PIATTI, Alfredo Carlo
PIATTI, Alfredo Carlo. – Nacque a Bergamo l’8 gennaio 1822, primogenito del violinista Antonio (1801-1878) e di Marianna Marchetti, cucitrice.
Il padre, nipote di Giovanni Battista Rovelli, primo violino nella cappella della basilica di S. Maria Maggiore per oltre quarant’anni e cugino di Pietro Rovelli, violinista fra i più rinomati della prima metà del secolo, suonò nelle orchestre della basilica e dei teatri locali e insegnò nella scuola di musica cittadina creata dal maestro di cappella Giovanni Simone Mayr.
Il giovanissimo Alfredo Piatti intraprese lo studio del violoncello sotto la guida del prozio Gaetano Zanetti, collega di Antonio in cappella e nelle stagioni operistiche. La precocità dell’allievo gli consentì di affiancare e sostituire il maestro in teatro e nelle funzioni sacre finché, alla sua morte nel 1832, ne prese il posto. Il tutto sotto l’egida di Mayr che, ammirato dall’abilità del giovanetto, gli dedicò un ciclo di Variazioni per violoncello e orchestra (eseguite per la prima volta nel 1831).
Morto Zanetti, a Bergamo non c’era nessuno all’altezza di istruirlo, sicché Piatti si trasferì a Milano, dove nel 1832 fu ammesso al conservatorio nella classe di Vincenzo Merighi, rimanendovi fino al 1837, anno della licenza. Suoi condiscepoli furono il contrabbassista Giovanni Bottesini e i violinisti Luigi Arditi e Carlo Bignami, con i quali si trovò poi a suonare di frequente. Tornato a Bergamo, riprese i suoi incarichi e si esibì regolarmente da solista in città e provincia. Nel 1838 Antonio condusse il figlio nel primo viaggio all’estero, destinazione Vienna, ma i successi artistici non furono suffragati da un valido riscontro economico. Il rientro a Bergamo fu obbligato. Nel 1840-41 Piatti fu reclutato per suonare nelle orchestre dei teatri Carignano e Regio di Torino; nel 1842 passò al Carcano di Milano, ma per accettare l’ingaggio perse il posto nella cappella bergamasca. Uno strumentista del suo talento aveva poche possibilità di affermarsi e di ottenere adeguate retribuzioni in Italia, mancando un circuito concertistico strumentale. Le occasioni si limitavano all’insegnamento e all’attività in orchestra nei teatri, perciò Piatti indirizzò le proprie attenzioni altrove.
Nel biennio 1843-44 compì una seconda tournée all’estero: Vienna, Pest, Monaco di Baviera, dove suonò con Franz Liszt. Dopo un breve soggiorno a Bergamo, Piatti ripartì alla volta di Parigi, senza però ottenere il successo sperato. Da lì mosse verso l’Inghilterra, raggiungendo per la prima volta Londra nel 1844. Conobbe i violinisti Camillo Sivori e Joseph Joachim, che sarebbero divenuti suoi assidui partner musicali e amici intimi; Felix Mendelssohn, sotto la cui direzione suonò; il pianista Theodor von Döhler, con il quale avrebbe intrapreso varie tournées, fra cui quella che, attraverso la Germania e la Polonia (a Berlino suonò con Jacobs Meyerbeer), lo condusse a Mosca e a Pietroburgo. Piatti rimase in Russia più di un anno, fra il 1845 e il 1846. Qui trovò un altro grande bergamasco, il tenore Giovanni Battista Rubini, e suonò con il violoncellista François Servais.
Rientrò a Londra nel 1846, stabilendovisi e sposando nel 1855 la pianista e cantante Mary Ann Lucy Welsh, dalla quale si sarebbe in seguito separato nonostante la nascita della figlia Rosa. Londra offriva una vita musicale molto intensa, intensamente frequentata da Piatti: fu primo violoncello nello Her Majesty’s Theatre (partecipò al debutto dei Masnadieri di Giuseppe Verdi, che per lui scrisse un assolo nel preludio) e nel Covent Garden; insegnò privatamente e alla Royal Academy of Music (scrisse un metodo per violoncello, pubblicato nel 1878, ed ebbe allievi come Robert Hausmann, William Edward Whitehouse, Leo Stern); nei suoi cinquant’anni di permanenza a Londra fu presenza costante nelle più importanti stagioni concertistiche (Philharmonic Society, Musical Union, Quartet Association, della quale fu uno dei fondatori, Sacred Harmonic Society, Beethoven Quartet Society, Popular Concerts).
Il repertorio di Piatti comprendeva pezzi virtuosistici, brani solistici con accompagnamento di pianoforte o di orchestra, musica da camera (fu membro di rinomati complessi, fra cui il quartetto guidato da Joachim), e copriva un arco cronologico che andava da Corelli a Haydn, Mozart, Beethoven e Schubert, per arrivare ai contemporanei: Mendelssohn, Schumann, Chopin, Brahms, Čajkovskij, Saint-Saëns. Per lui scrissero Michael William Balfe, William Sterndale Bennett, Bernhard Molique, Anton Rubinštejn, Arthur Sullivan, Charles Villiers Stanford; e ci sono testimonianze aneddotiche relative all’abbozzo di un Concerto per violoncello che Mendelssohn avrebbe concepito per Piatti. Clara Schumann, Rubinštejn, Edvard Grieg, Hans von Bülow, Antonio Bazzini, Henryk Wieniawski, Pablo de Sarasate furono suoi partner, senza dimenticare gli amici di una vita: Joachim, Sivori, Arditi, Bottesini.
