GIMIGNANI, Alessio
Non si conosce con esattezza il luogo di nascita di questo pittore, figlio di Pietro (Piero), che dovette avvenire nel territorio pistoiese intorno al 1567, come si ricava dalle notizie relative alla morte.
Nel 1595 il G. sposò Dianora Tognelli, che gli diede otto figli, tra i quali Giacinto (Cappellini, 1992, p. 252, doc. 2). È probabile che la sua famiglia risiedesse in una località vicino a Pistoia, in quanto, da un documento delle Provvisioni del Comune datato 1602, il pittore non risulta essere ancora in possesso della cittadinanza, benché abitasse già da tempo entro le mura della città (ibid., doc. 4). Questo problema appare essere comunque risolto nel 1625, anno in cui gli fu conferita l'abilitazione agli uffici della città di Pistoia, atto che testimonia l'importanza del pittore nella società locale. Il G. doveva, inoltre, far parte dell'Accademia pistoiese del disegno, istituzione fondata prima del 1631.
La prima opera nota del G. è un grande affresco eseguito nel 1598 nel refettorio del monastero domenicano di S. Clemente a Prato raffigurante le Nozze di Cana tra s. Giovanni Evangelista e Maria Maddalena, tema iconografico di origine medioevale.
Nella composizione di questa grande lunetta si evidenziano alcune suggestioni tratte dalla pittura veneta, che il pittore rielaborò in chiave fiorentina avvicinandosi alle opere di Santi di Tito. Già in questa prima opera si affermano alcuni caratteri stilistici del G., quali per esempio la fisionomia dei volti, che divennero la "sigla" distintiva dell'artista.
Nel primo decennio del XVII secolo il G. ricevette a Pistoia le prime commissioni pubbliche di rilievo. Tra il 1604 e il 1611 fu chiamato a dipingere nella basilica della Madonna dell'Umiltà, centro della devozione mariana e luogo privilegiato dalle famiglie emergenti della città. I Panciatichi gli affidarono la decorazione ad affresco della loro cappella, dove il pittore raffigurò, nelle ricche cornici in stucco dorato, alcuni santi nella loro veste celebrativa e devozionale, che, seppure in gran parte ridipinti nell'Ottocento, rivelano nella tipologia delle teste la matrice gimignanesca.
Allo stesso periodo risalgono probabilmente alcune lunette del chiostro del convento di S. Francesco, dipinte, secondo le fonti storiche, oltre che dal G., da Sebastiano Vini e da Francesco Leoncini. Di questo ciclo pittorico, in gran parte perduto, rimangono oggi solo tre affreschi con Episodi della vita di s. Francesco e di s. Antonio; nonostante il pessimo stato di conservazione, in alcune figure è possibile riconoscere la mano del Gimignani.
Nel 1614 il G. iniziò il suo rapporto con i padri serviti del convento della Ss. Annunziata di Pistoia con la commissione di un quadro raffigurante S. Carlo Borromeo, per l'altare della famiglia Bracali, attualmente collocato nel coro della stessa chiesa. Pochi anni dopo, nel 1617, dipinse la pala con la Natività per la cappella dei Da Gagliano nella chiesa dell'Annunziata di Firenze, poi sostituita nel 1623 con una tela di Francesco Curradi, di cui si è persa ogni traccia.
Nel 1623 il G. firmò la pala d'altare con l'Annunciazione per la chiesa di S. Maria a Gello, località nei pressi di Pistoia, dove rispetto alle opere precedenti si evidenzia uno stile più maturo e una maggiore qualità pittorica, affinata sullo studio della pittura fiorentina e pistoiese del primo Cinquecento e sugli artisti fiorentini operanti nella prima metà del Seicento, quali Francesco Curradi e Matteo Rosselli. Nelle opere realizzate tra gli anni Venti e gli anni Trenta, quali per es. il S. Michele e santi nella chiesa di S. Bartolomeo a Cutigliano, il S. Carlo Borromeo nella chiesa di S. Pietro in Vincio, la Vergine con il Bambino e santi nella chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo alla Castellina e il Padreterno e santi ora nel seminario vescovile di Pistoia, il G. rivela una maggiore sensibilità nella resa cromatica della superficie pittorica che si traduce nell'arricchimento materico delle vesti e nella morbida luminosità degli incarnati.
Intorno al 1630, i serviti pistoiesi gli commissionarono la decorazione ad affresco di alcune lunette del chiostro del loro convento. Questo ciclo pittorico, raffigurante le Storie dei sette santi fondatorie del beato Buonaventura Buonaccorsi, era stato già in parte eseguito nel 1602 da Bernardino Poccetti e poi proseguito, tra il 1633 e il 1654, oltre che dal G., dal pistoiese Francesco Leoncini e dai fiorentini Cecco Bravo e Giovanni Martinelli. In questi affreschi il G. si allinea con la pittura di illustrazione agiografica tratta dalle soluzioni narrative del Poccetti e impreziosita dalle influenze decorative e cromatiche di Matteo Rosselli. Coevi agli affreschi dell'Annunziata sono sei piccoli quadri con Storie della vita di s. Filippo Benizzi commissionati al pittore ancora dai serviti e oggi conservati nel Museo diocesano di Pistoia. I dipinti sono caratterizzati da ampi scorci di paesaggio che sottolineano l'interesse del G. per questo tipo di soggetti, dove gli aspetti compositivi e luministici evidenziano ancora una volta il suo rapporto con gli artisti fiorentini, quali per esempio Giovan Battista Vanni, che tra 1630 e 1635 produsse interessanti opere paesaggistiche.
