Alfabeto figurato
di A. Cadei
Si definisce così l'a. le cui lettere, maiuscole o minuscole, sono formate con figure umane e animali che ne riproducono con maggiore o minore approssimazione il tracciato. Dipendente dal fenomeno dell'iniziale figurata, l'a. figurato è legato quasi soltanto, nelle sue non frequenti apparizioni medievali, alla scrittura latina. Con l'iniziale figurata rientra nella categoria di decorazione del manoscritto e, in casi eccezionali, dell'epigrafe che Nordenfalk (1970) ha definito di òrnato per sostituzione' (Ersatzornamente), distinguendola dagli arricchimenti ornamentali per aggiunta (Besatzornamente) oppure per inserimento negli spessori delle aste (Füllornamente) in modo da lasciare intatto il profilo grafico delle lettere.
Malgrado esistano, come nel caso delle iniziali, a. le cui lettere sono composte da elementi vegetali a racemi o intrecci, talora con inserti animalistici, soprattutto in età preromanica e romanica, oppure, in età tardogotica, da oggetti - come gli a. a nastri del Pisanello (Parigi, Louvre, Cab. Des., inv. nrr. 2524 e 2272) e di ignoti suoi contemporanei (taccuino degli Anacoreti, Roma, Ist. Naz. per la Grafica, Fondo Naz., inv. nr. 3728, c. 2r/v; taccuino di disegni, Trento, Mus. Prov. d'Arte, inv. nr. 1081, cc. 30v-31r) o la serie a incisione composta con motivi architettonici, di esecuzione probabilmente tedesca e datazione tardoquattrocentesca, nota dall'esemplare conservato a Bologna (Pinacoteca Naz., inv. nrr. 1411-1414, 1446-1448, 21763) - si tende a riservare la definizione di a. figurato ai casi in cui la figura umana e animale è esclusiva o quanto meno prevalente nella sostituzione della lettera, usando perciò come equivalenti anche le definizioni di a. animato o a. abitato.Si può parlare, a rigore, di a. figurato per due fenomeni distinti della figurazione della scrittura: quando parole o linee intere sono composte con lettere figurate, oppure in presenza di serie alfabetiche di lettere figurate con funzione di modello per iniziali. I due fenomeni non hanno rapporto tra loro e si verificano in momenti molto diversi della storia del manoscritto. Codici contenenti frazioni di testo in scrittura figurata ricorrono essenzialmente in età precarolingia; gli a. di iniziali animate che si conoscono sono tutti di età gotica matura e tarda.
I primi elementi figurati usati per comporre lettere con funzione di iniziali sono stati, tra il sec. 6° e il 7°, pesci dalla schematica forma a clava oppure definiti da due archi di cerchio tangenti in corrispondenza del muso e intersecati a formare la coda, più raramente delfini oppure uccelli, anch'essi in dimensioni ridotte e forme semplificate, approssimativamente simili alla colomba. Circa un secolo e mezzo più tardi comparvero i manoscritti con parole o linee in lettere figurate, a seguito di iniziali in dimensioni maggiori, figurate o decorate ad animali. Così è all'inizio dello Hexaemeron di s. Ambrogio eseguito a Corbie verso la metà del sec. 8° (Parigi, BN, lat. 12135), del De Trinitate di s. Agostino eseguito in Francia nello stesso momento (Oxford, Bodl. Lib., Laud. Misc. 126) e in pagine con incipit di principali partizioni di testo del Sacramentario gelasiano, localizzabile in Francia e databile al 750 ca. (Roma, BAV, Reg. lat. 316), del poco più tardo manoscritto con opere di Isidoro conservato a Laon (760-770; Bibl. Mun., 423), dove forse è stato eseguito, del commento di s. Girolamo al Vangelo di Matteo a Boulogne-sur-Mer (Bibl. Mun., 42), eseguito verso il 780 nella Francia nordorientale, e infine del Lezionario di Chelles (800 ca.; Oxford, Bodl. Lib., Douce 176); di opere tutte collocabili, dunque, in ambito merovingio e protocarolingio. Malgrado l'iniziale a pesci e uccelli, in alcuni manoscritti dell'inizio del sec. 7° come i Canoni di Colonia (Erzbischöfliche Diözesan-und Dombibl., 212) eseguiti in Gallia, o i Vangeli di Valeriano (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 6224), avesse già raggiunto una intensa intonazione naturalistica che si avvaleva di una esecuzione a mano libera sciolta e vivace, anche se rozza, nei manoscritti con scrittura figurata sopra citati gli animali sono completamente privati di vita organica e ridotti ad astrazioni grafiche, facendo dubitare che possano essere portatori di una qualsiasi carica simbolica, malgrado il ruolo di simbolo rivestito dal pesce e dalla colomba in età paleocristiana e altomedievale.
