COTTRAU, Alfredo
Nato a Napoli il 26 sett. 1839 da Guglielmo e da Giovanna Cirillo, discendeva per il ramo paterno da famiglia originaria di Saverne in Alsazia e cadetta dei baroni Cottrau o Cottreau di Friburgo in Brisgovia, per il ramo materno dalla famiglia del patriota Domenico Cirillo.
Del C. nel periodo della adolescenza e formazione abbiamo una serie di notizie non tutte attendibili, perché dilatate dall'ottica smilesiana del "volere è potere" e del "selfmade man", ottica che difficilmente può essere condivisa, data la cospicua posizione della famiglia da cui proveniva. È certo che, rimasto orfano di padre 1847), dal 1849 al 1855 studiò nel Collegio di marina di Tolone e, dopo un viaggio d'istruzione sul brigantino a vela "Belem" (1855-56), ritornò a Napoli, dove fece pratica di apprendista ed operaio aggiustatore e montatore nelle officine meccaniche Guppy Pattison & C. (A. Cottrau, pp. 11-12; De Rosa, pp. 231-232). Sfornito di un regolare curriculum di studi secondari e superiori, il C. ebbe una formazione culturale tecnico-pratica ed empirica, ricca di un ottimo bagaglio di cognizioni, ma superficialmente - e più tardi, solo per interessi particolari - informata del dibattito economico e politico del tempo. D'altra parte, il servizio prestato come allievo ingegnere presso la ditta parigina E. Goüin et C.ie, "specializzata nella costruzione di ponti e tettoie metalliche" (De Rosa, p. 233), conferma il carattere eminentemente pratico della sua preparazione meccanica. Ritornato in Italia dopo un secondo soggiorno francese di due anni 1858 e 1859), vinse un concorso nel Genio civile e fu assegnato, con d. m. 8 genn. 1861, come ingegnere presso il Commissariato generale straordinario delle ferrovie da Napoli all'Adriatico, voluto da U. Peruzzi. Trasferito da Napoli a Torino nella segreteria del ministro dei Lavori Pubblici, diresse i lavori per il traforo del Moncenisio (De Rosa, p. 236) e presentò i primi studi sulle travate metalliche (A. Cottrau, p. 16). Per suggerimento di S. Grattoni, uno dei progettisti del traforo, abbandonò l'impiego statale e passò alle dipendenze della Società italiana per le strade ferrate meridionali con la qualifica di ingegnere-aiutante (4 luglio 1863).
Non fu una scelta avventata, ma meditatamente calcolata. Non solo le Meridionali offrivano prospettive di carriera e di guadagno più allettanti che non il Genio civile, ma più in particolare le ardite costruzioni di ponti in ferro, nelle quali la Società si stava cimentando in ogni angolo d'Italia, offrivano spazio e stimoli alla sua competenza e alle sue capacità di soluzioni anche geniali in un settore in cui egli aveva esperienza specifica e a cui aveva cominciato a dedicare i suoi primi studi.
La progettazione del ponte a due piani sul Po a Mezzanacorti (1865) lo impose subito all'attenzione degli ambienti scientifici ed accademici, non solo italiani, che gli furono prodighi di riconoscimenti (De Rosa, pp. 237-238). Nel 1865 disegnava anche la tettoia della stazione centrale di Napoli; l'esecuzione fu affidata alla ditta belga Finet Charles et C.ie, la quale solo nel 1869 poté iniziare il montaggio della struttura portante, perché le capriate dovettero essere ordinate e fatte venire dal Belgio. Le notevoli spese e difficoltà di trasporto, le interessanti prospettive offerte dal mercato italiano, la disponibilità del C. a collaborare (in ciò rivelando un intuito degli affari che gli veniva dalla tradizione di famiglia) indussero i fratelli Gustave e Théophile Finet (quest'ultimo più tardi sarà eletto senatore in Belgio: Stengers, p. 258) a fondare nel 1870 sulla spiaggia di Castellammare di Stabia una officina per il trattamento del ferro di prima lavorazione, affidandone la direzione al C., che il 27 giugno 1870 si dimetteva dalle Meridionali. Questa data segnò l'ingresso del C. nel mondo propriamente industriale, dove tuttavia la sua presenza si caratterizzò prevalentemente come quella di un tecnico e manager, di cui alcuni grandi finanzieri sfruttavano le doti di progettista, l'esperienza di direttore di lavori, nonché le aderenze acquisite negli ambienti delle grandi compagnie ferroviarie.
