DUMAS, Alexandre (Père)
Alexandre Davy de la Pailleterie Dumas, drammaturgo e romanziere, nacque il 24 luglio 1803 a Villers-Cotterets (Aisne), e morì il 6 dicembre 1870 a Puys (presso Dieppe). A quattro anni perdette il padre, che era stato generale nell'esercito napoleonico. Ebbe a precettori due sacerdoti; ma agli studî preferì i giuochi della palestra e la libertà della campagna. Crebbe così robusto, ed esaltò poi sempre, nelle sue opere, la forza trionfante e sorridente. Le assidue cure materne gli trasfusero una certa sensibilità e ne alimentarono quel sereno ottimismo per cui, come scriveva, non ebbe mai nella vita tumultuosa né un minuto di dubbio né un istante di disperazione. A quindici anni aveva imparato ben poco, e solo per la bella calligrafia riusciva a impiegarsi quale scrivano presso un notaio a Villers-Cotterets e poi a Crépy-sur-Oise. S'iniziò allora agli studî letterarî; lo attrassero vivamente il Foscolo con le Ultime lettere di Jacopo Ortis e il Bürger con le sue ballate. La passione per il teatro gli nacque con la lettura delle opere di Walter Scott, tanto che, composto un melodramma, si trasferì nel 1823 a Parigi, in cerca di fama e di fortuna. Mercé l'appoggio del generale Foy, commilitone del padre, entrò come copista nella cancelleria del duca d'Orléans: col modesto assegno visse alcuni anni insieme con Marie-Catherine Lebay, da cui gli nacque nel 1824 il figlio Alessandro. Dal 1823 al 1828 si dedicò fervidamente allo studio dei classici nazionali e stranieri, esaltando Shakespeare, Goethe e Schiller, e ritornando con passione a Walter Scott.
Con Henri III et sa cour (1829) diede alla Comédie Française il primo dramma storico romantico in prosa, rivelando la genialità e la robustezza del proprio temperamento. La rivoluzione del 1830 ne interruppe l'attività letteraria: si schierò tra gli insorti, ebbe dal Lafayette l'incarico di ordinare la guardia nazionale in Vandea e, al termine di questa missione, fu ricevuto da Luigi Filippo, che lo deluse nelle sue aspettative. Chiusa la breve parentesi politica, ritornò, con tenacia e ardore, a scrivere per il teatro. Lo studio dei classici aveva lasciato nel suo animo un certo rispetto per la tradizione, onde alla prosa, più adatta al dramma popolare, anteponeva i versi, che pur gli costavano molta fatica. Compose quindi opere ibride, drammi tragici, necessariamente discordi e ineguali, come Christine (1830) e Charles VII chez ses grands vassaux (1831). Una violenta passione per M.me Mélanie Waldor, che certo fu quella che più lo avvinse, gl'ispirò il primo dramma moderno, Antony (1831), trionfalmente accolto per la sua arditezza innovatrice, vietato poi da Thiers, ministro dell'Interno, per le rimostranze dei deputati conservatori.
Scioltosi da ogni vincolo di tradizioni letterarie, portò nel teatro francese un grande rivolgimento, e, dopo Richard Darlington (1831), La Tour de Nesle (1832), il più popolare dei suoi drammi in prosa, vi segnava una data memorabile. Seguirono molti altri lavori, tra i quali notevoli: Catherine Howard (1834), Kean (1836), Don Juan de Marana (1837) e l'Alchimiste (1839). Scrisse pure varie commedie; ma - come nelle tre principali, Mademoiselle de Belle-Isle (1839), Un mariage sous Louis XV (1841) e Les demoiselles de Saint-Cyr (1843) - non seppe scostarsi dal dramma e dal romanzo, pur mitigandone, con la vivacità del dialogo, il carattere passionale e fantastico. Conseguita finalmente l'agiatezza, incominciò i suoi viaggi all'estero e venne anche in Italia, soggiornando parecchi mesi a Firenze con l'attrice Ida Ferrier, che sposò nel 1840. Di questi viaggi pubblicò una serie d'impressioni: Une année à Florence (1840); Excursions sur les bords du Rhin (1841); Le Speronare (1842); Le Corricolo (1843); Villa Palmieri (1843). Poco dopo usciva il suo più celebre romanzo: Les trois mousquetaires (1844), cui fecero seguito Vingt ans après (1845) e Le Vicomte de Bragelonne (1848). Con questi e con gli altri suoi lavori di carattere storico, come La reine Margot (1845); Le Chevalier de Maison-Rouge (1846); la Guerre des femmes (1846); la Dame de Monsoreau (1846); Les Quarante-cinq (1848); Joseph Balsamo (1849); Le collier de la Reine (1850); Ange Pitou (1853); La Comtesse de Charny (1853-55), il D. intese rievocare tutta le storia di Francia, così come con Isaac Laquedem (1852) si propose un'opera ben più vasta: il romanzo storico dell'umanità, per il quale gli fece difetto il materiale, sebbene venisse anche a Roma per raccoglierne, e non gli