L'introduzione della figura umana e di una più varia e naturalistica fauna come ornato per sostituzione, che avvenne verso la fine del sec. 8° contemporaneamente a Roma, nelle Isole Britanniche e nell'impero carolingio, equivalse a una accentuazione di importanza dell'iniziale, sia per il risalto che acquistava nella compagine decorativa della pagina, sia per i significati di cui si faceva portatrice in rapporto al testo che illustrava. Ponendosi ciò in contrasto con il prolungamento che l'iniziale a pesci e uccelli aveva avuto nelle parole o righe di testo immediatamente seguenti, ne derivò la scomparsa di questo primo tipo di a. figurato. L'iniziale, figurata o meno, emergeva come elemento assolutamente dominante la pagina scritta. Occasionalmente, in alcuni manoscritti soprattutto di ambito protocarolingio come il Sacramentario di Gellone (Parigi, BN, lat. 12048) compaiono ancora, accanto all'iniziale antropomorfa, singole lettere a pesci e uccelli o variamente decorate e persino elementi figurati in sostituzione di segni di abbreviazione. Ma la continuità della scrittura in lettere figurate è definitivamente perduta. Subito dopo, la riforma scrittoria carolingia e il gusto allora introdotto e che dura anche in età ottoniana per la chiara leggibilità delle lettere capitali antiche o, più raramente, onciali, determinò la sparizione della stessa iniziale figurata, cioè del terreno di coltura dell'a. figurato.
La reviviscenza che essa conosce nell'ambito di una più vasta ripresa e intensificazione di forme decorative precarolinge verificatasi in età romanica (Pächt, 1963), corrispondente al periodo di maggiore fortuna e varietà dell'iniziale figurata nella storia della miniatura occidentale, non ammette più l'a. figurato come continuità di scrittura in lettere figurate e non sembra conoscere ancora l'a. figurato in funzione di modello. I sette fogli della metà del sec. 12° di probabile esecuzione italiana (forse fiorentina) conservati a Cambridge (Fitzwilliam Mus., 85-1972) con modelli di tutte le lettere dell'a., alternativamente maiuscole e minuscole, in antiqua e onciali (alcune lettere sono replicate in scritture diverse), mostrano in prevalenza ornamentazione a girali per riempimento o per aggiunta. In pochi casi alcune parti di lettera, particolarmente nelle onciali, sono sostituite da forme animali. In aspetto analogo si presentano modelli di alcune lettere, anche qui talora ripetute in scritture e dimensioni diverse, contenuti in un taccuino frammentario di modelli proveniente dall'abbazia cistercense di Reun in Austria (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Cod. 507, cc. 1r, 4r-6v), del sec. 13° incipiente, con probabili aggiunte dell'inizio del secolo successivo proprio nelle parti dei modelli scrittorî, tra i quali lettere di un a. maiuscolo chiaramente gotico, del genere solitamente usato per rubriche.
Ornamenti per sostituzione esclusivamente vegetali, oppure con rare inclusioni di motivi animalistici, si trovano anche in brevi testi o incipit che occupano tutta la pagina, la quale assume l'aspetto di un'iscrizione riprodotta in manoscritto: per es. all'inizio del testo del salterio del sec. 11° proveniente da Saint-Germain-des-Prés (Parigi, BN, lat. 11550) o del Salterio di St Albans (Hildesheim, St. Godeshardskirche), capolavoro di miniatura inglese (1220-1230). Malgrado la funzione totalmente diversa, l'aspetto di tali fogli è notevolmente simile a quello dei modelli di a. ed è di fatto immaginabile che la loro esecuzione sia avvenuta sulla scorta di simili modelli.
