ALGEBRA OMOLOGICA
. Introduzione. - L'a. o. è stata già introdotta nella voce topologia, (App. III, 11, p. 960) in quanto è proprio in questa materia che essa trova le sue motivazioni d'origine. Infatti, in topologia, "teorie d'omologia" forniscono processi per assegnare a sistemi topologici (spazi topologici e mappe continue), dei sistemi algebrici (gruppi e omomorfismi); in modo che importanti e spesso gli essenziali aspetti di certi problemi topologici possono rappresentarsi in forma algebrica, agevolandone notevolmente lo studio. È così che, verso la metà di questo secolo, gli studi dell'algebra che sorge da queste omologie, stimolati dai problemi che li hanno richiesti sviluppano un nuovo capitolo dell'algebra, fornendo potenti strumenti d'indagine per una sempre più estesa area di applicazioni, ed in particolare, naturalmente, per la topologia. A quest'ultimo scopo dell'a. o. è appunto ispirata la trattazione degli argomenti che si trovano nell'articolo citato, alla quale, (loc. cit. nn. 1 e 2), qui faremo riferimento, nel considerare note le nozioni di base. Aggiungeremo a queste, anche per raccordare la terminologia, qualche complemento utile per affrontare il tema proprio, centrale, dell'a. o., cioè i "funtori derivati" (per le questioni inerenti ai funtori, rimandiamo a categorie, teorie delle, in questa App.). Funtori derivati sono una generalizzazione di certi funtori, (Extn e Torn), che costituiscono il tramite per associare appropriate famiglie di gruppi ((co)omologia) e omomorfismi, a diversi sistemi matematici, rendendo possibile dedurre proprietà ed informazioni su questi, dalle proprietà dei gruppi e degli omomorfismi introdotti.
I metodi dell'a. o. permettono di dare una precisa, puramente algebrica, interpretazione di problemi di differente origine, unificandone i procedimenti di studio; non solo, ma hanno rivelato più ampia portata, per es. fornendo prove di teoremi la cui formulazione non richiede alcuna teoria d'omologia. Le applicazioni sono perciò diventate molteplici, e la teoria in espansione, ricoprendo vari soggetti mediante opportune specializzazioni, e ricercando nuove basi concettuali per la sua organizzazione.
1. Categorie abeliane. - Nell'articolo citato si trova la definizione di modulo (sinistro, o destro) sopra un fissato anello A con unità. Ricordiamo che: 1) gli omomorfismi f: L S-107??? M di A-moduli a sinistra (o a destra), costituiscono un gruppo abeliano additivo Hom(L, M), (e se f, f′ ∈ Hom(L, M) e g, g′ ∈ Hom(M, N), si ha g S-108??? (f + f′) = g S-108??? f + g S-108??? f′ e (g + g′) S-108??? f = g S-108??? f + g′ S-108??? f); 2) esiste il modulo zero; 3) ogni omomorfismo f: L S-107??? M ammette un nucleo (f) = f-1(0), ed un conucleo
4) gli omomorfismi iniettivi sono nuclei (identificati col loro dominio), e gli omomorfismi suriettivi conuclei (identificati col loro codominio). Poiché: 5) esistono anche prodotti e coprodotti finiti di moduli (che sono le somme dirette di moduli), si dice che i moduli a sinistra (destra) su A con i loro omomorfismi, costituiscono una categoria abeliana; la indicheremo con ℳ, (Aℳ o ℳA, quando occorre distinguere i moduli a sinistra da quelli a destra).
È molto utile notare che le proprietà 1), ..., 5), che abbiamo elencate, e che sono assiomi (un po' ridondanti) per la descrizione di una categoria abeliana A, mostrano che per ogni concetto P definito in A a partire da quegli assiomi, il concetto duale P*, (v. categorie, teoria delle, in questa App.), sussiste non solo nella categoria duale A* di A, ma anche in A (si usa, quando non troppo sgradevole, dare a P* il nome di P col prefisso co, per es. nucleo S-107??? conucleo), e così ogni proposizione ne fornisce un'altra, generalmente diversa, mediante cambiamenti solo formali ("inversione delle frecce"). Per questo motivo, descritto un procedimento, daremo solo un cenno del duale.
