ALFABETO (II, p. 372)
Le importanti scoperte archeologiche dell'ultimo decennio prebellico e il più approfondito esame che in seguito a queste si va facendo dei problemi connessi coll'origine e lo sviluppo degli alfabeti e degli altri sistemi di scrittura, obbligano a vedere sotto nuova luce il problema della formazione dell'alfabeto in generale e delle singole scritture alfabetiche in particolare.
La maggior parte degli studiosi faceva derivare l'alfabeto dalle scritture egiziane (sia dalla geroglifica sia dalla ieratica, o perfino dalla demotica); altri dalle scritture a caratteri cuneiformi (sia babilonese che assira, o anche sumera). Fra le altre teorie ricordiamo quella cretese, la cipriota, la hittita, la indogermanica, la teoria indigena, la teoria dell'origine mista, le varie teorie fisiologiche, ecc. Qualcuno, infine, vedeva il prototipo dell'alfabeto nei segni geometrici preistorici mediterranei.
Oltre trent'anni fa nacque la teoria sinaitica, secondo la quale l'alfabeto deriverebbe dalla scrittura egiziana, ma non direttamente, bensì attraverso la scrittura paleosinaitica, cioè la scrittura dei monumenti ritrovati fin dal 1904-05 nella penisola del Sinai. La scoperta, nel 1929 e negli anni seguenti, di una dozzina di iscrizioni antico-cananee, faceva nascere la cosiddetta missing-link theory, cioè la teoria che considera la scrittura antico-cananea come anello di congiunzione fra la scrittura paleosinaitica (oppure fra la scrittura egiziana) e l'alfabeto nord-semitico. Secondo un'altra teoria recente, l'alfabeto avrebbe avuto il suo prototipo nella cosiddetta scrittura pseudo-geroglifica delle iscrizioni scoperte a Byblos, dal 1929 a questa parte. È interessante rilevare che anche le prime iscrizioni redatte in caratteri alfabetici cuneiformi (v. ras shamra, in questa App.) sono venute alla luce nel 1929. Anche questa scrittura alfabetica cuneiforme è stata connessa col problema delle origini dell'alfabeto.
Secondo D. Diringer le scritture paleo-sinaitica, antico-cananea, pseudo-geroglifica di Byblos, e qualche altra di minore importanza, sono da considerarsi come alcuni dei tentativi fatti nel II millennio a. C. per creare una scrittura alfabetica; mentre l'alfabeto vero e proprio sarebbe nato nel secondo quarto del II millennio a. C. nel territorio dell'odierna Siria-Palestina. Esso sarebbe un'invenzione artificiale, ma i suoi creatori (che erano probabilmente Semiti del ramo nord-occidentale) avranno certamente tenuto il debito conto delle scritture egiziane, di quella babilonese, di quella cretese, dei segni geometrici preistorici, e via dicendo.
Storia dell'alfabeto. - La storia della scrittura alfabetica consiste essenzialmente in questi tre fatti essenziali: 1) diramazione delle diverse scritture; 2) adattamento degli alfabeti ai diversi linguaggi; 3) trasformazione esteriore delle lettere. Questi tre fatti sono, però, strettamente connessi l'uno coll'altro. Qui non ci occuperemo che del primo punto.
Ramo sud-semitico. - Il problema delle origini degli alfabeti sud-semitici è ancora aperto. È assai probabile che essi debbano risalire ad un prototipo proto-sudsemitico - forse attribuibile al terzo quarto del II millennio a. C. - che aveva qualche relazione ancora incerta coll'alfabeto nord-semitico. A questo ramo appartenevano: a) gli alfabeti sud-arabici: sabeo (dal quale derivò l'alfabeto antico-etiopico, prototipo dell'alfabeto etiopico, dal quale a sua volta si sviluppò la scrittura amarica), mineo, himjaritico, qatabanico e hadramautico; e b) gli alfabeti nord-arabici: thamudeno, dedanico-liḥjanitico e ṣafaitico.
Alfabeto nord-semitico. - Tutte le altre scritture alfabetiche, sia quelle esistite sia quelle esistenti, sembrano essere derivate, direttamente o indirettamente, dall'alfabeto nord-semitico. Questo si può distinguere in due rami principali:
1. Ramo cananeo. 1° gruppo: alfabeti fenicio, cipro-fenicio sardo-fenicio, punico o cartaginese, e neo-punico. Dagli ultimi due derivarono, con certe influenze locali, gli alfabeti libici (paleo-libico o numidico, libico-berbero e tifīnagh) e iberici (ispano-citeriore o iberico nel senso stretto della parola, e turdetano o andaluso-turdetano). 2° gruppo: alfabeti antico-ebraico, moabitico, ammonita e edomitico. Dal primo derivarono la scrittura delle antiche monete giudaiche e l'alfabeto samaritano.