L'avvento della scrittura gotica e, almeno nella fase della sua affermazione corrispondente al sec. 13°, un rinnovato interesse per la leggibilità, che nelle iniziali si esprime in un radicale diradamento della decorazione, provocarono di nuovo la caduta di interesse per l'iniziale figurata. Ma dal quarto decennio del sec. 14° si affermò in tutta Europa un nuovo genere di iniziale figurata costituito da maiuscole corsive gotiche con le aste sostituite da figure o contenenti figure in azione, spesso coordinate in contesti scenici e talora come integrazione tematica o narrativa dell'iniziale istoriata. In coincidenza con questa fase di decorazione del manoscritto fece la sua comparsa l'a. figurato in funzione di modello per iniziali, la cui esistenza, così come, più in generale, la crescente diffusione di taccuini di modelli di cui gli a. figurati sono spesso parte, viene spiegata come conseguenza del passaggio della confezione e decorazione del manoscritto dagli scriptoria monastici e di cattedrali ad artisti laici e botteghe professionali. I primi casi noti di questa specie di a. figurato documentano l'oscillare della decorazione figurata tra ornato di riempimento e ornato per sostituzione che, anche nella decorazione dei manoscritti, dura per tutto il 14° secolo.
Si tratta, anzitutto, di alcune lettere o frammenti di lettere, presumibili ritagli di fogli o taccuini di modelli. Due disegni a penna rialzati a pennello nel procedimento a puntinatura che determina un chiaroscuro morbido e fuso, riferibili al secondo quarto del sec. 14° (Washington, Nat. Gall. of Art), rappresentanti una dama seduta con cagnolino in braccio e una in piedi su uno sfondo di fogliami, sono immediatamente riconoscibili come aste di lettere, poiché le aste medesime sono ribadite da un doppio tratto a penna laddove la figurazione non basta a definirne il profilo. Un ricciolo di fogliame nell'angolo inferiore sinistro del primo disegno è ragionevolmente riferibile a una lettera precedente (il foglio conteneva quindi almeno due lettere), mentre sul lato opposto un ramo che si stacca a metà circa dell'asta formava un filetto della lettera completa. Analoga è la situazione e la tecnica per due disegni con dama contro fogliame e guerriero sullo sfondo di una bandiera sventolante, riferibili alla prima metà del Trecento, al Fogg Art Mus. di Cambridge (MA), anche se, in questi come nei casi precedenti, il modo in cui sono stati eseguiti i ritagli con l'intenzione di rendere autonomo il disegno di figura impedisce di riconoscere la lettera originariamente disegnata.
Una A maiuscola corsiva e il resto di una lettera successiva sono disegnati, in tecnica simile a quella dei disegni precedenti, su un frammento pergamenaceo databile al 1330 ca. e localizzabile nella Francia nordorientale o in Inghilterra (Oxford, Ashmolean Mus. of Art and Archaeology, inv. nr. 370). Della A è tracciato solo il lungo taglio superiore in aspetto di ramo germogliante animato da una testa-foglia e un piccolo drago; contro l'asta sinistra ricurva si addossa un giovane ricciuto in lungo mantello con cappuccio, contenuto entro un profilo affusolato tranne che per le braccia protese, formando il taglio, verso una donzella con in mano un serto di rose che sostituisce l'altra asta. Della lettera successiva, possibilmente una B, è conservato l'angolo superiore sinistro: un alto cappello piumato, il profilo del dorso e l'attacco del braccio di un personaggio cinto di spada, probabilmente un guerriero in azione.
Simile nell'impostazione, e databile alla prima metà del sec. 14° piuttosto che all'inizio del successivo, come originariamente proposto (Kaemmer, 1887), era la serie alfabetica conservata a Berlino (Kupferstichkab.) sino alla seconda guerra mondiale, oggi apparentemente perduta e nota solo da fotografie. Ventitré maiuscole corsive gotiche erano disegnate su quattro strisce di pergamena (cm. 17 x 80 ca. ciascuna) costituendo un tipico rappresentante di repertori di modelli, maneggevole e facile da trasportare. Una campitura scura delimitava il tracciato delle singole lettere, talora ribadito da tralci a foglie spinose; entro ogni asta era inserita una figura che quasi mai ne debordava, ma con l'abbondanza dei panneggi tendeva a occuparla integralmente. Tralci e figure ombreggiati in modo parco e sommario staccavano chiari sui fondi scuri, mentre girali a foglie trifide delicatamente delineati a penna occupavano gli spazi tra le aste. Si trattava dunque, in prevalenza, di coppie di figure nel contrappunto di combinazioni di lotta e ostilità nettamente prevalenti su quelle del genere amoroso o galante. Nei gesti spezzati ed energici, nell'inquieto scorrere della linea sul filo degli orli ondulanti delle pieghe sembra rinnovarsi, malgrado la maturità gotica dello stile, il gusto all'opposizione dinamica, alla metamorfosi e all'ibridazione caratteristico dell'iniziale figurata romanica. Talora animali a connotazione negativa (aspide, scimmia), demoni o altri esseri mostruosi prendono il posto di uno dei contendenti o, in dimensioni ridotte, si aggiungono a essi sostituendo apici ricurvi.Mentre le lettere e i frammenti di Oxford, Washington e Cambridge (MA) annunciano la tematica cortese e cavalleresca che resta caratteristica dell'a. e dell'iniziale figurata gotica, la serie di Berlino, incentrata sulla simbologia della lotta tra bene e male, sembra introdurne, in chiara continuità con il gusto per la figurazione ornamentale a contenuto morale dei secoli romanici, gli aspetti più fantasiosi e inquietanti, anche se, in definitiva, più dichiaratamente ludici.
