alfabeto fonetico
Per alfabeto fonetico si intende l’insieme dei simboli impiegati per la rappresentazione grafica dei suoni di una lingua. La sua prerogativa essenziale è quella di associare in modo univoco un solo segno grafico a ogni fono (➔ fonetica). L’alfabeto fonetico prescinde infatti dai sistemi ortografici in uso nelle lingue: per questo motivo è l’unica forma di scrittura che non crei ambiguità o ridondanza.
L’esigenza di un sistema di codifica fonetica, avvertita dai linguisti sin dalla fine dell’Ottocento, ebbe origine dalla riconosciuta inadeguatezza dei sistemi di scrittura a rendere fedelmente i suoni delle lingue. Qualsiasi inventario grafematico non solo è meno ricco dell’inventario fonetico di una determinata varietà linguistica, ma tende a rimanere pressoché immutato nel tempo per via del suo carattere conservativo. Diversamente, la pronuncia di una lingua è sottoposta alla costante pressione di forze linguistiche ed extralinguistiche e tende perciò a mutare, talora in modo anche radicale, come avvenuto, ad es., in inglese. Anche in italiano le incongruenze tra grafemi e fonemi (➔ alfabeto), di ordine minore rispetto ad altre lingue, sono comunque numerose. Per es., il fonema /k/ è reso dai grafemi ‹c› (cane, oca), ma anche dai digrammi ‹ch› (chiedere) e ‹qu› (quale). A complicare il quadro, occorre considerare che lo stesso grafema ‹c› è usato anche per indicare suoni diversi, come [ʧ], es. luce > [ˈluːʧe].
Il sistema di trascrizione fonetica più diffuso è l’Alfabeto fonetico internazionale, comunemente indicato con la sigla IPA (dall’ingl. International phonetic alphabet). È un sistema convenzionale di notazione standardizzata di carattere universale, poiché consente la codifica articolatoria dei suoni di tutte le lingue del mondo. Viene periodicamente aggiornato, anche come effetto dello studio di lingue esotiche. Il raggio di applicazione dell’IPA è vasto; numerosi sono gli ambiti disciplinari, non esclusivamente linguistici, per i quali la trascrizione fonetica si è rivelata particolarmente vantaggiosa, come, ad es., il parlato patologico, la riabilitazione logopedica, la didattica delle lingue straniere, la dizione e, non ultima, l’implementazione di sistemi di sintesi vocale.
La prima versione dell’alfabeto fonetico, riconducibile all’odierno IPA, nacque nel 1888 a Parigi nell’ambito dell’Association phonétique internationale (API) ad opera di undici insegnanti francesi e inglesi. L’intento era soprattutto didattico: la trascrizione fonetica si proponeva quale strumento grafico per facilitare l’apprendimento della pronuncia delle lingue straniere. Tra i promotori dell’associazione occorre ricordare Paul Passy, Henry Sweet, Wilhelm Viëtor e Otto Jespersen.
Nel corso degli anni, l’associazione cambiò più volte denominazione, la lingua ufficiale passò da inglese a francese, ma il coinvolgimento degli studiosi in questa forma di trascrizione fu costante. Fu presto affiancata dalla pubblicazione del periodico «Le maître phonétique», edito dal 1889 al 1970, in lingua francese ed in trascrizione fonetica.
Da allora fino ai nostri giorni, l’organo ufficiale di diffusione dei criteri di trascrizione fonetica è il «Journal of the International phonetic association» (in sigla JIPA). I principi e le norme di codifica, come pure l’insieme delle tavole dei simboli IPA, periodicamente aggiornati, sono consultabili anche sul sito web http://www.langsci.ucl.ac.uk/ipa/.
L’alfabeto IPA è stato soggetto a revisione nel 1949, 1979, 1989, 1996 ed infine nel 2005. Fondamentale fu la revisione effettuata nel 1989 nell’ambito del Congresso di Kiel; in quell’occasione, da un lato furono aggiunti nuovi simboli e diacritici, dall’altro furono soppresse alcune ridondanze simboliche. Il manuale pubblicato nel 1999 Handbook of the International phonetic alphabet association. A guide to the use of the International phonetic alphabet costituisce una guida essenziale per gli utenti dell’IPA.
