PANZINI, Alfredo
– Nacque a Senigallia il 31 dicembre 1863 da Emilio, medico condotto a Rimini, e da Filomena Santini. Ebbe un fratello, Ugo, mentre una sorella, Matilde, morì subito dopo la nascita.
Trascorse l’infanzia a Rimini, per poi trasferirsi per gli studi a Venezia, avendo ottenuto un posto gratuito presso il convitto Marco Foscarini, dove conseguì il diploma nel 1882. Iscrittosi alla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, fu allievo di Giosue Carducci e Francesco Acri. Dopo la morte prematura del padre (2 maggio 1883), conseguì la laurea nel 1886 discutendo una tesi su Teofilo Folengo, che divenne la sua prima pubblicazione (Saggio critico sulla poesia maccheronica, Castellammare di Stabia 1887), e iniziò a insegnare: dapprima nei ginnasi di Castellammare di Stabia e Imola e poi, a partire dal 1888, a Milano al ginnasio Parini e infine, dal 1897, al Politecnico.
Il 28 luglio 1890, a Parma, si unì in matrimonio a Clelia Gabrielli, pittrice e insegnante di disegno, da cui ebbe quattro figli: Emilio (1892), Pietro (1896), Umberto (1900) e Matilde (1908).
Dopo lavori di saggistica e traduzioni, esordì con il romanzo Il libro dei morti (Milano 1893), cui seguirono il volume di racconti Gli ingenui (Milano 1896) e la Moglie nuova (Milano1899).
Legato alla narrativa realistica del secondo Ottocento, nelle sue prime opere Panzini descrive vicende della vita quotidiana che vedono protagonisti piccoli borghesi, manifestando il suo pessimismo nei confronti dell’Italia postunitaria e rimanendo fedele a un ideale di vita agreste.
Con la fine del secolo iniziarono le sue collaborazioni con riviste e giornali, fra cui l’Illustrazione italiana, la Nuova Antologia, La Rivista d’Italia, che si andarono sempre più intensificando negli anni.
Dagli ultimi anni dell’Ottocento con la sua famiglia era solito affittare una casa a Bellaria per le vacanze estive, fino a quando decise di costruirne una propria: nel 1905 iniziarono i lavori per un villino, noto come la 'casa rossa': Bellaria divenne per lo scrittore un vero e proprio rifugio dalla città, dove poter coltivare il suo amore per la terra, ma fu pure occasione di amicizie e incontri letterari come quelli con Renato Serra, Antonio Baldini e soprattutto Marino Moretti.
Nei primi anni del Novecento Panzini si dedicò a un’intensa produzione novellistica. Dopo i dieci racconti riuniti in Piccole storie del mondo grande (Milano 1901), fu la volta di Lepida et tristia (Milano 1901-1902), raccolta pubblicata come strenna di un istituto di beneficenza, e quindi dei Trionfi di donne (Milano 1903): Panzini torna a storie di vita quotidiana, il più delle volte ambientate a Milano, affievolendo però la sua pessimistica visione del mondo, propria degli esordi.
Nel 1905 curò il Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari tradizionali (edito a Milano in varie edizioni), il cui obiettivo era quello di proporre «parole che non si trovano negli altri dizionari», in particolare neologismi e forestierismi penetrati nella lingua italiana. Il Dizionario includeva voci dell’italiano medio contemporaneo e per questo ebbe un notevole successo, a tal punto che Panzini lavorò per tutta la vita alle sue numerose riedizioni. Sempre al 1905 risale anche l’unico tentativo teatrale di Panzini, La giovinezza di G. Leopardi, azione drammatica in 3 atti che non andò mai in scena (pubblicata nel 1937 nella Nuova Antologia).
Fu comunque solo con il romanzo La lanterna di Diogene (Milano 1907) che l’attenzione dei critici e del pubblico verso la sua opera narrativa divenne significativa.
Apparso l’anno precedente nella Nuova Antologia, è il racconto di un viaggio in bicicletta da Milano a Bellaria: una fuga dalla città verso la libertà della campagna dove è possibile ristabilire un rapporto autentico con la natura. In realtà il viaggio – ibridato attraverso reminiscenze personali, divagazioni fantastiche, ricordi storico-letterari – permise a Panzini di sperimentare una soluzione narrativa destinata a diventare quella a lui più congeniale e caratterizzante la sua opera.
Nel 1910, a soli dieci anni, morì prematuramente il figlio Umberto, al quale dedicò le Fiabe della virtù (Milano 1911); nel 1912 morì la madre.