2. Ramo aramaico. Le scritture derivate dall'alfabeto antico aramaico possono essere classificate nei seguenti sei gruppi: 1. ebraico quadrato, prototipo della scrittura ebraica moderna e delle sue numerosissime forme corsive medievali e moderne; 2. nabateo-sinaitico-arabico (con le sue numerosissime varianti corsive); 3. palmireno; 4. siriaco (estrangelā, giacobitico o serṭā, nestoriano e melchita); 5. mandeo; e 6. manicheo.
Alfabeto greco e scritture derivate. - La storia dell'alfabeto greco e di quello latino hanno attirato, negli ultimi quindici anni, l'attenzione di non pochi studiosi. Per quanto riguarda l'antichità dell'alfabeto greco; B. L. Ullmann e R. Carpenter, polemizzando tra loro, avevano stabilito dei termini abbastanza lontani: sec. XII (Ullmann), seconda metà del sec. VIII (Carpenter). Oggi gli studiosi preferiscono in generale, con ragione - come sembra -, una via di mezzo: sec. IX-X. Infatti; se è impossibile risalire al sec. XII per essere in quell'età i mari della Grecia dominati dalla talassocrazia achea escludente naturalmente quella fenicia, riesce assai difficile scendere alla fine del sec. VIII, specialmente perché le più antiche iscrizioni alfabetiche rinvenute nella Grecia e nelle colonie greche d'Italia (fra queste la celebre iscrizione su tavoletta eburnea di Marsiliana d'Albegna, in sostanza un alfabeto modello di tipo cumano, ossia calcidese) ci dimostrano, per la notevole evoluzione di alcuni loro caratteri, come sia necessario risalire ad epoca più antica. D'altra parte la data tra la fine del X e il IX sec. si adatta benissimo con quanto sappiamo sull'incremento del commercio fenicio nei mari della Grecia. Riguardo poi alla località dove l'alfabeto fenicio possa aver dato luogo, con le note modíficazioni (segni adattati all'espressione delle vocali, eliminazione delle sibilanti superflue, ecc.), al più antico alfabeto greco, si pensa oggi generalmente a Creta, centro - a quei tempi - del commercio e della cultura nel Mediterraneo orientale, e dove infatti le più antiche iscrizioni greche presentano il tipo di alfabeto "verde", cioè - secondo la classificazione del Kirchhoff - ancora privo dei segni complementari; sebbene alcuni, più sottilmente; preferiscano riconoscere un alfabeto "verde" ancora più antico nella non lontana isola di Tera, che sarebbe così culla dell'alfabeto greco. Comunque Creta ebbe certamente una parte attivissima nella diffusione dell'alfabeto, che per le vie del commercio cretese dové essere importato più o meno rapidamente nelle altre terre, continentali ed insulari, della Grecia. Le città greche poi trasmisero l'alfabeto alle proprie colonie della Sicilia e dell'Italia meridionale, una delle quali, la calcidese Cuma, avanguardia della cultura greca in Italia e anello di congiunzione fra la cultura greca e quella etrusca, ebbe - come ormai sembra certo - il merito di dare origine, forse attraverso l'alfabeto etrusco, all'alfabeto latino. Molti particolari della storia dell'alfaeto greco nella Sicilia e nell'Italia sono ancora oggetto di controversie o attendono di essere indagati. Così non sono ancora del tutto chiariti i rapporti di alcuni alfabeti locali con quelli delle rispettive città greche colonizzatrici (tipico è il caso dell'alfabeto siracusano; evidentemente non corinzio) e gl'influssi che gli alfabeti delle varie città siceliote ed italiote possono avere esercitato gli uni sugli altri. Parimenti sono ancora oggetto di studio i rapporti fra l'alfabeto greco e quello etrusco; dove il Pareti ha dato recentemente, non senza ragione, una parte notevole anche all'attività commerciale di Focea.
L'alfabeto greco divenne prototipo degli alfabeti che possono essere classificati nei seguenti gruppi: 1. etrusco (con le varianti: nord-etrusca, etrusco-campana, ecc.), dal quale derivarono gli alfatieti italici (piceno, umbro, osco, falisco, siculo, ecc.), e messapico; 2. asianico (paleo-frigio, pamfilio, licio, lidio e cario); 3. copto e nubico; 4. le scritture antico-slave: glagolitica (colle sue varianti: bulgara e croata) e cirillica, la quale a sua volta divenne prototipo delle scritture: russa, antico-rumena, russa bianca, ucraina, serba, bulgara; siriena, ossetica, ecc.; 5. gotico, creato dal vescovo Wulfila (da non confondersi con la cosiddetta scrittura gotica adoperata attualmente nei paesi tedeschi, e che non è se non una variante dell'alfabeto latino); 6. tre scritture locali albanesi.