Una serie di eleganti maiuscole corsive gotiche è contenuta in un taccuino di modelli di iniziali per miniatori della British Library (Sloane 1448A, cc. 25-26). Figure umane, animali e di esseri compositi più grotteschi che mostruosi, delineate a penna in taglie sottili e sciolte, sostituiscono ormai quasi integralmente aste e filetti delle lettere, che in pochi casi resistono in aspetto di tralci dalle estremità fogliate o di campiture scure di fondo. La tematica non sembra discostarsi da quella degli a. figurati gotici precedenti e successivi, dei quali sviluppa soprattutto gli aspetti più giocosi e stralunati. Malgrado gli altri cinque esempi di a. non figurati del taccuino vengano plausibilmente riferiti alla metà del sec. 15° e malgrado l'esecuzione quasi certamente inglese, l'a. figurato viene ritenuto anteriore (Backhouse, 1975) per ragioni codicologiche e per analogie con le iniziali figurate a grisaille di Jean Pucelle, in particolare nelle Ore di Jeanne d'Evreux (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters, Acc. 54.1.2) e tangenze con iniziali figurate di documenti di Carlo V di Francia. Datazione e localizzazione dell' a. restano tuttavia da precisare, tenendo conto degli echi, non necessariamente diretti, ma specifici, che sembra poterne cogliere in quattro iniziali maiuscole figurate del taccuino degli Uffizi (Gab. Disegni e Stampe, inv. nr. 2268F), della prima metà del Quattrocento e di quelli, certamente più deboli e generici, nella serie silografica olandese del 1464 (esemplari a Londra, British Mus., Printroom, e a Basilea, Kunstmus., Kupferstichkab.).
Di tutti il più famoso, sia per la fortuna goduta ai tempi suoi, sia per la folta letteratura storico-artistica che lo riguarda, è l'a. gotico minuscolo contenuto in un taccuino membranaceo di disegni (Bergamo, Bibl. Civ. A. Mai, Delta, VII, 14). La scritta in gotica corsiva alla c. 4v del codice: Johininus de grassis designavit, che, sia pure in via d'ipotesi, non si può che ritenere autografa di Giovannino de Grassi (Cadei, 1984), protagonista senza rivali della scena artistica milanese dell'ultimo ventennio del Trecento, fornisce il riferimento cronologico privilegiato per datare l'alfabeto. Essa vale anche dopo che la lunga questione relativa alla distinzione di mani nel taccuino è stata sciolta con la proposta (Cadei, 1970), oggi generalmente accettata, di riservare all'artista soltanto i disegni delle cc. 1-7r, contenute nel primo fascicolo. Confronti esperiti tra disegni degli altri tre fascicoli del taccuino e miniature lombarde di fine Trecento (Bywanck, 1927; Cadei, 1985) e osservazioni di natura codicologica rendono infatti verisimile la datazione di tutto il taccuino entro il 14° secolo.
