CAMPANINI, Alfredo
Nacque a Gattatico di Praticello (Reggio Emilia) il 30 luglio del 1873 da Angelo e da Leopolda Chiari.
Compiuti gli studi a Parma, dal 1891 si trasferì a Milano ove frequentò la scuola per capomastri e l'Accademia di Brera, diplomandosi nel 1896 in architettura. Nel 1903 sposò la milanese Maria Pinardi, da cui ebbe tre figli, Angelo, Raimondo ed Egidio.
La sua produzione, sviluppata in un tempo relativamente breve, è nota solo in parte, scarseggiando la documentazione e mancando del tutto studi specifici; anche il carattere dell'attività del C., contemporaneamente architetto e imprenditore, ha impedito di ricostruirne gli interventi, soprattutto per i complessi residenziali realizzati nella zona di corso Monforte a Milano.
Il C. iniziò la sua attività vincendo un concorso per il padiglione delle Poste e Telegrafi alla Esposizione universale di Milano (1900); ma la sua notorietà e la sua importanza sono dovute ad alcune case di abitazione che sono tra le opere migliori dell'architettura Liberty milanese, solitamente inquadrate dalla critica nell'ambito dell'influenza del Sommaruga. La casa di via Bellini n. 11, progettata nel 1904 e costruita nel 1906, con decorazioni plastiche all'esterno e statue in cemento all'ingresso, fu per il C. un campo di sperimentazioni tecniche (disegni, presso gli eredi Campanini a Milano; descrizione, in Scheichenbauer): conservata anche in alcuni interni, costituisce una "interpretazione florealizzata più vaporosa e morbida dello stile sommarughiano" (Bossaglia, 1972).
È tradizionalmente attribuita al C. la casa di via Pisacane n. 12 del 1905, giudicata una "gustosa interpretazione nostrana dello stile Horta" (ibid.). La casa in via Senato n. 28, progettata in due versioni a cominciare dal 1906, fu realizzata nel 1909, con facciata in pietra, a eccezione dell'ultimo piano in ceramica. Ebbe un rapido successo professionale e imprenditoriale, e, probabilmente su richiesta della clientela, accanto alle opere di maggior impegno culturale e figurativo, realizzò opere "in stile" sull'onda dell'eclettismo. In questo ambito, tuttavia, l'istituto S. Vincenzo, via Copernico, n. 1, del 1909, in stile neoromanico alla Boito, è un esempio di particolare rigore compositivo; considerata dal Gabetti (p. 24) "la sua opera migliore", ha pareti in mattoni, con cornici alle finestre in cemento e fasce decorative in piastrelle verdi.
Una vasta esercitazione stilistica è invece la costruzione del villaggio neomedioevale di Grazzano Visconti (1905), voluta dai Visconti di Modrone, secondo un gusto di moda, accanto al loro castello restaurato in stile dallo stesso Campanini. La paternità dell'opera è ora negata dai Visconti, ma è confermata dai disegni che - tra gli altri - si conservano presso gli eredi dell'architetto. La casa di corso Monforte n. 32, all'angolo con via Conservatorio (1911), ricostruita su un edificio neoclassico, rappresenta il passaggio ad un gusto neorococò, già preannunciato dalla casa di via Senato, e peraltro frequente nell'architettura floreale.
Meno interessante è la produzione successiva alla prima guerra mondiale, appartenente alla normale edilizia residenziale. A cominciare dal 1924, il C. compì studi di sistemazione di piazza Vetra, che rappresentano uno dei primi piani particolareggiati per Milano, purtroppo non realizzato.
Il C. morì a Milano il 9 febbr. 1926 per il cedimento delle fondazioni di una casa in costruzione in viale Umbria.
Si dà qui l'elenco delle altre opere, realizzate tutte a Milano: casa in via Vivaio, 1902; chiesa di S. Maria di Lourdes, 1900-1904 (C. Ponzoni, Chiese di Milano, Milano 1930, p. 523);villino Verga, nei pressi di piazzale Loreto, circa 1902-1903, ora distrutto (Edilizia moderna, 1904, p. 55; L'Illustrazione italiana, 12 febbr. 1926); restauro di S. Pietro Celestino, 1904 (Reggiori, p. 253); palazzo Ingegnoli, corso Buenos Aires, 1905, realizzato in seguito alla vincita di un concorso; case in via Pisacane (numeri pari); case nelle vie Vivaio e Maggiolini, 1918-20; case in corso Plebisciti nn. 1-2 e n. 12; restauro del palazzo Visconti in via Cerva.
Il C. collaborò alla rivista L'architettura italiana;scrisse La riforma della facciata del duomo di Milano, Milano 1915.
Fonti e Bibl.: Necrologio, in L'illustraz. ital., 12 febbr. 1926; Gattatico di Praticello, Ufficio di Stato civile, Registro dei nati;Milano, Archivio storico del Comune, Ornato Fabbriche, II, nn. 23, 362, 437; F. Reggiori, Milano 1800-1943, Milano 1947, pp. 253, 328, 331, 354; M. Scheichenbauer, A. C., Milano 1958; R. Gabetti, La cultura architettonica in Italia, Roma 1959, p. 24; C. L. V. Meeks, Italian Architecture 1750-1914, New Haven-London 1966, ad Ind.; V. Brosio, Lo stile Liberty in Italia, Milano 1967, p. 47; R. Bossaglia, Il Liberty in Italia, Milano 1968, p. 117; Milano 70-70 (catal.), I, Milano 1970, p. 171 e passim;R. Bossaglia-A. Hammacher, Mazzuchelli, Milano 1971, pp. 82 s., 88 ss., 103; R. Bossaglia, Archit. Liberty a Milano (catal.), Milano 1972, p. 28; D. Riva, Una architettura Liberty a Milano: la casa dell'arch. A. C. in via Bellini 11, in Arte lombarda, XVIII (1972), I, pp. 114-3, 138-47 (ill.); Mostra del Liberty ital., Milano 1973, pp. 86 ss., 119, 218.