SAINATI, Alfredo
SAINATI, Alfredo. – Figlio degli attori Ettore e Maria Bissi, nacque a Sestri Ponente (Genova) il 28 novembre 1868 durante una tournée della compagnia in cui lavoravano i genitori.
Come d’abitudine per i figli d’arte, cominciò a recitare fin da giovane lavorando in diverse compagnie secondarie al seguito del padre. Dotato di una spiccata vis comica, agli inizi degli anni Novanta passò a formazioni primarie – la Lollo, la Boetti-Falconi, la Schiavoni, la Pezzaglia, la De Farro – e nel 1894 venne scritturato come secondo brillante nella compagnia di Cesare Rossi dove all’epoca recitava Eleonora Duse che accompagnò in due brevi tournées in Inghilterra e Germania.
Tornato a lavorare con la compagnia familiare diretta da Antonio Brunorini e Antonio Zerri, esordì come primo attore e si distinse per un’ottima prova nei panni del protagonista di Le demi-monde di Alexandre Dumas figlio; nel 1897 scelse di retrocedere al ruolo di secondo brillante per entrare in una compagnia più prestigiosa, la Di Lorenzo-Andò dove era prima attrice la napoletana Bella Starace, che sposò nel 1899. La coppia ebbe due figli, Mary ed Ettore.
Per un biennio fu primo brillante nella formazione di Italia Vitalini con cui ottenne i primi successi, in particolare nella parte di Massimo della commedia di Giuseppe Giacosa Come le foglie. Si spostò ancora in due compagnie dirette da Florido Bertini, la Raspantini e quella di Bianca Iggius con la quale si recò in tournée a Buenos Aires, dove il trionfo personale gli valse una proposta di ingaggio da parte dell’impresario del teatro Escudero. Sainati non l’accettò e, rientrato in Italia nel 1904, venne scritturato per un triennio come brillante assoluto dal grande attore verista Ermete Zacconi. Fu un incontro cruciale per Sainati, che fu profondamente influenzato dal particolare stile delle interpretazioni zacconiane. Per tutto il 1907 fu in tournée in Sudamerica con la compagnia Coen, impegnato in un repertorio esclusivamente comico.
Nel 1908 entrò a far parte di una compagnia impiegata stabilmente al teatro Metastasio di Roma e da lui diretta insieme ad Alfredo Campioni e Francesco Pozzone, con Bella Starace prima attrice e Romano Calò primo attor giovane. Tra le opere in programma ve ne erano due provenienti dal parigino ‘teatro dell’orrore’, Dopo il teatro di Georges Docquois e Un fatto di buon costume di Charles Esquier, che affascinarono il pubblico romano. Ebbe così l’idea di fondare insieme alla moglie e a Calò la Drammatica compagnia italiana per il repertorio del Grand Guignol. Il debutto avvenne il 12 settembre 1908 al teatro Pavone di Perugia: tra alterne vicissitudini, costante nomadismo, continui cambi di nome e di componenti, le sue attività si protrassero oltre il principio degli anni Trenta. Fu un’avventura capocomicale per la quale Sainati lottò con tenacia, a dispetto delle altalenanti fortune, delle continue defezioni della moglie (la prima nel 1918) e persino di una disastrosa tournée latino americana nel 1924, che gli causò gravi danni economici.
Fedele al repertorio dell’omonimo teatro parigino, fondato nel 1897 da Oscar Méténier, introdusse in Italia un teatro di genere dedito all’alternanza tra l’orrido e il comico fatta di drammi violenti e macabri e farse cinicamente satiriche che, grazie all’efficacia degli effetti scenografici e delle interpretazioni degli attori, agivano sui nervi di un pubblico attratto dalla crudeltà e dal piacere per la paura.
Fin dagli inizi, l’iniziativa suscitò nella stampa e nella critica italiane interesse, curiosità e scetticismo. La sua compagnia era, per via della sua specializzazione, una coraggiosa anomalia commerciale nell’eclettismo delle compagini teatrali italiane del tempo, mentre l’assenza di una sede stabile era un evidente limite tecnico per la realizzazione di quella congerie di effetti così importanti per la riuscita degli spettacoli del genere parigino (Arduini, 2001, pp. 316-320). Drastico fu invece il giudizio sulla qualità dei drammi, sia i francesi, sia i molti italiani che si scrissero proprio sulla scia dell’iniziativa di Sainati. Furono decretati privi di qualsiasi valore o interesse per le loro tinte fosche e violente e la brutale truculenza delle azioni. Dal canto suo il pubblico, dopo un’iniziale fase di assestamento, prese a rispondere con entusiasmo alla novità. Nelle sue cronache teatrali Antonio Gramsci (1917, 1954), come buona parte della critica, nel chiedersene le ragioni le individuò nella vitalità, nella potenza suggestiva e nell’efficacia degli attori, in particolare la coppia Sainati-Starace. Secondo il critico sardo la loro era una compagnia di prim’ordine in cui si erano formati attori eccellenti «perché la riproduzione plastica del terrore domanda intelligenza e studio [...] e, attraverso uno sforzo cosciente e un lavorìo interiore indefesso, una grande capacità fisica di espressione e di rinnovamento che renda possibile la varietà e la novità degli atteggiamenti» (p. 277).
