Orsini, Alfonsina
Nacque a Napoli nel 1472 da Roberto di Carlo, conte di Tagliacozzo e d’Alba, e dalla sua seconda moglie Caterina Sanseverino, dei conti di Capaccio. In mancanza di elementi più precisi, la data di nascita si basa su una lettera scritta a Lorenzo de’ Medici – da Napoli, il 23 novembre 1486 – da Bernardo Rucellai, il quale, a proposito di Alfonsina, afferma che non aveva «più che XIIII anni» (Archivio di Stato di Firenze, Archivio mediceo avanti il Principato. Inventario, pp. 49, 60).
Il padre, morto di peste nel giugno del 1479, era stato un valoroso capitano al servizio soprattutto del re di Napoli Ferdinando I d’Aragona – meglio conosciuto come Ferrante –, e proprio il legame con questo sovrano spiega il nome dato alla figlia, in omaggio al padre e al figlio di Ferrante, entrambi chiamati Alfonso.
In coincidenza con l’arrivo a Napoli dell’ambasciatore fiorentino Bernardo Rucellai, nell’autunno del 1486, Alfonsina fu candidata alle nozze con Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. A orientare la scelta su di lei c’erano, oltre alla prospettiva di una ricca dote, motivi politici: i Medici si proponevano non solo di rinsaldare i vincoli con il re di Napoli, ma anche di legarsi più strettamente con gli Orsini, i quali, annoverando tra loro diversi capitani militari, potevano ovviare alla mancanza di un apparato militare autonomo, che tradizionalmente affliggeva lo Stato fiorentino.
Le trattative prematrimoniali furono lunghe, soprattutto per quanto riguardava le clausole della dote, che fu infine fissata in 12.000 ducati napoletani, un ammontare molto superiore agli standard vigenti a Firenze e nella stessa famiglia Medici. A sua volta Alfonsina avrebbe ricevuto, secondo l’uso napoletano, una controdote di 4000 ducati. Fu necessaria anche una speciale dispensa pontificia, in quanto gli sposi avevano rapporti di parentela: Roberto Orsini era infatti fratello di Maddalena, suocera di Lorenzo de’ Medici.
Il 25 febbraio 1488 nella sala grande di Castel Nuovo si giunse al matrimonio per procura, e poco dopo la sposa si mosse verso Firenze, accompagnata dalla madre e dal seguito. Dall’unione nacquero due figli che raggiunsero l’età adulta: Clarice, il 14 settembre 1489, e Lorenzo, futuro duca di Urbino, il 12 settembre 1492; di una terza figlia, Luisa, nata agli inizi del 1494, dà notizia Gaetano Pieraccini (1924, p. 180), ma non se ne hanno altri riscontri.
Finché vissero il suocero e il marito, Alfonsina non ebbe occasione di dispiegare un’attività personale, ma quando, nel novembre del 1494, Piero de’ Medici fu bandito da Firenze – in seguito al suo comportamento arrendevole nei confronti dell’invasore, il re di Francia Carlo VIII –, Alfonsina rimase in città per cercare di ottenere qualche vantaggio per la famiglia e di salvare almeno parte del patrimonio, di cui il governo in carica aveva decretato la confisca. Solo nel settembre del 1495 lasciò Firenze per raggiungere il marito a Siena, seguendone poi gli spostamenti, fino alla tragica morte di questi, il 28 dicembre 1503.
Rimasta vedova, Alfonsina si stabilì a Roma, dedicando i suoi sforzi al recupero della dote, cui, secondo la legislazione fiorentina aveva diritto, ma che l’ostilità del governo di Firenze ostacolava. Fu una dura lotta che infine, nel settembre del 1510, Alfonsina riuscì a vincere. Contemporaneamente, fulcro dei suoi interessi furono l’educazione del figlio Lorenzo, di cui si prefiggeva di fare un principe, la ricerca di un conveniente matrimonio per la figlia Clarice (andata sposa nel 1508 al banchiere fiorentino Filippo Strozzi) e l’acquisto di immobili, tra cui l’attuale Palazzo Madama e la tenuta di Lunghezza, presso Tivoli. Ma la sua attenzione era appuntata soprattutto su ciò che avveniva a Firenze, pronta a dare supporto a qualunque tentativo di riammettere i Medici in città.
