CORNER, Alessio
Figlio di Andrea, feudatario di Candia e signore di Scarpanto (Kárpathos), e della prima moglie di questo, di cui si ignora il nome, morta intorno al 1311. Ebbe due fratelli di nome Marco e Giovanni: quest'ultimo visse fino al 1355. Non si conosce l'anno di nascita del C. né alcun dato biografico anteriore al 1342. In quell'anno si recò a Venezia come ambasciatore dei feudatari di Candia e, per combattere l'insurrezione indigena, ottenne di poter arruolare cinquecento balestrieri e di far portare nell'isola un certo numero di cavalli, utilizzando i duemila iperperi messigli a disposizione dalle autorità candiote, come risulta da una deliberazione del Senato del 27 ag. 1342 - che concede quanto richiesto dal C. a nome dei feudatari di Candia - e da un contratto del 28 agosto per la fornitura di cavalli riportato nei Libri commemoriali della Repubblica. Negli stessi Libri si ha inoltre un altro documento (in veneziano; forse del 29 ag. 1342) contenente le condizioni alle quali il C. accordò il trasporto di cavalli nell'isola. Queste testimonianze sono già di per sé sufficienti per mostrare l'importanza del C., sia nei confronti della madrepatria sia della colonia. È noto d'altronde il ruolo non marginale svolto dalla sua famiglia nella politica coloniale di Venezia.
A Creta i Corner possedevano attorno a Castel Temene (Kanli-Kastelli) e a Castro Nuovo terre assai fertili che assicuravano una consistente produzione di vino e di grano. Il padre del C., capostipite della "Casa Mazor" di Candia, si era inoltre assicurato nel 1306 la signoria di Scarpanto e qualche anno più tardi, in seguito alle nuove nozze con Maria figlia di Gaetano Dalle Carceri e vedova di Alberto Pallavicini, di Bodonitza nel ducato di Atene e di un sesto di Negroponte. La signoria di Kárpathos fu mantenuta dai Corner fino alla conquista turca dell'isola salvo una breve interruzione fra 1313 e 1315, quando se ne impossessò l'Ordine degli ospedalieri di Rodi.
In diverse occasioni il C. difese gli interessi dei "feudati" di Candia di fronte alla madrepatria, negli anni cruciali del progressivo contrasto fra Venezia e quegli stessi feudatari, su cui gravava considerevolmente l'appoggio dato dalla Repubblica nella lotta contro i Turchi, particolarmente nel 1334 e durante la crociata di Smirne del 1344-46.
Il contrasto si acuì con la guerra veneto-genovese (1350-55) fino a culminare nella ribellione del 1363, che fu repressa sanguinosamente due anni più tardi. Oltre a recare un considerevole carico finanziario per contribuire alle spese, la politica veneziana in Levante danneggiava indirettamente i Veneto-candioti cui veniva precluso il commercio con gli emirati turchi e che, inoltre, si trovavano esposti alla pirateria musulmana e al pericolo di invasione. Si arrestò tra l'altro l'importazione di cavalli, che erano necessari alle guarnigioni dei castelli e che per lo più venivano acquistati nelle terre dell'emiro di Teologo (l'antica Efeso).
Nel 1344 il C. andò di nuovo in ambasceria a Venezia e anche in questa circostanza ottenne importanti concessioni peri "feudati" cretesi, cui si accordò la facoltà di dilazionare in sette anni il pagamento dei debiti contratti con lo Stato a una rateazione regolare e a un tasso di interesse dell'8%. Ottenne, inoltre, una riduzione delle spese militari a carico della feudalità isolana e - cosa che rispondeva pienamente ai desideri dei feudatari - l'ordine per il duca di Candia e i suoi consiglieri di non attingereai depositi della "Camera Comunis Cretae" se non in caso di necessità manifesta.
Il 26 sett. 1345 il C. fu designato dal Gran Consiglio di Candia per una nuova ambasceria a Venezia: avrebbe dovuto lamentare il peso eccessivo delle gravezze imposte dalla madrepatria e, in particolare, avrebbe dovuto chiedere un aumento del prezzo del grano che, come il sale, era monopolio di Stato. Questa volta il C. rifiutò l'incarico con argomentazioni ritenute valide e, al suo posto, fu scelto Marino Morosini. Quattro anni piùtardi fu designato dai feudatari per andare assieme a Pietro Querini ancora una volta in missione a Venezia; il Gran Consiglio di Candia ratificò la scelta in data 4 febbr. 1349. I due ambasciatori avrebbero dovuto presentare una serie di osservazioni e lamentele, protestando soprattutto per le frodi compiute nell'acquisto del grano. Dovevano chiedere inoltre misure energiche contro i villani (pareci) e la piena libertà di punirli poiché, a giudizio dei feudatari, erano indisciplinati e si sottraevano ai lavori dei campi approfittando del numero esiguo cui si erano ridotti per i vuoti causati dalla peste.
Il 7 ott. 1355, in concomitanza con l'arrivo del nuovo duca, il C. fu inviato, insieme con Giacomo Mudazzo, a Venezia, per ribadire la fedeltà di Candia alla madrepatria e per chiedere, tra l'altro, la grazia per due nobili veneto-cretesi, Tito Venier e Francesco Gradenigo, contro i quali era stato istruito un processo per ribellione. I due erano stati accusati, infatti, di aver ordito un complotto allo scopo di sottrarre l'isola al dominio veneziano e guadagnarle l'autonomia. Il C. ed il suo collega riuscirono ad ottenere che, dopo un'inchiesta condotta a Creta, il Venier ed il Gradenigo fossero assolti insieme con i loro seguaci.
Di nuovo a Candia nel febbraio 1356, il C. ottenne il permesso di esportare dall'isola, per i bisogni degli abitanti di Kárpathos, 5.000 staia di grano prodotto dalle sue terre. Lo ritroviamo il 18 sett. 1358 in una commissione di cinque savi, che si pronunciò per la ratifica della pace concordata dal duca Giovanni Sanuto con l'emiro di Teologo-Palatia e, il 4 dic. 1359, fra i membri designati per l'anno seguente nel Gran Consiglio di Candia. Un documento del 23 ott. 1360 lo ricorda infine nel Collegio dei sei savi "de clero riformando", che stabilì nuove norme per il reclutamento del clero locale. Non si hanno, dopo di questa, altre notizie sul C., che si mantenne sicuramente fedele a Venezia durante la ribellione dei feudatari scoppiata nel 1363. Morì, secondo l'Hopf, nel 1368.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 926 (= 8595): M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, f. 22r; Ibid., Mss. It., cl. VII, 124 (= 7421): G. A. Muazzo, Cronica delle famiglie nobili venete che abitarono in regno di Candia, f. 40r; I libri commemor. della Rep. di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1878, l. IV, nn. 14-15; F. Thiriet, Régestes des déliberations du Sénat de Venise concernant la Romanie, I, Paris-La Haye 1958, nn. 147, 172, 286; Id., Délibérations des Assemblées vénitiennes concernant la Romanie, I, Paris 1966, nn. 516, 560, 619, 644, 660, 668; C. Hopf, Chroniques gréco-romanes inédites ou peu connues avec notes et tables généalogiques, Berlin 1873, p. 489; F. Thiriet, Sui dissidi sorti tra il Comune di Venezia e i suoi feudatari di Creta nel Trecento, in Arch. stor. ital., CXIV(1956), p. 709; Id., La Romanie vénitienne au Moyen Age, Paris 1959, pp. 275 s., 296.