2. Complessi. - Ricordiamo che si dice "complesso catena", un A-modulo graduato X, con un endomorfismo d di grado −1, con d S-108??? d = 0; cioè una famiglia X = {Xn}, n ∈ Z, di A-moduli, ed una famiglia di omomorfismi di A-moduli d = {dn: Xn S-107??? Xn-1}, n ∈ Z, con dn S-108??? dn+1 = 0; scriveremo:
Una mappa catena ϕ: X S-107??? Y, è una famiglia di omomorfismi ϕ = {ϕn: Xn S-107??? Yn}, n ∈ Z, tali che, per ogni n, il seguente diagramma
sia commutativo, cioè sia dn′ S-108??? ϕ n = ϕn-1 S-108??? dn. Complessi catena e mappe catena formano una categoria abeliana, si può perciò parlare di sequenze esatte corte di complessi;
e significa che le sequenze
sono esatte per tutti gli n ∈ Z (cioè il nucleo di un omomorfismo coincide con l'immagine del precedente).
3. Omologia. - Ad ogni complesso catena X, poiché la condizione d S-108???d = 0 implica Im(dn+I) = dn+I(Xn+I) ⊆ (dn), n ∈ Z, si può associare il modulo graduato H(X) = {Hn(X)} con
H(X) è detto un "modulo omologia" di X, ed Hn(X) l'n-esimo modulo dell'omologia di X. Mediante i diagrammi (1), una mappa catena ϕ: X S-107??? Y, induce un ben definito omomorfismo di moduli graduati, di grado 0, H(ϕ)= ϕ *:H(X) S-107??? H(Y), {Hn(ϕ)= ϕ *n:Hn(X) S-107??? Hn(Y)}, ed H( ) risulta un funtore, detto funtore omologia, dalla categoria dei complessi catena e mappe catena sopra A, nella categoria degli A-moduli graduati e loro omomorfismi. Inoltre ogni Hn( ) è un funtore in ℳ.
Sussistono le nozioni duali in ℳ: un complesso cocatena è un A-modulo graduato X con un endomorfismo d di grado +1, con d S-108??? d = 0; scriveremo
Si definiscono i morfismi di complessi cocatena (mappe cocatena); il modulo coomologia H(X) = {Hn(X)} n∈Z con
n ∈ Z; ed il funtore coomologia H( ).
Per ogni sequenza esatta corta
di complessi (co)catena, esiste un morfismo ῼ (di connessione) di grado −1 (di grado +1) di moduli graduati
che rende esatto il triangolo
cioè tale che, per complessi catena, è esatta la sequenza omologia:
e per complessi cocatena è esatta la:
Queste sequenze (co)omologia sono naturali rispetto alle sequenze esatte corte, cioè se
è un diagramma commutativo di complessi catena, con righe esatte, esiste (per l'omologia) ed è commutativo il seguente diagramma:
Infine, per ogni coppia di complessi catena X e Y, è stata definita (loc. cit.) nel gruppo additivo di tutte le mappe catena X S-107??? Y, una certa relazione d'equivalenza detta omotopia, tale che mappe appartenenti alla stessa classe d'omotopia (mappe omotope) inducono lo stesso omomorfismo tra H(X) e H(Y). Risulta che per ogni funtore T: Aℳ S-107??? A′ℳ che sia additivo (cioè T(f + f′) = T(f) + T f′)), se X e Y sono complessi catena di A-moduli, le trasformate mediante T di mappe omotope ϕ ≃ ϕ: X S-107??? Y, sono mappe omotope T(ϕ) ≃ T(ϕ): T(X) S-107??? T(Y), e perciò inducono lo stesso omomorfismo H(T(ϕ)): H(T(X)) S-107??? H(T(Y)).
Alla categoria dei complessi catena e mappe catena sopra A, si può associare una nuova categoria, detta "categoria omotopia", dei complessi catena e classi d'omotopia di mappe catena (identificando mappe omotope). Allora due complessi X e Y si dicono dello stesso tipo d'omotopia (o omotopicamente equivalenti) se sono isomorfi nella categoria omotopia, cioè se esistono mappe catena ϕ: X S-107??? Y e y: Y S-107??? X, tali che sia y S-108??? ϕ ≃ 1X e ϕ S-108??? y ≃ 1Y.
