ALFONSO II d'Este, duca di Ferrara
Successe, come quinto e ultimo duca di Ferrara, nonché di Modena e Reggio, al padre Ercole II, il 3 ottobre 1559. Era nato a Ferrara, il 28 novembre 1533, da Renata di Francia, figlia di re Luigi XII e Anna di Bretagna, e vi morì il 27 ottobre 1597. Ebbe tre mogli: Lucrezia de' Medici, figlia di Cosimo I (morta il 21 aprile 1561), Barbara d'Austria, figlia dell'imperatore Ferdinando I (morta il 19 settembre 1572), e Margherita Gonzaga, figlia di Guglielmo duca di Mantova e Monferrato, che gli sopravvisse; non ebbe invece alcun figlio, neppure illegittimo. Con lui si estinse il ramo legittimo, e tale circostanza permise al papato di rivendicare il possesso di Ferrara. Aveva ricevuto la perfetta educazione letteraria e cavalleresca del suo tempo, conosceva il latino e il francese, ed era appassionato di cacce, giostre e feste. A diciott'anni, nel 1552, nonostante il divieto (forse solo apparente) del padre, era fuggito in Francia, presso il cugino re Enrico II, e si era distinto a capo di una compagnia di cavalieri, specie caricando col cognato Francesco di Guisa, sotto le mura di Renty, la cavalleria imperiale. Nel 1558, rappacificatisi gli Estensi con la Spagna per la mediazione del duca di Firenze, A. dové sposare la quattordicenne Lucrezia, figlia di quello (3 luglio); ma tre giorni dopo tornava in Francia a militare contro la Spagna, e vi rimaneva anche dopo la pace di Cateau-Cambrésis e la morte di Enrico II, al cui fianco si trovava nel fatale torneo. La notizia della morte del padre lo trovò in Lorena; e il 26 nov. 1559 egli assumeva la signoria, trascurando molte delle antiche forme che ricordavano l'elezione popolare. Recatosi l'anno appresso a Roma per l'omaggio al nuovo papa, Pio IV, veniva obbligato a invitare la madre Renata, calvinista, a ritirarsi in Francia. Principe valoroso e intelligente, durante il lungo periodo di pace in Italia che accompagnò il suo governo, sciupò tuttavia le forze dello stato nella sterile gara della Precedenza con i Medici, mentre i suoi ultimi anni furono oscurati dall'incubo della successione. La questione della Precedenza, già risolta da Carlo V nel 1547, sia pur non definitivamente, a favore dei Medici, e risollevata da una conforme decisione di Ferdinando I nel 1560, spinse gli Estensi a cercar di avere un titolo maggiore, guadagnandosi l'imperatore. Per questo A. sposava in seconde nozze, nel 1565, Barbara d'Austria, figlia dell'imperatore, e, nel 1566, si recava in Ungheria in soccorso dell'imperatore stesso contro i Turchi: spedizione rovinosa e senza gloria. Per lo stesso motivo, nel 1574, aspirava al trono di Polonia, e aveva anche proposto all'imperatore di adottarne un figlio per la successione nei suoi stati. Vani sforzi, ché Cosimo otteneva da Pio V, nel 1569, e dall'imperatore, nel 1576, il titolo di granduca; e Alfonso vedeva compromessi dalle sue pratiche a Vienna i rapporti con i papi, già in disaccordo con lui per la questione del sale di Comacchio, per le fortificazioni di Lugo, per la tolleranza verso marrani ed ebrei e per il poco aiuto da lui dato all'Inquisizione. Pio V, fin dal 23 maggio 1567, aveva con una sua bolla vietata l'infeudazione dei beni della Chiesa, inserendovi una clausola che interdiceva l'investitura agl'illegittimi, chiaramente rivolta contro gli Estensi. Alfonso, morta Barbara, sposava nel 1579 la quindicenne Margherita Gonzaga, senza aver neanche da essa figliuoli, confermando così la voce che egli non potesse averne, sia per una caduta da cavallo, sia per una cura troppo energica subita nella fanciullezza. Urgeva l'accordo con Roma; già Gregorio XIII, per quanto gli fosse amico, gli aveva negato nel 1573 di designare un successore; nel 1591 la pratica fu ripresa con Gregorio XIV in favore di Filippo d'Este dei marchesi di S. Martino, discendenti da Nicolò III. A. però, guastatosi con Filippo, volle preferirgli Cesare (figlio di Alfonso, marchese di Montecchio, nato da Alfonso I e dalla sua amante Laura Dianti, Eustochia), e chiese la reinvestitura, senza precisare la persona; ma in questa forma gli venne negata. A. ottenne allora dall'imperatore Rodolfo l'investitura di Modena e Reggio per Cesare e lo nominò suo successore fin dal 1595 nel testamento, sperando che, coll'aiuto imperiale, potesse mantenersi a Ferrara. Morì con questo incubo doloroso della successione, che fece quasi il vuoto attorno a lui nei suoi ultimi giorni.
Con Alfonso II ultimo duca, Ferrara, nei 38 anni del suo governo pacifico, vide mantenuto, anzi accresciuto lo splendore della sua corte; ma questo fasto e, peggio, le grandi spese per la rivalità con i Medici furono causa di un'oppressione fiscale (aggravata dagli appalti della gabella e dei dazî per aver anticipi di denaro), che indebolì l'antico affetto di Ferrara per i suoi signori. E in mezzo a questi splendori non manca anche qualche tratto fosco, come l'uccisione del conte Ercolino Contrari, amante di Lucrezia duchessa d'Urbino, sorella di Alfonso, strozzato dal carnefice nell'anticamera del duca. Ingiusta è invece, in gran parte, l'accusa di crudeltà per la prigionia del Tasso nell'ospedale di S. Anna dal 1579 al 1586, causata dalle stranezze del poeta; benché a questo atto dové contribuire anche il timore che egli passasse alla corte medicea e, dominato da esaltazione religiosa, facesse rivelazioni dannose.
Bibl.: Manca sinora un'accurata e moderna biografia di A. II. Si possono consultare A. Lazzari, Le ultime tre duchesse di Ferrara e la Corte Estense ai tempi di T. Tasso, in Rassegna Nazionale, 1913; A. Solerti, Ferrara e la Corte Estense nella seconda metà del sec. XVI, Città di Castello 1891; A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino 1895, voll. 3; L. Patsor, Storia dei papi, VII, VIII, IX e X, Roma 1914-26; E. Callegari, La devoluzione di Ferrara alla S. Sede, in Riv. storica italiana, 1895, fasc. I; L. Carcereri, Cosimo primo granduca, Verona 1926-27, voll. 3; E. Alberi, Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il sec. XVI, Firenze 1839-1855, s. 2ª, II e appendice.