BIANDRATA, Alfonso
Nacque a Saluzzo, in anno imprecisato, primogenito della nobile famiglia. Uomo d'affari, viaggiava sovente anche al di là delle Alpi. Quasi contemporaneamente a suo fratello Giorgio divenne protestante: nel 1559 si recò a Losanna e a Ginevra, oltre che per affari, anche per prendere contatti coi capi della riforma calvinista. Nel 1560 era sindaco del comune di Saluzzo: in tale qualità fu inviato, nel mese di giugno, con Vincenzo Polloto, di Dronero, presso il duca di Savoia, allora a Nizza, allo scopo di persuaderlo a revocare l'editto che imponeva dazi gravosi sui grani provenienti dal Saluzzese.
Il 2 giugno 1566 il B. fu designato dal sinodo riformato per elaborare la linea che le Chiese evangeliche saluzzesi avrebbero dovuto seguire e per studiare i mezzi appropriati per affrontare le necessità pastorali ed ecclesiastiche.
I cinque eletti, sotto la guida del B., esaminata la situazione politico-religiosa del marchesato, decisero di nominare un ministro "ch'andasse di volta in volta per ... le chiese" e di affrontare con molta cautela la situazione in via di sviluppo. Il governatore Ludovico Birago, venuto a conoscenza delle loro riunioni, decise, sulla base di una erronea valutazione delle informazioni ricevute, di arrestarli. Il B. venne incarcerato e tutte le sue carte sequestrate; successivamente furono catturati Luigi Grasso di Savigliano e Giovan Battista Solaro di Levaldigi, mentre Pietro Bianchi e Michele Perrone riuscirono a mettersi in salvo. I prigionieri dichiararono con molta franchezza quanto fin'allora avevano deciso e operato e di conseguenza furono rimessi in libertà: la sentenza dice "che con sincerità tale era il fatto che non gli era macchinato, contro la Maestà del re, né contra i suoi né contr'alcuno e che si era fatto il caso più grave che non fosse".
Essendo notevolmente peggiorata la situazioine generale per la sicurezza dei riformati del marchesato, il B. nel 1567 partì per la Francia. Trascorse poi qualche tempo a Losanna e nella Val Pellice. Sulla fine del 1570, per motivi non molto chiari (probabilmente credeva che la situazione fosse migliorata), ritornò in Piemonte: il suo arrivo non sfuggì all'Inquisizione, che riuscì a catturarlo senza troppe difficoltà. A Roma la notizia fu appresa con sommo compiacimento, ma, al principio del 1571, non si sa grazie a quali complicità, il B. riuscì a compiere un'avventurosa evasione.
Ritornò in Svizzera, ma non mancò di rientrare talvolta in Piemonte, anche per ragioni di commercio, non senza intrattenere oscuri rapporti con le autorità del marchesato. Nel 1579, durante la rivolta del maresciallo Bellegarde, avendo il governatore Birago promesso ai riformati il libero esercizio del culto a condizione che non prendessero posizione a favore dei ribelli, il B. ritornò in patria. Fu intermediario tra il Birago e gli ugonotti, che gli avvenimenti passati avevano reso assai reticenti e sospettosi, e tentò, peraltro senza successo, di assoldare soldati per Birago tra i protestanti delle Valli di Luserna, Perosa e Pragelato. Dopo il fallimento della ribellione e il crollo dell'illusione d'una vita religiosa tranquilla per i riformati saluzzesi, ritornò a Losanna.
Al principio del 1582 si stabilì a Ginevra, con la moglie Andreetta Morina, figlia dello speziale Bonifacio Morina, di Cavour, il quale s'era rifugiato a Ginevra già nel 1554. Nel 1583 fu eletto diacono della Congrega riformata italiana di Ginevra; dal 1584 coprì l'incarico di anziano nella Chiesa italiana.
A Losanna gli erano nati i figli Bernardino e Paolo; a Ginevra Pietro, Camilla e Giovanni. Grande mercante, con relazioni d'affari assai estese e solide, ebbe frequenti rapporti finanziari con la Signoria di Ginevra.
Possedeva una tenuta, la Tour-de-Saint-Loup-sur-Versoix, un grande immobile a Losanna, la Fleur-de-Lys, e, poco distante da quella città, un esteso giardino. Il tutto sarà venduto, nel 1596, per la somma di 6000 fiorini Ma la sua posizione sociale in Ginevra era più elevata di quanto la scarsa enumerazione dei beni potrebbe indicare. Nel 1586 fu testimone per il matrimonio di Pierre de la Mare con Marie de Normandie, figlia del famoso Laurent, e il 2 ag. 1588 in quello di Théodore de Bèze e Caterina del Piano, la vedova del genovese F. Taruffo.
Il 4 febbr. 1584 il B. emancipò il figlio Bernardino e lo nominò erede universale dei suoi beni. Morì prima del 1590.
Bibl.: J.-B. G. Galiffe,Le Réfuge ital. à Genève aux XVIème et XVIIème siècles, Genève 1881, p.123; Armorial valaisan, Zürich 1946, pp. 34-35; P.-F. Geisendorf,Théodore de Bèze, Genève 1949, pp. 325-327; H.-L. Schlaepfer,Laurent de Normandie, in Aspects de la propagande religieuse, Genève 1957, pp. 176 e 178; A. Pascal,La colonia piemontese a Ginevra nel sec. XVI, in Ginevra e l'Italia, Firenze 1959, pp. 127-128; Id., Il Marchesato di Saluzzo e la Riforma protestante…, 1548-1588, Firenze 1960, pp. 191, 197, 263 s., 302 s., 409; E.-L. Dumont,Armorial genevois, Genève 1961, pp. 48-49.