BRUCHI, Alfredo
Nacque a Grosseto il 10 febbr. 1873 da Valentino e da Egle Landi, di ricca e nobile famiglia senese. Il padre era un brillante e famoso avvocato ed esercitava così a Siena come a Grosseto, dove d'estate, a causa della malaria, la vita quasi si arrestava e anche gli uffici pubblici venivano trasferiti in un più salubre paese dell'interno, Manciano. I Bruchi, originari dell'Amiata, possedevano terre in Maremma e dei maremmani benestanti avevano tutte le caratteristiche, delle quali il B. ereditò senz'altro la perseveranza e lo spirito combattivo. Dopo aver seguito gli studi a Siena, si laureò in giurisprudenza nel 1895 e, allo scopo di perfezionare la sua preparazione professionale, si recò a Genova per lavorare nello studio di F. Ruffini.
Tornato a Siena nel 1898, il B. commciò a esercitare la professione forense, ma molti altri interessi occupavano la sua giornata: coltivava, infatti, lo studio della poesia (era un fervente carducciano) e quello della storia risorgimentale ed era - per la sua stessa natura - attratto dalla lotta politica. Nel 1899 fu eletto consighere del comune di Siena per il gruppo monarchico-liberale, iniziando così un'attività che lo portò a ricoprire importanti cariche pubbliche.
Nel Consiglio comunale di Siena il B. fu eletto più volte, assumendo anche vari assessorati; nel 1902 fu anche presidente della Società senese di mutuo soccorso fra gli operai. Ma la sua prima importante battaglia fu quella delle elezioni politiche del 1913: in tale occasione, infatti, pose la sua candidatura come rappresentante dell'Unione liberale monarchica Umberto I, un raggruppamento politico nato a Siena nel 1909 con l'intento di ricostruire il partito liberale dopo la sconfitta subita dal suo candidato, E. Falaschi nelle elezioni politiche di quell'anno. L'Unione liberale scelse però di nuovo il Falaschi, già eletto alla Camera nel 1904; e il B., non rispettando gli accordi presi per un unico candidato, si presentò come indipendente, appoggiato da un gruppo degli stessi liberali, tra i quali G. Sarrocchi, dai consiglieri comunali, dal prefetto, dall'aristocrazia e da buona parte del clero della campagna. I due giornali liberali di Siena, Il libero cittadino e La Lupa, si scagliarono violentemente contro di lui, accusandolo di aver tradito il partito e di aver rovinato le finanze comunali nella sua qualità di assessore ai Lavori pubblici. Da parte sua, il B. si difese dalle colonne della Vedetta senese e organizzò una potente e intimidatoria campagna elettorale, riuscendo a sconfiggere il Falaschi ed entrando in ballottaggio col candidato dei socialisti riformisti, Q. Nofri. Le votazioni di ballottaggio videro la netta vittoria di quest'ultimo, che ottenne anche molti voti liberali. La sconfitta del B. fece entrare in crisi il Consiglio comunale, che dette le dimissioni e fu sostituito, nel dicembre 1913, da un commissario regio.
Due anni più tardi il B. fu eletto, dal Consiglio comunale, membro della deputazione amministratrice del Monte dei Paschi di Siena, e il 10 ag. 1916 fu chiamato a reggere la carica di provveditore, o direttore generale, di quell'istituto, carica che mantenne ininterrottamente fino al febbraio 1939. Le qualità di organizzatore e amministratore del B. si rivelarono ampiamente durante questo ventennio, un periodo in cui l'antico istituto senese raggiunse un'importanza economica e una solidità tali da essere considerato una delle più potenti banche italiane. Le nuove caratteristiche assunte dal Monte dei Paschi permisero di inquadrarlo fra gli istituti di credito di diritto pubblico a carattere nazionale. In seguito a ciò, il B., fece approvare un nuovo statuto, pubblicato con decreto governativo del 22 ott. 1936, che provocò il risentimento dei senesi, i quali temevano di perdere il controllo che per tre secoli, a mezzo dei propri rappresentanti, avevano esercitato sul loro istituto di credito. Portavoce di tale risentimento fu soprattutto il podestà di Siena, F. Bargagli Petrucci, e l'azione da lui iniziata, intesa a ottenere opportune modifiche al nuovo statuto, ebbe finalmente successo nel 1939 (decreto governativo del 5 gennaio di tale anno). Tra le modifiche approvate vi fu anche quella relativa alla distinzione delle cariche di presidente e provveditore le quali, invece, nello statuto compilato dal B. erano state riunite in una sola persona. Questa modifica provocò una crisi al vertice della banca e il 10 febbr. 1939 il B. fu costretto a lasciare la carica di provveditore, mantenendo, fino al febbraio 1944, quella di presidente.
Iscrittosi al Partito nazionale fascista dopo il delitto Matteotti, il B. fu eletto deputato al Parlamento nelle votazioni plebiscitarie del 1929, consigliere nazionale nel 1934 e senatore del Regno nel 1943. Fu anche presidente della Banca toscana, della Federazione degli istituti di credito di diritto pubblico, membro del consiglio d'amministrazione dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana e di varie importanti società finanziarie, quali l'Eridania e la Centrale.
Ben introdotto nell'ambiente di corte e amico dei più importanti rappresentanti del mondo finanziario, politico e artistico del suo tempo, fu particolarmente legato a Ferdinando Martini, che lo nominò suo esecutore testamentano.
Appassionato bibliofilo, il B. riuscì a formare un'importante raccolta di opere, relative soprattutto alla storia risorgimentale, che oggi costituiscono il fondo Bruchi della Biblioteca comunale di Siena. Insieme con alcuni scritti di carattere economico-finanziario, rimangono di lui articoli di storia e di letteratura, come le Lettere dal campo e dalla prigionia (1848) del capitano Carlo Landi (Siena 1921) e Un sonetto inedito di Giovanni Prati su Siena, in Bull. senese di storia patria, XXIX (1922), pp. 111-115. Questo sonetto, però, era stato già pubblicato nella Nuovissima guida di Siena compilata da E[lio] M[anna], Siena 1910, p. 116.
Dopo l'8 sett. 1943 il B. si ritirò nella sua casa di campagna, a Lucignano d'Arbia, attendendo che giungesse a Roma il governo Bonomi per presentare le dimissioni da presidente del Monte dei Paschi. Fu deferito all'Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo e poi reintegrato nel novero dei senatori a vita.
Il B. morì a Siena il 4 marzo 1956. Aveva sposato un'inglese, Beatrice Hignett, e ne aveva avuto due figli.
Fonti e Bibl.: Siena, Arch. Bruchi, Carteggio;Arch. di Stato di Siena, Prefettura. Affari di gabinetto 1903, fasc. 35. Vedi inoltre i numeri della Lupa e della Vedetta senese del periodo ottobre-novembre 1913; La Gazzetta di Siena, 5 ottobre, 10 e 9 nov. 1913; Il libero cittadino, 18 ott. 1913; La Nazione italiana, 3-4 marzo 1929; La Rivoluzione fascista, febbraio 1939; G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista 1919-1922, IV, Firenze 1929, p. 87;A. Bruchi-G. Pignotti, IlMonte dei Paschi di Siena. Nota illustrativa dalle origini all'epoca attuale (1625-1930), Firenze 1930; A. Doccini, La morte di A. B., in La Nazione italiana, 6 marzo 1956.