ALFANO I, arcivescovo di Salerno
Nacque tra il 1015 e il 1020 da nobilissima famiglia, congiunta per sangue alla dinastia principesca. Nato dopo alcuni fratelli, fu destinato al sacerdozio; iniziato nelle sacre dottrine, nella celebre scuola medica, fiorente allora nella sua città, apprese, oltre la medicina, la grammatica, la poesia e la musica. Con orgoglio assistette alla non mai vista grandezza, a cui Guaimario V elevò il principato salernitano; e, quando una vasta congiura, cui non furono estranei gli stessi fratelli di Alfano, tolse atrocemente la vita a quel principe (3 giugno 1052), quella catastrofe egli pianse come la rovina d'ogni decoro della stirpe langobarda.
Venuto presto in fama di grande dottrina, dal monaco beneventano Desiderio (poi celebre abate di Montecassino e in ultimo papa col nome di Vittore III) fu indotto a farsi monaco. Da monaco e insieme con Desiderio passò qualche tempo nel monastero di S. Sofia di Benevento; poi, col consenso di Vittore II, si stabilì a Montecassino (1056). Quivi con Desiderio e con Federico di Lorena contribuì efficacemente alla gloria che l'abbazia si acquistò nell'XI secolo come centro di studî.
Ma, dopo poco più d'un anno, dovette abbandonarla, prima pel governo del monastero benedettino della sua città natale, poi per l'arcivescovado salernitano concessogli da Federico di Lorena, che nel frattempo era divenuto papa Stefano IX (marzo 1038) Come arcivescovo, Alfano intervenne ai concilî lateranense, di Melfi, di Benevento, dove si disputò di eresie, di vizî del clero, di riforme, di diritti del papato, e dove egli si strinse in amicizia con Ildebrando. Ebbe più tardi ad accompagnare il suo principe Gisulfo II, che, simulando un pio pellegrinaggio a Gerusalemme, si recò invece a Costantinopoli per patteggiare con quell'imperatore una vasta lega contro i Normanni (1062). E lì, con dolorosa sorpresa, fu dal principe lasciato in ostaggio. Ma, riuscito ad evadera e a rimpatriare, si rifugiò presso Roberto Guiscardo, finché il ritorno del papato alla politica antinormanna non lo riconciliò col suo signore. Partecipò dopo d'allora al nuovo concilio di Melfi (1067) e a quello di Salerno nell'anno successivo, alla pomposa e celebre consacrazione della nuova chiesa di Montecassino (1071) e all'ancor più importante concilio romano del 1074.
Poi, costretto Gregorio VII ad allearsi coi Normanni e da questi assediata Salerno (1076), ne uscì l'arcivescovo, riparando al campo nemico, e insieme coi vincitor; rientrò nella sua città, che divenne come la capitale del vasto dominio di Roberto Guiscardo (1077). Quindi, a richiesta dell'uno e con assenso dell'altro, fu eretta la monumentale cattedrale di S. Matteo in Salerno, che accolse pochi anni dopo, a distanza di cinque mesi, la salma del grande pontefice, che l'aveva consacrata ímorto il 25 maggio 1085), e quella dell'arcivescovo, che l'aveva voluta (morto il 9 ottobre 1085). Ad A. successe Alfano II (1086).
Questi i momenti culminanti nella vita di Alfano. Ma la sua importanza maggiore sta nella sua produzione poetica, che menzionarono con onore i due primi storici di Montecassino, Leone Marsicano e Pietro Diacono. E già allo stesso Alfano l'abate Desiderio aveva commesso la composizione di quella prima storia. Ma egli non si sentì pari a quel compito e se ne sottrasse. L'abbazia ne conserva i versi in due codici, donde in gruppi di varia grandezza vennero, dal Cinquecento in giù, quasi tutti vedendo la luce per opera del Martinengo, del Baronio, del Pellegrino, del Mabillon, del Surio, dell'Ughelli, del Lippomann, dei Bollandisti, del Caravita, dell'Ozanam, del Giesebrecht, dello Schipa. Trattano in massima parte argomenti sacri; ma, tra i luoghi comuni e le astruserie teologiche dei contemporanei componimenti del genere, offrono spunti talora di vera poesia. Scritti in lingua schiettamente latina, con gusto formato nello studio dei classici, abbondano generalmente di reminiscenze classiche; presentano un'infinita quantità di frasi, d'immagini, di sentenze tolte di peso dalle opere di Virgilio, di Orazio, di Ovidio, di Giovenale. E talora, come nel carme De Casino Monte, riescono ad essere vere e proprie fonti storiche.
Ma questo valore storico contengono in assai maggiore misura i componimenti di carattere profano. Giacché, ricco come fu di aderenze, molti egli lodò o biasimò, consigliò o derise vivi, in epigrammi, in odi, in elegie; celebrò morti in epitaffî (epitaphia quam plurima virorum insignium disse composti da Alfano, Pietro Diacono). Ne ricevono lume non pochi personaggi storici, come parecchi membri della famiglia comitale dei Marsi, il duca Adenolfo di Gaeta ed altri. Ma sotto questo aspetto emergono sopra tutti gli altri componimenti quelli indirizzati Ad Hildebrandum archidiaconum romanum, Ad Gisulphum principem salernitanum e, anche più importante, Ad Guidonem fratrem principis salernitani.
Bibl.: M. Schipa, Alfano I arcivescovo di Salerno, Salerno 1880; id., Storia del principato longobardo di Salerno, Napoli 1887; G. Falco, Un vescovo poeta del sec. XI. Alfano di Salerno, in Arch. soc. romana st. patria, XXXV (1911), pp. 439-481; M. M. Manitius, Gesch. der latein. Literatur des Mittelalters, II, Monaco 1923, pp. 618-637.