Le prime sette lettere (a-g) sono disegnate sulle pagine interne del bifolio centrale del quarto e ultimo fascicolo e corrispondono alle cc. 26v-27r (ma sul numero e la numerazione dei fogli: Giovannino de Grassi, 1961). Le altre, comprese le lettere k, x, y, due varianti di z, ma un segno solo per u e v (in totale, dunque, un a. di ventiquattro lettere), seguono alle cc. 29v, 30r/v. I due gruppi di lettere e i fogli relativi differiscono nettamente per tecnica, stile e persino materiali. Il primo gruppo è disegnato su due piccoli fogli di pergamena sottilissima e fragile, che nella legatura del taccuino dovettero essere incollati a un robusto bifolio (situazione già testimoniata nel sec. 17° e modificata da un recente restauro) e si allineano secondo i margini verticali; sembra trattarsi, in realtà, di due spezzoni indipendenti, ricavati da strisce simili a quelle su cui era disegnato l'a. di Berlino. Il riuso, nel taccuino, è evidente soprattutto nel tratto corrispondente alle lettere a-d, dove il ritaglio ha sacrificato alcune parti delle lettere estreme per non debordare dal formato e che è stato montato dopo il tratto con le lettere e-g. La loro tecnica è il monocromo seppia con pochissima biacca; ambedue le tinte sono stese in tintura liquida e trasparente, in passaggi uniformi e privi di sbavature, come a velatura. Lo stile accentuatamente grafico sottolinea i profili serpeggianti con solchi d'ombra e accompagna con disegno minuzioso e rifinito anche le pelosità e le parti pennute degli esseri rappresentati.
Le lettere successive sono disegnate su una pergamena più consistente e chiara, simile a quella del resto del taccuino; si allineano parallele ai bordi verticali dei fogli su due registri: in particolare i registri con le lettere h-o e, rispettivamente, p-v che attraversano due fogli successivi (29v-30r) indicano che questa parte dell'a. è uno dei pochi gruppi di disegni sicuramente realizzati nel taccuino già composto nella forma attuale. Il modulo delle lettere è sensibilmente più basso e stretto rispetto alle lettere precedenti. L'esecuzione dei disegni è in colori chiari e brillanti, stesi a puntinature e striature in una tempera densa e coprente che mescola pochi colori puri quasi soltanto con la biacca. La taglia delle figure, animali compresi, è qui più snella, i movimenti più sciolti. Tecnicamente e stilisticamente questa parte dell'a. si assimila senza difficoltà al gruppo più consistente e tardo dei disegni del taccuino distribuito in tutti e quattro i fascicoli e rientra con esso nella eredità stilistica immediata di Giovannino de Grassi.
Unificano l'a. la completezza e coerente successione delle lettere e l'omogeneità dei motivi: si tratta di scene di corteggiamento, gelosia, duello, lotta cui partecipano umani, animali, esseri favolosi incastrati senza discontinuità uno sull'altro, di modo che la sostituzione della figurazione alla lettera è totale. Tranne che nella m (Annunciazione con angeli musicanti) e nella x (concertino di quattro strumenti), il tema rappresentato dagli incontri-scontri resta sempre indefinito e allusivo, talora accostandosi alla dimensione dell'allegoria e del simbolo, talora scendendo all'esibizione di violenza gratuita o allo sberleffo osceno, entro la tonalità costante dell'irreale sospensione della favola.
Il primo gruppo di lettere è dunque quanto resta di una serie alfabetica completa che fu tra i materiali a disposizione al momento di costruire il taccuino e che, forse per il cattivo stato di conservazione, poté essere recuperata solo in parte e fu per il resto completata copiando in policromia i disegni in stato peggiore. Sembra perciò necessario ammettere un unico prototipo perduto dal quale dipende la serie di Bergamo, senza perentoriamente escludere che di tale prototipo le lettere a-g di Bergamo costituiscano un frammento. Per la sua localizzazione resta plausibile, ma ardua da dimostrare, l'ipotesi di artista boemo influenzato da modelli francesi (Kurth, 1912); la data va invece arretrata a prima del 1400.