4. Risoluzioni. - Introduciamo ora dei particolari complessi (co)catena che sono tipici dell'a. omologica. Sia X un complesso catena di A-moduli, positivo, cioè con Xn = 0 per n 〈 0 (quindi Hn(X) = 0 per n 〈 0). X è detto aciclico se Hn(X) = 0 per tutti gli n ≥ 1; allora poiché
se X è aciclico, esso fornisce una sequenza esatta del tipo:
Se tutti gli Xn sono proiettivi (v. loc. cit.), X si dice proiettivo. Ebbene un complesso proiettivo aciclico P: . . . S-107??? Pn S-107??? Pn-1 S-107??? . . . S-107??? P0 S-107??? 0, insieme con un isomorfismo H0(P) ≃ M, è detto una "risoluzione proiettiva" di M. Si usa identificare M con H0(P) e rappresentare questa risoluzione proiettiva mediante la sequenza esatta:
Si dimostra che se P è proiettivo e Q aciclico, allora per ogni omomorfismo ϕ: H0(P) S-107??? H0(Q), esiste una mappa catena ϕ: P S-107??? Q che induce ϕ (cioè tale che se è
risulta ϕ S-108??? ε = ε′ S-108??? ϕ0), e inoltre due mappe catena che inducono ϕ sono omotope. In particolare due risoluzioni di M sono omotopicamente equivalenti. Poiché si verifica che per ogni A-modulo M esiste qualche sequenza esatta corta di A-moduli
con P0 proiettivo, e quindi anche per R0 esiste una
con P1 proiettivo, e così via, si può sempre costruire una risoluzione proiettiva (P, g0) di M (con H0(P) = M) nel seguente modo:
La situazione duale porta alla nozione di risoluzione iniettiva di un A-modulo, (sempre esistente), come sequenza esatta di A-moduli: 0 S-107??? M S-107??? I0 S-107??? I1 S-107??? ..., con In iniettivo per ogni n ≥ 0.
5. Funtori derivati. - Sia dato un arbitrario funtore covariante addittivo T: ℳ S-107??? Ab dalla categoria degli A-moduli (sinistri, o destri) nella categoria Ab dei gruppi abeliani (questa potrebbe esser sostituita con altre categorie abeliane). Se M è un A-modulo e
una risoluzione proiettiva di M, consideriamo il complesso
e poi il complesso di gruppi abeliani (Z-moduli),
e prendiamo di questo i gruppi d'omologia
Si verifica che questi gruppi non dipendono dalla risoluzione di M usata, ma solo da M, nel senso che se (P, ε) e (P′, ε′) sono due risoluzioni proiettive di M, esiste un isomorfismo canonico, η = ηP,P′..: Hn(T(P)) ??? Hn(T(P′)), n = 0, 1, . . ., che permette l'identificazione di questi gruppi, i quali s'indicano perciò con LnT(M) = Hn(T(P)), n = 0, 1, . . .. Inoltre dato un omomorfismo ϕ: M S-107??? M′, se (P, ε) e (Q, σ) sono risoluzioni proiettive di M ed M′ rispettivamente, poiché esiste una mappa catena ϕ: P S-107??? Q che induce ϕ, si definisce
LnT(ϕ): LnT(M) S-107??? LnT(M′) ponendo LnT(ϕ) = Hn(T(ϕ)): Hn(T(P)) S-107??? Hn(T(Q)) (v. n. 3). Con queste definizioni LnT( ) risulta un funtore additivo ℳ S-107??? Ab per ogni n ≥ 0, e vien detto l'n-esimo "funtore derivato a sinistra" di T. Riassumendo: il valore di LnT( ) su un A-modulo M, si determina prendendo una risoluzione proiettiva (P, ε) di M, considerando il complesso T(P) e prendendone l'omologia, allora LnT(M) = Hn(T(P)), n = 0, 1, . . ..
Se per ogni A-modulo M si prende una risoluzione iniettiva 0 S-107??? M S-107??? I0 S-107??? I1 S-107???. . ., si considera il complesso I: 0 S-107??? I0 S-107??? I1 S-107??? . . . e poi il complesso cocatena T(I) e di questo si prende la coomologia, i gruppi
risultano indipendenti dalla risoluzione di M scelta, si pone allora RnT(M) = Hn(T(I)), n = 0, 1, . . .. Si verifica che RnT( ): ℳ S-107??? Ab, è un funtore additivo; esso vien detto l'n-esimo funtore derivato a destra di T. Per un funtore additivo contravariante S: ℳ S-107???Ab, i funtori derivati a destra RnS( ), n = 0, 1, . . ., si calcolano, per ogni A-modulo M, prendendo una risoluzione proiettiva (P, ε), (cioè una risoluzione iniettiva nella categoria duale ℳ*), di M, formando il complesso cocatena S(P) e prendendo la coomologia: RnS(M) = Hn(S(P)), n = 0, 1, . . ..
