MÜLLER, Alfredo
– Nacque il 30 giugno 1869 a Montenero, presso Livorno, da Odoardo, commerciante di cotone d’origine svizzera, e da Eugenia Nonny Schintz.
S’iscrisse all’Accademia di belle arti di Firenze, dove frequentò le lezioni di Giuseppe Ciaranfi, pittore di storia, e del ritrattista Michele Gordigiani, con il figlio del quale strinse duratura amicizia. Nel 1886 partecipò con Giovanni Fattori, Silvestro Lega e i fratelli Tommasi alla I Esposizione di belle arti di Livorno con soggetti d’ispirazione storica (L’aspettativa, Moschettiere, Testa di vecchio, Michelangelo bambino, Pressi di Pistoia, Moro). A causa del crac bancario che compromise l’economia della città, la famiglia si trasferì nel 1888 a Parigi, dove Müller frequentò lo studio di François Flameng e di Carolus-Duran, alternando soggiorni in campagna – a Barbizon e Suresnes – a numerosi viaggi in Italia. Soggiornò soprattutto nella villa ereditata dallo zio, Pierre Kotzian, a Torre del Lago (dal 1896 villa Orlando), meta dal 1891 del compositore Giacomo Puccini e dei pittori livornesi. La frequentazione della Parigi fin de siècle, dominata dalla tarda peinture d’atelier e dai primi saggi di pittura en plein air, lo spinse a superare l’impostazione accademica degli esordi, per avvicinarsi alle ricerche cromatiche e luministiche di Monet e Pissarro. Ne è un primo esempio lo spazio vuoto di Lo studio (Monti, 1991, p. 40 fig. 52), identificabile con l’Intérieur d’atelier presentato, insieme con Portrait de l’auteur (da rintracciare nell’Autoritratto ripr. ibid., p. 33 fig. 42), al Salon de la Société nationale des beaux-arts a Parigi nel 1889. Un suo Interno si distinse alla Promotrice fiorentina dello stesso anno e dieci dipinti di matrice impressionista comparvero alle successive edizioni (1890: Chrysanthème, Ritratto [pastello], Interno chiaro, Sole di mattina, paese, Marina, vibrazioni in giallo, bianco e azzurro, Sole d’aprile; 1891: Ritratto, Ritratto scuro, Thé giapponese, Estate; cfr. I postmacchiaioli, 1993, p. 200).
Si tratta di interni borghesi, ritratti e marine sensibili al mutare della luce e realizzati a piccole pennellate divise, per rendere le vibrazioni dell’atmosfera, che nella coniugazione di indagine scientifica e resa sentimentale si ponevano come un modello alternativo al realismo macchiaiolo. Quali suggestioni visive offrisse il panorama costiero livornese per l’uso delle chiare gamme impressioniste e l’applicazione della tecnica divisionista ben lo rivela il dipinto I bagni Pancaldi a Livorno (1890, Livorno, coll. priv.; ripr. ibid., p. 87 n. 58), che divenne subito un riferimento per i pittori più giovani, come Plinio Nomellini, Enrico Banti, Leonetto Cappiello, provocando il risentimento di Fattori contro le mode d’Oltralpe e «l’accademia mulleriana» (in Dini - Dini, 1997, pp. 379 s., 384 s.).
Nel 1895 si stabilì nella capitale francese. Uomo dal carattere vivace e provetto giocatore di biliardo, strinse presto amicizia con Pissarro, Renoir, Cézanne, Toulouse-Lautrec. Da Eugène Delâtre apprese i procedimenti dell’acquaforte a colori (o acquatinta a grana libera): una tecnica tornata allora in auge per la varietà di toni e la delicatezza dei passaggi chiaroscurali, che la rendevano simile all’acquarello. Contemporaneamente, conobbe la pittrice Marguerite-Marie Thomann e con lei prese casa a Montmartre, dove aprì uno studio d’incisione a colori. Con questa tecnica sperimentò strutture compositive, tematiche e indirizzi stilistici diversi: da quello impressionista (Verlaine au café Procope, 1896, litografia in bistro, Firenze, coll. priv.; ripr. in A. M., 1982, p. 11, n. 1) alla grafica giapponese, alle sintetiche flessuosità lineari degli artisti della Revue blanche, collaborando con l’editore Pierrefort e con diverse riviste, come Le Canard sauvage e Cocorico.