L’IPA è essenzialmente basato sui simboli dell’alfabeto latino (per es., b d g s l m); non mancano tuttavia simboli di altri alfabeti, come quello greco (per es., β δ ʎ) e altri di nuova creazione (per es., ɰ ɞ) ideati anche attraverso il capovolgimento di lettere già esistenti (per es., ɐ ə ʌ ʍ ɥ). Ampia è la lista dei diacritici, ovvero segni grafici che consentono di affinare la codifica e di raggiungere un alto grado di accuratezza; il loro uso è pertanto richiesto nella trascrizione fonetica stretta (➔ trascrizione fonetica).
La trascrizione fonetica segue regole proprie, diverse da quelle in uso nella pratica ortografica; la sequenza fonetica è racchiusa tra parentesi quadre, non si usano le maiuscole, non si pongono spazi tra le parole; la posizione dell’accento di parola è sempre indicata anteponendo il diacritico [ˈ] alla sillaba accentata (per es., [ˈpasta]), mentre la lunghezza di un fono, vocalico o consonantico, è indicata con il diacritico [ː]: matita > [maˈtiːta], pacco > [ˈpakːo].
I simboli dell’IPA sono raggruppati sotto forma di tavole; le sezioni che lo compongono sono le seguenti: Consonanti polmonari o egressive, Consonanti non polmonari o ingressive, Vocali, Diacritici, Altri simboli, Soprasegmentali, Toni e accenti di parola. Dal 1989 è presente anche una tavola denominata Extended IPA for Disordered Speech, pensata per la rappresentazione dei fenomeni relativi ai disturbi del linguaggio.
La tavola integrale dei simboli IPA, con riferimento alla revisione del 2005, è in fig. 1.
Convenzionalmente, le consonanti sono classificate per modi di articolazione lungo l’asse verticale e per luogo di articolazione su quello orizzontale. Tra le coppie di simboli consonantici, quello posto a destra denota sempre un segmento sonoro; quando è presente un solo simbolo esso è da intendersi come sonoro. È da sottolineare l’assenza del Modo articolatorio affricato, la cui trascrizione si avvale della congiunzione dei simboli occlusivi e fricativi. Il Modo approssimante è stato introdotto solo a partire dal 1979, indicando un’articolazione più aperta rispetto a quella fricativa; i suoni approssimanti, prima di quella data, erano classificati come semivocali, laterali non fricative o continue non fricative. Nella tavola delle consonanti, dal 1989, sono state visualizzate le aree articolatorie, evidenziate in grigio, ritenute impossibili da realizzare.
Il sistema IPA non prevede simboli specifici per nasali, laterali, vibranti e approssimanti sorde; specifiche realizzazioni non sonore sono tuttavia riproducibili attraverso l’uso dei diacritici.
Le vocali sono presentate in uno spazio trapezoidale che riproduce le dinamiche articolatorie implicate nella loro produzione, in primis gli spostamenti della lingua (➔ vocali). La brillante intuizione si deve a Jones (19578) il quale all’inizio del 1900 avvertì l’esigenza di definire la posizione delle vocali cardinali, un utile riferimento da cui poter derivare tutte le altre articolazioni. Nella Tabella IPA ogni vocale compare in coppia, a sinistra si ha sempre il fono non arrotondato, a destra quello realizzato senza protrusione labiale.
È presente anche uno schema dei simboli diacritici, segni speciali aventi la funzione di modificare, a scopo integrativo, l’articolazione del simbolo base, sia esso vocalico che consonantico.
Tra i diacritici più importanti segnaliamo:
[ ̥] indica desonorizzazione, totale o parziale, di un fono sonoro, es. [b̥]
[ ̬̬] indica sonorizzazione, totale o parziale, di un fono sordo, es. [s̬]
[h] indica aspirazione, es. [ph]
[w] indica labializzazione, es. [pw]
[j] indica palatalizzazione, es. [tj]
[y] indica velarizzazione, es. [ty]
[˜] indica nasalizzazione di un suono orale, es. [ã].
Tra i simboli soprasegmentali (➔ soprasegmentali, tratti), occorre menzionare almeno:
[ˈ] segnala l’accento lessicale di parola
[ː] indica la lunghezza di un fono.
