BERTESI, Alfredo
Nato a Carpi il 23 genn. 1851 da famiglia operaia, fino a trent'anni esercitò diversi mestieri, da cameriere a fornaio. Nel 1872 si iscrisse alla locale Società operaia di mutuo soccorso, ove compì le prime esperienze di amministrazione sociale. Consigliere nel 1874, promosse un forno sociale del quale nel 1887 divenne gestore privato. Attirato dalle idee democratico-repubblicane, nel 1889 fu tra i fondatori del periodico Luce,aperto alla collaborazione di Bovio e di Imbriani e interessato anche ai problemi agricoli e cooperativi. Dei suoi orientamenti politici il B. è però debitore, negli anni successivi, a Bissolati, Prampolini e Turati, per quanto la sua formazione sia avvenuta essenzialmente attraverso la concreta esperienza di organizzatore e di amministratore. Nel maggio 1895 fu per la prima volta candidato socialista al Parlamento (candidatura protestataria, essendo stato condannato per aver trasgredito i provvedimenti crispini restrittivi della libertà di associazione) contro Camillo Fanti, figlio di Manfredo; ma solo nel '96 riuscì vincitore in un'elezione suppletiva contro il medesimo; in seguito sarà sempre rieletto a Carpi fino al 1912.
Nel 1896 fece parte della commissione del Partito socialista italiano per la stampa di partito; nel 1898 sfuggì all'arresto a Milano, ma venne ugualmente processato e condannato, e poi amnistiato. Fra il '98 e il '99 ebbe la carica di segretario nazionale del partito socialista e nel '99 prese parte attiva all'ostruzionismo parlamentare. Fu spesso membro della direzione del partito e partecipò a quasi tutti i congressi: al quinto (1897) tenne la relazione finanziaria e al sesto, con Bentini, quelle amministrativa e morale.
La maggiore attività del B., più che nell'ambito parlamentare (si deve a lui la legge sul lavoro notturno dei fornai), si svolse a Carpi secondo un indirizzo di riformismo socialista dai caratteri peculiari. Egli seppe creare una serie di fiorenti istituzioni, rette con criteri rigorosamente economici e operanti con successo in regime capitalistico, non solo nel campo delle cooperative di lavoro e di consumo (notevole, nel 19o6, la nascita di una farmacia operaia), ma soprattutto in quello della lavorazione del truciolo.
Quest'industria, avente per antica tradizione il suo centro a Carpi, ricorreva per buona parte al lavoro a domicilio di donne e ragazzi. In trecce annaspate o gregge, o trasformate in cappelli, il prodotto veniva esportato in diverse parti del mondo. Il B. seppe farsi industriale, costituendo, per fusione di alcune ditte preesistenti, la cospicua società "Il
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14 sett. 1643 (Donini, p. 164). Si trasferì - sembra - ancora adolescente a Cremona dove cominciò un'attività artistica che, secondo l'Arisi (Accademia, p.173), "compì senza la guida di alcun maestro". Appare però più verosimile che si sia sistemato presso qualche maestro di legname identificato dal Grasselli in Francesco Pescaroli senior (16io circa-1679).
Un documento che ci conferma la residenza del B. in Cremona nel 1669 è il suo atto di matrimonio con Apollonia Ceruti celebrato il 29 aprile (cfr. Donini, p. 183). L'Arisi (Accademia, pp.173-176) fornisce il primo elenco di opere su appunti lasciati da G. Sacchi, collaboratore del B., completi spesso di cenni sulla mercede percepita.
I vari biografi concordano nel ritenere una delle prime opere importanti del B. il Crocifisso scolpito per la Compagnia di S. Croce, che fu esposto nella chiesa, ora demolita, di S. Antonio a Soresina e che è attualmente conservato nella chiesa di S. Francesco sul Dosso sempre a Soresina. Il Donini (p. 186) fissa verso il 1676-77 la data di consegna di quest'opera che, nonostante qualche sproporzione somatica, si impone per la forza espressiva del volto.
