Kluge, Alexander
Scrittore e regista cinematografico tedesco, nato a Halberstadt il 14 febbraio 1932. Firmatario del Manifesto di Oberhausen nel 1962, teorico e capofila del rinnovamento dello Junger Deutscher Film, K. è stato, senza mai scendere a compromessi, uno dei registi più coerenti e originali, ma anche meno popolari, del Nuovo cinema tedesco. Talvolta diseguali nei risultati, le sue opere, anche se tutte di grande fascino e spesso accusate di eccessivo intellettualismo, vanno valutate al di fuori di una prospettiva strettamente cinematografica, quali epifanie di una colta testimonianza insieme letteraria, filosofica, estetologica, politico-culturale, tra le più lucide e intense della cultura tedesca contemporanea. Molti dei suoi film hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali tra cui: Abschied von gestern (1966), premio speciale della giuria e premio OCIC (Organizzazione Cattolica Internazionale per il Cinema e l'audiovisivo) alla Mostra del cinema di Venezia, e Deutscher Filmpreis, Filmband in Gold per regia e produzione nel 1967; Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (1968; Artisti sotto la tenda del circo: perplessi), Leone d'oro a Venezia e nel 1969 Deutscher Filmpreis, Filmband in Gold; In Gefahr und grösster Not bringt der Mittelweg den Tod (1974), Deutscher Filmpreis, Filmband in Gold per la drammaturgia musicale nel 1975; Die Patriotin (1979), Deutscher Filmpreis, Filmband in Silver; Die Macht der Gefühle (1983; La forza dei sentimenti), Premio Fipresci della critica internazionale alla Mostra del cinema di Venezia.
Figlio di un medico, dopo aver frequentato nel dopoguerra il liceo classico a Berlino studiò giurisprudenza, storia e musica sacra a Friburgo, Marburgo e Francoforte (qui, tra gli altri, con Th.W. Adorno). Laureatosi in giurisprudenza, dal 1958 lavorò come volontario al CCC-Film di Artur Brauner e assistette, tra l'altro, alle riprese di Das indische Grabmal (1959; Il sepolcro indiano) di Fritz Lang. Nel 1960 realizzò il suo primo cortometraggio Brutalität in Stein, firmato con Peter Schamoni, sulle rovine degli edifici nazisti a Norimberga; nel 1962 fu alla testa dei firmatari del Manifesto di Oberhausen, mentre nello stesso anno pubblicò un volume di racconti brevi, Lebensläufe (trad. it. 1966), e assunse la direzione della neofondata sezione cinema dell'Institut für Filmgestaltung di Ulm. Diventato, anche grazie alla sua formazione giuridica, il principale ispiratore della politica di sostegno economico al cinema d'autore, poté realizzare con l'aiuto dei fondi pubblici del Kuratorium Junger Deutscher Film la sua prima opera di lungometraggio, Abschied von gestern con l'amico e sodale Edgar Reitz alla macchina da presa. Partendo dall'idea che "il film prende forma nella testa dello spettatore" e da una serie di altre suggestioni mutuate dalle teorie estetiche della Scuola di Francoforte (nonché da reminiscenze ejzenštejniane), K. consegnò il primo fulminante esempio di quello stile a collage a cui il regista è rimasto fedele per vent'anni. Al pari, ma in maniera diversa, di altri pionieri del cinema moderno (Jean-Luc Godard o Jean-Marie Straub e Danièle Huillet), ha fatto tesoro degli insegnamenti di uno dei suoi numi tutelari, B. Brecht. Perciò riveste tanta importanza nell'opera di K. il momento dell'interruzione della fiction, la pausa di riflessione ottenuta con cartelli o didascalie, il commento fuori campo (di regola fatto dallo stesso autore), l'uso di materiali eterogenei, il jump-cut, gli inserti documentari, la musica montata in modo straniante, e l'arma di una pungente ironia 'dialettica'. Da questo complesso di suggestioni consegue l'idea che il film si risolve non solo e non tanto sul set, quanto piuttosto alla moviola, in un lungo e complesso lavoro di montaggio e nell'incontro-scontro tra visivo e sonoro. Tale progetto teorico, compresa la formula dell'autoproduzione e del controllo totale sul proprio lavoro, si ritrova già pienamente in essere nel suo film di debutto. Tratto da un racconto della raccolta Lebensläufe, Abschied von gestern narra la storia dell'odissea di Anita G. (interpretata dalla sorella del regista Alexandra e prima di una lunga galleria di eroine femminili), una ragazza di origine ebraicaa, emigrata dalla DDR nella Repubblica Federale, che soccombe alla mentalità e alle regole dell'affluente società occidentale. Rispetto a questa polemica 'opera aperta', libera