CARANDINI, Alfonso
Figlio naturale, poi legittimato, di Paolo Carandini e di una donna ignota, nacque, probabilmente a Modena, nel 1567. Non sappiamo nulla dei suoi anni giovanili. Verso il 1590 era a Roma al servizio del cardinale Alessandro Farnese. Poi fu segretario e gentiluomo di camera del cardinale Odoardo Farnese, per le raccomandazioni del quale, nel 1595, Filippo II, re di Spagna e di Portogallo, lo fece cavaliere dell'Ordine di Cristo. Nel 1597 ebbe dal papa Clemente VIII una pensione sulle rendite della chiesa di Finale Emilia. Fu un eccellente primo segretario, espertissimo degli affari politici. Morto il duca Ranuccio di Parma (5 marzo 1622), il cardinale Odoardo divenne, insieme con la duchessa vedova, Margherita Aldobrandini, reggente del ducato: il C. lo seguì perciò a Parma. Vi rimase (per circa un anno) anche dopo la morte del cardinale (21 febbr. 1626), al servizio della duchessa. Tornò quindi a Roma, nominato residente per il duca Odoardo presso la corte papale. Nel 1631, essendo morto Camillo Molza, residente per il duca di Modena, ebbe da costui l'incarico di sigillarne e di custodirne le scritture, che furono poi da lui inviate a Modena nel 1633, quando, essendo stato richiamato da Roma Fulvio Testi, successore del Molza, il C. cumulò praticamente per qualche tempo le funzioni di residente di Parma e di residente di Modena ricevendone dall'Estense un assegno mensile, che conservò per tutta la vita. Nel 1635 il duca Odoardo, avendo aderito alla Francia nella guerra contro la Spagna, indirizzò al C. e fece divulgare una lettera-manifesto in cui esponeva le ragioni per cui aveva abbandonato la tradizionale politica farnesiana di adesione alla Spagna e alla casa d'Austria.
In sostanza egli diceva che i duchi Pier Luigi, Ottavio, Alessandro e Ranuccio si erano sempre adoperati, anche con grave loro dispendio e sacrificio, in favore della Spagna e della casa d'Austria, ma non avevano ricevuto in cambio che maltrattamenti dai ministri spagnoli in Italia ed indifferenza e freddezza da parte degli Asburgo. Ora poi, dopo le missioni a Parma del barone Rabat e del reggente Villani che volevano fargli firmare un'onerosissima capitolazione, egli si sentiva addirittura minacciato. Perciò si era posto sotto il patrocinio di Luigi XIII.
Il C. rispose con una lunga lettera, intercettata e anch'essa divulgata, in cui rispettosamente ribatteva tutte le ragioni del duca e sosteneva che gli Asburgo di Spagna e d'Austria non avevano mancato verso i primi duchi Farnese, giacché costoro avevano agito solo per proprio interesse. Soltanto il duca Ranuccio aveva veramente riconosciuto che la grandezza della sua casa dipendeva dall'unione con gli Asburgo e aveva agito di conseguenza ottenendo grandi vantaggi. Concludeva dicendo che non cessava di sperare che il duca Odoardo ritornasse "tra le braccia di S. M. Cattolica".
Questo scambio di lettere ha tutta l'aria di una messa in scena. Odoardo si rivolgeva al C. perché questi era il suo residente in corte di Roma: come feudatario papale, voleva giustificarsi. Urbano VIII non era favorevole ai Farnese e sapeva che lo scopo ultimo di Odoardo era quello d'impadronirsi del ducato di Milano (nell'agosto infatti gli mandò un breve per proibirgli di attaccare quello Stato). D'altra parte il duca faceva così anche le sue rimostranze alla Spagna, lasciando intendere che non avrebbe rinunciato alla sua protezione se fosse stato meglio trattato. Provocando poi la risposta e il consiglio del C., Odoardo pensava forse anche di preparare in certo modo un'eventuale sua defezione dalla lega francese, cosa che di fatto avvenne l'anno seguente.
Comunque sia, il C. mostra nella sua lettera, un notevole acume politico ed il suo dissenso dal duca era tutt'altro che simulato. Negli anni seguenti l'ostilità tra il Farnese e i Barberini andò crescendo, con disappunto del residente. Sul finire del 1639 il duca Odoardo fu a Roma e quando partì di là non volle prendere congedo dal cardinale Francesco Barberini e vietò al suo residente di aver qualsiasi contatto coi nipoti del papa. Quando seppe che il C. aveva avuto una conversazione con uno di loro, gli tolse l'ufficio. Il C. entrò allora al servizio, come consultore, del cardinal Barberini e fu nominato dal papa cameriere di cappa e spada.
Morì a Roma il 30 ott. 1642.
Aveva sposato Fulvia Vidaschi, dalla quale ebbe Maurizio, che dopo la morte del padre ottenne per sentenza dei tribunali un'annua pensione dai figli legittimi di Paolo Carandini e di Claudia Ferrari, suoi zii.
Fonti e Bibl.: La corrisp. del C., che si trovava tra le carte farnesiane rimaste a Napoli, è andata distrutta. Lettere e copie di lettere del e al C. si trovano in varie biblioteche (vedi G. Mazzatinti-A. Sorbelli, Inv. dei mss. delle Bibl. d'Italia, V, p. 254; XI, p. 214; XXII, p. 100; XXIII, p. 62; XXXII, p. 8). La lettera-manifesto del duca Odoardo e la risposta del C. sono nel ms. A, 571 (cc. 291 s., 299 s., 305 s.) della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna; vedi inoltre Arch. di Stato di Modena, Arch. Estense,Particolari, b. 287; Ibid., Letterati,sub voce Mascardi; Ibid., Ambasciatori..., Parma, b. 5; Roma, bb. 185, 186, 191; Modena, Deputazione di storia patria, Archivio Carandini, b. 59; G. B. Spaccini, Cronaca modenese, a cura di E. P. Vicini, Modena 1919, p. 202; F. Testi, Lettere, a cura di M. L. Doglio, Bari 1967, ad Indicem; L. v. Pastor, Storiadei papi, XIII, Roma 1931, p. 883.