KOMULOVIĆ (Comulo, Comuli, Comuleo), Alexandar (Lisander)
Nacque a Spalato nel 1548 dalla famiglia patrizia dei Petrak, nel ramo che portava il soprannome di Komulović. Mancano notizie sulla giovinezza e la formazione; sono noti i nomi di tre fratelli, Nicolò, Giovanni, Comulo, tutti premortigli.
Ordinato prete in una data imprecisabile, nel 1572 divenne membro del capitolo canonicale della cattedrale di Spalato. Poco dopo si trasferì a Roma, dove nel 1576 fu accolto nella Confraternita di S. Girolamo presso l'ospizio degli Illirici; è probabile, alla luce degli scritti pubblicati in seguito, che abbia completato la sua formazione presso il Collegio romano. Nel 1580 era al servizio del cardinale Giulio A. Santori, responsabile dal 1573 per gli affari con le Chiese orientali e protettore dell'Illirico. Nel 1582 possedeva un canonicato a Zara. L'esperienza maturata al servizio di Santori fece sì che al principio del 1584 il K. fosse nominato da Gregorio XIII visitatore apostolico delle Chiese latine nella penisola balcanica, insieme con il gesuita T. Raggio (Raggi), già visitatore dei maroniti in Libano, con l'incarico di attuare i decreti del concilio di Trento.
Il K. visitò Dalmazia, Albania, Serbia, Croazia, Montenegro, Bosnia, Erzegovina, Macedonia, Bulgaria, adoperandosi ovunque instancabilmente per riorganizzare il clero, amministrare sacramenti, distribuire libri devozionali e liturgici, correggere deviazioni dottrinali. In Albania, ancora quasi interamente cattolica, i due visitatori tennero un sinodo; nelle altre regioni, aderenti alla Chiesa ortodossa, si sforzarono di riorganizzare le comunità cattoliche.
In una relazione scritta da Sofia il 30 nov. 1584 il K. descrive le difficili condizioni dei cristiani di rito latino nei paesi sottoposti al dominio musulmano, suggerendo le possibili misure da adottare (Acta Bosnae…, pp. 339 s.). In un'altra relazione, databile pure alla fine del 1584, esorta a muovere senz'altro guerra al Turco, fornendo stime piuttosto generose sulle dimensioni delle varie comunità e sulla loro disponibilità a prendere le armi contro l'oppressore (L. Komulovića izvjeśtaj…, pp. 6 s.). Strategica è per il K. l'alleanza con lo zar, in modo da prendere il nemico tra due fuochi e spianare la via non solo alla liberazione dei Balcani, ma alla riconquista della stessa Costantinopoli. In un'ulteriore lettera da Sofia, in data 4 dic. 1584, destinatario un "monsignor Graziano" (Acta Bosnae…, p. 338), il K. descrive una situazione militare favorevole: dato che il Turco aveva subito pesanti perdite nella guerra contro i Persiani e la peste imperversava a Costantinopoli, i Balcani erano quasi sguarniti di truppe.
All'inizio del 1585 il K. e Raggio partirono per Costantinopoli; lì ricevettero da Roma l'ordine di tornare in Bulgaria per visitare la setta dei paolini. Appena defunto Gregorio XIII, il 10 apr. 1585, Raggio fu richiamato a Roma e il K. proseguì da solo la sua missione in Valacchia e in Moldavia.
Rientrò a Roma all'inizio del 1587 e in aprile fu nuovamente accolto nella Confraternita di S. Girolamo e tra i collaboratori del cardinale Santori. La Confraternita e il K. beneficiarono entrambi del favore del nuovo papa, Sisto V, il cui titolo cardinalizio era stato quello di S. Girolamo degli Illiri e che aveva sempre nutrito una speciale devozione per il santo dalmata: la chiesa di S. Girolamo fu ricostruita dalle fondamenta; nel 1589 si insediò un capitolo di canonici (esclusivamente di origine illirica) di cui il K. fu eletto presidente e che fu posto sotto il patronato del nipote del papa, Michele Peretti. Il K. divenne inoltre abate della piccola abbazia di Nona (Nin), presso Zara, carica che tenne fino all'ingresso nella Compagnia di Gesù. Nel 1590 diventò arciprete, il primo della comunità croata di Roma. Poco dopo, però, sorsero attriti con i confratelli circa l'utilizzo del piccolo appartamento sopra la sagrestia, che gli spettava come arciprete, e gli animi si inasprirono al punto che il K. fu espulso dalla Confraternita.
