FURIGA, Alfredo
Nacque a Olginasio, ora nel comune di Besozzo presso Varese, il 23 febbr. 1903 da Carlo e da Rosa Buchser. Frequentato il primo corso della scuola di disegno a Germignaga, tra il 1914 e il 1919 si trasferì a Milano dove seguì i corsi di ornato (1919) e di scenografia (1921) dell'Accademia di belle arti di Brera. Con V. Rota e A. Parravicini si perfezionò in scenografia; nello stesso anno sembra abbia partecipato alla scenografia dell'Adriana Lecouvreur di F. Cilea allestita al teatro Metropolitan di New York.
Negli anni Venti realizzò le scene per Turandot e Tosca di G. Puccini, eseguite rispettivamente al Covent Garden di Londra (1925) e al teatro Municipal di Santiago del Cile (1926). Nel 1927 curò la messa in scena della Bohème di G. Puccini all'Opera House di Sidney. Il suo interesse per gli sviluppi della scenotecnica lo fece avvicinare alle sperimentazioni del "palcoscenico meccanico" di Pericle Ansaldo, un sistema scenico che permetteva di creare con estrema facilità e rapidità effetti di grande suggestione e che fu sperimentato, nel 1927, al nuovo teatro dell'Opera di Roma, rimodellato da M. Piacentini sull'antico teatro Costanzi. Nel 1928, insieme con lo scenografo C. Parravicini, iniziò la sua collaborazione con l'Opera di Roma realizzando le scene per la Tosca di Puccini, La cena delle beffe di S. Benelli e la Fedra di I. Pizzetti, i figurini per il Matrimonio segreto di D. Cimarosa e le scene e i costumi per l'Arlesiana di G. Bizet.
Il rapporto con l'Opera di Roma durò, in sodalizio con l'architetto P. Aschieri, fino al 1943. Insieme con questo, inoltre, il F. realizzò diversi spettacoli all'Arena di Verona, di cui divenne direttore dell'allestimento scenico nel 1941 (La Favorita di G. Donizetti; Tannhäuser di R. Wagner).
All'intensa attività di scenografo e di costumista il F. affiancò quella di pittore, coltivata fin dai primi anni della sua formazione con G. Palanti. La sua produzione, inizialmente caratterizzata da una pittura ispirata alla natura e al paesaggio, si volse, attraversate le suggestioni del primo e del secondo futurismo, verso le atmosfere della cosiddetta Scuola romana, che il F. interpretò con un raffinato e vibrante uso del colore (Natura morta, 1931, Roma, collezione privata).
Nel 1931 espose a Roma una non meglio identificata Donna della Somalia alla prima Mostra internazionale d'arte coloniale (catal., p. 387 n. 29). L'anno seguente allestì la sua prima personale alla galleria del Milione di Milano, dove espose 40 opere tra dipinti e disegni. Sempre nel 1932 partecipò alla II Mostra del Sindacato fascista laziale di belle arti (manifestazione cui prese parte anche nelle edizioni del 1936, con dipinti e disegni, e del 1937).
Accanto a una pittura dai toni sommessi, il F. siglò anche una serie di tavole celebrative, dedicate all'erezione dell'obelisco Mussolini al foro Italico di Roma (L'obelisco Mussolini, edizione a cura della presidenza centrale dell'Opera nazionale balilla, Roma 1934), che mostrano, nel segno forte e deciso e negli accentuati tagli prospettici, un linguaggio asciutto, mutuato dalle sue esperienze teatrali. Ai richiami della fase onirica del secondo futurismo vanno invece ascritti i collages polimaterici per i bozzetti del dramma di E. O'Neill Il lungo viaggio di ritorno, eseguiti tra il 1934 e il 1935 (Roma, collezione privata) e presentati, insieme con quelli per Manon di Massenet e con il plastico Fuori porta, alla Mostra internazionale di scenotecnica teatrale della VI Triennale di Milano (1936). Nel 1935 partecipò con il dipinto Linee (ubicazione ignota) alla II Quadriennale d'arte nazionale di Roma ed espose alla CCLII mostra della casa d'arte Bragaglia fuori commercio; l'anno seguente curò l'allestimento del Giulio Cesare di G.F. Malipiero al teatro Colón di Buenos Aires. Del 1940 sono due progetti di allestimenti (Roma, collezione privata) per una sala della Mostra triennale delle terre d'Oltremare e del lavoro italiano nel mondo. Con A. Apolloni, A. De Santis, G. Omiccioli e F. Scattola, nel 1941, il F. prese parte alla XLIV Mostra della Galleria di Roma. La produzione pittorica di questi anni si snodò tra dipinti di soggetto religioso (S. Sebastiano, 1946, proprietà del Comune di Besozzo) e opere ispirate alle suggestioni suscitate dalle rovine dell'antica Roma (Impressioni al foro Romano e Scheletri antichi, 1943; Ruderi di Roma, 1944: Roma, collezione privata), che il F. interpretò con una vigorosa resa materica di sapore espressionista.