In questi anni il B. eseguì altre opere in legno per il duomo di Cremona (dove tuttora si trovano) su invito dei fabbriceri della cattedrale: l'altare di S. Giuseppe, "cioè tutte le figure e nicchie di detto Altare" (Arisi, Accademia, p.173); il Trono degli angeli, che ora incornicia l'Assunta nella cappella della Madonna del Popolo; il lavoro di intaglio all'altare della Madonna delle Grazie e precisamente le nicchie e il palio a bassorilievo in cui scolpì, a linee dolci e morbide, la Nascita della Vergine; un Crocifisso grande al naturale posto sull'altare omonimo. Per la cattedrale arricchì anche un pulpito con un complesso, ora disperso, di statue della Fede e della Giustizia e di putti che sostenevano un baldacchino. Non meno numerosi furono i lavori che egli eseguì successivamente nella chiesa dei SS. Pietro e Marcellino su commissione dei gesuiti (non esistendo opere datate, si mantiene l'ordine di successione che ne dà l'Arisi e che si ritiene sia quello cronologico): la grande e famosa cornice dell'altare maggiore fatta a "sfogliami e puttigrandi" (esistente), il bassorilievo sul paliotto dell'altare di S. Ignazio, e testa, mani e piedi di una statua vestita rappresentante S. Francesco Saverio (dispersa).
Il B. passò poi ad occuparsi dell'Oratorio dei mercanti per il quale scolpì, con storie sacre, alcune sedie di noce e l'altare con figure ornamentali (opere disperse). Ritornò in seguito alla chiesa dei SS. Pietro e Marcellino, per la quale eseguì due confessionali sormontati da due angioletti e con due intarsi a bassorilievo, dei quali uno si trova tuttora in loco, mentre l'altro è stato trasferito nella chiesa di S. Agostino. Intagliò "tutto a sfogliami" l'ancona dell'altare maggiore delle monache angeliche di S. Marta (ora dispersa dopo la soppressione nel 1810 della chiesa e del monastero). Scolpì pure al naturale per la chiesa di S. Abbondio le statue della Sacra famiglia, che tuttora adornano l'altare omonimo, e il Crocifisso spirante (disperso) per l'Oratorio della penitenza. Un altro Crocifisso,che il B. eseguì per la sagrestia di S. Pietro, si può forse identificare con quello ora nella cappella degli esercizi in S. Sigismondo.
L'Arisi ricorda inoltre un Cristo legato alla colonna e flagellato e un altro Crocifisso nella parrocchia di S. Sofia (soppressa): opere disperse come la Madonna per l'altare maggiore, per la quale il B. aveva intagliato la testa e le mani. Rimane invece la statua di S. Omobono "co' suoi poveri a piedi intagliati al naturale" nella chiesa dedicata al santo, che fu commissionata al B. dopo il 1674. La statua, pur non essendo elegantissima, è resa forse più rozza dall'aggetto che un devoto dilettante di traforo vi ha aggiunto.
Un avvenimento saliente della vita del B. fu la sua nomina (22 dic. 1684) a soprintendente della fabbrica del duomo: le delibere che si riferiscono a lui, quale ingegnere del duomo, sono comprese tra gli anni 1684 e 1687. Il 9 genn. 1687 egli perse l'incarico per dissensi con i fabbriceri, ma l'affronto fu mitigato da commissioni ricevute da Ranuccio II Farnese, duca di Parma e Piacenza. Il B. si recò a Piacenza presumibilmente nel 1687 per eseguire un gruppo di opere delle quali però non abbiamo notizie precise.
Soddisfatto delle prestazioni del B., il duca lo chiamò a Parma, incaricandolo di allestire le due principali carrozze (perdute) del corteo di gaia per le nozze del figlio Odoardo con Sofia di Neuburg (1690). Rimase a Parma almeno due anni (1688-90).
Ritornato a Cremona "carico di denari, privilegi, ed onori…, si pose a lavorare di stucco e per prima prova fece dietro l'Inquisizione su di un pezzo di muro unito alla sua casa la B. V. col Cristo morto in braccio a bassorilievo" (Arisi, Accademia, p. 175).Purtroppo nulla rimane, poiché la casa dei B. andò distrutta. Anche i due grandi Angeli con tre puttini, che decoravano l'ancona della cappella della Madonna del Carmine in S. Bartolomeo, sono dispersi. Ancora esistenti sono invece i due Angioletti che sovrastano la cornice dell'ancona dell'altare di S. Caterina nel duomo di Cremona. Questi furono gli ultimi lavori eseguiti per la cattedrale, poiché i rapporti con la fabbriceria, dati i precedenti, non dovevano essere troppo cordiali. Il B. maturò quindi l'idea di emigrare. Approfittò dell'incarico passatogli dall'amico pittore Francesco Boccaccino di accompagnare a Genova due suoi quadri per incorniciarli a stucco nella chiesa di S. Domenico. Sempre secondo l'Arisi, qui avrebbe scolpito due statue, una della Madonna e una di S. Monica "per la chiesa di S. Agostino in un borgo fuori Genova" (disperse). Intomo al 1690 il B. si imbarcò con Giulio Sacchi per la Spagna; dopo Alicante e Madrid si stabilì a Valenza, dove fu protetto dal canonico Antonio Pontons. Fu infatti incaricato di decorare la chiesa "de los Sanctos Juanes" con dodici statue in stucco su piedistallo, scomparse durante la guerra civile. Più degna di rilievo sembra riuscisse la statua della Madonna del rosario (pure scomparsa) che fece (firmandola) per la facciata della stessa chiesa. Ultime opere del suo soggiorno a Valenza furono un "retablo de la Conceptión en la iglesia profesa de los Padres de la Compañia de Jesús (Barón de Alcahali)" e la decorazione di un salone della villa del Pontons, "né più gli capitò di guadagnare un soldo; onde si risolse di tornare in patria" (Arisi, Accademia, p. 176). Rimpatriò con molta probabilità nel 1703 e riaprì il laboratorio con un gruppo di giovani promettenti, come i fratelli Chiari, uno dei quali, Giuseppe, sposerà sua figlia Margherita.
