Vedi ALFEDENA dell'anno: 1958 - 1994
ALFEDENA (Aufidēna)
Antica città nell'odierna provincia di Aquila, già abitata dalla tribù sannitica dei Caraceni (Tol., iii, 1, 66) situata nella valle del Sangro in località montuosa dell'Appennino abruzzese, ai piedi del Meta; la posizione di A., circondata da alte montagne, malgrado le comunicazioni possibili con l'Adriatico attraverso il Sangro e con il Tirreno attraverso il Volturno, determinò lo sviluppo e la persistenza di una civiltà caratteristica di un popolo guerriero che mantenne i suoi usi, costumi, riti, intatti fino alla dominazione romana, come testimoniano i resti di una grande necropoli. La città sannita si estendeva su più cime e nelle vallette a queste interposte: una vera e propria acropoli occupava due cime (a m 1174 e 1153) che racchiudono una valletta detta del Curino o Quirino (m 108o), nella quale doveva essere il Foro. La città era cinta da mura massicce di blocchi informi di calcare uniti col fango, ammassati in maniera "ciclopica" secondo il sistema primitivo di architettura militare che trova riscontro in altre mura di città peligne.
Nella valle del Curino sono stati trovati oggetti varî (fibule in bronzo, pendagli, anfore, lucerne di terracotta) e resti di edifici; sono state dissepolte tre strade e tre porte che univano la città alla necropoli: l'accesso principale era a S, all'imbocco del Curino. I resti di un acquedotto rivelano affinità con quelli di alcune città cretesi. Un luogo di culto fuori dall'area delle mura ha restituito frammenti di metope incise schematicamente, datate al periodo romano repubblicano, e due colonne corinzie del I-Il sec. d. C.
La necropoli, fuori le mura, ha una estensione molto vasta: di essa è stato dissotterrato soltanto un terzo che ha restituito 1400 tombe; le sepolture, distribuite irregolarmente, sono a inumazione: le fosse più antiche hanno le pareti rivestite di lastre di pietra grezza che più tardi saranno sostituite da grossi tegoloni. Non sono state trovate epigrafi; il materiale di accompagnamento è composto di oggetti di bronzo, osso, avorio, legno, ceramiche di fabbrica locale e importate: vasi di bucchero grossolano, alcune oinochòai a vernice nera del tipo detto etrusco-campano. La mancanza di vasi greci è totale. Sono stati trovati molti vasi di bronzo. Gli ornamenti personali sono molto vari, quasi tutti in bronzo: braccialetti, collane, anelli, fibule.
Per la presenza di tanti oggetti di bronzo A. è considerata come un derivato della civiltà neolitica, con influenza dell'Oriente ellenico tramite l'Illiria, regione con la quale, durante l'Età del Bronzo, le relazioni commerciali erano relativamente facili; pur appartenendo ad un periodo abbastanza avanzato dell'Età del Ferro (metallo di uso generale nelle armi), la posizione segregata di A. fece sì che la città rimanesse fedele a molte sue tradizioni che rappresentano gli ultimi sprazzi della civiltà sabellica e conservasse usi e costumi precedenti. I confronti con la necropoli di Suessola (v.) ci inducono a porre le parti più antiche della necropoli di A. al VI sec. a. C., le più recenti al III. Dopo questo periodo la civiltà indigena di A. non ha lasciato più tracce perché dopo il 199 a. C. (Liv., x, 12), A., ultimo baluardo sannita, dopo accanita resistenza fu vinta dai Romani. Del periodo romano abbiamo scarse notizie; nell'area della città sono state trovate monete repubblicane e imperiali fino a Valentiniano I. La suppellettile scoperta è in gran parte raccolta al Museo Civico Aufidenate.
Bibl: C. Mariani, A., in Mon. Ant. Lincei, X, p. 226; Not. Scavi, 1901, p. 442; 1902, pp. 516-525.