Nella primavera 1593 decise così di entrare nella Compagnia di Gesù, ma nell'autunno fu incaricato di una delicata missione diplomatica nel quadro della politica del nuovo pontefice Clemente VIII, il quale progettava un'ampia lega antiturca cui aderissero, oltre all'Impero, la Polonia e le altre potenze balcaniche e in cui potesse essere coinvolta anche la Russia (le istruzioni, in data 10 nov. 1593, in Fermendžin, pp. 9-22; cfr. Trstenjak, 1989, pp. 57-59). La missione era rigorosamente segreta: il K. doveva viaggiare in incognito e incontrare le personalità cui era destinato nel più stretto riserbo. Passando per Venezia (dove incontrò una delegazione di ribelli albanesi), Trento, Innsbruck e Vienna, alla metà di gennaio 1594 era ad Alba Julia, in Transilvania, ed ebbe due colloqui con il giovane voivoda S. Báthory. Questi strinse un'alleanza con Rodolfo II in agosto, ma il risultato fu dovuto, più che all'intervento del K., a un repentino evolversi della situazione politica interna e all'azione del confessore di Báthory, il gesuita A. Carrillo, e del nunzio C. Speciani. Il 23 marzo il K. arrivò a Jassa, in Moldavia; l'incontro con il voivoda Aaron, di fede rutena, si concluse con una promessa abbastanza incerta di aderire alla Lega santa, dovuta soprattutto alla preoccupazione per i Tartari, che minacciavano di attraversare il paese per unirsi ai Turchi in Ungheria.
Alla fine di marzo il K. arrivò in Polonia (il 17 aprile era a Leopoli), il 20 e il 21 apr. fu ricevuto dal cancelliere J. Zamoyski, che diede risposte molto vaghe ai progetti di alleanza antiturca e anche alla richiesta di impedire ai Tartari di entrare in Ungheria. Senza avere ottenuto alcun risultato in questo senso, il K. riuscì a coinvolgere nei suoi progetti lo starosti di Sniatyn N. Jaslowicki, gran rivale di Zamoyski, che il 30 ag. 1594 promise di entrare in guerra entro tre mesi e ricevette dal K. 10.000 fiorini per finanziare, parzialmente, l'impresa. Nei piani di Jaslowicki era prevista una veloce marcia sulla Crimea, ma la spedizione si risolse in un clamoroso fallimento, perché i mercenari assoldati, con il grosso delle truppe, abbandonarono l'esercito e si diressero in Valacchia. Intanto, nell'ottobre 1594, il K. continuava a negoziare in Polonia, ancora senza risultati concreti, tanto che scrisse a Roma che sarebbe stato opportuno inviare un cardinale legato per trattare con maggiore autorevolezza, o promettere cifre consistenti (100.000 fiorini, per iniziare). Nonostante il dispiego di un grande ardore bellico a parole, i magnati polacchi si orientarono verso una politica difensiva e la Dieta del 6 febbr. 1595, in cui Zamoyski fece sentire il suo peso, votò la pace con i Turchi.
In questa situazione, il coinvolgimento della Russia sembrò essere l'unica possibilità per fare avanzare i progetti pontifici di una lega antiottomana. Istruzioni supplementari, approvate da Clemente VIII il 27 genn. 1594, prevedevano che il K. spalleggiasse gli inviati imperiali in Russia, i quali chiedevano che lo zar Teodoro I sostenesse l'ostilità dei Georgiani e dei Persiani contro i Turchi, che impedisse ai Tartari di dare man forte ai Turchi in Ungheria e che versasse denaro nelle casse vuote di Rodolfo II. In realtà, la posizione del K. era resa difficile dalla politica ambiziosa del generale B. Godunov, vero padrone del paese, che nel 1590 aveva realizzato la separazione della Chiesa di Mosca da quella di Costantinopoli, rendendo anacronistiche le speranze di una conciliazione con la Chiesa di Roma (secondo le istruzioni, il K. avrebbe dovuto "instituire o lasciare aperta una finestra per poter trattare di unire alla Chiesa cattolica quella natione": Fermendžin, p. 27), nonché la prospettiva, ventilata da Roma, di liberare le popolazioni di rito greco sotto il giogo musulmano. Sul piano militare, una tregua con i Turchi era stata conclusa nel 1593.