Annoverato da E. Prampolini (1940) tra i giovani scenotecnici italiani più attenti alle innovazioni, il F. fu un sensibile interprete delle teorie futuriste sulla simultaneità prospettica e sull'architettura cromatica-spaziale, che ebbe modo di mettere in pratica curando le scenografie di diversi spettacoli per la compagnia del teatro delle Arti, in tournée in America Latina, e per le Manifestazioni siciliane di ballo di A.G. Bragaglia, tra il 1937 e il 1943.
Tra questi allestimenti si ricordano La ruota di C. Vico Lodovici (1937), L'innocenza di Coriolano di Stefano Landi (1939), Sotto i ponti di New York di Maxwell Anderson (1940), opera ispirata alla vicenda di Sacco e Vanzetti, e quelli per i due cicli delle manifestazioni musicali dello stesso teatro: Le baruffe chiozzotte di G.F. Malipiero, La locanda portoghese di L. Cherubini (1941), Giuditta di A. Honegger e Il figliol prodigo di C. Debussy (1942).
L'impegno del F. nel rinnovamento dell'arte scenica è confermato anche dalla sua partecipazione, nel 1934, al "Progetto per un nuovo teatro italiano", mai realizzato, proposto da Maria Signorelli e Carlo Rende, in cui si volevano fondere, all'interno di un "pluriscenio", musica, luce, colore e abiti teatrali dei personaggi.
Nel 1946 il F., fervente monarchico, sollecitato dagli eventi politici italiani, si trasferì in Portogallo, dove fu nominato direttore dell'allestimento scenico del teatro São Carlos di Lisbona. Nel 1949 rientrò in Italia, ma la collaborazione col teatro di Lisbona durò fino al 1970 e gli valse tra l'altro, nel 1952, un attestato di benemerenza dell'Ente autonomo Mostra delle terre d'Oltremare per la sua collaborazione alla Mostra triennale del lavoro italiano nel mondo, in qualità di rappresentante del São Carlos.
In questi anni, insieme alle numerose scenografie per il teatro Massimo di Palermo, per l'Opera di Roma e per alcune edizioni della stagione lirica dell'Arena di Verona, il F. firmò anche una interessante produzione di locandine di grande qualità pittorica e inventiva, che rivela tutta la sua capacità di muoversi con abilità e disinvoltura tra gli echi del polimaterismo prampoliniano e le erudite e raffinate citazioni di codici miniati medievali (Lucia di Lammermoor, 1950; Pelléas et Mélisande, 1959; Parsifal, 1964).
Morì a Roma il 3 giugno 1972 e venne sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Olginasio.
Fonti e Bibl.: M. Signorelli - C. Rende, Progetto per un nuovo teatro italiano, Roma 1934, p. 29; A. De Angelis, Scenografi italiani di ieri e di oggi, Roma 1938, pp. 113 s.; M. Corsi, Il teatro all'aperto in Italia, Milano 1939, pp. 157 s., 160; E. Prampolini, Scenotecnica. Quaderni della Triennale, Milano 1940, pp. 6, 15, 52; S. Cabasino, Il figurino nel teatro italiano contemporaneo, Roma 1945, p. 43, ill. nn. 44, 47; G. Siracusa, È di Besozzo lo scenografo del São Carlos di Lisbona, in La Prealpina, 13 ag. 1959; L. Volpicelli, in Estudios italianos em Portugal, 1961, n. 20, pp. 20-22; A.C. Alberti, Il teatro nel fascismo: Pirandello e Bragaglia, Roma 1974, pp. 106, 110, 112, 114, 116, 360, 362; Id., Poetica teatrale e bibliografia di A.G. Bragaglia, Roma 1978, p. 29; Id., A.G. Bragaglia, in Il teatro contemporaneo, a cura di C. Verdone, Roma 1981, p. 305; Prima Mostra antologica delle opere di A. F. (catal., Besozzo), a cura di S. Colombo, Varese 1988 (con bibl.); V. Gravano, in La pittura in Italia. Il Novecento/1, Milano 1992, II, p. 899; A. Basso, La musica e i musicisti…, III, Torino 1986, p. 60; Enc. dello spettacolo, V, col. 772.