Panzini riprese la produzione novellistica con Che cosa è l’amore? (Milano 1912) e Donne, madonne e bimbi (Milano 1914). Quindi fu la volta di Santippe. Piccolo romanzo fra l’antico e il moderno (Milano 1914), pubblicato l’anno precedente nella Nuova Antologia: prima prova di quella scrittura rievocativa di periodi e personaggi storico-letterari, che caratterizzò tanta parte della sua attività, soprattutto nell’ultimo periodo.
Nell’Italia in procinto di entrare in guerra, Panzini assunse una posizione neutralista sul conflitto bellico, che si riverberò variamente nella sua produzione di quegli anni a partire da Il romanzo della guerra nell’anno 1914 (Milano 1914). L’inquietudine generata dalla guerra imminente emerge chiaramente ne Il viaggio di un povero letterato, cronaca di un viaggio in treno da Milano a San Mauro rimasto fra le sue prove più celebrate, apparso nella Nuova Antologia nei primi mesi del 1915 e quindi in volume nel 1919 (Milano). Nel 1923 uscì il Diario sentimentale della guerra diviso nei due volumi Dal luglio 1914 al maggio 1915 e Dal maggio 1915 al novembre 1918 (Roma-Milano).
Nell'adottare la tecnica diaristica, Panzini esprime le sue impressioni di fronte a una guerra di cui sottolinea tutta la tragicità, assumendo al tempo stesso un atteggiamento parodico verso le idee belliciste di Gabriele D'Annunzio, come accadde anche nel romanzo La Madonna di Mamà. Romanzo del tempo della guerra (Milano 1916). Più disimpegnate invece appaiono le due opere pubblicate rispettivamente nel 1918 e nel 1920: Novelle d’ambo i sessi e Io cerco moglie! (Milano), romanzo quest'ultimo già apparso nella Lettura tra il 1918 e il 1919.
Nel 1918 Panzini si trasferì a Roma, dove insegnò dapprima all’Istituto tecnico Leonardo da Vinci, poi al liceo Mamiani dal 1924 al 1927, anno del suo pensionamento.
Se già prima della guerra la sua opera riscuoteva successo e la sua figura era ben conosciuta, come testimoniano le numerose collaborazioni a riviste e giornali, con il dopoguerra ciò si intensificò. Panzini scrisse infatti per La Lettura, La Voce, Il Marzocco, L’Italia che scrive, La Rassegna italiana, Il Resto del Carlino, il Corriere della sera, La Tribuna, Pègaso, La Fiera letteraria.
Negli anni Venti Panzini continuò a privilegiare la forma romanzo, tuttavia sempre più lontano dagli schemi narrativi tradizionali: a Il diavolo nella mia libreria (Roma 1920), seguirono Il padrone sono me! (Roma-Milano 1922; pubblicato l’anno precedente in La rivista d’Italia), e La pulcella senza pulcellaggio. Romanzo d’altri tempi (Milano 1925).
Divenuto letterato 'di regime', il 21 settembre 1924 tenne la commemorazione di Giovanni Pascoli nella sala dell’Arengo di Rimini alla presenza di Mussolini. Nel 1925 firmò il manifesto degli intellettuali fascisti redatto da Giovanni Gentile, e nel 1929 fu nominato accademico d’Italia nella classe di lettere, dove ricoprì il ruolo di maggior esperto in materia di lingua, neologismi e forestierismi, grazie al lavoro da lui svolto per il Dizionario moderno. Il 6 ottobre 1935 pronunciò in Campidoglio il discorso per il centenario della nascita di Carducci.
Nell’ultima produzione Panzini affrontò soprattutto tematiche storiche, mostrando interesse verso la classicità. Nel 1935 uscì il romanzo dall’argomento di grande attualità Viaggio con la giovane ebrea (Milano), e nel 1937Il bacio di Lesbia (Milano).
Morì a Roma il 10 aprile 1939.
Scrittore poliedrico, autore di manuali, grammatiche, scritti storici, partecipe della vita culturale dei primi decenni del Novecento – come mostrano i suoi rapporti, tra gli altri, con Pascoli, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Emilio Cecchi, Sibilla Aleramo, Matilde Serao –, in tutto il suo prolifico percorso Panzini rivolse la sua attenzione più intensa e continua al genere romanzo, nella consapevolezza che quello ottocentesco non fosse più in grado di rendere la crisi dell’uomo del Novecento. Coetaneo di D'Annunzio, come lui conservò la forma esterna del romanzo tradizionale scardinandola tuttavia dall’interno attraverso continue digressioni, confessioni, riflessioni, al centro delle quali rimane sempre la figura dell’autore. Tale contaminazione di generi è il risultato migliore cui fu in grado di pervenire e caratterizzò le sue opere più riuscite, a tal punto che uno dei primi importanti riconoscimenti gli venne proprio dai giovani intellettuali de La Voce. Tuttavia Panzini, il cui umorismo contraddistinse molti dei suoi scritti, rimase in bilico tra il vecchio e il nuovo, tra la continuità con la tradizione e la ricerca di forme innovative, tra la serenità della campagna e la moderna, caotica vita cittadina con cui però fu costretto a confrontarsi.