Analogamente i funtori derivati a sinistra di funtori contravarianti si oaengono mediante risoluzioni iniettive. (Cioè tutto come per un funtore covariante ℳ* S-107???Ab).
Dato un funtore additivo T: ℳ S-107??? Ab, per ogni sequenza esatta corta
esistono gli omomorfismi di connessione ῼn, (n = 0, 1, . . .), tali che la sequenza:
risulta esatta e naturale rispetto alle sequenze esatte corte, cioè {LnT} (come anche {RnT}) costituiscono ciò che si dice una "sequenza connessa di funtori", additivi. Ricordiamo infine che si dicono "esatti a sinistra" i funtori covarianti T che trasformano ogni sequenza esatta del tipo 0 S-107??? M′ S-107??? M S-107??? M″ in una sequenza pure esatta: 0 S-107??? T(M′) S-107??? T(M) S-107??? T(M″), ed anche i funtori contravarianti T, che trasformano ogni sequenza esatta del tipo M′ S-107??? M S-107??? M′′ S-107??? 0 in una, pure esatta, del tipo: 0 S-107??? T(M′′) S-107??? T(M) S-107??? T(M′). Per i funtori esatti a sinistra, R0T e T sono naturalmente equivalenti.
Analoghe le definizioni di funtori esatti a destra, per i quali L0T e T sono naturalmente equivalenti. Una teoria più generale di funtori derivati è sviluppata in categorie abeliane, anche diverse da ℳ e Ab, mediante convenienti definizioni riguardanti la nozione di oggetti "proiettivi relativamente a certe classi di omomorfismi suriettivi", e duali, (A. o. relativa).
Osserviamo che i funtori derivati di un dato funtore, forniscono, fra l'altro, una sorta d'indicazione della deviazione dall'esattezza di T, dettando perciò informazioni su di esso, ma anche sugli oggetti sui quali esso viene valutato. È su questa base che si definiscono, per es., le nozioni di certe dimensioni per moduli e anelli, che permettono, fra l'altro, di caratterizzare anelli particolari e di studiare ulteriori proprietà. Infine aggiungiamo che i funtori derivati di T: ℳ S-107??? Ab, come sequenze connesse di funtori additivi, possono esser descritti da una certa proprietà di "universalità"; ciò permette di riguardarli come un unico funtore T* in Ab, con dominio in una certa categoria abeliana contenente ℳ, il quale è una "estensione di Kan" di T, (v. categorie in questa App.). Anzi sulla nozione di estensione di Kan, si basa oggi una procedura molto generale, per ottenere teorie d'omologia, associando a funtori T: U S-107??? A, J: U S-107??? ℬ, (U, ℬ categorie ristrette (v. categorie, in questa App.) ed A abeliana con "colimiti" come lo sono ℳ ed Ab), certe sequenze connesse H*(J, T) di funtori Hn(J, T): ℬ S-107??? A, n = 0, 1, . . ., dette "omologia di J con coefficienti in T"; e se in A ogni oggetto ammette risoluzioni proiettive, una siffatta J-omologia H*(J, T) esiste per ogni T ∈ [U, A].
6. Funtori torsione e funtori estensione. - Ritorniamo ora alla categoria dei moduli. Dato un A-modulo destro M ed un A-modulo sinistro N, è già stato definito (loc. cit.) il gruppo abeliano prodotto tensoriale dei due moduli, MA ⊗ N. Si dimostra che fissato M ∈ ℳA, T1 = MA ⊗ ( ): Aℳ S-107??? Ab, e fissato N ∈ Aℳ, T2 = ( )A ⊗ N: ℳA S-107??? Ab, sono funtori covarianti esatti a destra. I loro funtori derivati a sinistra, s'indicano, rispettivamente, con LnT1( ) = TornA(M, ), ed LnT2( ) = TornA( , N). Essi si dicono "funtori torsione" e Tor0A(M, ) è naturalmente equivalente ad MA ⊗ ( ); e così nell'altra variabile. La simmetria delle due notazioni non dà confusione perché i due funtori Torn, così definiti, per ogni n = 0, 1, ..., prendono il medesimo valore in (M, N). Siano ora M ed N due A-moduli sinistri (destri). Consideriamo i funtori S1 = Hom(M, ), che è covariante, ed S2 = Hom(, N) che è contravariante; si dimostra che questi funtori sono esatti a sinistra, è utile allora studiare i loro derivati a destra. Questi, detti "funtori estensione", s'indicano con RnS1 = ExtAn(M, ), ed RnS2 = ExtAn( , N). ExtA0(M, ) e Hom (M, ) sono naturalmente equivalenti, e così pure ExtA0( , N) e Hom ( , N).
