ALGECIRAS (dall'arabo al-giazīrah "l'isola" con la desinenza spagnuola del plurale)
Città marittima della Spagna meridionale, nella provincia di Cadice, sulla costa occidentale della baia omonima, di fronte a Gibilterra. È costruita sulla sinistra del Rio de la Miel, in parte sopra una collinetta prossima alla spiaggia; possiede un piccolo porto fornito di due moli, a cui possono attraccare bastimenti di piccolo pescaggio. Algeciras conta (1920) 19.417 abitanti: ha vie ampie e ben tenute, belle fontane, vasti giardini e viali alberati, edifici notevoli, tra i quali la chiesa di Santa Maria de la Palma, edificata nel 1738, e la Casa Consistorial. Due ponti, che valicano il Rio de la Miel, la uniscono col sobborgo di Villavieia; il forte di Santiago ne difende la rada. E capolinea di una ferrovia che a Bobadilla si allaccia alla Málaga-Córdoba. Algeciras, il Portus Albus dei Romani, fu fondata dai Cartaginesi. Fu la prima città di Spagna conquistata dagli Arabi (710), e rimase in loro potere fino al marzo 1344. Negli anni 845 e 859 fu devastata dai Normanni. Fu assediata poi, per mare e per terra, da Alfonso X (1278) con una grande flotta e un forte esercito, comandato dall'infante don Pedro, il quale però, attaccato dai Musulmani, che distrussero la flotta, fu costretto alla fuga. Nel 1342 fu assediata da Alfonso XI che aveva affidato il comando della sua flotta a Egidio Boccariegra, genovese. La città resistette molto a lungo; essa capitolò solamente il 26 marzo 1344. Più tardi (1369) Algeciras fu distrutta dal re di Granata, e da tale disastro si risollevò solo nel 1704, quando vi si rifugiarono molti abitanti di Gibilterra, caduta in mano degli Inglesi.
Dinanzi ad Algeciras avvenne, il 6 luglio 1801, una battaglia tra Francesi e Inglesi. Una divisione francese agli ordini dell'ammiraglio Linois, composta di 4 vascelli e una fregata, uscì da Tolone per trasferirsi a Cadice, ma non potendo sboccare dal Mediterraneo a cagione dei venti di ponente, ancorò nella baia di Algeciras. Avvisatone il contrammiraglio inglese sir Giacomo Saumarez, si affrettò dal blocco di Cadice con 6 vascelli di linea e 6 minori per assalire il nemico. Con 5 vascelli, non avendo il sesto potuto avanzare perchè rimasto in calma, Saumarez attaccò il 6 luglio la linea francese. Lo scontro, vivacissimo, nel quale intervennero efficacemente le batterie spagnuole di terra, finì con la vittoria dei Francesi. La sera gl'Inglesi si ritirarono a Gibilterra, lasciando in mano al nemico un vascello incagliatosi sulla costa.
Conferenza e trattato del 1906. - Assicuratosi il tranquillo possesso dell'Algeria e il protettorato sulla Tunisia, la Francia cercava di estendere il suo dominio alle regioni vicine, e seguiva da tempo un'abile politica di penetrazione nel Marocco, con l'intento immediato di mantenervi l'ordine e di evitare che eventuali turbamenti ai confini si ripercotessero in Algeria, e con la mira lontana di acquistarvi una posizione preponderante, escludendone ogni altra potenza europea, che avrebbe potuto essere un'incomoda o pericolosa vicina. All'azione politico-militare sul posto corrispondeva un'azione diplomatica in Europa; e così, tra il 1900 e il 1902, l'Italia, che pure da gran tempo aveva creato suoi interessi al Marocco, accettò di abbandonare ogni suo disegno ad esso relativo in cambio della mano libera in Tripolitania. Ottenuta una dichiarazione analoga dall'Inghilterra, e stabiliti degli accordi con la Spagna circa le rispettive zone d'influenza, la Francia aveva le mani libere per svolgere la sua azione sul vecchio impero sceriffiano, quando, nel 1905, un fattore politico nuovo ed importante determinò una pericolosa crisi. La Germania, per bocca del suo cancelliere e specialmente col significativo sbarco dell'imperatore Guglielmo II a Tangeri (31 marzo 1905) e con le parole da lui pronunziate in quell'occasione, mostrava di volersi opporre recisamente all'azione francese, atteggiandosi a tutrice dell'indipendenza del Marocco, che avrebbe dovuto essere aperto alla pacifica concorrenza di tutte le nazioni. Per risolvere la nuova situazione creata si addivenne ad una conferenza internazionale, che fu convocata ad Algeciras nel gennaio 1906 e che portò all'accordo del 7 aprile di detto anno.