Datano agli stessi anni i pannelli decorativi per una casa parigina, tra cui Paesaggio invernale, I pavoni e I cigni, dai quali l’artista ricavò litografie a colori (già Parigi, Galerie des peintres graveurs; ripr. ibid., pp. 19 s., nn.13-15). Nel 1896 espose al Salon il dipinto Le thé, soggetto poi ripreso nell’incisione L’ora del thé (acquaforte e acquatinta a colori; Roma, coll. priv.; ripr. ibid., p. 18, n. 10). Le opere grafiche presentate alle due successive edizioni (1897: Puberté,La liseuse, acquaforte; Étude, vernice molle; Rautendelein, ispirato al dramma La campana sommersadi Gerhart Hauptmann; 1898: Les trois soeurs, acquaforte a colori, Roma, coll. priv.; cfr. Ipostmacchiaioli, 1993, p. 200) furono accolte bene, tanto da convincere nel 1898 Ambroise Vollard a esporre opere di Müller nella sua galleria.
Nel 1897, insieme con Toulouse-Lautrec, Rousseau, Louis Anquetin e FrancisJourdain, entrò a far parte della Societé des artistes indépendants, dove presentò i dipinti Mytilène, Portrait de Francis Jourdain, Journée grise, La neige e tre quadri sul tema Soleil d’hiver (ibid., 1993, p. 200). A testimoniare la ricerca pittorica di quegli anni è La promenade des Anglais a Nizza (1898, coll. priv.; già Firenze, coll. Dello Strogolo;ripr. ibid.,p. 32 fig. 41), caratterizzata da un taglio fotografico che immette direttamente sulla celebre passeggiata, registrata con un abbagliante accordo tonale di bianchi acidi e trasfigurata da un segno sfrangiato, che rivela la lezione di Sisley.
All’attività d’incisore si andò presto ad aggiungere quella di cartellonista con l’arrivo a Parigi di Cappiello (1898), legato a Müller da rapporti di parentela. Il passo successivo furono le edizioni d’arte, come testimoniano A passeggio (acquatinta a colori), a lui commissionata da Julius Meier-Graefe per l’album illustrato Germinal, pubblicato nel 1899 con un testo di Gustave Geffroy (La maison moderne, Paris), le illustrazione per il volume di Georges MaurevertLa bague de plomb (Paris 1901) o la serie approntata nel 1901 per una nuova edizione della Divina Commedia (mai realizzata; ripr. in A. M., 1982, pp. 23-25).
Müller s’impose soprattutto quale illustratore della vita notturna della belle époque, come suggeriscono Danseuse sur la scène (1900, acquaforte) o la serie dedicata ai protagonisti del teatro parigino allora dominato da André Antoine: la giapponese Sada Yacco, che si esibì all’Esposizione universale di Parigi del 1900 dove Müller fu premiato con la medaglia di bronzo (Femme lisant, acquaforte; Les petit filles, acquaforte), Marthe Mellot in La Gitane di Jean Richepin, Suzanne Desprès in Poil de carotte di Jules Renard, la danzatrice francese Cléo de Mérode; Sarah Bernhardt e l’attore d’origine rumena Édouard de Max.