L'origine non italiana del modello dell'a. di Bergamo sembra confermata dalla fortuna che esso ha trovato principalmente in area tedesca. L'iniziale figurata gotica, che la miniatura lombarda adotta a date precocissime (Goffredo da Viterbo, Liber Pantheon, 1331 ca.; Parigi, BN, lat. 4895) e ricorrente con particolare frequenza nei manoscritti miniati da Giovannino de Grassi e dalla sua cerchia, si attiene sempre al tipo maiuscolo più caratteristico del 14° secolo. L'unico caso sinora individuato di una lettera della serie di Bergamo in funzione di iniziale si trova in una scultura: la lastra tombale di Guglielmo I Taunstein (m. 1452) abate dell'abbazia premostratense di Usberg, presso Augusta (Monaco, Bayer. Nationalmus.), la cui iscrizione comincia con la a minuscola figurata del taccuino. L'a. di Bergamo è stato però replicato con poche varianti e un netto aggiornamento dello stile intorno al 1466 in una serie a incisione a opera del c.d. Maestro ES (Monaco, Staatl. Kupferstichsamm., inv. nrr. 10885-10907), in due lettere complete (a, p) e due solo cominciate del taccuino degli Uffizi (inv. nr. 2264F r/v, 2265F r, 2266F r) e in un manoscritto tedesco del sec. 16° con sei a. diversi (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Ser. nov. 299, cc. 74-97).
In ambito bizantino si conoscono solo iniziali figurate che, stando ai manoscritti conservati, compaiono non prima del sec. 9° con timide sostituzioni di pesci e uccelli per parti di iniziali. Nel secolo successivo il gioco di sostituzione si fa più deciso e amplia il repertorio dei motivi con altri animali e anche figure umane costituendo un patrimonio di lettere maiuscole figurate quasi sempre allo stesso modo che, fissatosi sul cadere del sec. 12°, dura immutato sino alla fine del 14° secolo. Non ha però mai dato luogo a fenomeni né di scrittura greca figurata, né di a. greco figurato.
La mediazione bizantina è stata peraltro fondamentale per la comparsa della scrittura figurata nella miniatura armena, dove viene usata, a partire dalla fine del sec. 12°, come scrittura d'apparato, a complemento di grandi iniziali figurate con i simboli degli evangelisti in pagine incipit dei singoli vangeli in manoscritti dell'evangeliario. In questo impiego il valore è esclusivamente ornamentale: forme vegetali e geometriche possono essere sostituite o arricchite da uccelli vari e variopinti, pesci, quadrupedi diversi, talora anche da esseri umani o ibridi che le lettere condividono, del resto, con le ornamentazioni dei margini. L'uso della scrittura figurata, per la quale, anche quando i codici sono scritti nei tipi scrittorî più secchi e angolati, bolorgir, notrgir o della sbieca, sono di solito preferite le forme ampie e arrotondate della erkat'agir, entra come parte integrante in uno schema di illustrazione e decorazione dell'evangeliario che raggiunse le sue formulazioni più ampie e mature nella produzione del regno armeno di Cilicia della seconda metà del sec. 13°, a opera di artisti come T'oros Roslin (opere note dal 1256 al 1268), il pittore Yovasap', autore per la parte figurata del bellissimo Evangeliario 122 del Topkapı Sarayı Müz. a Istanbul (1273), o nei freschi e spiritosi disegni in inchiostri colorati velati ad acquarello dell'Evangeliario 278 della Bibl. der Mechitaristenkongregation di Vienna (fine sec. 13°). In quel periodo lo stesso schema decorativo viene adattato anche ad altri generi di manoscritti: bibbie (per es. Gerusalemme, Armenian Patriarchate Lib. of St Thoros, 1925, del 1269; Leningrado, Ermitage, VR 1011; Dublino, Chester Beatty Lib., 560, fine sec. 13°-inizio 14°), rituali o lezionari (per es. Erevan, Matenadaran, 979, lezionario del 1276), sino a fissarsi in formula che, pur avvivata, soprattutto nel sec. 14°, da maestri della levatura di T'oros di Taron (Hartford, Case Memorial Lib., Arm. 3, vangelo del 1307; Erevan, Matenadaran, 206 e 6289, vangeli del 1318 e del 1323) o Avetis (Vienna, Bibl. der Mechitaristenkongregation, 849, vangelo del 1342), viene soprattutto replicata fino al 17° secolo.