Alla riunione di Algeciras parteciparono i rappresentanti di tredici potenze: Germania, Austria-Ungheria, Belgio, Spagna, Stati Uniti d'America, Francia, Gran Bretagna, Italia, Marocco, Paesi Bassi, Portogallo, Russia e Svezia. Il programma tedesco, tendente a galvanizzare l'infiacchito impero marocchino, sbarrando la via all'influenza francese per poi sostituirvi quella germanica, fallì in massima di fronte all'opposizione della Francia e dell'Inghilterra, allora da poco legate dall'intesa cordiale. A questa opposizione si associarono tutte le altre potenze, ad eccezione dell'Austria Ungheria, che Guglielmo II qualificò in seguito di "brillante secondo" per la fedeltà conservatagli nella circostanza. All'Italia, che era attivamente rappresentata dal marchese Emilio Visconti Venosta (v.), ex-ministro degli Esteri, la conferenza di Algeciras diede occasione di scostarsi dalla politica dei suoi alleati dell'Europa centrale e di avvicinarsi al punto di vista della Francia e dell'Inghilterra, concordi nel voler escluse dal Mediterraneo le ingerenze di una potenza non avente interessi diretti in quel mare. La mossa italiana, definita dal cancelliere germanico Bülow col nome di "giro di valzer", fu la prima incrinatura visibile della Triplice alleanza. Dopo parecchie settimane di discussione, si addivenne il 7 aprile 1906 alla firma dello storico istromento internazionale, che fu detto atto di Algeciras e che consta di 123 articoli, preceduti da un preambolo, in cui la Germania ottenne (e fu questo quanto poté salvare del suo programma iniziale) il riconoscimento del triplice principio della sovranità e indipendenza del sultano del Marocco, dell'integrità dei suoi stati, della libertà economica senza preferenze entro i confini dei medesimi. Non riuscì peraltro ad evitare l'applicazione di riforme e l'incarico della principale fra esse, quella della polizia negli otto porti aperti della costa, alla Francia e alla Spagna, nella loro qualità di paesi confinanti con l'impero sceriffiano.
Dell'organizzazione della polizia tratta infatti il capitolo I dell'atto (art.1-12). Notevole, in quanto delinea già la futura divisione di zone d'influenza e di concorrenza, è l'art. 12, che, nella ripartizione del controllo tra ufficiali francesi e spagnuoli, assegna ai primi i quattro porti del sud (Rabat, Mazagan, Safi e Mogador) ed ai secondi i due del nord (Tetuan e Larache), istituendo invece un controllo misto a Tangeri e a Casablanca.
Un secondo capitolo (art. 13-30) tratta della sorveglianza e repressione del contrabbando delle armi; sorveglianza e repressione affidate all'amministrazione delle dogane marocchine e controllate dai consoli delle varie nazioni, salvo che sulla frontiera algerina e sulla costa mediterranea, dove erano rispettivamente riservate in ogni caso alla Francia e alla Spagna di concerto con le autorità indigene.
Il terzo capitolo (art. 31-58) creava una Banca di stato del Marocco, istituto di emissione con funzioni di tesoreria governativa, retto da un consiglio di amministrazione composto di tanti membri quante le parti di capitale iniziale sottoscritto. I funzionarî della banca dovevano essere reclutati "per quanto possibile" fra i sudditi delle varie nazioni sottoscrittrici del capitale suddetto. Quattro sindaci dovevano essere nominati dalle banche di stato di Francia, Spagna, Inghilterra e Germania.
