FALCIONI, Alfredo
Nacque a Domodossola, in provincia di Novara, il 9 giugno 1868 da Giovanni e da Giuditta Moro. Laureatosi in giurisprudenza, intraprese la carriera politica: fu consigliere provinciale e quindi presidente del Consiglio provinciale di Novara. Il 3 giugno 1900 il F. venne eletto in Parlamento come deputato di Domodossola. Alla Camera si schierò con il gruppo dei liberali costituzionali di sinistra, che sostenevano la politica di G. Zanardelli e di G. Giolitti. Rieletto, per il medesimo collegio, nelle successive elezioni del 1904 e del 1909, il F. divenne uno dei parlamentari più in vista e, il 30 apr. 1910, toccò a lui presentare l'ordine del giorno di fiducia al governo presieduto da L. Luzzatti: un ordine del giorno che venne approvato da una maggioranza straordinariamente ampia di ben 386 deputati contro 19 contrari e 6 astenuti.
Formatosi, il 30 marzo 1911, il quarto ministero Giolitti, il F. venne nominato sottosegretario agli Interni e ricoprì tale carica fino alla caduta del governo, il 19 marzo 1914. Intanto, nelle elezioni politiche del 26 ott. 1913, le prime svoltesi dopo la riforma che ampliava il suffragio, il F. era stato riconfermato nel seggio parlamentare con i 6.282 voti ottenuti, questa volta, nel collegio di Novara. Alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia il F. fu tra i più convinti ed attivi sostenitori della posizione giolittiana contraria all'intervento.
In una lettera a Giolitti del 14 apr. 1915 egli stigmatizzava la "mobilitazione politica" che il presidente del Consiglio Antonio Salandra aveva, a suo giudizio, promosso contro i giolittiani: "gli avversari da combattere - scriveva il F. - siamo noi, sei tu che ài innalzato ieri l'uomo che oggi ci colpisce" (Dalle carte di Giovanni Giolitti, p. 137). Quando poi, l'11 maggio, Salandra rassegnò le dimissioni il F. non nascose la propria soddisfazione, ma, con accenti accorati, mise in guardia Giolitti dall'accettare la successione: "Io che conosco la piazza e il Parlamento, - gli scrisse il 14 maggio - che so gli umori dei pochi ma malvagi energumeni dell'interventismo, immagino pur troppo che non ti darebbero tregua, rendendoti amara l'esistenza..." (ibid., p. 159). In una successiva lettera del 19 maggio il F. riconfermò la sua fedeltà a Giolitti di fronte allo "spettacolo obbrobrioso della viltà umana e della ingratitudine dei beneficati" (ibid., p. 159 nota 2).
Il 22 giugno 1917, nel corso di una seduta della Camera in comitato segreto, il F. fu protagonista di un vivace scontro con il deputato repubblicano Giovanni Battista Pirolini, che aveva additato i giolittiani come responsabili del sabotaggio indiretto della guerra. Il F. replicò accusando gli interventisti per le violenze contro Giolitti nelle giornate del maggio 1915. Il clima degenerò ed ebbero luogo incidenti tali da far sospendere la seduta. Nell'ottobre 1917, insieme con altri deputati giolittiani, il F. diede vita al gruppo dell'Unione parlamentare, il cui scopo dichiarato avrebbe dovuto essere quello di difendere le prerogative dei membri della Camera. In pratica il sostegno di questo gruppo servì a facilitare l'ulteriore ascesa politica di F. S. Nitti, del quale il F. divenne da allora fedele sostenitore. Rieletto alla Camera per lo stesso collegio nelle elezioni del 1919 e riconfermato in quelle del 1921, il F. entrò a far parte del gruppo di Democrazia liberale. Il 14 marzo 1920 fu chiamato a far parte del primo governo Nitti, sostituendo Achille Visocchi come ministro dell'Agricoltura, carica che mantenne per la residua durata del gabinetto, cioè fino al 21 maggio dello stesso anno.
Nonostante il breve periodo in cui ricoprì detto incarico, il F. si trovò allora a recitare il suo ruolo politicamente più importante: il suo nome rimane infatti, più che altro, legato al decreto n. 515 del 22 apr. 1920, concernente la concessione delle terre.
In un momento caratterizzato da intense lotte contadine e da vaste occupazioni delle terre, il decreto interveniva nella materia fino ad allora regolamentata dal decreto Visocchi. Questo provvedimento, emanato il 2sett. 1919, attribuiva ai prefetti la facoltà di autorizzare le occupazioni dei terreni incolti da parte di associazioni agrarie o enti agricoli, ma si era rivelato inadeguato a superare la situazione di emergenza ed anzi aveva incoraggiato altre invasioni di terre. Appena insediato al ministero dell'Agricoltura il F. si trovò quindi di fronte all'esigenza di fissare nuove e più chiare norme nella controversa materia. Intervenne in senso restrittivo, dal momento che il suo decreto stabiliva che le concessioni potevano essere fatte soltanto a beneficio di associazioni o enti che già praticavano la coltivazione della terra (come l'Opera nazionale combattenti). In tal modo si voleva arginare il fenomeno delle concessioni a cooperative, a volte improvvisate, che poi trascuravano la terra o speculavano dandola in sub-concessione o utilizzandola per il pascolo. Nei fatti, però, il provvedimento andava a colpire anche quelle cooperative che realmente miravano al possesso della terra.
