PANZINI, Alfredo
Scrittore, nato a Senigallia il 31 dicembre 1863. Fece gli studî classici nel convitto Marco Foscarini di Venezia, e quelli letterarî e filosofici nell'università di Bologna, dove ebbe maestri G. Carducci e F. Acri. Insegnò per molti anni a Milano, nel ginnasio Giuseppe Parini e al Politecnico; trasferitosi a Roma nel 1917, fu professore prima nell'istituto Leonardo da Vinci, poi nel liceo Mamiani. Ha scritto in moltissimi giornali e riviste; attualmente collabora soprattutto al Corriere della sera e alla Nuova Antologia. Fa parte dell'Accademia d'Italia dalla fondazione.
Al centro dell'opera letteraria del P. è il dissidio tra antico e moderno; tra mondo ideale, ch'è il mondo della sua educazione umanistica, tutto virtù e saggezza, e mondo reale, attuale, meccanico e piccoloborghese; tra l'amore per la natura, per la vita provinciale e patriarcale, e la nostalgia d'una vita avventurosa, libera da impacci sentimentali e culturali; tra il ricordo assiduo della fede avita e l'accertata impossibilità di credere. Donde il particolare umorismo del P., ch'è un sorridere tra ammiccante e accorato delle proprie angustie e velleità; donde il sempre più deciso prevalere, nella sua opera, della donna, concepita come compendio ed emblema di quel dissidio; donde il tendere naturale di quest'opera, non ostante le sue premesse classicistiche e le sue intenzioni di obiettività, di compostezza e di ossequio ai generi letterarî e alle forme della narrativa tradizionale, verso lo sfogo autobiografico, la confessione lirica. la notazione impressionistica, il soliloquio interiore variato di cadenze melodiche e di vere e proprie aperture di canto, e insomma verso quelle forme critico-liriche o frammentistiche che l'estremo romanticismo della giovane generazione letteraria farà trionfare in Italia tra il 1910 e il 1915 circa. Movendo infatti da brevi romanzi o novelle di stampo ancora verista, d'un verismo lombardo un po alla De Marchi (Il libro dei morti, pubblicato, come quasi tutti i suoi libri, a Milano, nel 1893; Gli ingenui, 1895), il P. giunge via via a esprimere il suo dissidio in un racconto pieno di divagazioni e di parentesi tra descrittive e morali, i cui protagonisti e le cui vicende non sono che schermi o proiezioni liriche dello stato d'animo dell'autore (Piccole storie del mondo grande, 1901; Le fiabe della virtù, 1911; Donne, madonne e bimbi, 1914; La Madonna di mamà, 1916; Novelle d'ambo i sessi, 1918; Io cerco moglie!, 1920; Il mondo è rotondo, 1921; Signorine, 1921; Il padrone sono me, 1922; La pulcella senza pulcellaggio, 1925; Le damigelle, 1926; I tre re, con Gelsomino buffone del re, 1927; Rose d'ogni mese, 1933); o, meglio, in una sorta di diario lirico-riflessivo dei proprî viaggi nel tempo o nello spazio (La lanterna di Diogene, 1907, il libro artisticamente più felice del P.; Santippe, 1914; Viaggio di un povero letterato, 1919; Il diavolo nella mia libreria, 1920; Diario sentimentale della guerra, 1923; I giorni del sole e del grano, 1929; La sventurata Irminda!, 1932; Viaggio con la giovane ebrea, 1935): diario nel quale la prosa, caduto ogni schema narrativo, si fa - sotto apparenze di classica armonia - rapida, convulsa, spezzata, conforme alla mutevolezza del sentimento dibattentesi tra i due estremi di quel dissidio eppure sforzantesi di conciliarli in una superiore sintesi di nostalgia umanistica e di amore di vita. E se è vero che talvolta, specie nei libri posteriori alla guerra, quel dissidio viene ridotto a formula, quell'umorismo a ironia, a polemica, e quel lirismo a motivo decorativo, è anche vero che la sincerità fondamentale dello scrittore riesce a farsi strada attraverso la stilizzazione e la maniera.
Altre opere: L'evoluzione di G. Carducci (Milano 1894); Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari italiani (ivi 1905; 6ª ed., 1931); Il 1859. Da Plombières a Villafranca (ivi 1909); M. Maria Boiardo (Messina 1918); La vera istoria dei tre colori (Milano 1924); Le opere e i giorni di Esiodo, versione in prosa, con note (ivi 1928); La penultima moda (Roma 1930); Il Conte di Cavour (Milano 1931); La bella storia di "Orlando innamorato" e poi "furioso" (ivi 1933); Legione decima (ivi 1934); e numerosi libri scolastici (antologie, trattatelli di grammatica e di retorica, ecc.).
Bibl.: E. Cecchi, Studi critici, Ancona 1912; G. A. Borgese, La vita e il libro, 2ª ed., Bologna 1928, s. 3ª, pp. 123-28; R. Serra, Scritti critici, II-III, Roma 1920, pp. 97-150; id., Le lettere, rist., ivi 1920, pp. 124-27; P. Pancrazi, Ragguagli di Parnaso, Firenze [1920], pp. 9-17; id., Scrittori it. del Novecento, Bari 1934, pp. 21-27; G. Prezzolini, Amici, Firenze [1922], pp. 73-96; L. Russo, I narratori, Roma 1923, pp. 178-81; A. Tilgher, Voci del tempo, 2ª ed., ivi 1923, pp. 81-91; F. Flora, Dal romanticismo al futurismo, nuova ed., Milano [1925], pp. 243-60; B. Crémieux, Panorama de la litt. it. contemp., Parigi [1928], pp. 168-77; G. Mormino, A. P., Milano 1930; A. Gargiulo, in L'Italia lett., 22 e 29 giugno 1930; G. Papini, Ritratti it., Firenze [1932], pp. 259-71; A. Baldini, Amici allo spiedo, ivi [1932], pp. 135-60; A. Bocelli, in L'Italia lett., 16 ottobre 1932, e in Nuova Antologia, 1° aprile 1934; B. Croce, in La critica, XXXIII (1935), p. 9 segg.