Nel 1902 sue incisioni furono riprodotte da Gabriel Mourey nel numero speciale della rivista londinese The Studio dedicato a Modern etching and engraving. Nello stesso anno fu invitato alla LXXII Esposizione internazionale della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma (Portrait, dipinto). Confacenti allo spirito dell’artista erano anche temi intimisti, come Il bagno (1902, acquaforte; ripr. in A. M., 1982, p. 28, n. 27) e La toilette (1902, acquaforte a colori; ripr. ibid., nn. 28-29), che rivelano nell’iconografia del nudo femminile di schiena la conoscenza dell’opera di Degas; o scene di vita borghese caratterizzate dalla ricerca di verità nella scelta del soggetto, nella descrizione degli accessori e dell’ambiente, ma anche da una costante stilizzazione, come mostrano il dipinto e la relativa incisione Les confidences (1903). Il primo fu presentato al Salon del 1904 (insieme con le incisioni: Le départ pour lachasse, L’île heureuse, Le livre préféré, La nonchalante, Après les semailles); la seconda, caratterizzata da un segno ancora più sfatto e velato, fu esposta al Salon d’Automne del 1904 insieme con L’escarpolette e La balustrade, il dipinto Le petites filles au chat e una serie di paesaggi ispirati alla campagna di Barbizon (Soleil couchant, Vieux île, Cathédrale de Nantes; cfr. I postmacchiaioli, 1993, p. 200). Nello stesso anno il settimanale Le Courrier français di Jules Roques pubblicò sue acqueforti, tra le quali: Devant la rampe e Place Blanche (1904, rispettivamente, acquaforte a colori e puntasecca), entrambe editate da Pierrefort e dedicate ai bagliori notturni della modernità parigina. Di diverso tenore, rurale e simbolista, è invece Le paturage (1905 circa, conservata insieme ad altre 13 acquetinte alla Fondazione Cassa di risparmio di Livorno).
Dopo un soggiorno a Londra (1903), espose al Salon del 1905 i dipinti Le colin-maillard (Roma, coll. priv.,da cui trasse l’omonima incisione cit. in A. M., 1982, p. 39 n. 55) e Automne (cfr. I postmacchiaioli, 1993, p. 200). Partecipò al II Salon de la gravure, che si tenne nel 1906 alla galerie Goerges Petit (Le chapeau rose) e, due anni dopo, presentò alla galerie Rosenberg nature morte, paesaggi e un gruppo di ritratti (identificabile con la serie di teste nobili e coronate passata sul mercato antiquario il 7 giugno 2002 presso Farsettiarte, Prato, cat. asta n. 111). Nel frattempo aveva sposato Marguerite-Marie Thomann (1908), avendo come testimoni di nozze il compositore Erik Satie, l’illustratore Jules Dépaquit e il pittore Egisto Fabbri. Dopo un viaggio in Belgio (1909), espose nel 1910 presso la Société artistique de Roubaix-Tourcoing le incisioni La promenade d’Hyde Park, Le départ pour la chasse, L’escarpolette. Nel 1913 prese la cittadinanza francese, ma lo scoppio della guerra l’anno successivo lo colse durante un soggiorno di lavoro a Taormina, costringendolo a fermarsi in Italia, prima in Sicilia poi a Settignano, in Toscana. Su invito di Camillo Innocenti espose nel 1914 alla II Secessione romana con una sala personale, dove presentò, insieme con una Natura morta della moglie, una selezione di dieci opere della sua ultima produzione: una Natura morta, sei vedute di Taormina, La Senna a Villennes, Girgenti-tempio della Concordia e Cézanne ePissarro (Ragghianti, 1969, p. 38, fig. 42), opera, quest’ultima, realizzata tra il 1895 e il 1903 da una fotografia della fine degli anni Settanta, a suggellare non solo gli stretti rapporti tra i due artisti francesi e tra questi e Müller, ma anche la sua svolta verso la lezione di Cézanne. Tale svolta trovò un sollecito estimatore nel critico d’arte e direttore della galleria Futurista, Giuseppe Sprovieri, che acquistò 24 incisioni.