In effetti, quando il 18 marzo del 1873, a rogito del notaio Alessandro Bacchetti, fu costituita a Roma una regolare anonima sotto il titolo di Impresa industriale italiana di costruzioni metalliche, il C. non fu neppure presente (aveva delegato a rappresentarlo Gustave Finet) e la sua quota di partecipazione azionaria fu relativamente modesta (100 azioni).
L'iniziativa era stata resa possibile dall'apporto rilevante del capitale belga: su 4.500 azioni di 250 lire l'una versate all'atto della costituzione della società, che aveva la sede sociale in Napoli, 1.880 erano state sottoscritte dalla ditta Finet Charles et C.ie, 240 personalmente da Gustave Finet ed altrettante dal conte Eduard Cahen, originario di Anversa, ma residente a Napoli. Accanto però al capitale belga, figuravano i più bei nomi della finanza italiana del tempo: D. Gallotti e la Società generale napoletana di credito e costruzioni (1.340 azioni); A. Cilento e la Banca napoletana (400azioni); F. Brioschi e la Banca di costruzioni di Milano (400 azioni); A. Allievi e la Banca generale di Roma (200 azioni), cui più tardi si affiancò con una piccola quota azionaria anche E. Cantoni.
La storia della Impresa italiana di costruzioni metalliche coincide in gran parte con la vicenda personale e con l'ascesa nel mondo imprenditoriale del C., che fu prima direttore delle officine di Castellammare di Stabia, quindi direttore amministratore e poi amministratore delegato dell'anonima fino al 1887. Alla testa dell'Impresa operò in tre direzioni. A livello pubblicistico, fece pressione sugli amici politici (U. Peruzzi, Q. Sella, A. Scialoja che era amico di famiglia di vecchia data) per ottenere riduzioni daziarie sul ferro di prima lavorazione, per eliminare la concorrenza di industrie metallurgiche protette (in primo luogo della napoletana Società nazionale d'industrie meccaniche, con stabilimenti a Pietrarsa e ai Granili), per appoggiare la concessione dell'esercizio ferroviario e della costruzione di nuove linee ai privati. A livello tecnico, studiò nuovi sistemi di ponteggi, di locomozione su sede fissa, di locomotive e vagoni ferroviari (un elenco delle sue privative in questo settore è in Cottrau, pp. 86-88). A livello di management, mantenne basso il costo del lavoro e si oppose a qualsiasi tentativo di regolare il lavoro dei fanciulli nelle fabbriche (anche in veste di presidente dell'Associazione dei costruttori meccanici ed arti affini, carica alla quale fu eletto il 30 apr. 1877), favorì nuove combinazioni finanziarie dopo il disimpegno dei Finet, stipulò contratti anche a prezzo di costo con comuni, aziende private e Stato per vincere la concorrenza, promosse l'espansione della società e la diversificazione dei suoi prodotti. La diversificazione si era resa necessaria dopo che il C. era stato nominato, il 1º nov. 1878, amministratore delegato della Società anonima sicula occidentale per la costruzione della ferrovia Palermo-Marsala-Trapani (costituita a Roma il 3 sett. 1878 a rogito del notaio Giuseppe Garroni), carica che egli pensò di sfruttare ordinando il materiale alla Impresa napoletana. Non essendo però le officine di Castellammare attrezzate per tali produzioni, egli procurò l'acquisto nel 1881 delle officine di Savona, di proprietà della ditta francosvizzera Galopin-Süe Jacob et C.ie, specializzate nella fabbricazione di materiale ferroviario fisso e mobile, oltre che delle grandi condutture per acqua e gas. Più tardi, quando le officine savonesi furono rivendute per le gravi perdite che avevano fatto registrare, il C. volle rimpiazzarle con l'acquisto delle Officine al Sarno della ditta Aselmeyer Pfister & C. (De Rosa, pp. 260-261).