mancassero, come per il resto dell'opera sua, solerti collaboratori, e che del resto fu soffocata sul nascere dalla censura imperiale. Fra i numerosi romanzi sono rimasti popolari in Francia e fuori: Le Chevalier d'Harmental (1843); Le Comte de Monte-Cristo (1844-50); Les Mohicans de Paris (1854-58) e Salvator (1855-95) che ne è la continuazione; Les Compagnons de Jéhu (1859); la Sanfelice (1864-68). Già nel 1847, con l'appoggio del duca di Montpensier, aveva fondato in Parigi il Théâtre Historique, nel quale rappresentava i suoi drammi popolari e patriottici, accolti da sempre nuovo favore; ma la rivoluzione del '48, cui egli si vantava di aver contribuito con parecchi lavori e specialmente con Le Chøur des Girondins, anziché soddisfarne le ambizioni politiche, segnò il principio del tramonto della sua fortuna. In breve, passato di moda il dramma romantico e fallito il Théâtre Historique (sulle scene del quale furono rappresentati numerosi drammi, ricavati dai romanzi storici del Dumas), si trovò in gravi angustie e dovette sottrarsi alle persecuzioni dei creditori. Pur non essendo proscritto, seguì gli esiliati politici del 2 dicembre e prese dimora a Bruxelles, ove compilò, fra varie altre opere, Mes mémoires (1852-54). Riordinati i proprî affari, poté tornare a Parigi e pubblicarvi un giornale letterario, Le mousquetaire (1854-57), tollerato dalla censura imperiale, nonostante il carattere frondista e la vivacità. Scrisse ancora drammi e romanzi, e, ricostituita una certa fortuna, sentì rinascere nell'anima errabonda la febbre dei viaggi. Andò in Russia, si spinse in Finlandia, fu a Mosca e nel Caucaso, accoltovi come un principe. Ritornato in Francia, acquistò una goletta per recarsi in Oriente; ma nel suo primo scalo, a Genova, il 16 maggio 1860, saputo che Garibaldi marciava su Palermo, fece vela per la Sicilia, e lo raggiunse a Palermo. Gli offrì tutto il suo peculio, 50.000 franchi, per l'acquisto di armi e munizioni, che egli stesso andò a comprare a Marsiglia. A Napoli il Dittatore lo nominò direttore onorario delle Belle Arti: e il D. fondò il giornale l'Indipendente e si occupò degli scavi di Pompei. Ma, caduto in disgrazia, ritornò disgustato a Parigi. L'età e le fatiche non ne avevano diminuito la volontà e l'energia operosa. Scrisse ancora En Russie (1860); Les mémoires de Garibaldi (1860); Causeries (1860); Bric à Brac (1861), e ultimo raggio del suo intelletto, l'Histoire de mes Bêtes (1868). Ma ormai era un sorpassato; il periodo romantico era da tempo conchiuso e la solitudine circondava il grande avventuriero, che la vita gioiosa e la generosa prodigalità avevano fatto ripiombare nella miseria. Improvvisatore nell'arte come nella vita, egli fu un irregolare. Ideologie e tesi morali mancano nella sua opera, in cui, assente lo stile e sommaria la psicologia, predominano l'istinto e l'azione. Non ebbe il tempo di riflettere: sognava e scriveva. Dalla sua inesauribile fantasia sgorgavano come da un fiume impetuoso i cento drammi portati sulla scena e gl'innumerevoli romanzi diffusi per il mondo. Narratore inesauribile, brioso e pittoresco, sebbene abbia sacrificato spesso l'aristocrazia dell'arte ai gusti della moltitudine, fu il più geniale tra gli scrittori popolari del sec. XIX.
Ediz: Øuvres complètes, Parigi 1877-1900. Di quasi tutte le opere esistono traduzioni italiane.
I più noti tra i suoi collaboratori sono: Auguste Maouet (1813-1888) per il ciclo dei Trois mousquetaires e della Dame de Monsoreau; Pierangelo Fiorentino (1806-1864), che si vantava di avere ampliamente collaborato al Comte de Monte-Cristo, e che collaborò certamente al Corricolo, Le Speronare, ecc.; Paul Bocage (1824-1887) per i Mohicans de Paris; A. Anicet-Bourgeois (1806-1871), Gérard de Nerval e Cordellier-Delanone (1806-1854) pei drammi, ecc. Questa collaborazione ebbe molte volte vaste proporzioni; e, insieme coi plagi, di cui Dumas non si faceva scrupolo, diede spesso luogo a polemiche, processi e duelli; del resto Dumas stesso usava dire "d'avoir des collaborateurs comme Napoléon a eu des généraux".
Bibl.: J. Janin, A. D., Parigi 1871; G. Ferry, Les dernières années d'A. D., Parigi 1883; Ch. Glinel, A. D. et son øuvre, Parigi 1884; H. Blaze de Bury, A. D., Parigi 1885; H. Parigot, A. D., Parigi 1901; A. F. Davidson, A. D. père, Parigi 1902; H. Lecomte, A. D., sa vie, son øuvre, Parigi 1923; J. Lucas Dubreton, La vie d'A. D. père, Parigi 1928; cfr. inoltre il saggio di Sainte-Beuve nei Premiers Lundis, II, e G. Lenotre, in Revue des deux mondes, 1919.