In questo paragrafo sono descritti i simboli fonetici, vocalici e consonantici, adottati per la trascrizione dell’italiano. La descrizione ha come riferimento essenziale l’italiano normativo; non mancano tuttavia osservazioni sui principali allofoni (➔ allofoni) e varianti locali della nostra lingua. Per quanto concerne la modalità e le caratteristiche fonetiche dei fonemi che saranno di volta in volta illustrati, si rinvia il lettore alle singole voci articolatorie.
L’italiano ha sette timbri vocalici in posizione tonica, il sistema, a quattro gradi di apertura, è nel complesso ben distribuito e simmetrico, come evidente in fig. 2.
In tab. 1 per ogni vocale è riportato invece il simbolo IPA, i relativi grafemi impiegati nella pratica scrittoria insieme all’esatta specificazione articolatoria. I timbri mediani medio-alti e medio-bassi, ovvero [e], [ɛ], [o] e [ɔ], si oppongono nell’italiano standard solo in sillaba accentata.
L’italiano ha ventitré fonemi consonantici (➔ consonanti), il repertorio è simmetrico, se si eccettua la serie delle fricative prepalatali, in cui è presente solo il fono sordo [ʃ]. Le ➔ nasali, le ➔ laterali e le ➔ vibranti sono per definizione suoni sonori e costituiscono per questo la classe delle sonoranti.
Per quindici consonanti dell’italiano, per la precisione [p b t d k g f v s tʃ dʒ m n l r], vige un’opposizione distintiva di lunghezza, diversamente [z j w] sono sempre brevi (➔ fonologia), mentre [ʦ ʣ ʃ ɲ ʎ] sono lunghi in posizione intervocalica, tanto in corpo di parola che al confine di parola. L’inventario dei suoni consonantici dell’italiano classificati per modo e luogo di articolazione è in tab. 2. Tra parentesi quadre sono inseriti gli allofoni nasali labiodentale [ɱ] e velare [ŋ], la cui occorrenza è vincolata alla presenza di un segmento di pari luogo articolatorio, ossia rispettivamente [f v] e [k g].
Nelle tabb. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 per ogni Modo articolatorio è riportato il simbolo IPA, i corrispondenti grafemi impiegati nell’uso ortografico insieme all’esatta definizione articolatoria.
La fenomenologia delle occlusive nelle diverse varietà di italiano è vasta. Nel toscano centrale, le occlusive sorde e, in modo minoritario, anche quelle sonore si spirantizzano (➔ gorgia toscana; ➔ spirantizzazione), determinando il tratto di pronuncia più caratteristico e riconoscibile del parlato toscano. In alcune varietà di italiano meridionale sono altresì presenti occlusive aspirate (➔ aspirazione), rese nella grafia fonetica con l’aggiunta al simbolo base del diacritico [h], ad es., corto > [ˈkortho], e occlusive retroflesse, in IPA [ʈ ɖ], ad es., treno > [ˈʈɽɛːno]; questi suoni compaiono, per lo più, quale realizzazione fonetica dei nessi -tr-, -dr-, -str- o della sequenza latina -ll-.
In una vasta area dell’Italia centrale, /p t k/ manifestano un vistoso processo di lenizione (➔ indebolimento); il fenomeno, tipico del territorio romano, produce allofoni variamente sonorizzati, i quali nella trascrizione IPA sono rappresentati integrando al simbolo base il diacritico [ ̬̬], es., poco > [ˈpɔːk̬o].
La distribuzione contestuale del fonema [z] è piuttosto circoscritta, poiché ricorre, esclusivamente nell’italiano toscano, solo in contesto intervocalico, o prima di consonante sonora, ad es. [z]memorato. Il suono [ʒ], controparte sonora di [ʃ], non fa parte del repertorio consonantico della nostra lingua, ma compare in alcuni prestiti, in special modo francesismi, ad es. garage.
Nel toscano sono altresì presenti i suoni [φ θ x] e [β δ γ], allofoni fricativi rispettivamente di /p t k/ e /b d g/.