L'accoglienza riservata al K. fu abbastanza buona, ma nella sostanza i risultati furono inconsistenti: Godunov propose addirittura che gli ambasciatori occidentali si riunissero a Mosca per trattare le condizioni dell'adesione alla lega.
Il 25 maggio 1595 il K. lasciò la Russia per Vilnius, in Lituania, dove la mancanza di un vescovo da quattro anni aveva precipitato la diocesi nel disordine e nell'inosservanza dei precetti cristiani. Nominato visitatore apostolico della diocesi dal nunzio in Polonia G. Malaspina, con una lettera del 28 nov. 1594, il K. si adoperò con zelo per ripristinare le pratiche del culto disattese, rimediare al lassismo e all'ignoranza del clero (significativa la pubblicazione da lui voluta del primo catechismo in lingua lituana), restaurare la cattedrale di Vilnius.
Nel maggio 1596 ricevette dal cardinale legato a Praga Camillo Caetani e dal nunzio Germanico Malaspina l'ordine di una seconda missione in Russia.
Il K. avrebbe dovuto spingere lo zar ad arginare le incursioni dei Tartari, saggiare nuovamente la sua disponibilità ad aderire alla lega antiottomana - in caso contrario negoziare le misure per garantire la sicurezza della Polonia qualora fosse entrata in guerra contro il Turco - e infine scongiurare un appoggio russo alla Svezia, se questa nazione si fosse ribellata a Sigismondo III Vasa, sovrano di Polonia dal 1587, osteggiato dallo zio Carlo di Sudermanie, di religione riformata, aspirante al trono svedese.
A causa di una serie di contrattempi, il K. partì da Vilnius per Mosca alla fine del marzo 1597. La delegazione fu accolta nella maniera peggiore: il K. e i compagni, scambiati per spie poiché venivano da Vilnius e non da Roma, furono arrestati, subendo carcere e maltrattamenti. Finalmente chiaritasi la loro posizione, il K. fu ricevuto a Mosca dallo zar e da Godunov in un clima ostile. Il risultato fu pressoché nullo: lo zar rimaneva fermo sull'idea di un congresso degli ambasciatori a Mosca e su una politica meno cedevole alle richieste del papa e degli Asburgo. Oltre alle ragioni pregresse, il K. scontava gli effetti della riconciliazione tra la Chiesa rutena (ora uniate, cattolica di rito greco) e Roma, sancita dal sinodo di Brest dell'ottobre 1596, che aveva sottratto all'ortodossia parecchi sudditi dello zar.
Verso la fine del 1597 il K. era rientrato a Varsavia, dove restò fino alla Dieta del 1598, per poi fare ritorno a Roma. Il 1° apr. 1599 entrò nel noviziato gesuita di S. Andrea al Quirinale. In occasione del giubileo del 1600 lo lasciò per sette mesi, durante i quali svolse l'ufficio di penitenziere straordinario per i pellegrini croati in S. Pietro. Fu questa l'attività prevalente del K. anche all'interno della Compagnia, fino a quando, nell'agosto 1604, fu mandato con alcuni confratelli in missione a Ragusa. Qui si adoperò, oltre che nelle confessioni, nella catechesi.
La missione ragusina fu richiamata dal superiore Claudio Acquaviva nell'aprile 1608. Mentre si accingeva a rientrare a Roma, il K. si ammalò e morì a Ragusa il 12 luglio 1608.
Al K. si deve il primo catechismo in lingua croata, Nauch Charstianschiza Slovignschi Narod v vlaasti iazich (Dottrina cristiana per la natione illirica nella propria lingua), Roma, F. Zanetti, 1582. L'opera, proposta dal cardinale Santori a Gregorio XIII nell'udienza del 12 nov. 1579, non riscosse l'approvazione del papa, che preferì ascoltare l'opinione dei vescovi della Dalmazia. Questi optarono per il Catechismo di P. Canisio, che fu pubblicato a Roma nel 1583 in due stampe, una in caratteri latini, l'altra cirillici, nella traduzione del sacerdote zaratino Š. Budinić (Budineo). I costi della stampa del catechismo del K. furono sostenuti dalla Confraternita di S. Girolamo, che unitamente commissionò a Zanetti anche la stampa della traduzione del Breve directorium ad confessarii et confitentis munus del gesuita J.A. Polanco, eseguita ancora da Budinić: Ispravniich erei ispovidnici, i za pochornich, prenesen (Breve direttorio per sacerdoti, confessori e penitenti).
