TORNABUONI, Alfonso
– Nacque a Firenze il 9 settembre 1506 da Simone di Filippo e da Caterina di Albertaccio Alberti, ultimo di sei fratelli.
La famiglia Tornabuoni, arricchitasi nel secolo XV con il commercio della seta e l’attività bancaria, era diventata una delle più potenti dell’oligarchia fiorentina, mediante il matrimonio, nel 1444, di Lucrezia, prozia di Alfonso, con Piero di Cosimo de’ Medici. Ai Medici i Tornabuoni assicurarono costante sostegno, anche nei periodi di eclissi, e talvolta pagarono questa lealtà subendo provvedimenti punitivi.
La formazione culturale di Tornabuoni si svolse per lo più a Roma, dove il padre si era trasferito poco dopo l’elevazione al soglio pontificio di Giovanni de’ Medici nel 1513, per meglio usufruire dei vantaggi derivanti dal legame di parentela con il pontefice. Questi infatti nel novembre del 1515 nominò Simone Tornabuoni commissario generale in Romagna e lo gratificò di incarichi e titoli onorifici. Alfonso perfezionò tuttavia gli studi teologici a Firenze, dove nel settembre del 1532 conseguì gli Ordini maggiori, per mano di Angelo Marzi, vescovo di Assisi. Un ruolo fondamentale nella carriera di Alfonso nell’Ordine ecclesiastico fu svolto dalla zio Giuliano Tornabuoni (v. la voce in questo Dizionario), canonico fiorentino, vescovo di Saluzzo dal 1516 al 1530 e titolare di un cospicuo numero di benefici ecclesiastici, parte dei quali distribuì fra i nipoti.
Tornabuoni conseguì un canonicato nella cattedrale fiorentina il 22 aprile 1529 per morte del fratello maggiore Filippo (e non nel 1532 come in Salvini, 1672, p. 82); a quella data egli deteneva già la chiesa di S. Stefano in Pane a Firenze, la pieve di S. Martino a Gangalandi e la chiesa di S. Donato in Fronzano, tutte situate nel contado fiorentino. In seguito si aggiunsero la badia di S. Maria a Vigesimo, presso Barberino del Mugello, e la chiesa di S. Stefano alle Brische in diocesi di Pistoia. Sempre nell’aprile del 1529, era succeduto al fratello Filippo anche nella carica di «coadiutor cum iure successionis» dello zio Giuliano nel vescovado di Saluzzo, di cui divenne titolare il 7 novembre 1530.
La diocesi di Saluzzo era stata eretta nel 1511, ricalcando il territorio dell’omonimo marchesato, da papa Giulio II che, per motivi politici, l’aveva posta direttamente sotto la S. Sede, volendo bilanciare in quel territorio l’influenza della Francia. I primi due titolari della diocesi furono appartenenti alla famiglia Della Rovere, la stessa del pontefice, mentre i successori dal 1516 al 1546 furono della famiglia Tornabuoni, strettamente legata ai papi Leone X e Clemente VII.
I primi vescovi rimasero quasi sempre assenti dalla diocesi e anche Tornabuoni non fece eccezione. Vi si recò per la prima volta nei primi mesi del 1533, dato che l’8 marzo di quell’anno procedette alla consacrazione di circa 160 nuovi sacerdoti. Di lì a poco iniziò una visita pastorale nelle chiese della diocesi, che tuttavia non portò a termine perché chiamato a incarichi di tipo politico. Nel 1535 fu infatti richiesto a Firenze dal duca Alessandro de’ Medici e designato a far parte del seguito che lo avrebbe accompagnato a Napoli, a incontrare l’imperatore Carlo V. L’incontro si era reso necessario in seguito a un atto di accusa contro il nuovo duca di Firenze fatto pervenire all’imperatore da un gruppo di oppositori fiorentini, dove venivano elencati numerosi addebiti contro Alessandro. L’abboccamento avvenne nel gennaio del 1536 ed ebbe conseguenze positive per Alessandro de’ Medici, il cui potere ne uscì rafforzato. Un anno dopo, tuttavia, il 6 gennaio 1537 Alessandro fu ucciso dal cugino Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici e a Firenze si aprì una nuova crisi politica che trovò tempestiva soluzione con l’elezione a suo successore del giovane parente Cosimo de’ Medici.