Tra vocali, la pronuncia delle affricate [ʦ ʣ] è sempre rafforzata, per es., azione > [aˈtːsjoːne]; parimenti lo è, nel medesimo contesto, la realizzazione di [ʤ] in tutte le varietà centro-meridionali: agile > [ˈadːʒile]. La trascrizione delle affricate geminate si effettua ponendo il diacritico [ː] dopo la fase occlusiva del suono, ovvero [tːs], meno spesso attraverso la ripetizione del simbolo occlusivo, per es. [tʦ]; la motivazione è fonetica, essendo proprio l’occlusione a manifestare, in contesto geminato, il maggiore grado di allungamento temporale.
Nel toscano, [ʧ] e [ʤ] perdono la fase occlusiva e l’esito finale è un suono fricativo breve: noce > [ˈnoʧe].
L’italiano ha due allofoni nasali, [ɱ] prima di consonante labiodentale (inverno > [iɱˈvɛrno]) e [ŋ] prima di segmento velare (banco > [ˈbaŋko]). Il suono [ɲ] è lungo tra vocali: ogni > [ˈoɲːi].
Il fonema [ʎ] si trova solo in posizione iniziale, ma esclusivamente nella parola gli e derivati, e nel contesto mediano; in quest’ultimo caso la sua realizzazione è rafforzata: foglia > [ˈfɔʎːa]. Nel centro-meridione il suono palatale è soventemente restituito dalla sequenza [l+j].
In italiano, questo modo di articolazione rende un suono polivibrante; tuttavia, nel parlato veloce la vibrante alveolare subisce una riduzione articolatoria realizzandosi il più delle volte come monovibrante. Diverse varietà di italiano settentrionale si caratterizzano inoltre per la presenza di una vibrante uvulare, [ʀ].
In italiano, le approssimanti sono brevi; ricorrono soltanto prima di vocale e concorrono alla formazione del dittongo; compaiono sia in sillaba tonica che in sillaba atona: fieno > [ˈfjɛːno], fienile > [fjeˈniːle].
Il fono [w] è arrotondato ed è per questo anche definito labiovelare; esso compare in combinazione con tutti i timbri vocalici, ad eccezione di /u/, per es. quadro, questo, quinto, quota.
Attualmente, l’IPA è l’alfabeto fonetico di più ampia diffusione internazionale. Tuttavia, in passato sono stati usati altri sistemi di trascrizione di cui è opportuno rendere conto, per completezza descrittiva, ma anche per offrire al lettore alcune chiavi d’interpretazione per meglio accedere alla consultazione di fondi bibliografici di più lunga data.
Il più importante sistema di trascrizione fonetica si è sviluppato in seno alla filologia romanza a partire dal XIX secolo: per questo è stato anche denominato alfabeto dei romanisti. In realtà, non si tratta di un sistema di trascrizione omogeneo, ma sarebbe più opportuno parlare di alfabeti dei romanisti, visto che le norme di trascrizione utilizzate, prevalentemente da dialettologi, glottologi e filologi, non sono sempre confrontabili. Fra questi il più diffuso è il sistema denominato Ascoli-Merlo, dal nome dei linguisti che lo idearono e rielaborarono nel tempo.
L’importanza di questi alfabeti fonetici in ambito romanzo, pur nella loro variabilità, è comunque innegabile, giacché è alla base delle trascrizioni fonetiche presenti negli ➔ atlanti linguistici, come l’AIS (Atlante italo-svizzero) nella Carta dei dialetti italiani (cfr. Pellegrini 1977), nel DOP (Dizionario di ortografia e pronuncia; cfr. Migliorini, Tagliavini & Fiorelli, 1969), come pure in molte pubblicazioni contenute in prestigiosi periodici italiani, ad es. «Archivio glottologico italiano» (AGI), «Italia dialettale» (ID), «Rivista di dialettologia italiana» (RID) e in diverse opere classiche, vere pietre miliari della tradizione linguistica italiana (cfr. Rohlfs 1966; Tékavčić 1972).
Il confronto tra i simboli dell’IPA e quelli dell’alfabeto dei romanisti non è agevole; la ragione di ciò è da ascriversi non solo ai formalismi impiegati, ma anche alla terminologia con cui la stessa classe di suoni può trovarsi designata. A titolo esemplificativo, in tab. 10 riportiamo alcuni simboli delI’IPA affiancati dai simboli usati più frequentemente nell’ambito della tradizione romanza.