Dopo essere entrato nella Compagnia di Gesù, il K. tradusse il Piccolo catechismo di R. Bellarmino e l'edizione apparve a Roma, per L. Zanetti, nel 1603: Navch charstyanschi chratach, sloxen pò naredyenyu sfetoga oc, a pape Chlementa osmoga pòposctovanomu ocù Robertv Belarminiv popù od druxbe Isvssove…, istumacen pò ocù Alexandru Chomulovichia popu iste druxbe u yasich slovinschi (Dottrina cristiana dei Croati, composta per volontà del santo padre, papa Clemente VIII dal rispettabile padre Roberto Bellarmino della Compagnia di Gesù… tradotta dal padre A. K., della stessa Compagnia in lingua slava; l'ed. moderna in Š. Vjekoslav, Bellarmino-Komulovićev Kršćanski nauk [La dottrina cristiana di Bellarmino - Komulović], in Vrela i prinosi [Fonti e contributi], VIII [1938], pp. 33-50). All'attività di confessore durante la missione ragusina si collega l'opera Zarçalo od ispoviesti (za onieh koise cesto ispovidayu) i mnoge druge stvari (Specchio di confessione [per coloro i quali si confessano spesso] e molte altre cose), edita a Roma da B. Zanetti nel 1606 (poi ibid. 1611; Venezia 1633; ibid. 1704). A testimonio dell'autorità guadagnatasi dal K. con la sua attività versoria nella lingua madre sta una lettera scrittagli dal sacerdote spalatino M. Alberti (Matulić) il 29 nov. 1607, circa alcune questioni ortografiche del croato.
Fonti e Bibl.: L. Komulovića izvjeśtaj i listovi o poslanstvu njegovu u Tursku, Erdelj, Moldavsku i Poljsku (Relazione e documenti di Lisander K. sulla sua ambasceria in Turchia, Erdelia, Moldavia e Polonia), a cura di P. Pierling - F. Racki, in Starine (Antichità), XIV (1882), pp. 6 s., 83-124; Acta Bosnae potissimum ecclesiastica…, a cura di E. Fermendžin, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, XXIII, Zagrabiae 1892, pp. 337-340; K. Horvat, Monumenta historica nova historiam Bosniae et vicinarum provinciarum illustrantia, in Glasnik Zemaljskog Muzeja Bosni-Hercegovini (Bollettino del Museo regionale della Bosnia-Erzegovina), XXI (1909), pp. 13 s., 23-27, 31-36, 41 s.; J. Kurcewski, Kościół zamkowy, czyli Katedra Wileńska w jej dziejowym, architektonicznym i ekonomicznym rozwoju (La chiesa del castello, ovvero La cattedra di Vilnius nel suo sviluppo storico, architettonico ed economico), II, Wilno 1916, pp. 95-99; I. Črnčić, Najstarija poviest krèkoj, osorskoj, rabskoj, senjskoj, i krbavskoj biskupiji (La più antica storia dei vescovi di Krk, Osor, Rab, Senj e Krbava), Rimu 1867, pp. 110-112; P. Pierling, Novi izvori o L. Komulovica (Nuove fonti su Lisander K.), in Starine (Antichità), XVI (1884), pp. 209-251; Id., Papes et tsars (1547-1597), Paris 1890, pp. 24 s., 443-474; E. Fermendžin, Prilozi k poznavanju diplomatskoga poslanstva Alesandra Komulovića medju Slovene od godine 1593 do 1597 (Contributi alla conoscenza della missione diplomatica di A. K. fra gli Slavi tra il 1593 e il 1597), in Starine (Antichità), XXXVI (1918), pp. 7-30; L. von Pastor, Storia dei papi, IX, Roma 1929, pp. 269, 744; A. Trstenjak, La dimensione morale nella dottrina pastorale di Alessandro K., Zagreb 1987; Id., A. K. S.I., 1548-1608. Profilo biografico, in Arch. historicum Societatis Iesu, LVIII (1989), pp. 43-86; L. Polgar, Bibliographie sur l'histoire de la Compagnie de Jésus 1901-1980, III, Les personnes, 2, Roma 1990, p. 320.