Nel 1513, con l’ascesa al soglio pontificio del cognato Giovanni de’ Medici, divenuto Leone X, si aprirono per Alfonsina ampi spazi d’azione: alle sue pressioni sul pontefice si dovettero la nomina del genero Filippo Strozzi a depositario pontificio e soprattutto la concessione al figlio Lorenzo, nell’ottobre del 1516, del ducato di Urbino, feudo della Santa Sede. Sembra che lo stesso Lorenzo non fosse propenso a questa investitura, per paura delle reazioni degli altri potentati; la responsabilità spetterebbe interamente ad Alfonsina, instancabile, a detta di Francesco Vettori, nell’«infestare» il papa perché desse «uno stato al figliuolo» (Tommasini 1911, p. 131). Intanto, nel settembre del 1512 un cambiamento di regime aveva riammesso i Medici a Firenze, dove la rappresentanza della famiglia toccò ben presto al giovane Lorenzo. Quale capitano generale dei fiorentini, nell’estate del 1515 questi passò in Lombardia per affrontare le forze francesi, e vi rimase poi a lungo per trattare, in nome del papa, con il vittorioso Francesco I (→). In assenza del figlio, Alfonsina dispiegò un’intensa attività di governo personale.
Il regime fiorentino conservava, pur nei cambiamenti in senso autocratico introdotti dai Medici dopo il 1512, un assetto istituzionale di stampo repubblicano, con i tradizionali organi collegiali che si riunivano e decidevano; il potere poteva pertanto essere esercitato da parte dei Medici quasi esclusivamente per vie indirette, facendo pressione sui membri degli organi di governo perché decidessero nel senso voluto da loro. Fu proprio questo il principale impegno di Alfonsina, che trova riscontro anche nei documenti ufficiali: per es., i verbali delle riunioni dei Diciassette riformatori, una commissione competente in materia fiscale, recano di frequente, in margine alla registrazione di particolari decisioni, la dicitura: «di commissione dell’illustrissima signora Alfonsina», oppure: «d’ordine di madonna Alfonsina». I suoi interventi si estesero anche ai casi di giustizia penale, alla politica estera e perfino alla conduzione della guerra in Lombardia. Dei metodi di intervento di Alfonsina nella politica fiorentina fa fede anche una lettera di Filippo Strozzi a Lorenzo de’ Medici dell’agosto del 1515:
È sempre occupata a scrivere a Roma o costà [in Lombardia] o a dare udienza, di che ne segue che la casa è sempre piena e da tale concorso ne risulta reputatione allo stato, animo alli amici e timore alli adversi. Conclusive: fa quello offitio che altra donna sarebbe impossibile, a pochi huomini facile (Tommasini 1911, p. 977).
Il suo potere non diminuì nemmeno al ritorno a Firenze nel 1516 del figlio Lorenzo, il quale non mostrava alcun disagio nel farsi consigliare e guidare dalla madre. Fu per interessamento di Alfonsina che nel 1518 si giunse al matrimonio di Lorenzo con una nipote del re di Francia, Madeleine de la Tour d’Auvergne, accompagnato da grandi festeggiamenti. La gioia fu di breve durata, in quanto la nuora di Alfonsina morì il 28 aprile 1519, pochi giorni dopo aver dato alla luce l’unica figlia Caterina, destinata a diventare regina di Francia. A breve distanza, nel successivo mese di maggio, morì anche Lorenzo, mentre la piccola Caterina rimaneva affidata alla nonna. Il potere personale di Alfonsina finì con la morte del figlio: poco dopo, lasciò Firenze per un breve soggiorno a Vallombrosa e poi si trasferì a Roma, dove morì il 7 febbraio 1520.
Bibliografia: Fonti: Archivio di Stato di Firenze, Archivio mediceo avanti il Principato. Inventario, 3° vol., Roma 1957, ad indices, e 4° vol., Roma 1963, ad indices.
Per gli studi critici si vedano: O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2° vol., Roma 1911, pp. 131, 977; G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo. Saggio di ricerche sulla trasmissione ereditaria dei caratteri biologici, 1° vol., Firenze 1924, pp. 172-88; V. Arrighi, Orsini Alfonsina, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 79° vol., Roma 2013, ad vocem (a cui si rinvia per ulteriori indicazioni bibliografiche).