ALEUTI
. Nome dato dai primi visitatori russi alla popolazione delle isole (Aleutine) che si stendono a ghirlanda dalla penisola dell'Alasca, derivato forse da una parola Ciukci (aliut "isole"): il nome nazionale è Ŭnungun. Il linguaggio (v. sotto) viene incluso (Powell) nella famiglia eschimese, benché ne differisca in modo notevole; anche i caratteri fisici accostano gli Aleuti più al tipo mongolico asiatico che non all'eschimese. Oltre alle isole, occupano la porzione settentrionale della penisola adiacente. Si ritiene che, prima dell'arrivo dei Russi, il loro numero raggiungesse i 25.000 individui: nel 1834 eran ridotti a 2250 e presentemente a 1700 circa, dei quali oltre 700 mezzi-sangue. Sotto l'influenza dei Russi sono divenuti cristiani-ortodossi e molto miti e pacifici. Il Dall, nell'esplorazione di molti cumuli di rifiuti (kökkenmöddinger), trovò le tracce di una antica cultura assai primitiva, di gente che si nutriva specialmente di molluschi marini; su di questa venne poi a trapiantarsi la cultura eschimese, che gli Aleuti avevano assorbita completamente, tanto da adottare, in un paese forestale, le forme di una esistenza materiale sorta nella tundra. L'occupazione fondamentale è ancora la grossa caccia agli animali marini, che vengono inseguiti nel kayak a uno o due posti e colpiti con l'arpone spinto dal propulsore, con la lancia e con l'arco a freccia arponata. La casa è di legno, a struttura quadrangolare, ricoperta di terra nell'inverno. Particolari agli Aleuti erano le grandi case collettive, per molte famiglie, e il costume di mummificare i cadaveri, che venivano imballati in posizione rannicchiata, con maschere di legno sul viso, e deposti in caverne. Qualche contatto culturale essi mostravano anche con gli Indiani del NO. (panieri a rotoli concentrici, tipi di decorazione). Interessanti sono le cerimonie per la pubertà, le danze (con uso di maschere) e le pantomime di carattere religioso.
Bibl.: Handbook of American Indians, Washington 1907; W. H. Dall, Tribes of the Extreme Northwest, I, Washington 1877; R. Biasutti, Contributi all'antropologia ecc. delle popolazioni del Pacifico settentrionale, in Arch. per l'Antropol., XL (1910); A. F. Chamberlain, in Hastings, Encycl. of Religion and Ethics, I, p. 303 segg.
Lingua. - Già più di un secolo fa il grande glottologo danese Rasmus Rask (1820) aveva riconosciuto la parentela dell'aleuto con l'eschimo, parentela confermata poi da H. Rink, V. Henry, W. Jochelson, W. Thalbitzer (1922). Si possono distinguere varî dialetti, occidentali e orientali.
Come nell'eschimo, si distinguono tre numeri, singolare, duale e plurale; es. agituda-q "fratello", duale agituda-ki-q, plur. agituda-n. La declinazione è semplice: ada-q "padre", gen. ada-m, dat. adama-n, abl. ada-ga-n; duale ada-ki-q, dat. ada-ki-n; plur. ada-n, dat. ada-ni-n. La collocazione delle parole è inversa (p. es. "di Dio parola"), però si dice ada-ñ padre mio, ada-n padre tuo. Il verbo è ricchissimo di forme. Ecco alcuni esempi di genera verbi: sjuqada "cessare di prendere", sju-qali "cominciare a prendere", sju-tu "desiderare di prendere", sju-masju "essere in grado di prendere", sju-χta "tenere" (propriamente "aver preso"), ecc. Il sistema di numerazione è quinario: 6 = 1 + 5, 7 = 2 + 5, ecc.