Fuori Londra Piatti fu ospite fisso dei Charles Hallé’s Concerts di Manchester, creati dal pianista e direttore d’orchestra tedesco, e suonò nelle principali città inglesi e scozzesi, mentre in madrepatria tenne concerti sporadicamente, per lo più a Milano e a Bergamo, salvo una tournée nel 1875 nella quale fu affiancato fra gli altri da Giuseppe Martucci. Rifiutò incarichi di spicco come la cattedra di violoncello nel Conservatorio di Milano (1850) e la direzione di quello di Napoli (1884).
Le recensioni trasmettono l’immagine di un esecutore dalle straordinarie doti tecniche, in grado di superare i più ardui passaggi con estrema disinvoltura, ma il cui approccio viene descritto come castigato, composto e sobrio, mai teso a far sfoggio di bravura al fine di stupire e mai proclive al sentimentalismo per accattivarsi la facile approvazione del pubblico. Sfruttava appieno le risorse cantabili dello strumento, unendovi intonazione perfetta, cura del fraseggio e assoluta padronanza dell’arco.
Questi stessi aspetti vennero declinati da Piatti nella sua attività di compositore. Allievo dell’amico Bernhard Molique, produsse un catalogo ampio comprendente diversi generi e tipi. Le elaborazioni di temi operistici in fantasie, souvenirs, variazioni, risalenti agli anni italiani e delle grandi tournées, erano finalizzate all’esecuzione pubblica. Nello stesso ambito si collocano le composizioni su motivi popolari, mentre i pezzi più brevi venivano probabilmente sfruttati come bis. Il lato virtuosistico convive con una condotta melodica di matrice lirica e con una scrittura influenzata dalla tecnica vocale. A tali lavori Piatti affiancò una produzione più impegnata comprendente sei Sonate per violoncello e pianoforte (opp. 28-33, 1885-1896), il Concertino per violoncello op. 18 (1860 circa), due Concerti per violoncello (op. 24, 1869, e op. 26, 1873 circa). Qui emerge l’esperienza della grande produzione strumentale europea sotto il profilo formale e nelle scelte di orchestrazione, frutto del contatto con i massimi musicisti del momento e della pratica quotidiana del repertorio contemporaneo. L’intento sembra essere quello di integrare il non vasto repertorio ottocentesco per il suo strumento, piuttosto che la creazione di lavori finalizzati alla sola attività concertistica del compositore. Gli stessi Capricci op. 25 (1865) hanno una funzionalità didattica, ma costituiscono un caposaldo della letteratura violoncellistica come i Capricci paganiniani lo sono per il violino. Piatti adattò inoltre opere di autori della sua epoca (come i Märchenbilder di Schumann, i Lieder ohne Worte di Mendelssohn, gli Ungarische Tänze di Brahms) e mostrò un inconsueto interesse per i compositori antichi, fomentato dall’amicizia con un pioniere della early music come Arnold Dolmetsch e riscontrabile nelle trascrizioni di lavori di Ariosti, Bach, Boccherini, Geminiani, Locatelli, Marcello, Veracini, riproposti per la prima volta al pubblico. L’ultima parte del catalogo comprende romanze per voce e pianoforte (alcune delle quali con presenza del violoncello) per la maggior parte destinate ai dilettanti aristocratici londinesi.
Piatti si ritirò dalla carriera concertistica nel 1897 e lasciò l’Inghilterra nel 1898 per far ritorno in Italia. Morì il 18 luglio 1901 nella villa del genero Carlo Lochis alle Crocette di Mozzo, nei pressi di Bergamo.
Fonti e Bibl.: Le fonti musicali e i materiali documentari relativi a Piatti sono conservati a Bergamo nella Biblioteca civica (Fondi Piatti-Arnal e Piatti-Ruffoni, proprietà della Fondazione MIA) e nella Biblioteca Donizetti (Fondo Piatti-Lochis, parte della Biblioteca storica dell’Istituto musicale Gaetano Donizetti).
M. Latham, A. P., London 1901; V. Camplani, A. P.: cenni biografici, Bergamo 1902; E. Gennaro, Simone Mayr e il giovane A. P. a Treviglio per la festa del miracolo del 1838, in Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo, LI (1989-90), pp. 1145-1158; A. Barzanò, A. P.: studio documentario sulla vita e catalogo tematico delle opere, tesi di laurea, Università di Pavia 1994-95; A. Barzanò, Il musicista Carlo Alfredo P.: un violoncellista nell’Europa dell’800, Bergamo 1996; V. Sacchiero, Elaborazioni di temi donizettiani attraverso il violoncellista A. P., in Studi su Gaetano Donizetti nel bicentenario della nascita (1797-1997), a cura di M. Eynard, Bergamo 1997, pp. 205-236; A. Barzanò - C. Bellisario, Signor P., 1822-1901. Cellist, Komponist, Avantgardist, Kronberg 2001; The New Grove dictionary of music and musicians, XIX, London-New York 2001, pp. 699 s.; P. Forcella, Lettere di A. P. al nobile Alberto Emilio Finardi, in Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo, LXVII (2003-2004), pp. 519-536; A. P.: studi e documenti, a cura di V. Bernardoni, Bergamo 2004; M.A. Ryan-Kelzenberg, A guide to pedagogy and technique in A. P.’s Twelve Caprices, op. 25 (1865), tesi di laurea, Arizona State University 2009.