pietro Mascagni; nuova ed. Bologna 2016, a cura di I. Conforzi). A quasi un secolo dalla pubblicazione, essa permane come imprescindibile punto di riferimento storico-critico.
Fonti e Bibl.: Una dozzina di composizioni giovanili (1877-1884), censite in D. Marrocco, Pergamene e manoscritti del museo alifano, in Quaderni di cultura del Museo Alifano, V (1963), p. 20, sono oggi distribuite tra Piedimonte Matese, Biblioteca dell’Associazione storica del Medio Volturno, e la Biblioteca comunale di Alife. Il fondo Vessella dell’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte, contenente composizioni, trascrizioni e arrangiamenti di pugno del maestro, è censito in C. Meluzzi, Catalogo dei manoscritti musicali di A. V., Roma 2011. Il carteggio Vessella è depositato nell’Archivio storico Capitolino, Fondo Vessella, inventario a cura di G. Ludovisi. Il Museo di Roma in Trastevere conserva oggetti, quadri e suppellettili appartenuti a Vessella. A. Cametti, A. V., in Bollettino del R. Istituto di archeologia e storia dell’arte, VI (1933), 1-3, pp. 39-47; F. Vessella, A. V.: la vita e le opere, Roma 1939; I. Conforzi, La banda. Rileggere criticamente la lezione di A. V., in Musicanti! Le bande marciano in archivio, a cura di E. Spinelli, Varzi 2018, pp. 85-97; Id., prefazione alla riedizione di A. Vessella, La banda..., cit.