Il decreto del F. introduceva tuttavia un importante elemento innovativo, sottraendo l'autorizzazione per la concessione della terra alla potestà esclusiva dei prefetti e demandandola a speciali commissioni tecniche provinciali, in cui erano rappresentati in forma paritaria i proprietari e i lavoratori. Davanti a queste commissioni gli aspiranti assegnatari erano appunto chiamati ad offrire serie e documentate garanzie, sia tecniche sia economiche, sulla loro capacità di mettere a coltura o migliorare i terreni. Veniva inoltre ribadito il divieto del subaffitto, erano previste sanzioni penali per le occupazioni arbitrarie e la decadenza della concessione nel caso in cui non fosse stata corrisposta al proprietario l'indennità stabilita dalla commissione. L'occupazione delle terre poteva trasformarsi da temporanea in definitiva dopo due anni, per decreto reale, ma soltanto se si trattava di terreni suscettibili di importanti trasformazioni colturali e il concessionario aveva messo a coltura il fondo secondo "lodevoli" criteri tecnici (A. Staderini, Agricoltura, p. 52).
L'11 maggio 1920 il F. presentò alla Camera il suo progetto organico per la trasformazione del latifondo e la concessione delle terre, ma, dieci giorni dopo, il governo si dimise e il successore del F. al ministero dell'Agricoltura, il popolare Giuseppe Micheli, non riuscì ad ottenerne la trasformazione in legge. Nel frattempo il movimento dell'occupazione delle terre, ancora intenso dopo il decreto del F., nell'autunno del 1920 si era quasi completamente esaurito.
Il 21 maggio, costituitosi il secondo governo Nitti, il F., divenne ministro della Giustizia, ma neanche un mese dopo, il 12 giugno, Nitti rassegnò le dimissioni passando le consegne a Giolitti. Il 18 e 19 giugno Nitti fu ospite del F. nella sua casa di Domodossola, dove ricevette la visita dell'industriale Giovanni Agnelli.
Conclusa la breve esperienza di ministro, il F. rimaneva un autorevole esponente del gruppo nittiano e in tale veste ebbe parte non secondaria nelle vicende politiche che precedettero l'avvento del fascismo. Il 17 luglio 1922 in una riunione del comitato di maggioranza, con la partecipazione del presidente del Consiglio L. Facta, il F. insieme col popolare Alcide De Gasperi rivolse un duro attacco alla politica interna del governo, ormai virtualmente in crisi. Nei fitti colloqui ed incontri che allora intercorsero tra i vari esponenti politici per risolvere la crisi il F. era il referente principale dei nittiani. Dopo l'avvento del fascismo il F. fece parte della commissione parlamentare incaricata di esaminare il disegno di legge elettorale maggioritaria elaborato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giacomo Acerbo. Il F., che in sede di commissione aveva votato contro questo progetto, finì per approvarlo allorché esso, il 21 luglio 1923, venne sottoposto al voto della Camera.
Il F., che non si presentò alle elezioni del 5 apr. 1924, venne nominato senatore nel marzo del 1929. Fu anche nominato commissario del traffico tra l'Italia e la Svizzera e fu membro dei consigli di amministrazione di diverse società, come la Trasporti Gondrand e la Edison.
Morì a Pallanza (ora Verbania) il 4 luglio 1936.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Corriere della sera, 5 luglio 1936, p. 2; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica italiana, III, Dai prodromi della grande guerra al fascismo, 1910-1928, a cura di C. Pavone, Milano 1962, ad Indicem; L. Albertini, Venti anni di vita politica, II, L'Italia nella guerra mondiale, I, Bologna 1951, p. 529; III, ibid. 1953, p. 357; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio, V, Dopoguerra e fascismo (1919-1922), a cura di A. Schiavi, Torino 1953, ad Indicem; O. Malagodi, Conversazioni della guerra 1914-1919, a cura di B. Vigezzi, Milano-Napoli 1960, p. 249 e n.; S. Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'Italia. Da Novara a Vittorio Veneto, IV, Napoli 1939, pp. 32, 296; VII, Roma s.d., p. 53; P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1956, ad Indicem; R. Zangrandi, Illungo viaggio attraverso il fascismo, Milano 1962, ad Indicem; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1964, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Torino 1965, ad Indicem; Id., Mussolini il fascista, I, La conquista del potere, 1921-1925, ibid. 1966, ad Indicem; Storia del Parlamento italiano, a cura di D. Novacco, XII, Palermo 1967, ad Indicem; D. Veneruso, La vigilia del fascismo. Il primo ministero Facta nella crisi dello Stato liberale in Italia, Bologna 1968, ad Indicem; G. Perticone, L'Italia contemporanea, Verona 1968, ad Indicem; A. Staderini, Agricoltura, in Annali dell'economia italiana, 1915-1922, 6, II, Milano 1978, pp. 51-54; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, VII, Milano 1978, ad Indicem; IX, ibid. 1981, ad Indicem; F. Barbagallo, Nitti, Torino 1984, ad Indicem; R. Zangheri-G. Galasso-V. Castronovo, Storia del movimento cooperativo in Italia 1886-1986, Torino 1987, ad Indicem; 1508 deputati al Parlamento per la XXIV legislatura, Milano 1914, ad Indicem; Chi è?, 1931, ad vocem; Idem, 1936, ad vocem; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, Milano 1940, I, p. 395; Enc. Italiana, App. II, 1938-1948, I, ad vocem; F. Bortolotta, Parlamenti e governi d'Italia dal 1848 al 1970, I-II, Roma 1971, ad Indicem; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1973, ad Indicem; Lessico univ. ital., VII, ad vocem.