Per tracciare un bilancio dell'attività del C. in questi anni occorre da un lato tener conto della genialità delle sue soluzioni e proposte tecniche (tra le quali va ricordato il progetto di un ponte metallico galleggiante per l'attraversamento dello stretto di Messina) e dell'efficacia della sua iniziativa imprenditoriale (contribuì al rinnovamento della viabilità in tutte le città italiane attraversate da corsi d'acqua, sostituendo, ai vecchi e malfermi ponti in legno, nuovi e solidi ponti in ferro poggianti su sicure fondamenta), ma dall'altro lato si deve sottolineare la modestia e talora la grettezza dei suoi scritti in tema di politica economica, che rappresentano un tentativo abbastanza trasparente di sovrapporre gli interessi particolari della sua azienda e degli industriali metallurgici a quelli generali del paese. In questa linea rientra la sua avversione all'impianto in Italia di una industria di base del ferro, dato che conveniva agli imprenditori meccanici importare ferro di prima lavorazione; la richiesta di premi di esportazione, sia pure temporanei, all'industria metallurgica, richiesta che era in contrasto con il suo conclamato liberismo, che sarebbe più giusto definire privatismo (Aliberti, p. 1500), ma rispondeva ai bisogni di quel settore industriale in crisi agli inizi degli anni Ottanta (De Rosa, pp. 286-292); la sua posizione avversa alla creazione di un contenzioso amministrativo per la risoluzione di controversie fra Stato e società appaltatrici dei lavori pubblici ferroviari; le dichiarazioni contrarie all'esercizio ferroviario di Stato, data la predilezione e la convenienza della Impresa industriale a trattare con le compagnie private, da cui otteneva commesse a trattativa diretta. A questo proposito bisogna osservare che a mano a mano che assunse cariche di responsabilità in società anonime ferroviarie, come la Società italiana per le strade ferrate della Sicilia e la Società italiana per le strade ferrate secondarie della Sardegna, oltre che nella Società sicula occidentale già ricordata (delle quali non era neppure azionista, ma direttore ed amministratore solo per la fiducia in lui riposta dall'alta finanza che di quelle società era proprietaria), in alcuni articoli sulla Nuova Antologia del 1892 e del 1894 si pronunciò contro il sistema misto della proprietà statale e dell'esercizio privato, previsto dalla legge n. 3048 del 27 apr. 1885, detta delle "convenzioni ferroviarie", chiedendo in linea di massima proprietà ed esercizio ai privati o, in alternativa, una revisione delle convenzioni in senso più favorevole alle compagnie ferroviarie.
Mentre cresceva il credito del C. come manager negli ambienti finanziari italiani, tanto che A. Rossi ne caldeggiò presso V. S. Breda la nomina ad amministratore delegato della Terni in un momento difficile dell'azienda a metà degli anni Novanta (raccomandazione che non ebbe esito per l'opposizione di altri azionisti: Avagliano, pp. 292, 487-488, 492). Meno successo e minor fortuna il C. ebbe in altri campi. Non fu sostanzialmente accolta la sua proposta, formulata a metà degli anni Sessanta circa l'opportunità di costruire ferrovie economiche a scartamento ridotto sulle strade carrettabili, per le quali brevettò anche un suo sistema di locomozione: vi si opponevano le forti pendenze e le curve a stretto raggio di quelle strade, che mal si prestavano al fine cui il C. voleva destinarle. Tuttavia, della necessità di distinguere tra linee a grande velocità e linee a piccola velocità di servizio per i piccoli centri, tenne conto nel 1866 S. Jacini in un progetto di legge sulla classificazione delle strade ferrate (De Rosa, pp. 238-251). Anche le sue insistenze sulla inopportunità di costruire una linea direttissima tra Roma e Napoli (fu promotore, invece, di varianti sul vecchio tracciato per Cassino e la Valle del Sacco) dimostravano un difetto di previsione, non solo sugli incrementi futuri di traffico tra le due città, ma anche sulla capacità delle ferrovie di rivitalizzare vecchi insediamenti e di promuoverne di nuovi.
Non ebbero buon esito neppure le sue pratiche per la nomina di un regio commissario al comune di Napoli per sanare i molti mali da cui era afflitta la città, e soprattutto per fronteggiare la prepotenza delle società private concessionarie dei pubblici servizi (contro la società belga Treize Dreys concessionaria del servizio delle tranvie a cavalli, che vantava diritto di prelazione sull'impianto delle tranvie elettriche, scrisse tre lettere sul quotidiano napoletano Roma del 19, 20 e 21 apr. 1897). Precedentemente (1882) era stato respinto un suo progetto per la bonifica del rione S. Brigida, perché prevedeva la demolizione della chiesa di S. Ferdinando (Russo, p. 418).