nell'ispirazione e negli accadimenti, dal 1968, con il successivo Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos, si consolidò il successo internazionale del regista. Il film tradisce il peso del progetto letterario che qui tende ad appesantire il commento fuori campo, ma segna, comunque, un punto d'arrivo nel ferreo sistema stilistico di K., dato che in esso compaiono molte delle ossessioni ricorrenti nella sua produzione: il mondo dello spettacolo, l'Opera italiana, la battaglia di Stalingrado, l'amore per il cinema (in particolare quello muto, Sergej M. Ejzenštejn e Fritz Lang). Dopo una breve parentesi giocosa di una fantascienza 'casalinga' fatta di tappi, scatole e siringhe (Der grosse Verhau, 1971; Willi Tobler und der Untergang der 6. Flotte, 1972, per la televisione), in Gelegenheitsarbeit einer Sklavin (1973; Occupazioni occasionali di una schiava), K. affrontò un tema d'attualità come quello dell'emancipazione femminile: la sua Roswita Bronski, interpretata anch'essa da Alexandra Kluge, possiede molto del carattere disordinato e anarchico di Anita G. Con In Gefahr und grösster Not bringt der Mittelweg den Tod, firmato (ma solo sulla carta) con E. Reitz, K., nella sua massima escursione nel campo del documentario, consegna, sul modello storico di Walther Ruttmann, la moderna sinfonia di una grande città, Francoforte, sconvolta dagli scontri di piazza e dalle contraddizioni sociali. Una pausa lungo un percorso di continua sperimentazione è rappresentata, invece, da Der starke Ferdinand (1976; Ferdinando il duro), divertente commedia su un capo di vigilantes, quasi una variazione con paradossi e situazioni ironiche sul tema del brechtiano eroe bastonato e del parossismo del potere. Nel biennio 1977-78 l'inasprirsi della situazione politica indotta dal terrorismo della RAF (Rote Armee Fraktion) vide K. tra gli esponenti più prestigiosi della protesta contro una possibile svolta autoritaria, che si espresse nel film collettivo Deutschland im Herbst (1978; Germania in autunno), per il quale K. e gli altri registi coinvolti ricevettero il Deutscher Filmpreis, Filmband in Gold per la concezione, cui seguirono, sempre sulla stessa linea progettuale di lavoro collettivo e di impegno civile, l'assai più debole ma non meno polemico Der Kandidat (1980, sulla controversa figura del leader bavarese Franz Josef Strauss, girato con Stefan Aust, Alexander von Eschwege e Volker Schlöndorff) e poi Krieg und Frieden (1983, ancora con Aust, Schlöndorff e Axel Engstfeld) sui pericoli della guerra nucleare. Esauritasi l'esperienza dei film a episodi e il metodo a collage usato, per es., in Die Patriotin, nel 1983 venne presentato alla Mostra del cinema di Venezia Die Macht der Gefühle, la più significativa opera di K. degli anni Ottanta. In una ulteriore elaborazione, la forma narrativa si risolve qui in un sistema organico di 'storie moltiplicate', aprendosi a un orizzonte cronachistico inteso a fotografare l'umanità alle soglie del terzo millennio. Tale strategia diegetica informa anche i successivi ma meno incisivi Der Angriff der Gegenwart auf die übrige Zeit (1985) e Vermischte Nachrichten (1986). Da quel momento, persa ogni fiducia nella possibilità del medium cinema, K. ha proseguito, con la consueta estetica del frammento, la sua indefessa battaglia politica e poetica, realizzando dei battaglieri programmi (10 vor 11, News and stories, Prime time, Stunde der Filmemacher ecc.) di televisione 'd'autore' trasmessi da alcuni grandi canali privati della BRD. Professore onorario in sociologia dal 1973 alla Goethe-Universität di Francoforte, K., autore di racconti e di un trattato filosofico-teorico con O. Negt, Öffentlichkeit und Erfahrung (1972, trad. it. 1979), ha vinto per la sua attività letteraria e critica il Fontane-Preis nel 1984 e il Kleist-Preis nel 1991. I suoi testi sul cinema sono raccolti in In Gefahr und grösster Not bringt der Mittelweg den Tod, a cura di C. Schulte (1999), mentre nel 1968 era stata pubblicata la sceneggiatura di Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (trad. it. 1970).
Kluge, Herzog, Straub, hrsg. P.W. Jansen, W. Schütte, München 1976.
Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Alexander Kluge, Pesaro 1976.
R. Lewandowski, Die Filme von Alexander Kluge, Hildesheim 1980.
Alexander Kluge, hrsg. Th. Böhm-Christl, Frankfurt a. M. 1983.
Alexander Kluge, a cura di S. Toffetti, G. Spagnoletti, Torino 1994.