Alla miniatura armena si è attribuito il ruolo di tramite della lettera figurata nei confronti della scrittura ebraica. Ma le comparse sporadiche che essa vi trova a partire dal sec. 13°, con una leggera prevalenza in manoscritti di area sefardita, sembrano piuttosto fare riferimento, di volta in volta, ai rispettivi ambiti di cultura latina. Il caso più interessante sinora segnalato di scrittura figurata ebraica di età medievale è il colophon del miniatore della Bibbia di Cervera (1299-1300; Lisbona, Bibl. Nac., 72). Su cinque linee spaziate in una intera pagina (c. 449r), contornate e spartite da una doppia banda rossa che forma a tratti nodi e intrecci, la scritta in ebraico: "Io Giuseppe il Francese ho illustrato questo libro e lo ho completato" è giocata sul contrasto tra la impostazione solenne, da epigrafe, e il gioco scherzoso della sostituzione alle lettere di animali (uccelli, pesci, cani e altri meno definibili quadrupedi) che, interi o a segmenti, si affrontano, si ghermiscono, si sdoppiano e prolungano uno nell'altro, fiorendo in appendici vegetali e cambiando specie nel passaggio dai corpi alle teste in pochi casi con tratti umani. Il disegno seppia a penna, parcamente ombreggiato in guazzo rossastro, con pochi tocchi vermigli o indaco corrisponde alla tecnica prevalente nell'a. figurato latino del primo Trecento, mentre i motivi in parte derivano dalla scultura architettonica e dalla miniatura tardoromaniche, in parte echeggiano il repertorio decorativo mozarabico. Durante una lunga permanenza a La Coruña, la Bibbia di Cervera ispirò il miniatore ebraico Joseph ibn Chaim che nel 1476 firmò il proprio lavoro di decorazione della Bibbia Kennicot con una variazione del colophon di Joseph ha-tzorpati, innovando secondo il gusto del tempo i motivi che sostituiscono le lettere (Oxford, Bodl. Lib., Kennicot 1, c. 447r).
Come scrittura figurata, o come serie di iniziali in funzione di modello, l'a. figurato sembra avere almeno una costante che ne contrassegna le ricorrenze medievali in scritture e civiltà artistiche diverse: la netta predominanza o l'esclusività del ruolo di decorazione rispetto a possibili significazioni simboliche o allegoriche. Mentre è innegabile l'insorgere nelle lettere degli a. gotici latini di una dimensione narrativa con possibili, ma non necessarie implicazioni morali, tentativi di interpretazioni globali, svolti, per lo più, in base al principio acrofonetico, per cui scene o personaggi rappresentati simboleggerebbero la virtù, il vizio, il sentimento, l'emozione o la funzione sociale il cui nome comincia con la lettera corrispondente e che arrivavano a vedere negli a. figurati illustrazioni sistematiche della vita sociale e degli imperativi morali del tempo in cui sono stati eseguiti, oppure strumenti didattici, o persino cronache (Bühler, 1933; 1934; Omodeo, 1965), sono stati persuasivamente confutati (Debes, 1968).
Nell'ambito della scrittura latina i periodi di maggiore fortuna dell'a. figurato, in quanto decorazione che investe la scrittura, coincidono con i momenti di maggiore distanza della civiltà occidentale dal gusto per forme e contenuti dell'Antichità; se ne è indicato dunque il carattere anticlassico, ciò che vuol dire anche la perdita della leggibilità della scrittura perseguita nell'Antichità e ricreata nelle rinascenze classicizzanti del Medioevo mediante il ricorso ai modelli scrittorî antichi. Il valore proposto in alternativa era la solennizzazione cerimoniale della scrittura proprio nel momento in cui diventava meno leggibile ed era, di fatto, meno letta.
Ne è controprova il ritegno mantenuto nei confronti dell'a. figurato, così come dell'iniziale figurata, da scritture come l'araba - cui ambedue i fenomeni sono ignoti in sede di decorazione del manoscritto - l'ebraica e in buona misura anche la greca, corrispondenti a lingue in cui si era manifestata in forma scritta la rivelazione. La sacralizzazione conseguente aveva investito non solo la lingua, ma, in forma più specifica, la scrittura che, in quanto manifestazione divina, non poteva essere trasformata, 'sostituita', comunque confusa dalla decorazione, ma doveva essere riprodotta nel modo più accurato e fedele possibile. La calligrafia è in quelle scritture l'equivalente contrario della scrittura ornata che in ambito latino e, in minor misura, armeno ha trovato il limite estremo nell'a. figurato.
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di M. Bernardini
L'analisi degli a. figurati in ambito islamico deve inevitabilmente tenere presente il valore sacrale di cui fu investita la scrittura in quella civiltà; si può anzi dire che tale sacralità propose la scrittura quale forma d'arte massima laddove la pittura e la scultura erano solo tollerate se non decisamente proibite. Se il fenomeno degli a. figurati è di probabile origine copta, armena, greca o ebraica (Rice, 1955; Scerrato, 1966), la presenza di scritture figurate, soprattutto in manifestazioni artistiche di ambito iranico, testimonia il riproporsi di un sostrato culturale che mal sopportava le proibizioni iconoclastiche peculiari della prima civiltà arabo-islamica.