Alfabeti runici e ogamici. - Le origini delle rune non sono ancora chiare. Esse sembrano essere derivate dall'alfabeto nord-etrusco con certe influenze dell'alfabeto latino. L'origine degli alfabeti ogamici (le scritture degli antichi Celti dell'Irlanda e del Galles, e dei misteriosi Pitti della Scozia), è pure molto oscura. Pare, tuttavia, che essi fossero un'invenzione locale dei druidi, ispiratisi in parte all'alfabeto latino e in parte alle rune.
Alfabeti del Medio e dell'Estremo Oriente. - I seguenti alfabeti nonsemitici dell'Asia centrale ed orientale derivarono, direttamente o indirettamente, dagli alfabeti aramaici: la scrittura indiana kharosḥṭhī; gli alfabeti iranici (varianti: pahlavica arsacide, pahlavica sassanidica e pahlavica orientale; pahlavi dei libri; avestica o pazand); sogdiano; paleoturco o kök turco (derivato probabilmente da una delle due precedenti) che, a sua volta, fu il prototipo della scrittura antico magiara. Dall'alfabeto sogdiano derivò la scrittura uigurica, dalla quale poi si diramò la scrittura kalica o galica, prototipo della scrittura mongolica. Questa, a sua volta, divenne il prototipo delle scritture: calmucca, manciù e buriatica.
Le origini delle scritture armene (due tipi: maiuscolo e minuscolo), di quelle georgiane (khutsuri in due forme: maiuscola e minuscola, e mkhedrulï), e degli antichi Albani caucasici, non sono ancora chiarite del tutto: esse sembrano connesse con le scritture pahlaviche, ma non è esclusa una certa influenza dell'alfabeto greco.
Alfabeto brāhmī e le scritture derivate. - Tutte le scritture indiane, ammontanti forse a 200, con la sola eccezione della kharoshthī (v. sopra), derivano dalla brāhmī, le cui origini sono state vivacemente discusse da scienziati e pseudo-scienziati. Secondo il Diringer la brāhmī si formò nel secolo VIII o VII a. C. dall'alfabeto antico aramaico. Le scritture indiane si possono dividere in sei gruppi principali: 1. scritture arcaiche (fino al IV sec. d. C.); 2. scritture nord-indiane (IV-XIV sec. d. C.): 3. scritture moderne nord-indiane; 4. scritture moderne nord-occidentali; 5 scritture indiane meridionali; 6. scritture miste.
Alfabeti dell'Indocina, dell'Indonesia e delle Filippine. - Alcune antiche scritture dell'India meridionale divennero prototipi di diverse scritture antiche o moderne dell'Indocina (Cham, Khmer, Mon, birmanica, Pyu, siamese, Lao, Khamti, Aitonia, ecc.), dell'Indonesia (giavanese, Batak, Regiang e Lampong di Sumatra; Macassar e Bugi dell'isola di Celebes) e delle Filippine (le antiche scritture, estinte fin dal sec. XVII, tagala, bisaya, Pangasinan, Ilocano, Pampangan; e le scritture ancora usate dai primitivi indigeni delle isole di Mindoro e Palawan: Tagbanna e Mangyan, quest'ultima con diverse varianti).
Bibl.: In generale D. Diringer, L'alfabeto nella storia della civiltà, Firenze 1937; id., The Alphabet, a Key to the History of Mankind, Londra-New York 1948 (con vasta bibliografia). - In particolare per l'alfabeto greco e latino, v.: R. Carpenter, in Amer. Journ. Arch., XXXVII (1933), p. 8 segg.; B.L. Ullmann, ibid., XXXVIII (1934), p. 359 segg.; A. Rehm, in W. Otto, Handbuch der Archäol., Monaco 1937, p. 191 segg.; R. Carpenter, in Amer. Journ. Arch., XLII (1938), p. 58 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Greci, I, Firenze 1939, p. 332 segg.; M. Guarducci, in Studi Etruschi, XIV (1940), p. 281 segg.; R. Carpenter, in Amer. Journ. Arch., XLIX (1945), p. 452 segg.; S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente, Firenze 1947, p. 261 segg.; L. Pareti, La tomba Regolini-Galassi, Città del Vaticano 1947, p. 491 segg. Alle poche iscrizioni arcaiche di Sicilia già conosciute, una importante, del territorio di Camarina, è stata aggiunta da G. Pugliese-Carratelli, in Not. Scavi, 1942, p. 321 segg.; una nuova lettura della celebre iscrizione dell'Apollonion di Siracusa dà M. Guarducci, in Archeologia classica, I.