Deluse rimasero anche le sue ambizioni politiche. Sconfitto alle elezioni del 5 nov. 1876, nelle quali si era presentato per il collegio di Napoli III (S. Giuseppe), sperò a più riprese di essere nominato senatore. Dopo vani tentativi in tal senso dei suoi amici Sella e Baccarini, nel 1890 si vide sfumare il laticlavio per le sopraggiunte dimissioni del Crispi. Tuttavia ancora nel 1895 chiedeva ad A. Rossi di adoperarsi perché gli fossero aperte le porte di palazzo Madama (Aliberti, pp. 1488-1489). Riuscito inutile anche questo tentativo, nel 1897 ripiegò sulla libera docenza presso la R. Scuola di applicazione degli ingegneri ed architetti di Napoli.
Morì a Napoli il 23 maggio 1898.
Un minuto elenco dell'attività complessiva del C. è in A. Cottrau, Raccolta di alcuni documenti ossia titoli di merito (allegata alla istanza inoltrata al ministro della Pubblica Istruzione per ottenere la libera docenza presso la R. Scuola di applicazione degli ingegneri ed architetti di Napoli), Napoli 1897. Seguendo le indicazioni di tale Raccolta (pp. 82-85) si può dividere la produzione del C. in una parte più propriamente scientifica (Sulle ferrovie comunali e provinciali da costruirsi in Italia, Firenze 1865; Le ferrovie secondarie a scartamento ridotto ed i tramways a vapore, Milano 1866; Sulle ferrovie economiche, Firenze 1866; Album de 36 ponts métalliques, Paris 1867; Le ferrovie a scartamento ridotto avanti al I Congresso degli ingegneri italiani in Milano, Napoli 1871; Sulla tettoia della stazione centrale ferroviaria di Napoli, Firenze 1871; Sulla industria del ferro in Italia, ibid. 1872; I sistemi di locomozione mista A. Cottrau e Larmanjat, Torino 1883; Considerazioni sul materiale mobile e sull'esercizio della ferrovia Palermo-Marsala-Trapani, Milano 1879; Locomotive con ruote a doppio cerchio, Napoli 1882; Nuovo tipo di vetture ferroviarie, ibid. 1882; La direttissima Napoli-Roma studiata in modo da usufruire di alcuni tratti dell'attuale linea ferroviaria, Milano 1882; Ponti politetragonali portatili di luci, larghezze e robustezze variabili, ibid. 1884; Ponti metallici portatili Cottrau ed Eiffel, ibid. 1885; Tipi normali delle ferrovie della Sardegna, Napoli 1886; Carte in tavola a proposito di un rione (Quartiere S. Brigida), ibid. 1888; Brevi osservazioni sui risultati di esercizio della linea Bicocca-Siracusa-Noto [studio stampato a Roma nel 1889, ma non pubblicato, come gli altri due opuscoli Sulle direzioni locali di esercizio, Napoli 1889, e Brevi osservazioni sull'esercizio delle ferrovie secondarie sarde, ibid. 1890]);e in una parte di carattere occasionale e contingente, diretta a difendere gli interessi degli industriali metallurgici, ad esprimere il suo punto di vista privatistico nell'ambito della politica economica italiana e le sue proposte sul problema di Napoli (A proposito d'una interpellanza alla Camera dei deputati degli on. G. Nicotera e Sandonato, Napoli 1875; Sul trattamento degli operai nei R. Arsenali di marina, ibid. 1877; Iliberi scambisti dellaCamera, le industrie meccaniche e la questione ferroviaria, ibid. 1879; Lettere tre sui tramways napoletani, ibid. 1879; Può gettarsi un ponte sullo stretto di Messina?, Torino 1883; Le direttissime: appunti e giudizi, Napoli 1883; Un mese dopo, ossia la bitriangolare, ibid. 1884; La questione napoletana e lo sventramento, ibid. 1884; Sulla importazione temporanea dei ferri ed acciai laminati, ibid. 1885; Le industrie meccaniche e il regime doganale, Roma 1891; I valori nominali in titoli nominativi, Napoli 1892; Appunti sulle convenzioni ferroviarie del 1885, in Nuova Antologia, 1º e 16 sett. 1892, pp. 44-68, e 227-262; Lo Stato ferroviero, in La Rassegna agraria, industriale, commerciale, letteraria, politica, artistica, II[1893], 13-14, pp. 409-457; Il problema ferroviario e le sue possibili soluzioni, in Nuova Antologia, 15 sett. 1894, pp. 211-234; 16 ott. 1894, pp. 633-675; La crisi della città di Napoli, ibid., 16 luglio 1896, pp. 229-256 [ma indispensabile per la intellegibilità dell'articolo è la lettera 2 ag. 1896 inviata dal C. al Rudinì, edita in G. Aliberti, pp. 1481-1509]; La Società dei tramways napoletani ed il municipio di Napoli, Napoli 1897).