Di parere diametralmente opposto fu invece Silvio D’Amico, che non amò mai il verismo delle loro interpretazioni. Dopo aver espresso per anni nelle sue critiche tutto il suo dissenso verso il Grand Guignol, nel 1928 arrivò a dipingere del suo importatore italiano un ritratto spietato. Sainati gli appariva un imitatore meccanico di esseri anormali che ricorreva alla via più facile per produrre effetti sul pubblico: la contraffazione del corpo e della parola «per dare spettacoli patologici, saggi clinici, lezioni medico-legali e non a scopo di istruzione, ma di terrore puro e semplice» (p. 12).
A dispetto di questo giudizio perentorio – che censurò un particolare genere di arte attoriale piuttosto innovativo nel panorama teatrale italiano –, nel repertorio di Sainati non mancarono mai, fino alla sua morte, i grandi cavalli di battaglia del Grand Guignol: Alla Morgue, Al telefono, L’orribile esperimento di André de Lorde; Calvario, Il bavaglio, In bordata di Camillo Antona Traversi; Lui! di Oscar Méténier; Passa la ronda di Robert Francheville; Un bacio nella notte di Maurice Level.
I protagonisti di questi drammi, gli efferati assassini e gli ubriachi tanto stigmatizzati dal ritratto di D’Amico quanto amati dal pubblico, furono tuttavia solo uno dei profili di un attore ben più versatile e ricco di sfumature. Il dominio di un’ampia gamma di registri espressivi gli permise di dare vita a personaggi di pari forza scenica provenienti da altri e diversi stili: il repertorio della sua compagnia fu anzi «una collezione di generi» (Arduini, 2011, p. 61) dove si alternarono pièces molto disparate: dagli atti unici di Salvatore Di Giacomo a diverse opere d’autore, come La fiaccola sotto il moggio di Gabriele D’Annunzio, La fanciulla del West di David Belasco, Il discepolo del diavolo di George Bernard Shaw e Circo Katja di Carl Zuckmayer con cui nel 1934 si congedò dalle scene.
Ritiratosi nella sua casa di Bertinoro, in Romagna, vi morì il 10 luglio 1936.
Fonti e Bibl.: A. Gramsci, Il Grand-Guignol al Carignano (1916), A. S. al Carignano (1916), Il tramonto di Guignol (1917), in Id., Letteratura e vita nazionale, Torino 1954, rispettivamente pp. 237 s., 239, 276-278; A. Cervi, Senza maschera. Attrici e attori del teatro italiano, Bologna 1919, pp. 91-100; S. D’Amico, Sainati e il “Grand Guignol”, in Comœdia, 1928, n. 6, pp. 12 s.; E. Polese, 200 e più profili di attrici e attori scritti da uno... che ben li conosce, Milano 1934, p. 49; N. Leonelli, Attori tragici e attori comici, II, Roma 1944, p. 324; P. Banchard, Grand Guignol, in Enciclopedia dello spettacolo, V, Roma 1960, pp. 1620 s.; A. S., ibid., VIII, Roma 1960, p. 1388; Teatro del Grand Guignol in Italia, a cura di C. Augias, Torino 1972, pp. 383-388; C. Arduini, Paradosso del Grand Guignol in Italia. I primi tre anni (1908-1910), in Teatro e storia, 2001, n. 23, pp. 311-344; Id., Teatro Sinistro. Storia del Grand Guignol in Italia, Roma 2011.
Si vedano inoltre gli articoli senza data e senza pagina conservati presso la Biblioteca e Museo teatrale del Burcardo di Roma, coll. 2.13.7.1:23: C. Levi, Profili di artisti. A. S.; T. Panteo, Gli orizzonti del Grand Guignol; G. Bucciolini, A. S. e il “Grand Guignol”; D. Manganella, A. S. parla del Grand Guignol.