Alfano di Salerno, Santo
A. I, arcivescovo di Salerno, nacque da una nobile famiglia longobarda intorno al secondo decennio del sec. 11° e morì nel 1085. Fu autore di odi, poemi sacri e trattati di medicina e committente del duomo di Salerno, dedicato a s. Matteo. Fra le sue odi quella in onore di Ildebrando (poi papa Gregorio VII) esprime l'ideale di quella renovatio Romae che impronta anche il duomo. Alla sua morte il duca normanno Ruggero sostenne la candidatura di un Alfano II, che allora era custos della chiesa di S. Massimo di Salerno; l'omonimia fu la causa dell'attribuzione ad Alfano II di una parte delle opere relative alla decorazione del duomo.
A. I fu dapprima monaco nel monastero di Santa Sofia di Benevento (1054) e quindi nell'abbazia di Montecassino, di cui divenne abate nel 1057, per accettare poi, nel 1058, la carica di arcivescovo di Salerno offertagli dal principe Gisulfo II (1052-1077). Fu consacrato da Federico di Lorena che aveva incontrato nel cenobio cassinese e che nel frattempo era divenuto papa col nome di Stefano X. Nel 1062, A., insieme a Bernardo cardinale di Palestrina, fu invitato ad accompagnare Gisulfo II in pellegrinaggio in Terra Santa, ma appena giunti a Costantinopoli, Gisulfo rivelò quello che era in realtà il vero proposito del viaggio: tentare di stringere un'alleanza con l'imperatore Costantino X, offrendo i due religiosi come ostaggi. Bernardo morì poco dopo, mentre A. riuscì a far ritorno a Salerno dopo aver composto l'epitaffio riportato sulla tomba di Bernardo, sepolto nel monastero degli Amalfitani di Costantinopoli. Tuttavia A. compose poi un panegirico del principe Gisulfo esaltandone la figura tra i grandi dell'Impero romano: "solus haberis ex mundi dominis rite superstes" (PL, CXLII, col. 1256), invitandolo a muovere guerra all'Impero d'Oriente e a mettere sul trono di Bisanzio suo fratello. Il vigore della polemica antibizantina non influì però sulla passione che A. mostrò nei confronti della cultura e dell'arte dell'Oriente tanto che celebrò la nuova basilica di Montecassino sostenendo che poteva reggere il confronto con Santa Sofia di Costantinopoli (PL, CXLVII, col. 1238; Acocella, 1963). L'ammirazione che A. dichiarò di avere per la cultura greca lo portò a tradurre in latino il Πεϱὶ ϕύσεωϚ ἀνθϱώπου di Nemesio d'Emesa. A Montecassino A. presentò poi Costantino l'Africano all'abate Desiderio (poi papa Vittore III) che accolse il famoso traduttore offrendogli così la possibilità di continuare a tradurre e scrivere opere di medicina, una delle quali - il De stomacho - fu dedicata allo stesso A. (Bloch, 1986). A. fu anche un attivo studioso di medicina come è dimostrato dalle sue opere sul polso e sulle complexiones degli umori (Tractatus de pulsibus; De quattuor humoribus). Da Cassino, l'arcivescovo portò a Salerno la cultura canonistica elaborata all'interno dell'abbazia, testimoniata anche da Pier Damiani con cui egli fu in contatto (Cowdrey, 1983).
Durante il suo episcopato, in corrispondenza con il movimento per la riforma della Chiesa, molte chiese private vennero donate al nuovo arcivescovo e tra queste S. Grammazio, S. Vito alla platea maior e S. Vito prope litus maris (Delogu, 1977). Negli anni successivi alla conquista normanna, a Salerno si sviluppò notevolmente il culto dei santi proprio a opera di A. che ne rinvenne le reliquie e ne curò le tumulazioni; furono ritrovate non solo le reliquie dei ss. Fortunato, Gaio e Anthes, del martire Felice e dei ss. Cirino e Quingesio, ma anche quelle di s. Matteo apostolo, che erano state portate a Salerno da Gisulfo I nel 954. Il ritrovamento delle reliquie dell'evangelista fece sì che lo stesso Gregorio VII si rallegrasse con A., che approfittò di tanto entusiasmo per proporre la costruzione di un monumento che manifestasse tutta la santità e lo splendore di Salerno (Delogu, 1977): una nuova cattedrale che potesse accogliere le reliquie di s. Matteo. Dopo che nel 1076, sconfitto Gisulfo, Salerno divenne capitale del regno normanno, A. fece così erigere l'attuale cattedrale; la costruzione iniziò nel 1080 con il patrocinio di Roberto il Guiscardo che è ricordato come committente da alcune iscrizioni - sembra siano versi dello stesso A. - che figurano sul portale centrale: "A duce Robberto donaris apostole templo / [p]ro meritis regno donetur et ipse superno", sul portale dell'atrio: "Dux et Iordan(us) dignus princeps capuanus / regnent eternum cum gente colente Salernum" e sotto il frontone della facciata: "M(atthaeo) a(postolo) et evangelistae patrono urbis Robbertus dux R(omani) Imp(erii) maxim[us] triumphator de aerario peculiari" (D'Onofrio, Pace, 1981). La cattedrale fu poi consacrata da papa Gregorio VII che si era rifugiato a Salerno in cerca di aiuto contro l'imperatore Enrico IV.
A., che aveva assistito alla costruzione della nuova basilica di Montecassino e nel 1071 era presente alla celebre cerimonia organizzata da Desiderio per inaugurare la nuova abbazia, conoscendone il significato innovativo decise di costruire un edificio esemplato sulla basilica desideriana, dove, sull'arco trionfale spiccavano i versi composti dallo stesso A. per celebrare l'opera di Desiderio e l'Ordine benedettino (Lentini, Avagliano, 1974). La cattedrale di Salerno con le sue tre navate - di cui quella centrale molto larga - il santuario altissimo, le tre absidi che ne coronano il fondo, il quadriportico d'accesso, riprende esattamente quegli elementi di esaltazione della romanità che Desiderio aveva introdotto a Montecassino ispirandosi alle basiliche paleocristiane di Roma. L'elemento di romanità a Salerno è evidente anche nella presenza di numerosi elementi di spoglio: colonne, capitelli, architravi.
Della tipologia cassinese A. modificò un solo carattere: le dimensioni, che vennero quasi raddoppiate - nonostante i problemi tecnici ed economici che una tale soluzione comportava - per esaltare l'importanza di Salerno. L'imitazione di modelli aulici che caratterizzò gli stili dei mosaicisti neocampani che lavorarono per gli arcivescovi A. e Ugo di Capua appare sia nei mosaici del duomo di Salerno, sia in quelli della cattedrale di Capua (Guiglia, 1978). In realtà l'intera decorazione del duomo è attribuita sia ad A. I (Schiavo, 1939; Crisci, Campagna, 1962), sia al suo successore Alfano II (1085-1121).
Bibliografia
Fonti:
Nemesii episcopi Premnon Physicon, sive Πεϱὶ ϕύσεωϚ ἀνθϱώπου liber a N. Alphano archiepiscopo Salerni in latinum translatum, a cura di C. Burkhard, Leipzig 1917.
Tractatus de pulsibus Alphani salernitani, a cura di P. Capparoni, Roma 1936.
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Letteratura critica:
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S. Ortolani, Inediti meridionali del Duecento, BArte, s. IV, 33, 1948, pp. 295-319.
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H. E. J. Cowdrey, The Age of Abbot Desiderius - Montecassino, the Papacy and the Normans in the Eleventh and Early Twelfth Centuries, Oxford 1983.
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