Un sistema di trascrizione fonetica incentrato sull’IPA, ma significativamente integrato da una ricca messe di simboli, è stato proposto da Canepari (20063). Questo sistema definito canIPA, nell’intenzioni dell’autore avrebbe una maggiore efficacia descrittiva, poiché affinato nella sua potenzialità fonetica, e consentirebbe di superare l’inadeguatezza insita negli altri sistemi alfabetici.
L’applicazione di un alfabeto fonetico richiede sempre l’impiego di caratteri tipografici speciali; per migliorare la portabilità tipografica delle trascrizioni fonetiche è stata proposta una nuova forma di alfabeto, denominato SAMPA (Speech assessment methods phonetic alphabet) o nella sua versione estesa X-SAMPA (cfr. Wells 1994). SAMPA costituisce un compromesso metodologico tra le esigenze imposte da una rappresentazione fonetica e l’esigenza pratica della restituzione tipografica della trascrizione medesima. Questo sistema, molto semplificato in quanto costituito esclusivamente da codici ASCII, è stato collaudato in diversi programmi di ricerca europei; nel primo decennio del XX secolo è stato applicato anche in Italia per la trascrizione fonetica di corpora per progetti di ricerca di vasto respiro: «Archivio delle varietà di italiano parlato» (AVIP, cfr. Bertinetto 2001), «Archivio del parlato italiano» (API, cfr. Crocco, Savy & Cutugno 2003), «Italiano parlato» (I.Par., cfr. Albano Leoni 2003) e «Corpora e lessici di ltaliano parlato e scritto» (CLIPS).
Albano Leoni, Federico (2003), Tre progetti per l’italiano parlato: AVIP, API, CLIPS, in Italia linguistica, Anno Mille, anno Duemila. Atti del XXXIV congresso della Società di Linguistica Italiana (Firenze, 19-21 ottobre 2000), a cura di N. Maraschio & T. Poggi Salani, Roma, Bulzoni, pp. 675-683.
Bertinetto, Pier Marco (a cura di) (2001), AVIP. Archivio di Varietà di Italiano Parlato, Pisa, Scuola Normale Superiore, 4 CD-Rom.
Canepari, Luciano (1999²), MaPI. Manuale di Pronuncia Italiana, Bologna, Zanichelli (1ª ed. 1992).
Canepari, Luciano (20063), Manuale di fonetica, München, Lincom Europa.
Crocco, Claudia, Savy, Renata & Cutugno, Franco (a cura di) (2003), API. Archivio del Parlato Italiano, coordinatore A. Leoni Federico, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, DVD-Rom.
IPA (1989), The International phonetic association, report on the 1989 Kiel Convention, «Journal of the International Phonetic Association» 19, pp. 67-80.
Jaberg, Karl & Jud, Jakob (1928-1940), Sprach-und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, Zofingen, Ringier, 8 voll. (trad. it. parziale AIS. Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale, Milano, Unicopli, 1987, 2 voll.).
Jones, Daniel (19578), An outline of English phonetics, Cambridge, Heffer (1a ed. Leipzig - Berlin, Teubner, 1918).
MacMahon, Michael K.C. (1986), The International phonetic associa-tion. The first 100 years, «Journal of the International Phonetic Association» 16, pp. 30-38.
Migliorini, Bruno, Tagliavini, Carlo & Fiorelli, Piero (1969), DOP. Dizionario di ortografia e pronuncia, Torino, Eri.
Pellegrini, Giovan Battista (1977), Carta dei dialetti d’Italia, Pisa, Pacini.
Rohlfs, Gerhard (1966), Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti,Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 1° (Fonetica) (ed. orig., Historische Grammatik der Italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, A. Francke, 1949-1954, 3 voll.).
Tekavčić, Pavao (1972), Grammatica storica dell’italiano, nuova ed., Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1° (Fonematica).
Wells, John C. (1994), Computer-coding the IPA: a proposed extension of SAMPA, disponibile in formato PDF (www.phon.ucl.ac.uk/ home/sampa/ipasam-x.pdf).