Opere. Fra quelle non citate nel testo: Agnolo Firenzuola. Scritti scelti e annotati da D. Re e A. P., Milano 1890; Elegie di Ovidio e Tibullo scelte e commentate…, Milano 1891; Le Bucoliche di Virgilio con raffronti e traduzione originale d’una scelta degli Idilli di Teocrito, nuovamente volgarizzati a maggiore intelligenza del testo, Milano 1891; L’evoluzione di Giosue Carducci, Milano 1894; Nuova Antologia latina, Milano 1899; Idilli di Teocrito, Milano 1908; Il 1859. Da Plombières a Villafranca…, Milano 1909; La patria nostra. Storia romana, medievale e moderna, Milano 1910; Manualetto di retorica con numerosi esempi e dichiarazioni ad uso delle scuole tecniche complementari, Firenze 1912; Semplici nozioni di grammatica italiana…, Milano 1913; Matteo Maria Boiardo, Messina 1918; Il libro di lettura delle scuole popolari, Roma 1920; il racconto La cagna nera, Roma 1921; Dante nel sesto centenario. Per la gioventù e per il popolo, Milano 1921; il romanzo Il mondo è rotondo, Milano 1921; le novelle Signorine, Roma-Milano 1921; Il melograno. Letture per la gioventù e per il popolo, Firenze 1921; La vera istoria dei tre colori, Roma-Milano 1924; Gli eroi: Roberto Sarfatti, Piacenza 1924; Le più belle pagine di Matteo Maria Boiardo, Milano 1924; le novelle Le damigelle, Milano 1926; il romanzo I tre re con Gelsomino buffone del re, Milano 1927; Le Opere e i Giorni di Esiodo. Versione in prosa italiana… con note e dichiarazioni, Milano 1928; il romanzo I giorni del sole e del grano, Milano 1929; la traduzione di E. Murger, Vita di Bohème, Milano 1930; La penultima moda (1850-1930), Roma 1930; Romagna, Firenze 1931; Il conte di Cavour, Milano 1931; il romanzo La sventurata Irminda! Libro per pochi e per molti, Milano 1932; Guida della grammatica italiana con un prontuario delle incertezze. Libretto utile per ogni persona, Firenze 1932;le novelle Rose d’ogni mese, Milano 1933; La bella storia d’Orlando innamorato e poi furioso, Milano 1933; Giosue Carducci, poeta della Patria: discorso, Roma 1933; Legione decima. Romanzo fra l’anno XII dell’età fascista e l’anno 58 a.C., Milano 1933; Il nuovo volto d’Italia. 141 fotografie di Axel von Graefe, Milano 1933; Novelline divertenti per bambini intelligenti, illustrato a colori da P. Bernardini, Firenze 1934; Pagine dell’alba, a cura di R. Allulli, introduzione di A. Baldini e note dell’autore, Milano 1935; il romanzo Il ritorno di Bertoldo, Milano 1936; Sei romanzi tra due secoli, Milano 1939.
Fonti e Bibl.: L’archivio Panzini è conservato presso la Biblioteca comunale di Bellaria 'Igea Marina'. Nella Raccolta Panzini della Biblioteca nazionale di Roma si conservano sue lettere, i manoscritti autografi di due suoi articoli e materiale a stampa. Fra i carteggi pubblicati: A. Grilli, P. a Serra, Bologna 1940; A. Panzini - M. Moretti, Carteggio 1914-1936, a cura di C. Toscani, Rimini 1986; A. Panzini - G. Prezzolini, Carteggio 1911-1937, a cura di S. Rogari, Rimini 1990.
Si vedano inoltre: G. De Rienzo, A. P., Milano 1968; A. P. nella cultura letteraria italiana fra ’800 e ’900, a cura di E. Grassi, Rimini 1985; A. P.: biografia e opere, a cura di E. Finamore, Rimini 1993; Fra Bellaria, San Mauro e Savignano, Atti del covegno…, San Mauro Pascoli e Savignano sul Rubicone… 1994, a cura di M. Pazzaglia, Scandicci 1995; T. Scappaticci, Il caso P., Napoli 2000; A. P. e lo stile delle donne, a cura di M.A. Mazzocchi, Bologna 2013.