Anche il nuovo duca intrattenne fin dall’inizio del suo regno rapporti cordiali con Tornabuoni, come dimostra uno scambio epistolare dei primi mesi del 1539, quando Alfonso si trovava presso la corte di Francia. È incerto se il viaggio in questo Paese si configurasse o meno come missione diplomatica: Tornabuoni inizia la lettera del 24 febbraio 1539 (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 336 c. 84) con le parole: «Io mi trovo alla corte di Francia», come se il Medici ne fosse all’oscuro. In ogni caso seppe rendersi utile al duca fornendo informazioni sugli spostamenti di Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici e dei suoi complici nell’assassinio del duca Alessandro, che avevano trovato buona accoglienza in Francia, e proponendosi come intermediario fra il duca Cosimo e Caterina de’ Medici, moglie del delfino Enrico di Valois.
Da agosto a ottobre del 1545 Tornabuoni fu incaricato di una missione diplomatica di carattere protocollare presso la corte di Spagna: egli doveva congratularsi a nome del duca Cosimo per la nascita del principe Carlo, avvenuta l’8 luglio precedente, e contemporaneamente porgere le condoglianze per la morte di Maria di Portogallo, moglie dell’infante Filippo, deceduta a quattro giorni di distanza dal parto. Sulla strada del ritorno in Italia, il 28 ottobre scrisse da Avignone a Cosimo I, manifestando la volontà di fermarsi a Saluzzo per prendersi cura della sua diocesi, cui tuttavia, ad appena un anno di distanza, in data 29 ottobre 1546 rinunciò, essendo stato trasferito alla diocesi di Borgo Sansepolcro. Anche in questo caso si trattava di diocesi di recente istituzione, voluta da Leone X per motivi politici, distaccandone il territorio dalla diocesi di Perugia, e anche in questo caso Tornabuoni rimase per lo più assente perché impegnato in altri incarichi.
Nell’autunno del 1552 fu chiamato a Roma da papa Giulio III che nel luglio del 1553 lo nominò governatore di Orvieto, incarico durato per circa un anno. Di ben maggior spessore politico rispetto alle precedenti fu la missione diplomatica in corte imperiale affidata a Tornabuoni con istruzione del 27 agosto 1555, allo scopo di assicurare al duca di Firenze il possesso del territorio di Siena. Dopo la battaglia di Scannagallo (2 agosto 1554), Cosimo I infatti aveva stipulato, a nome dell’imperatore, i capitoli della resa con l’ex repubblica. Tra le clausole veniva enunciato il principio che Siena sarebbe rimasta sotto la protezione del duca di Firenze, oltre che sotto quella imperiale, ma Cosimo voleva con tutte le sue forze che questo protettorato si trasformasse in dominio effettivo. A questo scopo mandò vari inviati alla corte imperiale, ma, a complicare ulteriormente la questione, intervennero il 16 gennaio 1556 l’abdicazione di Carlo V e il passaggio dei territori spagnoli, italiani e dei Paesi Bassi a suo figlio Filippo II. Per perorare la causa di Cosimo bisognava quindi rivolgersi a quest’ultimo che però si riteneva fosse in Inghilterra, avendo sposato il 25 luglio 1554 Maria Tudor. Fu quindi inviata a Tornabuoni una seconda istruzione in data 17 marzo 1556, in cui lo si invitava a occuparsi anche del problema di Piombino, il cui territorio, sotto la signoria degli Appiano, era stato di fatto abbandonato in balia delle scorrerie saracene. La cessione definitiva di Siena a Cosimo, dopo sue ripetute minacce di passare al campo avversario, avvenne il 3 luglio 1557, mentre lo Stato di Piombino ritornava sotto gli Appiano, a eccezione di Portoferraio.
Nel successivo mese di settembre Tornabuoni chiese licenza di tornare in Italia per motivi di salute e fu sostituito da Bernardo Minerbetti. Nello stesso mese di settembre del 1557 rinunciò al vescovado di Borgo Sansepolcro (alcuni autori indicano questa come data di morte di Tornabuoni, cfr. Czortek - Chieli, 2018, p. 119, che riprende da Agnoletti, 1972, p. 39), a favore del nipote Filippo, mantenendo però il diritto al titolo. Nella sua corrispondenza continuò pertanto a sottoscriversi «Il vescovo Tornabuoni», fatto che talvolta ha ingenerato ambiguità ed equivoci, dal momento che altri suoi familiari rivestirono la stessa carica.