Nel 1632 il G. iniziò il suo rapporto con i minori osservanti del convento di Giaccherino, situato sul colle Lucense, nei pressi di Pistoia. Come documentano le fonti archivistiche, i francescani gli commissionarono tre grandi quadri raffiguranti la Resurrezione di Cristo, la Venuta dello Spirito Santo e l'Ultima Cena, solo l'ultimo dei quali è ancora esistente e visibile in una sala del palazzo comunale di Pistoia.
Sono opera del G. alcuni disegni, in gran parte relativi alle lunette della Ss. Annunziata e di Giaccherino, divisi tra la collezione Cossío di Tudanca (Spagna), la Pierpont Morgan Library di New York e la Biblioteca reale di Torino (Fischer Pace, 1991, pp. 245-257). Caratterizzati da un tratto sottile e veloce arricchito, talvolta, dall'impiego dell'acquerello, testimoniano un aspetto inedito della produzione del G., che in questi fogli mostra di allinearsi alla lezione di J. Callot.
Nel 1635 a Pistoia il G. dipinse, su incarico dei canonici della cattedrale di S. Zeno, l'immagine della Madonna dell'Umiltà in un tabernacolo sul fianco dell'edificio e nel 1636, sempre a Pistoia, firmò il Martirio di s. Bartolomeo, eseguito per la chiesa omonima. Quest'opera, come l'Ultima Cena di Giaccherino, risponde a un preciso ideale di austerità formale che si allontana dalle composizioni più briose e decorate delle lunette dell'Annunziata.
Tra il 1641 e il 1643, il G., insieme con Francesco Leoncini, affrescò il chiostro grande del convento di Giaccherino, con le Storie della vita di s. Francesco.
La decorazione fu commissionata da padre Evangelista Traversari da Momigno, uno dei religiosi più illustri del convento. Nelle lunette realizzate dal G., facilmente riconoscibili da quelle eseguite dal Leoncini e dagli aiuti di bottega, si afferma il suo stile sobrio e severo, tipico della sua produzione più tarda, in cui tuttavia non manca la presenza di elementi più vivaci, come alcuni scorci di paesaggio e i ritratti dei nobili signori finanziatori degli affreschi.
Al 1643 risale anche una piccola tela del Museo civico di Pistoia raffigurante l'Assedio di Pistoia del 1643, tradizionalmente attribuita a Francesco Leoncini, ma da restituire senza dubbio al G., che dovette dipingerla poco prima di trasferirsi a Roma, dove morì il 19 ott. 1651 all'età di 84 anni (Fischer, 1973, p. 80).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pistoia, Priorista Franchi, lettera G, n. 12, c. 17v; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1809), a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 181; S. Ticozzi, Diz. dei pittori dal rinnovamento delle belle arti fino al 1800, Milano 1818, p. 238; F. Tolomei, Guida di Pistoia per gli amanti delle belle arti con notizie degli architetti, scultori e pittori pistoiesi, Pistoia 1818, p. 170; F. De Boni, Bibliografia degli artisti, Venezia 1840, p. 424; G. Tigri, Pistoia e il suo territorio. Pescia e i suoi dintorni, Pistoia 1853, p. 85; V. Capponi, Biografia pistoiese…, Pistoia 1878, p. 227; L. Bargiacchi, Storia degli istituti di beneficenza, II, Firenze 1884, p. 218; G. Bonacchi Gazzarrini, La pittura a Pistoia dal XVI al XIX secolo, Pistoia 1970, p. 22; U.V. Fischer, Giacinto Gimignani (1606-1681). Eine Studie zur römischen Malerei des Seicento, tesi di dottorato, Università di Friburgo, 1973, pp. 3 s., 80 s.; L. Lenzi, Sull'indagine e restauro del dipinto nel refettorio dell'ex convento domenicano di S. Clemente, in Prato e la Guida Monaco. Cento anni di storia, Prato 1978, pp. 203-211; U.V. Fischer Pace, Apertura su A. G., in Nuove ricerche in margine alla mostra Da Leonardo a Rembrandt. Disegni della Bibl. reale di Torino.Atti del Convegno int. di studi, Torino… 1990, a cura di G.C. Sciolla, Torino 1991, pp. 245-257; P. Cappellini, in Chiostri seicenteschi a Pistoia, a cura di F. Falletti, Pistoia 1992, pp. 123-169, 179-184, 252-254; F. Falletti, ibid., pp. 185-211; C. Monbeig Goguel, ibid., pp. 213-219; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 57; Diz. enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, V, p. 313.