I funtori derivati di funtori contravarianti sono detti coomologia, ma poiché Extn( , N) ha su M lo stesso valore che Extn(M, ) prende su N, i furitori Ext, derivati a destra di Hom, sono detti spesso funtori coomologia, senza distinzione.
I funtori Tor ed Ext possono esser introdotti per altre vie; essi sono il principale strumento dell'a. omologica. Diamo perciò un cenno di una diversa caratterizzazione dei funtori estensione: Siano M ed N due A-moduli (sinistri), ogni sequenza esatta di A-moduli E: 0 S-107??? N S-107??? En S-107??? . . . S-107??? E1 S-107??? M S-107??? 0, è detta una n-estensione di M mediante N (o anche di N mediante M). Per due n-estensioni E, E′ scriviamo brevemente E S-107??? E′, quando esiste un diagramma commutativo del tipo:
Nell'insieme di tutte le n-estensioni di M mediante N, si definisce una relazione d'equivalenza ~, come segue: E ~ E′ se esiste una catena di n-estensioni E0 = E, E1, . . ., Er = E′, tale che sia E0S-107??? E1 S-107??? E2 S-107??? . . . S-107??? Er, (per n = 1, S-107??? è già l'equivalenza v0luta). L'insieme di tutte le classi d'equivalenza, che così si ottengono, delle n-estensioni di M mediante N, s'indica con YextAn(M, N), n ≥ 1; e, fissati N, per ogni omomorfismo f: M′ S-107??? M si definisce una funzione indotta f*: YextAn(M, N) S-107??? YextAn(M′, N), e per g: N S-107??? N′ una g*: YextAn(M, N) S-107??? YextAn(M, N′), in modo che Yextn( , ) risulti un funtore contravariante nella prima variabile e covariante nella seconda. Ebbene si dimostra che, considerando ExtAn(M, N) come un insieme per ogni M, N (senza la sua struttura di gruppo) c'è un'equivaleriza naturale di bifuntori (nella categoria degli insiemi): ϑn: YextAn( , ) ≃ ExtAn( , ) n = 1, 2, . . .; e di conseguenza resta introdotta anche in ogni insieme YextAn(M, N) (per ogni M, N ∈ ℳ, n ≥ 1) una naturale struttura di gruppo abeliano isomorfo ad ExtAn(M, N).
Per n =1, la struttura di gruppo abeliano delle classi d'equivalenza delle estensioni di gruppi abeliani, è stata definita già da R. Baer (1934). La generalizzazione qui sopra descritta è di N. Yoneda (1954).
7. Cenni Storici. - Lo studio di certi spazi topologici (W. Hurewicz, 1935) pose la questione di esprimere la dipendenza dei loro gruppi d'omologia dal loro gruppo fondamentale. Furono le ricerche in questa direzione (S. Eilenberg, S. MacLane, B. Eckmann, H. Hopf, H. Freudenthal, 1943-1946) che diedero l'impulso allo studio della (co)omologia di gruppi. Inoltre, S. Eilenberg ed S. MacLane (1947) mostrarono che la teoria classica delle estensioni di gruppi (O. Schreier, R. Baer, H. Fitting) può essere formalizzata usando il secondo gruppo coomologia H2(G, A) del gruppo (moltiplicativo) G con coefficienti nello ZG-modulo A,
dove ZG è l'"anello-gruppo" delle somme finite
con mx ∈ Z, e
e Z visto come ZG-modulo, con ciascun elemento di G che agisce come l'identità in Z).
Perciò il vero e proprio punto di partenza dell'a. o., può considerarsi la teoria della (co)omologia dei gruppi astratti. Questa teoria ha trovato successive notevoli applicazioni ai gruppi finiti e alla teoria dei corpi di classi (G. Hochschild, 1950; J. Tate, 1952; E. Artin-J. Tate, 1960); si ha una coomologia di Galois (J. P. Serre, 1965); si hanno connessioni con la K-teoria algebrica, e interessanti risultati sulla caratterizzazione dei gruppi liberi (J. Stallings, R. G. Swan, 1968-69).