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione del milieu politico, sociale e culturale, in cui operarono a Napoli il nonno, il padre e i fratelli del C., vedi soprattutto G. Cottrau, Lettres d'un mélomane pour servir de document à l'histoire musicale de Naples de 1829 à 1847, con prefaz. di F. Verdinois, Naples 1885; E. Cione, Napoli romantica, 1830-1848, Napoli 1957. Per un'idea sommaria dei Finet nella vita economica e politica belga, vedi Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique, Commission de la biographie nationale, Index des éligibiles au Sénat (1831-1893), a cura di J. Stengers, Bruxelles 1975, p. 258. Per un quadro dell'attività imprenditoriale del C., specie come manager fiduciario di vari finanzieri ed in particolare dei napoletano D. Gallotti, vedi Arch. centrale dello Stato, Ministero di agricoltura industria e commercio, Dir. gen. del credito e della previdenza, busta 220, fasc. 231; Archivio di Stato di Roma, 30 Notari capitolini, officio IV, vol. 709, ff. 230-254 (atto costitutivo e statuto dell'Impresa industriale italiana di costruzioni metalliche); e officio XII, vol. 648, fase. 402 (atto costitutivo e statuto della Società sicula occidentale Palermo-Marsala-Trapani); Ministero di agricoltura, industria e commercio, Bollettino ufficiale delle società per azioni, III (1885), 26, pp. 50-58 (atto costitutivo, rogato dal notaio romano Enrico Capo in data 7 giugno 1885, della Società italiana per le strade ferrate della Sicilia). Si ricorda che, fino all'entrata in vigore del nuovo Codice di commercio (legge 2 apr. 1882, n. 681), la Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, parte supplementare, contiene i decreti di approvazione (con eventuali modifiche degli statuti) di tutte le società per azioni (comprese, quindi, quelle in cui ebbe parte il C.) e le autorizzazioni a tutte le variazioni di capitale: ma anche dopo il 1882 si registra il caso delle nuove anonime ferroviarie, il cui statuto viene autorizzato con legge e quindi riportato nella Raccolta ufficiale (per la Società italiana per le strade ferrate della Sicilia, vedi la legge 16 giugno 1885, n. 3187).
Notizie biogr. sul C. presentate secondo un cliché smilesiano in A. Alfani, Battaglie e vittorie. Nuovi esempi di volere è potere, Firenze 1890, pp. 65-71; A. De Gubernatis, Piccolo diz. dei contemporanei italiani, Roma 1895, pp. 272-273; C. Capocci, La vita e l'opera di A. C., in Il Politecnico, V (1898), pp. 363-378. Più parco, G. Garollo, Diz. biogr. univ., I, Milano 1907, pp. 593-594. Da vedere inoltre G. Russo, Napoli come città, Napoli 1966, ad Indicem. La prima biografia completa è in L. De Rosa, Iniziativa e capitale straniero nell'industria metalmeccanica del Mezzogiorno. 1840-1904, Napoli 1968, pp. 227-303, a cui si rinvia anche per la bibliografia minore qui trascurata. Si vedano ancora L. Avagliano, Alessandro Rossi e le origini dell'Italia industriale, Napoli 1970, ad Indicem;G. Are, Alle origini dell'Italia industriale, Napoli 1974, ad Indicem; G. Aliberti, De Sanctis, il movim. lib. nap. e l'azione di A. C., in De Sanctis e il realismo, II, Napoli 1978, pp. 1481-1509.