Dopo la I Esposizione internazionale del Bianco e Nero di Firenze (Les confidences, acquaforte e puntasecca), le opere esposte nel 1914-16 furono soprattutto paesaggi, che contribuirono a diffondere in Toscana la lezione di Cézanne: i dipinti San Gimignano, Taormina, Collodi, Montecatini furono inviati alla I Esposizione invernale toscana del 1914; nell’edizione successiva comparve invece una tra le opere più emblematiche di questo periodo, Ponte Vecchio a Firenze (olio su tela, 1915; Firenze, coll. Muzzarelli; ripr. in Ragghianti, 1969, p. 40 n. 45), in cui una struttura cézanniana a tassellature si arricchisce di contorni netti e stilizzati vicini a Derain. Ancora con un paesaggio partecipò alla Primaverile fiorentina del 1916 (Todi; proprietà del Comune di Firenze). L’interesse predominante per questo genere è riscontrabile fino ai primi anni Venti, in riferimento a una delle incisioni conservate al Cabinet des estampes della Bibliothèque nationale de France a Parigi (La grande cascade de Saint-Cloud, 1920, acquatinta a colori) e a una serie di vedute italiane e francesi di contenuta veemenza formale e cromatica, costruite per frammentazione di piani (Le Pont d’Arcy, 1921, Livorno, coll. priv.; ripr. in I postmacchiaioli, 1993, p. 90, n. 61). Contemporaneamente segnarono l’inizio di una nuova fase di ricerca le 13 tele con le Arlecchinate (oggi in diverse coll. priv.; ripr. in Monti, 1975, pp. nn., nn. IV-XVI), dipinte tra il 1918 e il 1926 per il ridotto del teatro Manzoni a Milano e raffiguranti episodi di maschere della commedia dell’arte di gusto scenografico e segno antirealistico nell’accentuata stilizzazione delle figure, con escursioni nell’avanguardia fauve e qualche ammiccamento al gusto déco. Questa realtà visionaria Müller portò presto anche a Livorno, aderendo al Gruppo Labronico fondato nel 1920. Una di queste opere fu esposta nel 1922 alla Primaverile fiorentina (dove l’artista fu anche nella giuria di accettazione) insieme con una serie di dipinti, in cui il colore tachiste e accessi timbri postimpressionisti si alternano a stimoli espressionisti dal forte contrasto chiaroscurale (Notturno d’agguato, coll. priv.), o a una moda neosettecentesca e teatrale (Il geloso, coll. priv.; ripr. in Ercoli, 1976, p. 54 n. 2) vicina alla coeva produzione di Umberto Brunelleschi e Gino Carlo Sensani. La frequentazione di questi artisti, o comunque del medesimo ambiente, è testimoniata dal ritratto della nobile fiorentina Cora Antinori (il dipinto e il bozzetto datato 1915 sono a Firenze, coll. Antinori) raffigurata da Müller nel 1916 con l’abito creato per lei da Brunelleschi l’anno prima per uno spettacolo al teatro della Pergola. «Maschere bene educate, che scherzano con buona maniera» (intitolate Le Arlecchinate) furono esposte nello stesso anno anche nella personale allestita alla galleria Pesaro di Milano, che documentava tutta l’attività di Müllerattraverso una selezione di Nature morte (tra cui Natura morta con violoncello, 1920, coll. priv.; già Lucca, galleria d’arte Bacci di Capaci), Figure e Nudi femminili «tra il verde che dormono, si svegliano, ridono, sans arrière-pensées», Paesaggi e Marine «con acque lisce e distese. Barche che vanno; barche con ali al riposo», come scrisse Müller nella presentazione in catalogo. Le opere inviate nel 1923 alla IV Quadriennale della Società promotrice di belle arti di Torino (Estate, Riposo, Vecchie case, Sera) e alla I Mostra del fascio artistico, ospitata presso la Bottega d’arte di Giulio Belforte a Livorno (Le tre pecore, Pastura, Capraia, San Gimignano) rivelarono invece un ritorno alla pittura di paesaggio.
In sintonia con la propria multiforme attività, in un’Inchiesta sull’insegnamento artistico della rivista Dedalo ([III] 1923, 3, p. 733) l’artista difese l’importanza di una collaborativa compenetrazione dei mestieri. Nel 1925 organizzò con Baccio Maria Bacci, in palazzo Acciaiuoli a Firenze, la prima mostra dei Cézanne della collezione Fabbri, alla cui formazione aveva contribuito grazie ai suoi contatti. La serrata attività espositiva di questi anni culminò con l’invito alla XV, XVI e XVII Biennale di Venezia (1928: Settignano: la casa di Desiderio, Nudo nel bosco e relativo bozzetto; 1930: Via della Capponcina a Settignano, Il grande mulino-Olanda) e con l’allestimento nel 1930 di due personali alla saletta Gonnelli di Firenze, che raccolsero l’intera sua vicenda artistica, pittorica e grafica. Nel 1932 tornò a vivere a Parigi dove, nel 1936, visitando l’esposizione dell’amico Cézanne à l’Orangerie riconobbe una propria tela attribuita erroneamente al maestro d’Aix.
Morì a Parigi il 7 febbraio 1939 e fu sepolto a Gentilly, Val-de-Marne.
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