L’ultima missione diplomatica in cui fu impegnato fu quella che lo portò alla corte di Francia nel settembre del 1559, dove avrebbe dovuto come prima cosa porgere le congratulazioni al nuovo re Francesco II, succeduto al padre Enrico II morto il 10 luglio 1559. I suoi dispacci dalla Francia coprono il periodo settembre 1559 - giugno 1560 e sono ricchi di particolari sulle difficoltà finanziarie e sui conflitti religiosi che agitavano la vita del Regno, data anche la giovanissima età del nuovo re, dietro il quale si stagliava però la forte personalità della madre Caterina de’ Medici. Nel luglio del 1560 ottenne di tornare in patria e fu sostituito nella missione dal nipote Niccolò Tornabuoni.
Dopo di allora sembra essersi ritirato a vita privata: la sua corrispondenza con la corte di Toscana divenne saltuaria e proveniente quasi esclusivamente da Gangalandi, piccolo borgo sulle colline a ovest di Firenze, oggi nel comune di Lastra a Signa, dove si era fatto costruire un palazzo presso la pieve di cui era titolare. A Gangalandi fece testamento il 10 ottobre 1577, lasciando cospicue donazioni alla chiesa locale, dove aveva eletto la sua sepoltura, e alla compagnia religiosa intitolata alla Vergine Maria che aveva sede nella stessa chiesa.
Morì, presumibilmente a Gangalandi, il 1° gennaio 1578 (1577, secondo lo stile fiorentino).
Coltivò interessi artistici e culturali: oltre alla sua ascrizione all’Accademia Fiorentina, il sodalizio letterario di cui Cosimo I intese fare il principale strumento della propria politica culturale e dove fu accolto dal gennaio del 1541, si segnalano i suoi rapporti con Michelangelo Buonarroti, di cui nell’ottobre del 1546 perorò fortemente presso Cosimo I il richiamo a Firenze (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 380 c. 218). La passione per la botanica è testimoniata dal patrocinio dell’erbario di Andrea Cesalpino (1525-1603), realizzato verso il 1563 e a lui dedicato.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 80, c. 119; Manoscritti, 813, non cartulato passim; Carte Galletti, 26 (libro di debitori e creditori di Donato Tornabuoni), ad ind.; Notarile moderno, Protocolli, 3178, cc. 28-30; Miscellanea medicea 585, 8; Mediceo del Principato, 2634, cc. 449-454, 455-458, 4319-4320 (filze di lettere originali di Tornabuoni); Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnham, 806 (copialettere di Tornabuoni).
S. Salvini, Catalogo cronologico de’ canonici della Chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1672, p. 82. I. Rilli, Notizie letterarie ed istoriche intorno agli uomini illustri dell’Accademia fiorentina. Parte I, Firenze 1700, p. XIX; P. Litta, Famiglie celebri italiane, V, Tornabuoni di Firenze, Milano 1836; Negociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di G. Canestrini - A. Desjardins, III, Paris 1865, pp. 15-18, 406-422; K. Eubel - G. Gulik, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, pp. 143, 290; R. Cantagalli, La guerra di Siena 1552-59, Siena 1962, ad ind.; E. Agnoletti, I vescovi di Sansepolcro, I, Sansepolcro 1972, pp. 36-39; Mediceo del Principato-Carteggio universale di Cosimo I, I-XI, Firenze 1982-2013, ad indices; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’‘Italia spagnola’ (1536-1648), I, 1536-1586, a cura di A. Contini - P. Volpini, Roma 2007, ad ind.; Gli erbari aretini: da Andrea Cesalpino ai giorni nostri, a cura di C. Nepi - E. Gusmeroli, Firenze 2008, pp. 8-10; E. Plebani, Giuliano e A. T. vescovi di Saluzzo alla corte dei Medici (1516-1546), in Saluzzo città e diocesi. Cinquecento anni di storia, in Bollettino della Società degli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, CIL (2013), 2, pp. 229-242 (in partic. pp. 239-242); A. Czortek - F. Chieli, La nascita di una diocesi nella Toscana di Leone X, Roma 2018, pp. 119, 122, 234.