Ma i metodi della topologia algebrica avevano indotto, parallelamente, a costruzioni di teorie di (co)omologia non solo per gruppi, ma anche per algebre associative e algebre di Lie (C. Chevalley-S. Eilenberg, G. Hochschild, J. L. Koszul, 1948-1954). Tuttavia, ancora un problema topologico, (H. Künneth 1923), tradotto in termini puramente algebrici, ha condotto al fondamentale concetto di funtori derivati (H. Cartan-S. Eilenberg, 1956). Infatti il problema coinvolse certi prodotti tensoriali ed anche una nuova operazione, il "prodotto torsione", derivata dal prodotto tensoriale con un procedimento applicabile ad un'ampia classe di funtori, e in particolare, iterabile. Così da un singolo funtore si può ottenere una sequenza di funtori "satelliti"; o anche, con un processo omologico più rapido, usando risoluzioni, una sequenza di funtori derivati. In molti casi importanti (per es. per funtori di una variabile, esatti a destra o a sinistra, come ⊕ ed Hom) satelliti e derivati forniscono la stessa sequenza; e questa sequenza possiede le proprietà formali che s'incontrano in teoria dell'omologia. Questa procedura è, in particolare, applicabile alla costruzione delle coomologie dei tre sistemi algebrici sopra indicati.
I funtori derivati di Hom e ⊕ hanno estensive applicazioni alla teoria degli anelli ed alla geometria algebrica (M. Auslander-D. A. Buchsbaum, J. P. Jáns, E. Matlis, J. P. Serre, J. Tate, 1957-61).
La possibilità di fare dell'a. omologica relativa, in convenienti categorie abeliane, fu per la prima volta provata da S. MacLane (1950). Successivamente, il rapido sviluppo della teoria delle categorie e funtori ha interagito con lo sviluppo dell'a. omologica, influenzandone decisivamente i modelli e i metodi; cosicché vari argomenti di a. omologica, che erano dapprima trattati ciascuno a sé, ammettono oggi sistematiche trattazioni, mediante l'uso di funtori aggiunti, estensioni di Kan, monadi, ecc. (M. André, M. Barr-J. Beck, A. Grothendieck, D. M. Kan, N. Yoneda).
Dalla topologia algebrica proviene un altro concetto di fondamentale importanza per le sue applicazioni, quello di "sequenza spettrale", (J. Leray, 1945), che fu effettivamente algebrizzato da J. L. Koszul (1947).
Una sequenza spettrale può esser definita in una categoria abeliana A, come una sequenza di oggetti differenziali di A: A = {(An, dn)}, n = 0, 1, 2, . . ., (dove per ogni n, An ∈ A, e dn è un endomorfismo An S-107??? An con dn S-108??? dn = 0), tale che
Introducendo opportune graduazioni negli oggetti, si definiscono "limiti" e "convergenza" di sequenze spettrali in una categoria abeliana (S. Eilenberg-J. Moore, 1962) che permettono, fra l'altro, di costruire per approssimazioni successive l'omologia di un dato oggetto. Sequenze spettrali possono sorgere mediante processi diversi da filtrazioni (H. Cartan-S. Eilenberg), o da coppie esatte (W S. Massey, 1952; B. Eckmann-P. J. Hilton, 1966). L'utilità e l'importanza del metodo delle sequenze spettrali sono provate dalle numerose applicazioni, sopratutto alla topologia ed alla geometria algebrica (A. Borel, H. Federer, A. Grothendieck, J. P. Serre).
Anche per questo argomento, come per tutta l'a. omologica, gli sviluppi odierni sono in stretta connessione con lo sviluppo della teoria delle categorie (F. Bachmann, 1969).
Bibl.: H. Cartan, S. Eilenberg, Homological algebra, Princeton 1956; A. Grothendieck, Sur quelques points d'algèbre homologique, in Tôhoku Math. J., 9, 1957; D. G. Northcott, An introduction to homological algebra, Cambridge 1960; S. MacLane, Homology, Berlino 1963; S. Baldassarri Ghezzo-C. Margaglio-T. Millevoi, Introduzione ai metodi della geometria algebrica, Roma 1967; J. J. Rotman, Notes on homological algebra, New York 1970; P. J. Hilton, U. Stammbach, A course in homological algebra, ivi 1971.