Alfonso VI, Re di Castiglia e di León
Re di León (1065), di Galizia e di Castiglia (1072), assunse il titolo di "Imperator super omnes Hispaniae nationes constitutus" - per i musulmani di 'Imperatore delle due religioni' - titolo che riuscì a confermare con la conquista di Toledo (1085), l'antica capitale del regno visigoto. L'invasione almoravide, provocata dalla eccessiva pressione fiscale sui principati islamici, frustrò i suoi progetti di riconquista e lo costrinse, per il resto del suo regno, a limitarsi alla difesa e al consolidamento delle frontiere.
Con A. l'arte romanica si affermò nell'Occidente ispanico e ciò fu dovuto non solo alle iniziative artistiche da lui promosse, ma anche alle condizioni sociali e culturali che la sua politica contribuì a delineare, nella ferma volontà di integrare i suoi regni nel contesto europeo. Di particolare rilevanza fu l'appoggio dato ai pellegrinaggi a Santiago de Compostela che - secondo la testimonianza di Pelagio di Oviedo (H. Florez, España Sagrada, XIV, Madrid 1758) - si tradusse nella costruzione di tutti i ponti del tratto che va da Logroño a Compostela, nell'attirare liberi coloni nei borghi nascenti o ristrutturati del camino e nell'esentare dai pedaggi pellegrini e mercanti. Alla sostituzione della liturgia ispanica con quella romana (1080) fece seguito il lento passaggio dalla scrittura visigotica a quella carolina. Gli stretti rapporti che A. mantenne con Cluny, continuando la politica di suo padre Ferdinando I, ebbero un ruolo di rilievo nella gestione dei vincoli di parentela istituiti con la nobiltà d'oltre Pirenei. Il tributo annuale di mille denari d'oro che Ferdinando I pagava all'abbazia borgognona fu raddoppiato da A. (1077), fino a superare abbondantemente le rendite feudali che Cluny percepiva; a ciò si aggiunse la donazione di importanti monasteri come San Isidro di Dueñas, Santa Maria di Nájera e Santa Coloma di Burgos. Un'impresa costruttiva della portata di Cluny III non sarebbe stata certo possibile senza il sostegno economico del socius castigliano-leonese, che contribuì infatti alla metà delle spese. Nei resti dell'edificio si è voluto riconoscere un omaggio araldico al monarca, assieme a più ipotetici influssi decorativi ispanici. Cluny ricambiò A. con l'imperiale dono di un lussuoso manoscritto del trattato De Virginitate di s. Ildefonso (Parma, Bibl. Palatina, 1650) e, soprattutto, con l'invio di una élite monastica ed episcopale che si rivelò decisiva per l'affermarsi del nuovo stile. Anche l'abbazia di Sahagún, al vertice di un impero monastico del tutto simile a quello di Cluny e pantheon della famiglia reale, fu affidata a monaci francesi.
Sotto il patrocinio del monarca venne inoltre fondata la cattedrale di Burgos (1079) e vennero ristrutturate quelle di Léon e Astorga in forme romaniche che tuttavia non si sono conservate. Durante il suo regno furono ricostruiti, tra gli altri, anche i monasteri di San Pedro di Arlanza, San Isidro di Dueñas e Santo Domingo a Silos.
A. dotò del suo attuale rivestimento in argento l'Arca santa di Oviedo che sia per il nome, sia per la leggenda - secondo la quale essa proveniva da Gerusalemme, attraverso Toledo - costituiva il simbolo di una politica di riconquista che si ispirava alle gesta bibliche. A testimonianza del suo contributo alla realizzazione della cattedrale di Santiago resta uno dei capitelli dell'abside, dove il re ancora in vita fu effigiato già in stato di beatitudine.
Le fonti coeve delineano la sua persona con tratti quasi agiografici. Secondo Pelagio di Oviedo, alla sua morte scaturì acqua dalle lastre sepolcrali della chiesa di San Isidro di León, in parte ricostruita durante il suo regno, e in uno dei miracula di Pietro il Venerabile si dà per certa la sua salvezza dopo circa cinque anni di purgatorio, grazie all'intercessione dei monaci di Cluny (Lacarra, 1971). Le cronache di Compostela equiparano la sua figura al messianico Angelo del Gran Consiglio e, al contrario della maggior parte delle fonti, fanno coincidere la data della sua morte - forse intenzionalmente - con la festività di s. Pietro, santo patrono di Cluny e di Roma, sotto la cui protezione avvennero i fatti più decisivi del regno di Alfonso. Nel cartulario della cattedrale di Santiago (Bibl., Tumbo A) il monarca è raffigurato con tratti da venerabile anziano, simili a quelli che solitamente caratterizzano il principe degli apostoli. La Vita sancti Hugonis attribuisce al diretto intervento di s. Pietro la liberazione di A. dalla prigione in cui lo aveva rinchiuso suo fratello Sancio nel 1072, evento che Gregorio VII ricordò inviandogli una chiave d'oro "in qua de catenis beati Petri benedictio continetur" (Bishko, 1968-1969).
Bibliografia
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