Nel capitolo quarto (art. 59-76) è previsto un riordinamento generale delle imposte nel Marocco, migliorando il rendimento dei cespiti esistenti e creandone dei nuovi. Fra l'altro, si stabiliva un aumento del 21/2% sui preesistenti diritti doganali di importazione ad valorem.
Un regolamento per le dogane e per la repressione del contrabbando si delinea nel capitolo quinto (art. 77-104). Anche in questa materia, come per il traffico delle armi, il controllo è affidato all'amministrazione doganale marocchina e ai consoli delle varie nazioni, salvo che sulla frontiera algerina e sulla costa mediterranea, dove era in ogni caso riservato rispettivamente alla Francia e alla Spagna, di concerto con le autorità indigene.
Il capitolo sesto (art. 105-119) sancisce il principio dell'aggiudicazione per concorso di qualsiasi lavoro pubblico. Un regolamento speciale è previsto per la concessione e lo sfruttamento delle miniere. Particolari garanzie sono contemplate per le espropriazioni a causa di pubblica utilità.
Gli ultimi quattro articoli (120-123) contengono disposizioni generali fra cui essenziale quella di cui all'art. 123, che mantiene espressamente in vigore tutti i trattati, convenzioni e accordi preesistenti fra le potenze firmatarie e il Marocco, in quanto non contrastino con i termini dell'atto generale.
Grazie alla compagine di queste clausole, il Marocco veniva dotato di un vero e proprio statuto internazionale che, pur arrestando i disegni di penetrazione della Germania, non soddisfaceva completamente la politica di egemonia della Francia.
Perciò, dal 1906 in poi, la Francia mirò metodicamente a svuotare l'atto di Algeciras del suo contenuto effettivo e ad abrogarlo per gradi. Nel 1912, in seguito al colpo di Agadir e ai susseguenti accordi del governo francese con l'impero germanico e le altre grandi potenze mediterranee, il sultano del Marocco passò sotto il protettorato francese, perdendo così l'indipendenza. Nel 1919, con i trattati di Versailles e di Saint-Germain, Germania e Austria rinunziavano espressamente a tutti i diritti loro derivanti dai protocolli di Algeciras, mentre la Russia dei Sovieti li denunziava dal canto suo insieme con tutti gli altri impegni internazionali stipulati dal governo degli Zar. La Francia, sebbene senza risultato, tentò perfino, durante il congresso della pace a Parigi, di farne accettare l'abrogazione alle stesse grandi potenze sue alleate.
L' atto di Algeciras rimase così, dal 1912 in poi, integralmente in vigore soltanto nella zona di Tangeri, a cui il trattato di protettorato franco-marocchino riservava un regime speciale da stabilirsi in epoca ulteriore. Questo regime si concretò nel 1923 con la convenzione per lo statuto di Tangeri, stipulata tra Francia, Spagna e Inghilterra, ed accettata da tutte le altre potenze firmatarie di Algeciras, tranne dall'Italia e dagli Stati Uniti d'America. Parecchie modificazioni, e questa volta con il concorso dell'Italia, furono apportate allo statuto di Tangeri con la convenzione di Parigi del 25 luglio 1928.
Per il resto del Marocco, le clausole dell'atto sussistono virtualmente ancora erga omnes, solo però in quanto non siano contrarie al regime di protettorato da tutti riconosciuto e che gradualmente va sostituendo le proprie leggi e i proprî regolamenti anche a quelle clausole che, specialmente in materia di diritti doganali, banca di stato, lavori pubblici, sfruttamento di miniere, ecc., dovrebbero, nella stretta interpretazione giuridica, rimanere in vigore.
Per altre notizie, v. marocco e tangeri.
Bibl.: Diercks, Die Marokkofrage u. die Konferenz von A., Berlino 1906; A. Rougier, La question du Maroc depuis la conférence d'Algeciras, Parigi 1910.