Le scritture figurate o abitate si trovano comunque quasi esclusivamente su oggetti di metallo nei quali questo genere conosce una certa prosperità sino al 13° secolo. Quattro tipi fondamentali di a. figurati caratterizzano queste decorazioni: il primo, òrnitomorfo', è l'unico ad avere un equivalente nell'ambito della ceramica in cui appare addirittura prima che sul metallo durante il periodo samanide; il secondo tipo consiste in teste umane rappresentate sull'estremità superiore delle lettere; il terzo, 'zoomorfico', vede la fusione di figure animali con il testo scritto; nel quarto tipo le lettere sono interamente trasposte in figure umane quali personaggi in convivio, bevitori, danzatori, uomini armati e scene di caccia (Baer, 1983).
Gli a. figurati sono presenti sia nella scrittura cufica, sia nei caratteri naskhī. Se il tipo ornitomorfo fa la sua apparizione già in epoca samanide, non ci sono esempi degli altri tre tipi precedenti al 12° secolo. La prima iscrizione con figure umane è infatti da segnalare nel celebre secchiello Bobrinski conservato all'Ermitage (nr. CA-12687). Si tratta di due fasce epigrafiche che riprendono entrambe lo stesso testo invocatorio. Tuttavia la fascia superiore è in scrittura animata, cioè costituita da figure che compongono interamente il corpo delle lettere, mentre la fascia inferiore ha soltanto delle piccole teste disposte all'estremità delle aste che caratterizzano le lettere dell'a. arabo. Il secchiello è del 1163 e proviene da ambito khorasanico (Herāt), quell'ambito in cui gli a. islamici conobbero la loro maggior fortuna (Kratchkovskaya, 1939; Scerrato, 1966; Baer, 1983). In un portapenne prodotto una cinquantina di anni dopo a Merv (Washington, Freer Gall. of Art, nr. 36.7), la stessa firma dell'artigiano (Shādhī) è composta con lettere figurate (Aga Oglu, 1943; Rice, 1955; Ettinghausen, 1957). Di ambito khorasanico è anche una brocca fittamente decorata, conservata a Modena (Gall. e Mus. Estense, nr. 6921), in cui la decorazione dei caratteri naskhī è vivificata da testine umane e animali (Scerrato, 1966). Alla fine del sec. 12° appartiene la celebre Wade Cup conservata a Cleveland (Mus. of Art). In essa compare una delle più interessanti iscrizioni figurate: si tratta di una vera e propria rappresentazione di una scena di caccia che solo attraverso un più attento approccio rivela il suo aspetto epigrafico. Rice (1955), che ha decifrato l'intera fascia, sottolinea il particolare sviluppo che quest'iscrizione testimonia rispetto a quella presente sul secchiello Bobrinski. Questo tipo di scrittura figurata è presente su numerosi altri oggetti in molti dei quali si trasforma in pseudo-scrittura conservando solo pochi gruppi di lettere decifrabili. Rice (1955), che ha studiato le caratteristiche di questo tipo di scrittura in ambito siro-mesopotamico, ne ha sottolineato lo sviluppo e il declino nel corso del 13° secolo.
La scrittura figurata scomparve definitivamente alla fine del sec. 13° quando venne sostituita dai più austeri naskhī e thulth mamelucchi che meglio corrispondevano allo spirito di quella dinastia.
Va infine sottolineato che l'idea dell'a. figurato trova un singolare parallelo nella letteratura poetica arabo-islamica: frequenti sono le descrizioni in versi di personaggi comparati a lettere quali l'alif, che rappresenta il bel giovane, o la curva dāl, comparata al vecchio. Così gli innamorati possono essere descritti dai poeti come una lām-alif, segno alfabetico quest'ultimo caratterizzato da un nodo che unisce nella parte inferiore le due aste della lettera alif e della lettera lām. Non è dunque improbabile che nell'immaginario musulmano le lettere avessero una loro 'corporeità' e che tale corporeità potesse essere trasposta anche in rappresentazioni iconografiche.
Bibliografia
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