In questi ultimi anni plasmò una statua al naturale di S. Domenico (ora dispersa) nella chiesa omonima, e per la parrocchiale di Maleo, nel Lodigliano, fece una Beata Vergine di Caravaggio ora in una cappella campestre: è in terracotta, e dal punto di vista artistico non molto pregevole. Numerose sono le opere di questo periodo disperse: gli Angioletti con i misteri della Passione sulle sedie dell'oratorio di S. Maria Segreta, il coro della chiesa di S. Cristoforo e una statua al naturale della Vergine per la chiesa di S. Gallo. Si possono tuttora ammirare invece, nella chiesa dei SS. Pietro e Marcellino, le due ancone di altare, e in quella di S. Gregorio il Cristo risorgente.
Il B. morì a Cremona il 9 marzo 1710.
Ebbe numerosi figli, tra cui Giuseppe Ignazio, nato a Cremona il 5 nov. 1680 (Donini, p. 200, n. 2), che, molto probabilmente, come afferma il Boni, collaborò inizialmente col padre da cui apprese l'arte dell'intaglio, ma si dedicò soprattutto alla "militar architettura". Nulla conosciamo delle sue opere; sappiamo che "sul principio del sec. XVIII prese servizio negli eserciti francesi e passò in Francia" (Zaist). Se tale notizia è vera, ciò accadde dopo il 1707:infatti non figura più da quella data negli Stati d'anime della parrocchia di S. Nicolò.
Fonti e Bibl.: F. Arisi. Epigrammata libri duo,II, Cremona 1706, p. 31, epigramma 18; Cremona, Bibl. governativa: D. Arisi, Accademia de' Pittori, scultori e architetti cremonesi…, ms. [inizio sec. XVIII], pp. 6, 173-176; Ibid.: Id., Galleria di pittori, scultori e architetti cremonesi, ms., p. 3; Ibid.: G. B. Biffi, Memorie di artisti cremonesi, ms. [sec. XVIII], anno 1643, n. 51; A. M. Panni, Distinto rapporto delle dipinture… della città e sobborghi di Cremona, Cremona 1762, pp. 30, 92, 105; G. B. Zaist, Notizie istoriche de' pittori, scultori e architetti cremonesi, Cremona 1774, II, pp. 91-94 (94, per Giuseppe Ignazio); G. Aglio, Le pitture e le sculture della città di Cremona, Cremona 1794, pp. 15, 22, 62, 63, 190; V. Lancetti, Biografie cremonesi, II, Milano 1820, pp. 192-196 (196, per Giuseppe Ignazio); G. Grasselli, Abecedario de' pittori, scultori ed architetti cremonen, Milano 1827, pp. 48 s., 201; S. Ticozzi, Dizionario degli architetti, scultori, pittori, Milano 1830, I, p. 154; A. Grandi, Descriz. dello stato fisico… della provincia e diocesi di Cremona, Cremona 1856, II, p. 282; E. A. Maineri, Soresina. Memorie, Soresina 1869, p. 77; L. Lucchini, Il duomo di Cremona. Annali…, I, Mantova 1894, p. 170; II, ibid. 1895, pp. 150-53; Barón de Alcahali, Diccionario biografico de artistas valencianos, Valencia 1897, p. 354; A. Tinelli, Attraverso le sale dell'Esposiz. di arte sacra cremonese, in Rass. naz.,XXI(1899), p. 497; G. Boni, Pittori e scultori soresinesi, Soresina 1930, pp. 3-18 (23, per Gius. Ignazio); C. Donini, Lo scultore G. B. nei cronisti, Treviglio 1931 (p. 201, per Gius. Ignazio); U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lex., III, p. 489.